COMUNICATO

SULLA DELEGA AL GOVERNO

PER IL RIORDINO DEL SETTORE DELLA RICERCA

Il DDL 1124 conferisce al Governo la facoltà di intervenire su tutto il settore della ricerca.

Tra gli articoli approvati dal Senato, in particolare,

- l'art. 9 delega , al comma 1 lettera d), il Governo a ``riordinare e razionalizzare gli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica nonchè gli organismi operanti nel settore stesso'';

- lo stesso articolo, al comma 4 lettera c-bis), concede la possibilità di emanare ulteriori diposizioni integrative e correttive al D.Lgs. 29/93 fino al 31.12.97 che prevedano in particolare ``una distinta disciplina rispetto ai dirigenti, dei dipendenti pubblici che svolgano, nei vari comparti, qualificate attività professionali implicanti l'iscrizione ad albi, oppure compiti di studio e di ricerca'';

- sempre l'art. 9, al comma 4-bis, modifica la legge 421/92 prevedendo tra l'altro che ``la struttura della contrattazione, le aree di contrattazione e il rapporto tra i diversi livelli siano definiti in coerenza con quelli del settore privato'';

- l'art. 14 precisa le direttive per l'attuazione della delega per il riordino del settore della ricerca: deve essere infatti perseguito ``l'obiettivo di ridefinire la disciplina e lo snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica, tecnologica e spaziale, individuando un momento decisionale unitario al fine di evitare, anche con il riordino degli organi consultivi esistenti, sovrapposizioni di interventi ..., riordinando gli enti operanti nel settore secondo criteri di programmazione e di valutazione ... favorendo la mobilità del personale''.

Si tratta quindi di una delega estremamente ampia che pochissimi e generici vincoli prevede per il successivo intervento governativo. Tale ampiezza e indeterminatezza, da un lato, e le indicazioni relative alla modifca della legge 421/92 e del D.Lgs. 29/93, dall'altro, suscitano forti perplessità circa le linee del progetto complessivo del Governo nel delicato settore della ricerca scientifica, in particolare per quanto riguarda lo stato giuridico dei ricercatori e tecnologi degli Enti di Ricerca.

Si può rilevare infatti a tale proposito quanto segue:

- È senz'altro fondamentale l'individuazione della mobilità del personale come principio caratterizzante il riordino del sistema della ricerca pubblica. Tuttavia tale principio, per essere sostanziato, richiede che lo stato giuridico del personale più immediatamente interessato, il personale scientifico, sia definito in modo omogeneo all'interno del sistema, quindi sia presso gli Enti di Ricerca sia presso le Università. Altrimenti, come già diverse volte avvenuto in passato (basti citare l'art. 16 comma 2 del DPR 568/87) tale principio è destinato a rimanere lettera morta.

- In sede di approvazione degi articoli in questione, il Senato ha ritenuto di dover mantenere i docenti e ricercatori universitari al di fuori della contrattazione, il cui ambito pure è stato ampliato, rispetto a quello introdotto dalla legge 421/92, con l'inclusione dei dirigenti generali ed equiparati.

- Pertanto, la credibilità del progetto di realizzazione della mobilità all'interno del sistema pubblico della ricerca passa ora, inevitabilmente, per la definizione legislativa dello stato giuridico dei ricercatori e tecnologi degli Enti di Ricerca. Una tale definizione è stata del resto sempre l'oggetto principale delle richieste dell'ANPRI.

- Non è tuttavia possibile rintracciare nell'articolato elementi che siano coerenti con l'obiettivo di pervenire a tale definizione. Si può forse derivare tale coerenza dalla vaghissima previsione di una ``distinta disciplina rispetto ai dirigenti'' per i ``dipendenti pubblici'' aventi ``compiti di studio e di ricerca''? O forse qui l'obiettivo è piuttosto quello, aderendo a richieste avanzate da parti sindacali, di annullare la qualifica di ``personale dirigenziale'' per ricercatori e tecnologi, prevista dal D.Lgs. 29/93, per ritornare al generico ambito di ``addetti alla ricerca'' e quindi riassimilando ricercatori e tecnologi a ``impiegati della ricerca''?

- Appare infine del tutto improprio, per il settore della ricerca, il principio della ``coerenza con il settore privato''. È innanzitutto molto discutibile che la ricerca privata in Italia possa costituire un modello di riferimento per la ricerca pubblica, viste le notevoli carenze del settore e gli obiettivi puramente aziendali in genere perseguiti. In ogni caso, i diversi fini della ricerca privata e della ricerca pubblica richiedono necessariamente diversi modelli organizzativi e quindi di trattamento del relativo personale. Non a caso solo per il ricercatore pubblico sono riconosciuti dalla legge i principi di libertà di ricerca e di autogoverno.

Alla luce di queste considerazioni, l'ANPRI chiede al Governo e al Parlamento di precisare nella delega che la distinta disciplina, nel caso dei ricercatori e tecnologi, deve essere omogenea con quella dei docenti e ricercatori universitari, in modo da assicurare davvero quella mobilità la cui necessità, ai fini della riforma del settore della ricerca pubblica, è stata sostenuta dal Ministro dell'Università e della Ricerca in tutti gli interventi sulla materia.

La Segreteria Nazionale ANPRI-EPR

Roma, 14 novembre 1996