Officina Zoè al CandianiAperto2002

Il gruppo Officina Zoè vede la luce nel 1993, quando la spinta tradizional/popolare di alcuni musicisti del Salento diede vita ad un progetto frutto di una profonda ricerca sulla musica e sulla cultura salentina.
L'Officina Zoè è composta da: Cinzia Marzo, voce, flauti e tamburelli; Donatello Pisanello, organetti diatonici; Dario Muci, voce e bouzouki; Raffaella Aprile, voce e castagnette; Antonio Ancora, chitarra; Lamberto Probo e Giancarlo Paglialunga voce, tamburello, tamborra e cupa cupa.

Lo spettacolo proposto da Zoè ha regalato agli spettatori di Mestre quella sensazione di trance ipnotica tipica della taranta, travolgendolo lentamente come il morso della tarantola,con ritmi indiavolati, con canzoni talvolta lunghe e ossessionanti. Facendo in modo che il pubblico ballasse senza riuscire a smettere, in un'unione collettiva, una danza catartica, con movimenti che hanno consentito nuovi rapporti di comunicazione. E forse in noi come negli stessi musicisti c'era la necessità di fuggire, di rendere meno sofferta la realtà quotidiana, imitando a nostra volta un popolo, quello del Salento, che è un crocevia di culture, di passione, di dolore.

Una terra di emigranti che creando un nesso tra medicina e religione ha ricercato la felicità, proprio come i tarantati dll'Apulia, che simulavano la possessione cambiando la personalità, giustificando un modo di danzare pazzo, coreografico, che ha le radici nei rituali orgiastici ellenici.E così la musica dell'Officina Zoè, canzoni originali prese dai lavori "Terra" e "Sangue Vivo" (colonna sonora dell'omonimo film del regista Edoardo Winspeare, nel quale i musicisti partecipano come attori), e tradizionali canti e pizziche, ha innescato nuovi scenari collettivi in una notte di luglio, mescolando Apollo e Dionisio (come nella canzone "Nifta Maiu", omaggio alla Grica Salentina, storia d'amore in una notte di maggio), la tramontana e lo scirocco, il gelo e l'afa, pizzichi de core e tarantate, lasciando al pubblico la possibilità di scoprire energie millenarie magari sopite, fungendo così da catalizzatore, riattivando in noi quella forza che De Martino indicava come "psichismo" della natura parlando dei riti terapeutici contro il morso della taranta, con ritmi che provocano una trance naturale. Abbandonarsi al "battere" sulla pizzica è stato per chi ascoltava una liberazione, un riappropiarsi di un'identita sommersa, magari dimenticata. michele cavagnis

Mercoledì 10 Luglio 2002

 

 

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