ABOUT A BOY


di Paul & Chris Weitz

Va bene...: cosa racconta questo film tratto dal romanzo omonimo di Nick Hornby (che è anche il produttore esecutivo dello stesso film assieme a Lynn Harrus) campione di vendite nel 1998 nel Regno Unito?
Certamente quello, appunto, che c'è nel libro e lo racconta senza alcun dubbio discretamente. Narrando di isole personali, arcipelaghi, visioni del mondo oceanico che ci circonda, la sceneggiatura si dipana egregiamente nella vita "eccentrica" per ragioni ben diverse dei due protagonisti il trentottenne Will (Hugh Grant) e il dodicenne Marcus (Nicholas Hoult). Come ovvio la morale del film te la propongono da entrambi i punti di vista, sicuramente senza mai imporla, anche perché, in fin dei conti si tratta pur sempre di una commedia che non vuole insegnare nulla, ma forse solo aiutare a vivere un po' meglio, almeno per 100' circa.
La regia di Paul Weitz e Chris Weitz è diretta e sicura grazie anche ad una fotografia asciutta nei suoi toni londinesi regolati fra immagini e luoghi "comuni" tipicamente anni '70, '80 e '90.
Una commedia dolce e leggera che riserva anche qualche sorriso e che si lascia guardare, crediamo, nella sua interezza senza insofferenze da parte dello spettatore che segue i sentimenti e le evoluzioni dei due protagonisti senza quasi accorgersene, quasi come spettatore passivo. Forse in alcuni passaggi la voce narrante fuori campo di Will stona un po', soprattutto quando vuole, a mezzo di similitudini e metafore, spiegarti il perché delle cose, tuttavia, ripetiamo, il film risulta gustabile e, forse, fra i migliori prodotti del suo genere di questa prima parte dell'anno.
Due annotazioni. Una negativa: perché se un bambino è intelligentemente, coscenziosamente, eticamente abituato da sua madre a non andare da McDonald, sua madre lo vuole ad un certo punto premiare con un invito ad entrare in uno di quei luoghi dagli asettici arredi? Certo, così questa frase forse non ha molto senso, ma guardando il film forse potrete capire come quella frase buttata lì tenda a svalutare in modo irreversibile e quasi subdolo una figura materna sì depressa, ma non di certo per il suo vegetarianismo o per la sua battaglia a vivere in un mondo migliore, e che non si rivaluta o non si rinnova certo per quell'invito, ma per ben altri motivi.
L'altra nota dolente, per noi che siamo sicuramente fra gli ultimi nel ritenere Hugh Grant un attore degno di nota e della notorietà acquisita, è che proprio lui, il protagonista, Will alias Hugh Grant risulta nel suo personaggio insopportabilmente sopportabile, è sempre lo stesso attore, ma con quelle luci addosso risulta, in un certo qual modo, migliore. stefano cavagnis