Intervista a Montalbetti
"La volta che mi disse: basta con le emozioni"
Petruccio Montalbetti, voce dei Dik Dik. "Sono venuto per l'amico, non per il mito" MILANO (a.di.) - Scuote la testa e
dice: "Se Lucio sapesse che sono qui mi farebbe salire". Ma Lucio non lo sa e non può saperlo, nessuno glielo dirà, e
davanti all'ospedale c'è il muro invalicabile. Petruccio Montalbetti è la voce storica dei Dik Dik ed è amico altrettanto
storico di Battisti. Ieri mattina si è presentato speranzoso al San Paolo, è entrato e subito è uscito. Muro. "Immagino che
Grazia Letizia, la moglie, stia impedendo tutto a tutti. Legittimo, per carità, ma io sono uno di quelli di allora, di trent' anni
fa. Vorrei visitare l'amico, non l'attrazione musicale del
secolo". Da quanto tempo non lo vede ? "Più di un anno,
forse due".
I suoi problemi di salute? "I reni, quello che si sa da
parecchio tempo. Mi hanno detto che negli ultimi giorni
c'erano i medici nella sua villa. Ho saputo che era qui al San
Paolo da amici comuni, non so altro. O almeno, niente di
sicuro e verificabile". Perché non lo vedeva più? "Perché
era diventato impossibile del tutto. Vederlo, intendo. O forse non aveva più nemmeno molto senso". Si spieghi.
"Io l'ho frequentato abbastanza dopo la decisione di isolarsi dal mondo e dalla musica. Ma ogni volta mi cresceva la
malinconia dentro, gli chiedevo: "perché", lui me lo spiegava e non lo capivo". Ovvero? "Lui non era così: era aperto,
spiritoso. Un artista... un artista simile vive per il contatto con il pubblico: Bob Dylan non va ancora in giro a sessant'anni a
suonare per i soldi, lo fa per sentire il pubblico, perché un artista è quella cosa lì, e se non è quello non è più niente". Lei
cercava di convincerlo a ripensarci? "E come no? Inutile. Ma deprimeva il modo in cui lo diceva: rassegnato, ma anche
convinto di idee che a me sembravano assurde, che non capivo. Se le racconto di quella volta che abbiamo fatto le tre di
notte a parlarne...". Faccia lei. "Pochi anni fa, iniziamo a discuterne. E lui mi spiega per filo e per segno la sua nuova
filosofia musicale e artistica. Alla fine, alle tre, gli ho detto: guarda, non ho capito niente di quello che hai detto, ma fai
come credi E non si era capito proprio nulla davvero? "Forse non avevo voluto capire io. Senta qui: lui aveva rinnegato,
ripeto rin-ne-ga-to tutto quello che aveva fatto in passato. Mi diceva: "Io non voglio più dare emozioni a nessuno. Le
emozioni non valgono niente". Quei testi, quelli delle canzoni nuove. Mi ha detto: "Mi
arriva un testo e io faccio così: se non ci capisco nulla vuol dire che è perfetto. Poi ci
metto una musica fredda, anche quella che non dia nessuna emozione. Poi vado in sala
d'incisione e la canto da seduto, fermo, lo sguardo nel vuoto".
Fa un po' impressione. Ma perché tutto questo? "Chi lo sa, secondo me gli hanno fatto
una fattura. Sì, lo so cosa sta per dirmi: la moglie. Non ce l'ho con lei, mi ha sempre
trattato benissimo. Ma è vero che ricordo un sacco di volte che Lucio iniziava a parlare e lei gli diceva: "lascia perdere".
Una volta l'ho vista che scacciava un ragazzino che voleva chiedergli un autografo. Niente di male, per carità. Però... come
dire. E poi vederlo in casa, che innaffia i fiori. Lui: un genio, uno pieno di tutte le contraddizioni del mondo, ma alla fine
perfetto. Perfetto nella musica, che conosce alla perfezione, perfetto nel sodalizio con Mogol. Aveva capito subito che era
perfetto così. Insieme a lui avevamo inciso una sua canzone, musica e testo. Era un orrore. Mogol cambiò tutto, era perfetto
anche Mogol. E ora...". Orso, scontroso, e poi? "Ma sì, uno fondamentalmente di Poggio Bustone, scarpe grosse e cervello
fino. Ma sempre scarpe grosse. Ricorda quando venne fuori la storia che finanziava Ordine Nuovo? Io ridevo come un
matto: lui finanziare qualcuno... Non è un fatto di tirchieria, era parsimonia contadina, forse perfetta anche quella. Andavi a
mangiare da lui, aveva anche preparato qualcosa ma prima c'erano gli avanzi della sera. Gli dicevo, Lucio, dai... gli avanzi.
E lui: "beh, che c'è?"". I soldi."Quando insistevo a prenderlo in giro sulla storia della tirchieria lui mi diceva: sai quanto
potrei guadagnare se accettassi una sola delle offerte che mi fanno? E secondo te ci tengo ai soldi? Diceva che aveva quanto
gli bastava e non gli serviva altro. Beh, in effetti,anche adesso di diritti d'autore... Ma il senso è che non gliene importa
nulla, è uno di brucianti passioni, tutte prese allo stesso modo, fossero il windsurf o la filosofia". La filosofia. "Si era messo
lì con una tensione incredibile. Ha imparato tutto, ma così, tutto a memoria. Io gli dicevo: Lucio, ma adesso che l'hai
imparata a cosa serve? A niente serviva, serviva impararla. Boh , forse hai ragione tu."