Il sistema ricerca in Italia è strutturato, come in altri paesi
Europei, sulla base di tre reti: Università, Organismi Pubblici di
Ricerca, Strutture di Ricerca private e Strutture di Ricerca private di
tipo industriale.
Le interazioni tra le tre reti, indispensabili per il migliore
utilizzo delle risorse pubbliche e private, sia in termini di
``accrescimento culturale'' della società e miglioramento della ``qualità
della vita``, sia in termini di aumentata competitività economica del
sistema produttivo, sono in Italia al di sotto del livello necessario a
tali fini. A ciò si aggiungono l'insufficienza degli investimenti
pubblici e la scarsissima propensione del sistema produttivo ad investire
in ricerca, considerata troppo spesso come elemento non strategico e
necessario alla competitività.
Per lungo tempo il dibattito intorno al sistema della ricerca pubblica si è quindi bloccato in difesa di due concezioni contrapposte: per la prima gli EPR dovrebbero farsi carico sia delle attività di sviluppo competitivo di prodotti e processi sia del cosiddetto ``trasferimento'' delle conoscenze verso il sistema produttivo, mediante la creazione al proprio interno di apposite strutture, distinte da quelle di ricerca; per la seconda gli EPR devono essere attori primari di ricerca, in settori individuati come strategici per lo sviluppo del paese.
[Nota: per EPR si intendono sia gli Enti afferenti al Comparto delle Istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione che gli altri Enti pubblici, come ENEA ed ASI, specificatamente preposti ad attività di ricerca e sperimentazione.]
L'attuale Governo, per superare questa dicotomia, nel nuovo quadro normativo a sostegno dell'innovazione tecnologica ha scelto la strada di innescare meccanismi di tipo ``spontaneo'' che favoriscano l'incontro tra imprese e ricerca pubblica attraverso il finanziamento diretto della ricerca, attraverso l'incentivazione fiscale e attraverso forme di mobilità dei ricercatori verso le imprese.
L'ANPRI, ritiene di dover ribadire che anche i decreti per il riordino degli EPR, quando saranno formulati, debbano mantenere questa impostazione ma debbano altresì stabilire in modo chiaro, quanto alla mobilità, le necessarie garanzie per i ricercatori EPR, in un quadro di attenta valutazione di opportunità generale per ogni singolo EPR.
L'ANPRI sottolinea che il contributo che gli EPR possono dare all'innovazione del sistema produttivo non può consistere nell'affidare ad essi ruoli e finalità proprie della ricerca industriale. Questa soluzione apparentemente ``facile'' non aprirebbe una prospettiva di crescita per il Paese, ma si limiterebbe a distogliere forze, già oggi largamente insufficienti, allo sviluppo scientifico e tecnologico, al miglioramento globale della qualità della vita ed al generale sviluppo economico della società.
Infatti i compiti dei Centri di ricerca del sistema industriale
sono principalmente focalizzati su attività di ricerca con finalità di
utilizzo commerciale e quindi con vincoli di redditività a breve termine
dell'investimento, di riservatezza e di proprietà dei risultati.
Viceversa, la necessità di assicurare alle future generazioni un
solido quadro di competenze, finalizzate all'accrescimento delle conoscenze
ed allo sviluppo di ricerche orientate su obiettivi di importanza
strategica, con ricadute durature e profonde anche sul sistema produttivo,
impone lo sviluppo di una autonoma rete di ricerca basata sugli EPR.
La rete degli EPR dovrebbe anche costituire un supporto per la formazione, sia di giovani sia del personale già attivo nell'industria, utilizzando a questo fine anche la mobilità bidirezionale, con specifici finanziamenti destinati alla formazione.
Ciò premesso, a fronte di una situazione internazionale caratterizzata da alta capacità di innovazione e di competizione, si rende indispensabile un cospicuo incremento di efficienza ed efficacia del ``sistema ricerca'' italiano nel suo complesso, attraverso più elevati livelli di integrazione delle due Reti pubbliche, ottenibili anche con una maggiore flessibilità e mobilità bidirezionale, oltre che attraverso l'indispensabile incremento delle risorse umane dedicate alla attività di ricerca. Tale incremento andrà indirizzato soprattutto verso gli EPR, dove le risorse sono nel complesso decisamente sottodimensionate rispetto alle analoghe istituzioni presenti in altri Paesi europei.
In termini che sono ancora generali e non espliciti, il Ministro URST, stando a quanto espresso nella relazione di luglio 1997, sembra volersi muovere in tale direzione, con: a) la definizione del cosiddetto ``quadro di comando'' del sistema ricerca; b) l'individuazione di organismi di valutazione; c) la razionalizzazione e una diversa organizzazione degli EPR, basata sull'autogoverno; d) la valorizzazione del personale che in essi opera. Nella stessa direzione va la Risoluzione parlamentare di indirizzo al Governo approvata dalla VII Commissione della Camera il 18 febbraio 1998.
La definizione di questi quattro punti, ed in particolare l'effettiva realizzazione dell'autogoverno della comunità scientifica attiva in ciascun Ente, costituisce, a parere dell'ANPRI, l'aspetto essenziale del processo di riforma degli EPR.
