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CESARE PAVEL BERLENGHI
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CESARE PAVEL BERLENGHI
SITO WEB LETTERARIO A CURA DE "LA VOCE" periodico mensile dell'Associazione "IL PARCO" Direttore responsabile: Daniele Bettuzzi iscritto all'ordine dei giiornalisti Webmaster: Pino Polselli
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THE BLOOD (Il sangue)
lunedì 13 aprile 1998
Paul Gaugin quel giorno
aveva in tasca solo tre franchi con cui
comperare da mangiare, le tele ed
il color rosso che gli era finito Doveva finire un quadro
ed il rosso era necessario Decise di comperare le
tele: spese tutto ! Non aveva più franchi
nè per i viveri nè per il rosso Fu allora che un barlume
di idea gli passò per la testa e decise Vinti i morsi della fame una consueta
abitudine prese il coltello da
cucina con cui tagliava il pane si tagliò una vena uscì del sangue rosso "ecco il mio
rosso" lo raccolse nel flacone e finì il suo quadro Paul Gaugin finì il
quadro con il rosso del suo sangue
di Cesare Pavel
Berlenghi da "...ANCHE LE SCIMMIE PENSANO....Carpe diem-Kalòs kai agathòs" E
FU SUBITO NOTTE
.-di Cesare
Pavel Berlenghi-20-02-00 Il mio dolore è la sofferenza d'amarci Che
neanche le luci dell'alba Possono
placare né contenere Lo
stesso dolore che irradia la luna Che
ruba la luce del sole Ed
in questo dolore nessuna gioia Potrà
appagare L'inesauribile
sazietà Che
sopraggiunge al tramonto del sole Ed
all'apparire delle prime luci della luna Ed
io con te mi sento vicino A
quell'insondabile mistero divino Che
regola i cicli dell'astro nascente E
fu subito notte Il
giorno andò via Presto
amor mio Prima
che sopraggiunga il giorno E
le luci dell'alba Ci
sorprendano e mettano A
nudo i nostri segreti Le
nostre celate nudità Non
prendiamo tempo Lasciamoci
trafiggere Dai
dardi del Sagittario Seguiti
amorevolmente Dalla
Vergine e dall'Acquario Difesi
dal Leone Sbrigati,
amor mio, la
Luna è in Giove altre
costellazioni dovranno
nascere stanotte questa
notte è la nostra notte nessuno
può rubarcela sbrigati sbrigati la
notte è lunga un dito Psyche
ed Eros incalzano Impazienti Imperiosi Tempestosi Sbrigati Sbrigati
amor mio questa
è la nostra notte. THE RYTHM di Cesare Pavel Berlenghi
domenica 26 aprile 1998 Un giorno conobbi una
ragazza piemontese Quando camminava la sua
velocità era simil al rapido
Monza-Cologno Monzese Quando parlava sembrava
ingranaggi meccanici Quando gesticolava
sembrava un caterpillar Quando mangiava sembrava
un'autogrù Andava dritta spietata
su e giù Sembrava un robot dai
ritmi calcolati e cronometrati Perfetta nei suoi orari
ed impegni Peccato avesse
dimenticato una cosa importante. Diceva sempre "dai
pirla sbrigati non ho tempo da perdere" Faceva all'amore
frettolosamente e mi diceva "sbrigati, ma quanto ci metti" Mi sono sempre chiesto
se raggiungesse mai l'orgasmo Chissà a cosa pensasse
in quel momento, forse al mutuo o alla fabbrica Era perfetta nelle sue
decisioni Peccato avesse
dimenticato una cosa importante: di essere donna ! La lasciai dopo tre
