Documento ANPRI - ISPE sulla situazione dell'Istituto
(maggio 1996)
Scopo del documento è proporre i tratti essenziali di una riforma dell'ISPE
(e di un cambio della sua dirigenza) come proposta dall'ANPRI-ISPE, a partire
dalla profonda insoddisfazione per il quadro normativo, gestionale e di
organizzazione scientifica esistente. Il documento si presenta perciò aperto
a riflessioni e proposte integrative e/o correttive, che saranno gradite.
Il quadro normativo e regolamentare EPR
Gli enti pubblici di ricerca (EPR in seguito) sono oggi sottoposti ad
un quadro legislativo e regolamentare che mal si adatta all'attività della
ricerca ed alla sua efficacia ed efficienza.
Il D.Lgsl. 29/93 ha rafforzato una profonda separazione contrattuale
e di fatto tra le due comunità di ricercatori pubblici, quelli EPR e quelli
operanti nelle Università.
Inoltre, gli ordinamenti degli EPR sono perlopiù caratterizzati dalla
nomina ministeriale di Presidente e CdA che si traduce quasi sempre in
una etero-direzione accademica, per di più in un contesto di scarsa o nulla
partecipazione.
Questo modello, unitamente all'assenza di uno stato giuridico dei ricercatori
che ne sancisca diritti, doveri e meccanismi di progressione della carriera,
favorisce uno stato di asservimento ad interessi ed impostazioni sostanzialmente
esterni ai ricercatori degli EPR e spesso agli interessi della collettività,
determinando nel medio periodo diversi handicap: inefficienza, impoverimento
delle capacità professionali, demotivazione, esodo verso l'esterno o perdita
dei tratti salienti del ricercatore (autonomia, creatività, qualificazione
continua).
Proponiamo perciò una riforma degli EPR che preveda:
- una rimozione dei vincoli legislativi che allontanano anziché avvicinare
i due poli della ricerca pubblica, nel quadro della unicità della comunità
scientifica e della pari dignità;
- uno stato giuridico dei ricercatori che fissi i meccanismi di progressione
delle carriere, il pieno diritto alla titolarità delle ricerche ed alla
loro diffusione, l'autonomia e l'indipendenza da poteri esterni;
- una riforma degli ordinamenti che introduca il principio dell'autogoverno
parziale (nella scelta di presidente, CdA ed eventuali altri organi scientifici)
in un quadro di decentramento e partecipazione, ferme restando le specifiche
responsabilità statutarie ed i poteri di indirizzo scientifico ed allocazione
delle risorse spettanti al governo ed al parlamento attraverso organismi
di programmazione scientifica nazionale;
- una riorganizzazione degli EPR che ne riduca la polverizzazione in
tanti micro-enti e ne aumenti l'efficienza anche attraverso una riorganizzazione
per aree tematiche all'interno del CNR, dell'INFN, dell'ENEA.
Il ruolo dell'ISPE ed il rapporto col Ministero del Bilancio
Per quanto concerne l'ISPE, esso è uno dei piccoli EPR (circa 80 dipendenti
di ruolo ed un fondo di dotazione di 8 miliardi annui) che si trova ad
essere sia "autonomo" (ma totalmente eterodiretto: il Presidente
viene nominato su proposta del Ministro del Bilancio, mentre il Comitato
Amministrativo è nominato da vari Ministri e dalle regioni, e non comprende
alcun ricercatore dell'ISPE), sia "vigilato" dal Ministero del
Bilancio, diverso cioè dal MURST.
Ne deriva una caratterizzazione ibrida tra organismo interno di consulenza
tecnica del Ministero ed ente di ricerca orientata agli "studi utili
per la politica economica e sociale di medio periodo". L'interagire
della completa eterodirezione, la autonomia di Presidente-CdA, e gli orientamenti
("direttive") del Ministro del Bilancio non ha ben funzionato,
e si rende necessaria una chiara e coerente definizione del ruolo e delle
funzioni che la collettività intende assegnare all'ISPE.
