al Ministro, prof L. Berlinguer
fax 06 5916803

e al Sottosegretario prof G. Tognon
fax 06 59912172

Nella giornata di mercoledì 22 luglio, il ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica, on. Luigi Berlinguer, ha diffuso al Consiglio di Presidenza del CNR la bozza del decreto sul riordino del CNR, decreto che verrà presentato, sembra, in tempi molto brevi. La bozza spazia a tutto campo e investe le modalità di governo del CNR, la definizione e la costituzione degli organi di tale governo, prefigura i principi fondanti dei regolamenti interni, definisce la missione dell'ente, in una parola ne ridefinisce a trecentosessanta gradi la fisionomia.

Come componenti del comitato "Scienziati CNR per la riforma", che è nato qualche mese fa per realizzare una consultazione dei ricercatori CNR sui temi fondamentali della riforma e per permettere un confronto tra le opinioni espresse dai ricercatori e quelle maturate nelle sedi politiche e istituzionali, riteniamo che la bozza del ministro sia fortemente inadeguata e deludente: è inadeguata e deludente soprattutto per chi, come noi e come la grande maggioranza degli scienziati CNR, ha sempre tenuto a considerare al centro della riforma non l'interesse più o meno giustificato di una specifica componente del CNR, ma il punto di vista più generale della ricerca, della sua efficienza, della sua produttività e del ritorno in termini di conoscenza e trasferimenti che essa deve alla collettività che la finanzia. Vogliamo spiegare concisamente perché il riordino previsto dal Ministro è contrario agli interessi e agli stessi presupposti di una buona ricerca.

1) Il disegno del ministro prevede due organi di governo del CNR; un Presidente, di nomina governativa, e un Consiglio Direttivo, composto dal Presidente stesso e da altri sei membri, tutti esterni al CNR e tutti di nomina del Ministro (anche se su due di essi il Presidente avrebbe la possibilità di dare indicazioni). Il Presidente di nomina governativa, a sua volta, avrebbe la facoltà di designare gli Organi di Direzione e di Programmazione scientifica dei singoli Istituti. E' autoevidente che in tale disegno il governo della ricerca CNR sarebbe completamente subordinato al potere politico. Le attività di indirizzo, programmazione e valutazione della ricerca scientifica non solo non prevederebbero alcuna partecipazione degli scienziati, cioè di coloro che la ricerca la svolgono sul campo, ma sarebbero gestite in totale assenza di autonomia scientifica. L'autonomia scientifica e la libertà della ricerca, vorremmo ricordarlo, non sono soltanto la condizione necessaria per lo svolgimento di un lavoro creativo e proficuo ma sono anche riconosciute come un diritto dall'articolo 33 della Costituzione.

2) Il disegno del Ministro, come abbiamo detto, si occupa anche dei principi e dei criteri dei regolamenti interni, prefigurando: a) l'istituzione di un Comitato scientifico costituito a sua volta a maggioranza da membri esterni all'Ente, b) l'istituzione di un Nucleo di valutazione composto di soli esterni, c) il meccanismo di scelta dei direttori di istituto, attraverso procedure pubbliche e valutazioni comparative effettuate dal Consiglio Direttivo, quindi dalle stesse persone nominate dal Ministro. Su questi punti dell'articolato valgono ovviamente le stesse considerazioni fatte sopra per gli organi di governo.

3) Per quanto riguarda la missione del CNR, il documento Berlinguer è animato da una visione scientificamente e culturalmente di retroguardia. Infatti: distingue poco e male la funzione CNR di svolgimento di ricerca in proprio da quella di promozione della ricerca in grandi progetti nazionali e internazionali; sottolinea continuamente la necessità di collaborazione con l'Università, cosa che anche gli scienziati del CNR chiedono da tempo, ma che nel quadro di un CNR governato esclusivamente da universitari assumerebbe la caratteristiche di un rapporto a dir poco non paritario; enumera le funzioni di "trasferimento", di "supporto", e di "servizio" del CNR in modo decisamente sbilanciato rispetto alle funzioni di svolgimento di ricerca in proprio. In conclusione, il Ministro della Ricerca Scientifica non riconosce una funzione scientificamente vitale, autonoma e specifica al CNR, ma una funzione di trasferimento o di "applicazione" di ricerca svolta da altri o al più in collaborazione con altri.

Su altri punti minori, che pure suscitano il nostro dissenso, sorvoliamo. Ma vorremmo chiudere con un paio di quesiti, rivolti in primis, come è ovvio, a chi ha responsabilità di governo della ricerca, ma anche, più in generale, ai politici e alla opinione pubblica, soprattutto a quella parte dei primi e della seconda che maggiormente dimostra sensibilità democratica e sinceri propositi di migliorare il nostro paese.

Primo quesito: in un momento nel quale in Italia si manifesta finalmente in vari settori della vita pubblica una accresciuta sensibilità verso la necessità di adottare trasparenti misure anti-trust, siamo sicuri di voler abbandonare proprio la ricerca scientifica italiana a un pericoloso destino di monopolio da parte della ricerca universitaria? Non siamo ancora convinti del fatto che la ricerca si arricchisce se la sua conduzione é pluralistica e se ciò stimola a sua volta autonomia e competitività in tutte le sue componenti?

Secondo quesito: chi è al governo vuole veramente rilanciare la ricerca Cnr, attraverso una gestione e un'organizzazione migliore delle risorse esistenti e magari anche attraverso un maggiore investimento futuro in risorse finanziarie e umane o vuole svilire e svendere un patrimonio prezioso per il paese? Questa non è una richiesta corporativa dei ricercatori interessati al proprio piccolo orticello. Si tengano presenti i seguenti due dati: 1) la ricerca CNR realizza circa il 20% della produzione scientifica nazionale, usufruendo del 5% del finanziamento complessivo; 2) la ricerca CNR è specializzata proprio in quei settori di ricerca interdisciplinare e di frontiera sui quali sempre più si andrà concentrando la domanda della nostra società.

Insomma, noi vorremmo che tutti, ma soprattutto coloro che in questo momento hanno responsabilità di governo, fossero realmente interessati a migliorare il sistema-ricerca italiano, che come sappiamo è tra i peggio governati e più scarsamente finanziati d'Europa anche se, diciamolo, fornisce risultati comparabili a quelli dei nostri partner. Di più, noi non vogliamo che il primo governo dell'Ulivo, che nel programma diffuso in campagna elettorale aveva individuato la ricerca scientifica come una delle grandi priorità strategiche nazionali, si macchi dell'onta di essere stato quel governo che ha definitivamente affossato la ricerca pubblica non accademica in Italia. E ora, nei fatti, attendiamo una risposta alle nostre domande.
 

Comitato Scienziati CNR per la riforma