mesi, lasciandole solo un biglietto : "Non posso vivere nè fare all'amore con una pressa di una fabbrica, addio" LUNGO I VIALI SEGNATI DALL'ACRO DEI TIGLI IN AMORE- di Cesare Pavel Berlenghi-25-02-00 (VALKYRIA N.°2)
Lungo i viali segnati dall'acro Di tigli in amore sino all'ultima Rotonda dove l'animo si rincuora E tra chiacchiere quasi assopite Grida lazzi fischi Assapora la lieve ebbrezza Della brezza di quei meriggi L'ondeggiare di corpi Curvi ricurvi a volte frettolosi Come lampi di luce Tra le reti dei pescatori Ed aprire nuove falle Cercando il remo Come fosse apriscatole Di un destino mai così disincantato Dì un fine perseguitato Fino all'estrema unzione E trastullarsi di beltà Così trascendentali Vantandosi come fossero Lucciole primaverili Afferrate al volo E trattenute come sogni Dimenticati in cassetti mai svuotati Vuoti incolmabili Incalcolabili Alzarsi all'improvviso Per andare alla fine del viale Cercando l'inizio E lasciarsi trasportare Da quell'acro che ti giunge Dal vento come musiche Forse conosciute o mai dimenticate Le membra vengono solleticate Da quel leggero eppur veloce Andare indietro e avanti Da quei corpi scalfiti Dalla calura e dalle vesti ariose Ed ecco all'improvviso Ed ecco giunge una voce Che mi desta da quel disincanto Giunge a bordo di un cavallo alato Bianco e lucente Non so forse dal mare Forse dai monti Forse da quei corpi dalle vesti ariose Forse da una foglia caduta Forse da echi lontani Incavati e celati Ad ogni memoria Mi dice cose incomprensibili Eppur dall'accento familiare M'accarezza i biondi capelli Mi bacia la fronte mi prende per mano Mi tormenta le labbra M'acceca Ed io divento sordo A quel odor acro lasciato Dai tigli lungo i viali. CESARE PAVEL BERLENGHI martedì 24 marzo 1998 9.26.30 THE PETER PAN'S MYTH Lo specchio riflette la
fioca luce
dell'astro notturno Nascente sulle nostre
auree chiome Nello stagno stelle
pelle lucida Corpi aggrovigliati ,
mistero divino:l'amore!! Trattenersi l'impeto finale
quasi votato all'eternità prima della rivelazione finale,
quasi fosse liberazione oh gioia divina
gioventù eterna il mio amorino i suoi capezzoli
come cime innevate ne posso gustare
il dolce nettare inebriante come un ridente
arcobaleno primaverile ... E la notte fu un
continuo rincorrersi, ricercarsi sembrava come se fosse
la prima volta offrirsi, rioffrirsi,
sfiorarsi, corteggiarsi, Rinascere e rigenerarsi
ad ogni continuo sussulto Strappavamo all'amore il
segreto dell'eterna giovinezza Trattenevamo l'attimo
prima, l'attimo fuggente sino a raggiungere le scale
del cielo, infiniti prati
celesti sbocciavano fiori nelle nostre nudità Oh Venere! Nulla ci era proibito,
nulla vietato nè celato
eppur nuovi orizzonti carpivamo Il segreto era celato
nell'attimo fuggente nell'attimo prima
dell'orgasmo, quasi fosse olimpica rivelazione
l'attrazione tra due corpi celesti la simbiosi fu
immmensamente totale ne assaporavamo ogni
frammento ne gustavamo ogni
mutamento Era la nostra aurora
boreale più esplosiva dell'elio
solare. Ad
un'amica, la mia orsacchiotta .
