Secondo Giovanni di Bibi Bozzato
Scheda tecnica: Formato: Betacam SP - 16:9 (a disposizione anche una copia in S-VHS ed una in VHS); Durata: sotto i 50’ min. (tempo di poco variabile); Audio: Stereo (binaural); Produzione: Videoduelli & cine lo-fi; Anno: 2000

Cast artistico: Giovanni Luca Mamprin, Gesù Lorenzo Soccoli, Amica Eleonora Goattin, Pilato Lucio Bracco, Battista Enrico Corradini, Maddalena Sandra Ban, Mamma Luisa Biasutti, Teppista Cristiano Bozzato, Telefono Sarah Callegaro, Aurora Cinzia Cestaro, Terrorista Elena M.L. Bertoldi, Giudei Luca Crugliano, Nicola Paties, Rapitori Andrea Piscitello, Lorenzo Corò

Cast tecnico: Soggetto, sceneggiatura, camera, fotografia, suoni e montaggio Bibi Bozzato; Regia Bibi Bozzato; Musica Bibi Bozzato; Musiche aggiuntive Lello Gnesutta e Enrico Stocco

Una provincia surreale, una città inesistente, una campagna periferia desolata di una città… ci troviamo a seguire la storia di Giovanni, un ventenne senza senso, come gran parte dei nostri giovani, come gran parte delle nostre esistenze, e di Gesù condotto e condannato di fronte a Pilato. Una storia in parallelo che si riunisce in un finale tristemente "profetico"…

Un pilato poco re, molto psicologo nei suoi jeans e camicetta, che si rivolge direttamente alla camera per parlare delle sue ragioni e di un uomo innocente che gli è stato portato, buttato là davanti a lui.

Un Giovanni che non sa dove dirigersi, non sa quasi di essere al mondo; si scambia di ruolo nei rapporti sentimentali che conclude senza senso, senza capirci e capire nulla, un perdente che, intimorito da un bullo di strada, reagisce e scoppia la sua rabbia in una pallottola esplosa nel cranio del teppista. Un inetto che stravolge la realtà, o meglio analizza una sua realtà parallela a quella che si muove nel corso di una notte e poche ore.

Ma tutti i personaggi del film navigano in un continuo non sense: due rapitori legano con nastro adesivo di carta Giovanni e discutono con lui di fitoterapia e omeopatia… Impossibile non credere al loro reale interesse.

Gesù Cristo ci parla, ma è fuori sincrono, fuori tono in un paesaggio talmente quotidiano da risultare irreale.

Non si capisce se ci si trova di fronte ad una commedia o ad una tragedia… il pubblico in sala ride e si trattiene a stento nel resistere ad un'ilarità che si sprigiona dai personaggi, dai loro movimenti e parole: difficilmente si riesce ad intuire se ci sono o ci fanno.

Certo è, comunque, che amaro è il soggetto, difficilmente digeribile se letto fra le righe… non lascia sensazioni di rappacificazione con ciò che ci sta attorno. Lo stesso Cristo è fuori luogo, sembra parodia di se stesso, recita i suoi versi in tonaca, spiritato, coinvolto, ma avvolto dal traffico di macchine e i fumi di Marghera, fra la risacca della laguna in barena e una vecchia barca abbandonata sulla riva. Le sue frasi, le sue parabole non hanno peso, non hanno senso se non fini a stesse.

E ciò che sta attorno ci viene sapientemente mostrato dal regista attraverso un'estetica urtante, propria di una certa cultura "pop": canzonette, cinema di genere, pubblicità, iconografia; tutti i riferimenti esterni e le immagini stesse sono filtrate attraverso un’ottica dichiaratamente lo-fi (tutto il film è girato in 8mm) che Bozzato ci propone in schegge impazzite per tutto il film.

Ci opprime con l'ossessiva presenza di telefoni e voci fuoricampo, con un'apertura e una chiusura del film con Giovanni che cerca di sfuggire e alla fine accetta l'acqua, non più vista come ostacolo da arginare, da aggirare - l'acqua alta di Venezia che caratterizza la prima soggettiva del film - ma un elemento purificatore che, invitato da Cristo, Giovanni decide di accettare come un novello Pietro, ma pare che per lui, che non ha più speranze, il miracolo non si ripeta…

Un disagio attanaglia i ritmi sincopati e per contrasto la storia dilatata di questa pellicola, una sovrabbondanza di informazioni, di citazioni - anche filmiche, spesso parodiate - ci impone un'attenzione a cui spesso il pubblico non è abituato, un pubblico che tuttavia viene ripagato oltre misura dalla simpatia degli attori, tutti non professionisti o quasi, che sono gente comune, gente come noi, ragazzi che troviamo per strada e che per alcuni minuti subiscono una trasformazione fisica, mentale e temporale fuori misura, si trovano in un altro mondo, un mondo parallelo al nostro, un mondo simile in tutto e per tutto al nostro, un mondo dove, tuttavia, si può ridere ancora delle nostre disgrazie e della nostra stupidità perché in fin dei conti cinema è… (stefano cavagnis)

   
 

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