Se, come pensiamo, resta preferibile l'esistenza di studi orientati
ma indipendenti ed utili per la politica economica e sociale, allora la
riorganizzazione generale degli EPR potrebbe essere l'occasione per far
confluire i diversi piccoli enti di ricerca economico-sociale in un istituto
interno ad un sistema scientifico nazionale riformato.
Proponiamo perciò una riforma dell'ISPE che preveda:
- regolamenti del nuovo Istituto che sulla base dei principi di autogoverno
parziale (nella scelta di presidente, comitato amministrativo ed eventuale
consiglio scientifico) prevedano decentramento, responsabilità e partecipazione.
In tale contesto, e con la citata riforma CNR, potrebbe forse risultare
utile la costituzione di un istituto per gli studi economico-sociali mediante
accorpamento di ISPE, ISCO, ISFOL ed altri EPR socio-economici, con dimensioni
sufficientemente ampie e sinergie di risorse materiali ed umane; tale istituto
risulterebbe svincolato dai rispettivi ministeri di riferimento diversi
dal MURST, anche se indirettamente collegato ad essi mediante accordi,
convenzioni, scambio di personale, ecc.;
- un'organizzazione della ricerca "per progetti", annuali o
pluriennali, piuttosto che per "strutture", che in tal modo sarebbero
circoscritte al supporto tecnico ed amministrativo.
Aspetti organizzativi e gestionali specifici dell'ISPE
In attesa dei necessari ma complessi interventi legislativi di riforma
del settore, si potrebbe nell'immediato migliorare le condizioni di vita
e l'efficienza dell'ISPE all'interno della legislazione vigente.
- Comitato Amministrativo: con la normativa vigente il
comitato amministrativo è del tutto impermeabile agli orientamenti ed alla
partecipazione dei ricercatori; proponiamo che, in assenza di una riforma
degli ordinamenti che potrebbe prevedere una parte del consiglio di amministrazione
eletto dalla comunità scientifica interna, il C.A. si apra alla partecipazione
consultiva di membri eletti dai ricercatori;
- Consiglio Scientifico: anche il consiglio scientifico
è nominato senza alcuna consultazione dei ricercatori; la sua prevalente
funzione sembra essere quella di coordinare e controllare dall'esterno
l'attività ed i progetti dell'ISPE, con un rafforzamento della eterodirezione
accademica, un ulteriore indebolimento dell'autonomia dei ricercatori ed
una forzatura delle norme statutarie vigenti. Proponiamo invece che il
consiglio scientifico sia a composizione non esclusivamente accademica,
e che svolga effettivamente un ruolo di consulenza per le attività di ricerca
piuttosto che di suo coordinamento.
- Statuto: lo Statuto vigente ha numerosi difetti e risulta
coerente con l'organizzazione gerarchica dell'istituto già delineata; nonostante
queste prerogative, è in corso di discussione ed approvazione da parte
del Comitato Amministrativo una nuova versione dello statuto che rafforzerebbe
ulteriormente i poteri del presidente e la sua "autonomia" dal
ministro vigilante, senza peraltro introdurre alcun elemento e principio
di partecipazione per i ricercatori. Abbiamo già proposto alla Presidente
ed al Comitato Amministrativo di consultare una delegazione del personale
prima di discutere ed approvare il nuovo statuto, ma come al solito inutilmente:
la discussione è andata avanti e sono stati approvati già alcuni articoli.
Va ricordato che il Decreto Legislativo 470/93 correttivo della riforma
della pubblica amministrazione (D.Lgsl. 29/93) invitava gli EPR ad un "adeguamento
dei propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità, entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto". La
nostra opinione è che già da quella occasione bisognava riformare gli ordinamenti
dell'ISPE in direzione della partecipazione-autogoverno parziale e dell'organizzazione
per progetti.
