Bergamo
14 marzo 2003
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Da "La nostra domenica", n. 11, 23 marzo 2003, p. 35
Intenso concerto a Bergamo di Roberto Juri Camisasca che ha raccontato la sua esperienza spirituale
Nomade dell'assoluto
La sua voce lieve, lievissima, quasi sussurrata,
si solleva da terra per raggiungere direttamente l'anima. Dello spettatore.
Mentre accordi e note parlano di altri confini, di altri orizzonti, di altre
dimensioni. Prima intona un delicatissimo Exultet in gregoriano lasciandoci
immaginare lo stesso scenario monastico dal quale Juri Camisasca proviene. E poi
la voce ci proietta, senza soluzione di continuità, nel labirinto di immagini
dei suoi testi «classici». Quelli scritti per Franco Battiato, Alice, Giuni
Russo e Milva: Nomadi, Il sole nella pioggia... Roberto Juri Camisasca,musicista
milanese trapiantato in Sicilia in una sorta di eremo alle pendici dell'Etna,
non fa molti concerti. Due o tre l'anno. Per raccontare la sua esperienza di «nomade»
ricercatore o di «pellegrino della verità». Non si lascia sedurre dalle
tentazioni da palcoscenico, se ne sta ben lontano dal mercato discografico, non
si è mai lasciato intruppare nelle regole del business e del successo. Il
teatro delle Grazie era quasi al completo lo
scorso 14 marzo quando - straordinariamente - è venuto a Bergamo, invitato ad
animare la prima tappa di un percorso organizzato dalla diocesi per i giovani
universitari.
Un monaco fuori dal monastero
Juri non ama troppo le definizioni. Soprattutto
quelle che gli altri, frettolosamente, gli affibbiamo. Noi cerchiamo di
astenerci. Ma dopo averlo ascoltato ne Le acque di Siloe ci piace pensare il
musicista solitario come un moderno «viandante dell'assoluto», il «camminatore»
della sua Nomadi che va «cercando la pace al crepuscolo» o «angoli della
tranquillità». O, per azzardo, lo immaginiamo come una sorta di «monaco-non-monastico»
che ha fatto della ricerca spirituale la sua primaria e originaria «professione».
È, sì, stato per 11 anni in un monastero benedettino - dalla fine degli anni
'70 all'inizio degli anni '90 - cercando di trovare una risposta alla sua
profonda inquietudine esistenziale e al bisogno di assoluto. Da quell'esperienza
monastica nacque il pregevole Te Deum (1988) nel quale Juri rilegge alcuni
grandi testi della liturgia cristiana. Oggi, però, Camisasca preferisce
continuare la sua ricerca su altri percorsi. Scoprì la sua sete di assoluto e
il bisogno di silenzio, quando un giorno involontariamente egli si ritrovò fra
le mani i testi di Teresa d'Avila e le Confessioni di Agostino. Al vescovo di
Ippona, più tardi, dedicò l'ultimo suo lavoro Arcano Enigma (1999; prima però,
nel '91, incise un altro bellissimo album: Il Carmelo di Echt, quasi un omaggio
a un'altra carmelitana: Edith Stein).
La spiritualità e la città
«La nostra società è caotica, frenetica -
afferma Juri, dialogando con il pubblico prima del concerto -. Ecco perché noi
abbiamo un grande bisogno di spiritualità. Il che significa decondizionarsi da
tutti gli impulsi esterni.
Siccome noi siamo proiettati verso le cose, perché cerchiamo di colmare il
vuoto dentro di noi, spiritualità è il ritorno in noi stessi, il ricordo di
chi noi siamo. Ci manca il silenzio, che è come il respiro vitale. Guai se ci
lasciassimo fagocitare da questa cultura consumistica».