Nel seguito le posizioni dell'ANPRI verranno presentate evidenziando convergenze e diversità di vedute rispetto agli intenti finora manifestati dal Governo e dal Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica.
In questo primo documento, l'ANPRI ha scelto di non trattare delle situazioni specifiche dei singoli EPR, che verranno trattate in successivi documenti. E' prioritario infatti per un concreto riordino della rete degli EPR, la predisposizione di un quadro in cui poter collocare e coordinare, con le loro peculiarità e le loro potenzialità, i singoli EPR e nel quale si delineino, nel contempo, i collegamenti e le interazioni con la rete di ricerca universitaria e con quella privata.
Un primo punto cui occorre dedicare una attenta riflessione riguarda la ``missione'' degli EPR. In linea con quanto prospettato dal Ministro URST, l'ANPRI sostiene che ogni EPR dovrà essere istituzionalmente preposto: a) allo svolgimento di attività di ricerca di base, orientata ed applicata; b) al conseguimento di obiettivi di importanza strategica; c) alla ``alta formazione''; d) all'erogazione di consulenza e/o servizi altamente specialistici.
Per quanto concerne il trasferimento delle conoscenze alle imprese e/o al sistema socio-economico, la promozione di iniziative flessibili e ``spontanee``, volte ad aumentare le possibilità di trasferimento e le capacità di ricezione da parte del sistema produttivo, è sicuramente da privilegiare, rispetto alla creazione di ``agenzie'' che determinerebbero sicuri appesantimenti del processo di trasferimento.
Una volta stabilito che la ``missione'' degli EPR è riferibile alle azioni precedentemente indicate, ne consegue la necessità di definire per i ricercatori degli EPR profili professionali congruenti alla missione propria della seconda rete.
L'opportunità, da tutti condivisa, di favorire la mobilità dei
ricercatori all'interno dell'intero sistema ricerca, impone che, pur
mantenendo le loro rispettive specificità, i profili professionali dei
ricercatori degli EPR e quelli definiti per le corrispondenti figure della
rete universitaria siano equiparati.
Proprio sul tema della equiparazione, il Parlamento ha impegnato il
Governo ad operare, con la risoluzione recentemente approvata dalla VII
Commissione della Camera.
Quanto delineato comporta, in analogia a quanto già in atto per la rete universitaria, la definizione per legge delle caratteristiche fondamentali dello stato giuridico dei ricercatori degli EPR: reclutamento, progressione in carriera, diritti e doveri, compatibilità.
L'ANPRI, che sostiene da tempo questa posizione, ritiene che questo elemento di riforma sia una garanzia essenziale per la collettività, prima ancora che per i ricercatori EPR stessi.
Gli aspetti trattati si collegano immediatamente al tema nodale
della quantità delle risorse umane attive nel sistema ricerca. I
ricercatori, e tutti quanti contribuiscono all'attività di ricerca nel suo
complesso, sono infatti - può apparire banale ricordarlo - il motore di
tutte le azioni mirate a perseguire la missione degli EPR.
Per questo la riforma non deve prescindere dal definire l'organico
complessivo degli EPR per il breve e medio termine, adeguato allo
svolgimento di un ruolo significativo in campo nazionale ed internazionale.
L'organico complessivo dovrà essere costituito in prevalenza da
personale di ruolo, al fine di garantire il mantenimento delle competenze
acquisite all'interno degli EPR e ridurre il divario che ci separa dagli
altri Paesi europei.
Mentre le scelte strategiche di indirizzo sono compito del
Parlamento e del Governo, la comunità scientifica deve svolgere la
indispensabile opera di consulenza nella fase di preparazione delle scelte
stesse, ed essere attore primario nella fase di definizione e realizzazione
dei progetti di ricerca.
Nello schema qui delineato, agli EPR ed alla rete di ricerca
universitaria è sostanzialmente demandato il momento della proposta di
programmi e progetti, e quello della loro gestione.
Per assicurare efficacia e trasparenza al governo del sistema ed il conseguimento degli obiettivi si impone che ciascun organo del quadro di comando possa decidere soltanto rispetto ad uno solo dei tre momenti del processo complessivo sopra menzionati.
In tale ottica, concordando con quanto espresso nella relazione di luglio '97 del Ministro URST, è essenziale prevedere per gli EPR l'autogoverno della comunità scientifica interna, intesa come comunità scientifica operante a tempo pieno nell'Ente, per quanto attiene le attività direttamente connesse alla ricerca.
L'autogoverno della comunità scientifica interna responsabilizza i singoli EPR rispetto ad un corretto ed efficace perseguimento della loro ``missione''.
Quanto al terzo momento che caratterizza il governo del sistema, è
naturale che l'autogoverno degli EPR e della rete di ricerca universitaria,
vada bilanciato con una incisiva attività di valutazione.
Precise condizioni di incompatibilità rispetto alla consulenza
sugli indirizzi strategici e rispetto all'allocazione delle risorse
finanziarie devono caratterizzare la figura dei ``valutatori''.