- organizzazione della ricerca (aree e progetti): all'avvio
dell'attuale presidenza (Fiorella Padoa Schioppa Kostoris) l'organizzazione
della ricerca era per progetti, ed era in corso di attivazione un'allocazione
delle risorse "per budget" collegabili ad obiettivi e risultati
intermedi. Con la nuova presidenza tale organizzazione è stata del tutto
stravolta ed annullata: quelli che erano progetti sono stati trasformati
in "aree" di ricerca, stabilite senza alcun confronto con i ricercatori
dell'Istituto, con un "coordinatore" scelto dalla Presidente.
Di fatto, però, la reale direzione dei progetti di ricerca, dei loro budget,
della loro composizione, e quasi di ogni altro aspetto è tuttora accentrata
nelle mani della presidente che attribuisce ai "coordinatori"
mere funzioni di interfaccia con il resto del personale. Tale organismo
sembra rifarsi ad un modello di direzione delle attività di ricerca per
la quale non è previsto né il preventivo coinvolgimento, né il successivo
assenso dei ricercatori. Si cita ad esempio l'impossibilità di accesso
dei ricercatori ai verbali ed alle informazioni relative a riunioni del
consiglio scientifico, del comitato amministrativo, e del comitato dei
coordinatori di area, in un quadro che risulta al tempo stesso insopportabile,
inefficiente e per certi versi grottesco. Proponiamo invece un'organizzazione
della ricerca per progetti definiti da obiettivi, scadenze, budget, che
scaturiscono dalla positiva interazione tra obiettivi strategici e preferenze-competenze
dei ricercatori.
- dotazioni di bilancio e avanzi di gestione: quanto alle
risorse complessive destinate alle attività di ricerca, si è assistito
ad un sensibile restringimento delle dotazioni destinate alle attività
di ricerca persino superiore ai già pesanti tagli di bilancio operati dal
Governo, il che ha portato paradossalmente ad avanzi di gestione successivamente
reindirizzati, per decisione del Ministro vigilante, ad altro istituto
di ricerca economica. Sottolineiamo che una buona gestione di un EPR non
consiste nel determinare risparmi di gestione, ma nel saper utilizzare
al meglio le intere dotazioni messe a disposizione per conseguire i fini
istituzionali.
- il supporto tecnico-amministrativo ed il rapporto con la ricerca:
oggi le aree tecniche ed amministrative, organizzate in maniera strettamente
dipendente di fatto dalle decisioni della sola Presidente, sono investite
(almeno formalmente) di poteri discrezionali di decisione ed intervento
sulla organizzazione e gestione dei progetti di ricerca (organizzazione
degli orari di presenza, auto-formazione, dotazioni informatiche, ecc.).
Ne risulta un'inaccettabile ingerenza nell'autonomia dei progetti e dei
singoli ricercatori da parte di soggetti con profili non dirigenziali e
comunque amministrativi, esplicitamente esclusi nella riforma della pubblica
amministrazione da poteri di direzione delle attività di ricerca. Proponiamo
perciò una organizzazione tecnico-amministrativa coerente con un'organizzazione
per progetti, con meccanismi di allocazione risorse e controllo demandati
ad organismi di natura scientifica e guidati da criteri e regole certi
e trasparenti.
- autonomia e responsabilità (orario, budget, libertà):
più in generale, l'attuale impostazione dell'ISPE appare gravemente lesiva
delle funzioni stesse del ricercatore, della sua capacità di organizzare
in modo autonomo la propria attività, di migliorare la sua professionalità,
di interagire con il resto degli studiosi, di amministrare la parte del
budget relativa alle proprie attività, di poter pubblicare liberamente
e senza censura preventiva il frutto delle proprie ricerche, di organizzare
la propria presenza in sede sulla base delle esigenze e responsabilità
professionali piuttosto che in base a rigidi, dannosi ed in alcuni casi
umilianti vincoli orari e normativi. Proponiamo perciò la completa flessibilità
degli orari e delle presenze e la libertà di pubblicazione di ricerche
ed articoli (fatte salve specifiche, straordinarie ed argomentate esigenze
di segretezza).