Essere toccati dalla grazia
Secondo Juri l'esperienza spirituale è «essere
toccati dalla grazia». Il termine, per la verità, è stato licenziato dalla
sensibilità contemporanea. Perché? «Siamo fuori dall'armonia dell'esistenza -
risponde -. L'uomo è un
contenitore all'interno di uno più vasto: l'universo. Che a sua volta è
contenuto da una dimensione che lo trascende. Ma in che senso l'uomo è un
contenitore, e di che cosa? Dei suoi pensieri, delle sue follie...? C'è una
dimensione insondabile che giunge a toccare l'uomo. È dentro di lui. Ogni tanto
questa dimensione - che chiamiamo Dio, l'Onnipotente, il Signore -, senza che
l'uomo la cerchi o sappia (noi abbiamo sempre la presunzione di interpretare i
disegni divini, superiori), interviene nella vita dell'uomo in modo sensibile e
gli dà un segnale inequivocabile della sua presenza. Può essere un evento come
per san Paolo sulla via di Damasco; una frase del
vangelo come per san Francesco. Ciò che conta è cogliere il segnale del suo
passaggio. La grazia è ogni attimo, ogni infinitesimale istante dell'esistenza
altro non è che grazia. Se la presenza di Dio non fosse all'interno dell'uomo,
l'uomo morirebbe». Juri, che ha costantemente sottolineato la ricerca
interiore, ha anche precisato che «la ricerca di Dio è agli antipodi della
ricerca dell'io».
Massimo Maffioletti ("La
nostra domenica")
Non
cercarti fuori". Juri Camisasca
Teatro
alle Grazie, Bergamo, 14 marzo 2003
Anni
fa si è ritirato alle pendici dell’Etna, per dipingere le bellissime icone
che si possono apprezzare nel sito http://www.juricamisasca.it,
e per comporre, sporadicamente, per se stesso e per gli amici di sempre: Battiato,
Alice, Milva, Giuni Russo...
La
musica
di Camisasca basta a se stessa e alla pienezza della sua arte, tuttavia,
ogni tanto il musicista milanese lascia il suo eremo per incontrare il pubblico
e cantare.
Venerdì
14 marzo al Teatro alle Grazie di Bergamo abbiamo assistito ad uno dei
suoi rarissimi concerti. L'incontro
s’inseriva nel cammino di Quaresima elaborato dalla Commissione per la
pastorale universitaria di Bergamo, ed era pensato in due parti. La prima, con
un’intervista curata da Massimo Maffioletti, direttore del settimanale
di Bergamo La nostra Domenica,
la seconda col concerto di Camisasca, accompagnato alle tastiere dal bravissimo Francesco
Calì.
Un programma interessante, che ha richiamato un pubblico composto in gran parte da studenti universitari, ma anche da parecchie famiglie, preti e suore, oltre che da numerosi fan arrivati fin da Roma per riempire il teatro.
Come
ha scritto Massimo Maffioletti nel suo settimanale, è “difficile
distinguere il confine fra canzone e preghiera, quando lo si ascolta. I suoi
ormai non sono più dei veri e propri concerti, ma narrazioni della sua ricerca
e singolare esperienza spirituale: l’essere «stato toccato dalla grazia.
Perché così è stato per me – afferma Juri Camisasca –: un capovolgimento
esistenziale». Che con pudore «definisco conversione»”.
Il linguaggio di Juri è altro dalla musica, diverso. E’ fatto anch’esso di segni, ma suoi, di convenzioni sue, di armonie sue, più suoni che senso, suoni di cui le parole poco si occupano e che le parole lasciano alla poesia.
Il
programma della serata si rifà alle composizioni degli ultimi anni di Camisasca:
dal “Te Deum” fino ad “Arcano Enigma”, passando
per lo splendido “Il Carmelo di Echt”, omaggio ad Edith
Stein. Questa è la scaletta complessiva: Exultet, Victimae paschali
laudes, Aurea luce, Ave Maris stella, Nuvole bianche, Nomadi, L'era del mito, Il
Carmelo di Echt, Il sole nella pioggia, L'urlo degli dei, La nave dell'eterno
talismano, Tocchi terra tocchi Dio, S. Agostino, Le Acque di Siloe, Arcano
Enigma.
Alla fine l’ascolto della voce, calda e penetrante, di Camisasca, da un senso d’abbandono. Un abbandono alla sua musica, alla quiete, a un luogo di pace della vita sotto il cielo, tuttavia un abbandono vigile, in cui solo l’emozione resiste.
Paolo
Micheli