cesare pavel berlenghi IL LIMITE-(THE LIMIT) di Cesare Pavel Berlenghi 06-02-00 Delimitare il volo del gabbiano In gabbie dorate prive di venti Quale evento stolto Può impedire la corsa Della gazzella rincorsa Dall'affamato leone? Strozzare il rio alla foce Per impedirgli l'orgasmo marino Quale oscuro sortilegio Potrà soffocare l'innamoramento Della dura roccia Verso le correnti marine? Assurdità arbitraria o forse Casualmente infamante L'ostacolo interposto Come potremmo ammirare, in seguito, spiagge dalla finissima sabbia? Su di essa Riflette la luce solare Sulla roccia non sempre O quasi mai Voler affettare come fette d'angurie Il dolore dal piacere E dire: qui inizia e qui finisce Come scorgere nelle rughe o crune del viso Atti di coraggio o timore Impossibile scindere la speranza Dall'attesa di gioia Pensate che tutto ciò che apporta Piacere abbia origine dal piacere O che tutto ciò che apporta dolori Abbia origine dai dolori? Scrutare nell'animo Pieghe umide di lacrime Delimitarne il confine Tra le pieghe del viso Umide labbra Slanciate Verso Il volo del gabbiano La corsa della gazzella
Corpi nudi aggrovigliati Nell'amore il nono notturno chopiniano Similmente Alla corsa Del leone Della gazzella Al volo del gabbiano In amore non c'è mai pace Si lotta La vittima Diviene complice Del carnefice Sublime farsi affogare in un bicchiere di birra. L'amata tagliò le vene dell'amato Ne bevve il sangue Divenne immortale L'amato chiedeva di non morire Ma l'amata lo uccise e lo risuscitò. Nessuno degli altri mortali Poteva vederli Erano diventati immortali. CESARE PAVEL BERLENGHI CARTHAGO DELENDA EST- di Cesare Pavel Berlenghi-18-02-00 Scrutare nelle notti Affievolite dal torpore Nebbia Sonno nelle palpebre Stanche di lunghi cammini Lungo errabondi viottoli Illegali sentieri temporali Percorrevo in quei angusti spazi Percorse ora da anime Candide Ora da dannati Affannati come cavalli Da soma o da corsa Che il loro triste giogo M'appesantisce? Una strana calma m'addolcisce Quel tormentato cammino E seguo piste tempestate D'eventi Mutati solo dal vento Quel sogno infranto Quell'agonia pericolante Dondolante Figure forse ignote Paesaggi impalpabili Sensazioni mutevoli M'appaga Che il male minore Sia quello di non dire Mai dov'è la fine Per porre un limite ad esso Ed a tutti gli eventi? Che Carthago fosse predestinata A tal fine ed a continuare La sua vita nel ventre molle Ed adiposo dell'Urbe? Che i suoi semi abbiano generato E partorito fianchi molli E seni grondanti di latte Nella pastorale e bellicosa Città tiberina? Ed altre navi giunsero a Carthago Grondanti d'armi e volti bellicosi Pronti ad estirparle ogni segreto Tutto era stato preparato Per questa trasformazione Per questo trasloco Dal volto giovane e superbo dagli occhi carnosi distrussero e rubarono tutto strapparono persino i segreti celati dalle urne portarono via le ceneri da cui nascevano le palme Lode a Carthago Culla di civiltà Dove le donne Dalle vesti imperiali E dai fianchi dondoleggianti Irradiano il mare Di freschi petali Ogni qualvolta Un eroe ulisseiano Si getta Ai loro piedi E le onde marine Allontanarono quei petali Da Carthago fin sotto le stive Di quelle navi trasportanti Volti gonfi di grugniti Tutti dimenticarono Velocemente l'evento Ma nuovi semi Furono trapiantati Aldilà della riva mediterranea Una terribile vendetta Covava sulle rive tiberine E la città ne fu improvvisamente Pervarsa Qualcosa risorgeva Qualcosa rinasceva E si diffondeva Senza apparenti ostacoli Qualcuno ritornò a Carthago Ma lì non c'era più niente Da distruggere o rubare Carthago risorgeva in altri posti E l'urbe ne fu improvvisamente Innamorata Fu questa la vendetta di Carthago Una fioca luce attraversa Il cielo ombroso Mi dice che lì c'è Carthago Pronta a risorgere Ogni qualvolta Una nave Colma di volti bellicosi Attraversa il Mediterraneo.
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