- valutazione dei progetti e dei working paper: la valutazione
dei progetti è affidata alla Presidente, ed è vigente un meccanismo di
vaglio preventivo dei prodotti di ricerca finali (ai fini della pubblicazione
esterna) fondato su referee anonimi scelti dalla Presidente che
forniscono giudizi sintetici scarsamente argomentati anche in caso di giudizio
negativo. A parere della Presidenza, inoltre, il giudizio negativo del
referee dovrebbe pregiudicare ogni altra possibilità di pubblicazione
del lavoro, anche qualora altri soggetti (committenti istituzionali, convegni,
riviste o organismi con propri referee) mostrassero apprezzamento.
Proponiamo invece un "comitato per la valutazione dei progetti"
a composizione mista tra ricercatori interni ed esterni che avvalendosi
anche di eventuali giudizi o riscontri esterni dovrebbe agevolare l'allocazione
delle risorse ai progetti; eventuali giudizi restrittivi o del tutto negativi
dovrebbero essere ben argomentati. Per gli articoli, invece, dovrebbe essere
consentita la pubblicabilità all'esterno anche qualora l'Istituto ritenesse
di non diffondere il lavoro con il marchio ISPE, a patto che l'autore si
assuma la responsabilità dei contenuti non coinvolgendo l'Istituto; in
caso contrario, infatti si configurerebbe una forma larvata di censura
che snaturerebbe e restringerebbe le prerogative dei singoli ricercatori
e dell'Istituto stesso.
- concorsi e strategie delle risorse umane: in linea con
quanto già visto in altri campi, nella strategia dell'acquisizione e miglioramento
delle risorse umane l'attuale gestione dell'istituto ha dimostrato una
tendenza a limitare le capacità di elevazione professionale dei singoli
ricercatori e dell'Istituto. Nei concorsi per ricercatore, ad esempio,
viene in questi giorni richiesto come requisito vincolante il possesso
del dottorato di ricerca, caso più unico che raro, con il risultato di
impedire la partecipazione al concorso a persone sulle quali si è investito
economicamente in termini di formazione tramite numerosi contratti a termine,
borse di studio e stage, previa opportuna selezione (tale formazione
in loco, peraltro, risultava particolarmente idonea ai fini di un
potenziale inserimento nei progetti ISPE). Inoltre la chiusura al mondo
scientifico esterno, le difficoltà frapposte ad azioni formative interne
o esterne e le altre limitazioni poste ai ricercatori e richiamate nei
punti precedenti determinano di fatto demotivazione ed impoverimento professionale
per i singoli e per l'istituto nel suo complesso. Sarebbe invece quanto
mai essenziale procedere all'assunzione ed al miglioramento delle risorse
umane mediante una strategia di medio-lungo periodo legata ad obiettivi
piuttosto che alle preferenze metodologiche della presidenza di turno;
tale strategia dovrebbe essere trasparente e fondata sia su concorsi per
titoli ed esami dalle impostazioni di fondo comuni (rilievo ai titoli scientifici
e professionali attinenti alle attività dell'Istituto, con peso ridotto
delle discrezionalità), sia su investimenti annui per formazione ed auto-formazione
(anche mediante contributi pro-quota da parte dell'istituto per il personale
interessato).
L'insieme delle considerazioni esposte delinea un quadro estremamente
preoccupante ed insoddisfacente per la ricerca pubblica in Italia, per
l'ISPE, per i suoi dipendenti, ed in ultima analisi per la stessa collettività.
Riteniamo perciò urgente ed indilazionabile una riflessione sulle caratteristiche
e sui fini degli EPR in generale e dell'ISPE in particolare; in attesa
di una più generale riforma degli EPR e/o dell'ISPE, dai tempi necessariamente
non brevi, è urgente e necessaria almeno un'inversione di tendenza nelle
linee strategiche finora perseguite e nella scelta delle persone chiamate
a governare questo Istituto.