Assicurare omogeneità alla comunità scientifica della rete pubblica significa in particolare:
Tali principi sono purtroppo assenti nella relazione del Ministro URST; per contro sono già state approvate le norme, di incerta efficacia, che dovrebbero favorire la mobilità dei ricercatori verso l'industria privata, senza chiarire incentivi e garanzie, sia per i ricercatori sia per gli Enti.
L'ANPRI si è già espressa in precedenti documenti sull'impostazione dell'assetto di governo del sistema ricerca che emerge dalla relazione del Ministro URST e da bozze di uno schema di decreto recentemente circolate, riscontrando elementi positivi e diverse perplessità.
Infatti l'impostazione generale opportunamente prevede il raggiungimento dei fini di coordinamento e programmazione generale della ricerca, tramite i compiti di indirizzo assegnati al Governo nella sua collegialità, quelli di programmazione generale assegnati al CIPE e quelli di proposta e supporto assegnati al MURST.
Tuttavia, se da un lato emerge la giusta preoccupazione di individuare alcuni ``contrappesi'' nell'ambito del nuovo assetto, rispetto ad una impostazione che potrebbe risultare piuttosto verticistica e penalizzante nei confronti della ricerca libera, dall'altro è proprio nell'individuazione di questi contrappesi che si riscontrano le principali carenze.
In particolare si deve rilevare che:
Pur nella molteplicità degli Enti e delle relative missioni, L'ANPRI ritiene che si possa individuare un modello di assetto tipico di un ente di ricerca, secondo le linee seguenti.
Al governo dei singoli EPR sono preposti il Presidente ed il Consiglio direttivo. Il Presidente è nominato dal Governo all'interno di una rosa di nomi proposta dalla comunità scientifica interna.
Il Consiglio direttivo (CD) esercita tutti i compiti relativi alla gestione scientifica degli Enti. Un'eventuale organo amministrativo dovrà avere compiti limitati alla verifica amministrativa degli atti. Il CD è l'organo generale di autogoverno dell'Ente ed è pertanto in maggioranza espressione elettiva della comunità scientifica interna. I restanti membri sono designati dal MURST e dai Ministeri vigilanti.
Le strutture di ricerca sono autosufficienti dal punto di vista gestionale, hanno ``massa critica'' con adeguata dotazione di risorse umane, finanziarie e strumentali.
Le strutture di ricerca sono rette da un Consiglio di struttura, eletto dal personale, con maggioranza dei membri eletta dalla componente scientifica, e da un responsabile nominato dagli Organi direttivi dell'Ente nell'ambito di una rosa espressa dal Consiglio di struttura.
Per gli Enti di maggiori dimensioni e nei quali le attività riguardino più settori scientifici o più aree tematiche, sono previsti, per ciascuno di questi settori o aree o per raggruppamenti di essi, degli organismi di coordinamento scientifico intermedi fra le strutture o i gruppi di ricerca ed il CD, i Dipartimenti Scientifici (DS), retti da un Consiglio di Dipartimento.
I Consigli di Dipartimento saranno eletti dalla comunità scientifica dell'Ente operante a tempo pieno nell'ambito di riferimento.
I DS esaminano e coordinano i programmi di attività delle strutture di ricerca o dei gruppi afferenti, promuovono progetti di ricerca e favoriscono la partecipazione dei ricercatori a programmi e progetti di ricerca esterni all'Ente, in ambito nazionale, comunitario ed internazionale, nel quadro degli indirizzi determinati dal CD in armonia con il PNR.
Nel riordino degli EPR si pone la necessità, già evidenziata nella relazione dal Ministro URST, di una razionalizzazione e del raggiungimento di ``masse critiche'' adeguate. Tale sforzo di razionalizzazione deve, tuttavia, essere supportato da un impegno concreto del Governo che, come già in precedenza delineato, nell'ambito della riforma dovrebbe prevedere un significativo incremento delle risorse umane per il breve e medio termine.
In tale ottica le caratteristiche dimensionali idonee degli Enti dovranno scaturire dall'analisi delle specificità dei singoli Enti ed è ovvio che in tale definizione dovrà essere lasciata ampia facoltà di indirizzo alle comunità scientifiche degli Enti stessi.
La valutazione dovrà considerare tre elementi: gli obiettivi previsti, le risorse messe a disposizione, i risultati conseguiti. In particolare la valutazione degli EPR, tenendo conto della loro specifica missione, sarà condotta riferendosi ad un sistema pesato di indicatori quali: lavori scientifici, risultati tecnico-scientifici tutelati industrialmente, contratti e convenzioni nazionali e internazionali, attività di formazione.
Alla valutazione potrebbero essere preposti degli organismi
(Consigli Nazionali di Valutazione - CNV) strutturati per settori
scientifici. I CNV devono essere espressione della comunità scientifica,
e ne deve essere garantita l'indipendenza anche attraverso la rigida
incompatibilità della carica di membro di un CNV con qualsiasi altro tipo
di incarico collegato a fasi di scelta o di gestione nel governo del
sistema.