NAPOLEONE BONAPARTE E L'ITALIA

La dominazione napoleonica sull'Italia nascondeva in sé stessa una piuttosto evidente contraddizione, di cui non riuscirà a liberarsi nel corso di 15 anni, dal 1799 al 1814, durante i quali la stessa popolazione italiana non riuscirà a capire se Napoleone li scuoteva dai gioghi della tirannia o li trattava semplicemente da preda. Tuttavia è indubbio che il generale abbia compiuto sulla penisola e su Roma una vera e propria razzia, soprattutto dal punto di vista artistico. E' pur vero comunque, che gli echi rivoluzionari degli eventi francesi del decennio precedente non erano completamente esauriti ed hanno dato non poca spinta allo sviluppo culturale e artistico della futura capitale.
Gli intellettuali di tutta Italia non mancarono infatti, seppur con una certa ingenuità, di scorgere nei nuovi ordinamenti, un notevole rinnovamento, non necessariamente politico, in seguito ad un periodo di conservatorismo spietato, austriaco e del papato, che non poteva non danneggiare l'aspetto culturale.
Dopo il concordato tra l'imperatore e la chiesa cattolica, che sanciva il cattolicesimo come religione di stato e restituiva agli ecclesiastici i beni strappatigli dalla Rivoluzione, i rapporti tra le due parti si incrinarono quando Pio VII, accusato di fomentare egli stesso la rivolta, rimase isolato, abbandonato anche dai fidati Absburgo. Napoleone, indisturbato, fece imprigionare e portare il Papa in Savoia, dove sarebbe rimasto fino alla fine dell'Impero, che era imminente.
Napoleone impiegò il poco tempo che gli restava a fare di Roma, dove non era mai stato, ma di cui subiva il fascino, la seconda città dell'Impero dopo Parigi. Il governo "giacobino" a Roma, nonostante le difficoltà dovute al mancato appoggio del popolo e dei contadini, classi tradizionalmente conservatrici, e istigate da un clero oramai disoccupato, fu un buon governo. Vi furono incentivi per il prosciugamento delle paludi pontine, furono varate drastiche riforme che posero fine al caos amministrativo e finanziario in cui versava lo Stato, di cui Goethe diceva "che stava in piedi solo perché l'inferno si rifiutava d'inghiottirlo" Fu risanato il debito pubblico, con metodi più o meno ortodossi. Molti monumenti e palazzi che diroccavano per anni di malgoverno furono risistemati e furono stanziati soldi, ora che ce ne erano, per la realizzazione di opere, almeno in partenza, molto ambiziose.(vedi Valadier). Al ritorno del papato, lo spirito della Restaurazione fu perfettamente incarnato da Pio VII e successori, che censurarono ogni traccia del recente passato e smisero di fare riforme e di finanziare l'arte.