Donnafugata

6 giugno 2003

Altre foto del concerto

Scaletta del concerto

 

Recensione del concerto da "La Città" (Ragusa), 19/06/03

Intervista realizzata in occasione del concerto

Da INSIEME n. 368 del 16 giugno 2003

Recensione da "L'Isola che non c'era", luglio 2003

 

da La Città

Juri Camisasca, la musica dell'assoluto

L'artista, da sperimentatore progressive negli anni Settanta a eremita

Juri Camisasca vive in un eremo silenzioso alle falde dell'Etna, dove ricerca l'assoluto, compone canzoni e dipinge le sue icone. Di tanto in tanto, con molta parsimonia, esce. E' per questo che non è facile avere l'occasione di ascoltarlo dal vivo, così come  non è facile neppure dimenticarlo dopo aver assistito ad un suo concerto. Perchè Camisasca prima incuriosisce per il singolare percorso artistico ed umano (da tormentato sperimentatore progressive negli anni '70, a monaco benedettino ed infine ad eremita), poi affascina per le sue scelte radicali e le collaborazioni eccellenti con Battiato, Alice e Milva; conquista infine anche quando ti aspetteresti un mistico ombroso e invece ti trovi di fronte ad un antidivo carismatico e disponibile.
Al Castello di Donnafugata, per più di un'ora mezza ha incantato con le sue note l'eterogeneo pubblico presente: giovani, sacerdoti, famiglie e fan giunti appositamente da ogni parte d'Italia (Puglia, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, varie località della Sicilia). Tutti insieme per non perdersi l'evento. Per vivere, col tramite della musica, un'esperienza fuori dal tempo, verso zone più alte del sentimento e della ragione. La musica di Camisaca, infatti, è musica sacra non perché appartenga dichiaratamente a una categoria, né perché è pensata come tale, bensì perché esprime una dimensione di sacralità che è quella che vive l'autore e che lui stesso testimonia con sincerità. Con voce incredibilmente limpida questo moderno cantore, narra di "Nuvole bianche", "Polvere e diamanti", viaggi su navi dell’eterno talismano e "Nomadi" in cerca di assoluto. Composizioni nelle quali convivono in un insieme sorprendente il rock e la spiritualità, Edith Stein, donna filosofo deportata ad Auschwitz dal monastero di clausura in cui si era ritirata dopo la conversione al cristianesimo, e Sant'Agostino; le sacre scritture ed il Tao. Con qualche inserto ironico, come la voce di una cartomante di una TV catanese che pontifica sull'umore dei Pesci, campionata ad introdurre l'applauditissima "Zodiaco". Supportato da Riccardo Gerbino alle percussioni, Giovanni Arena al contrabasso (entrambi componenti dei Dounia), Francesco Calì e Sandro Giurato alle tastiere, Camisasca ha insospettabilmente entusiasmato, tanto da essere richiamato sul palco per ben due volte dagli spettatori, che ha poi incontrato a fine concerto in un'atmosfera informale. E' stato bello esserci, non fosse altro per la cornice del Castello, per le suggestioni musicali vissute, per la bravura dei musicisti, per l'originalità della proposta, e, magari, per la possibilità di scoprirsi all'improvviso anche noi nuvole bianche, nomadi in cerca di assoluto, viaggiatori sulla Nave dell’Eterno Talismano. Un piccolo miracolo artistico riuscito ad un ex monaco benedettino, eremita cristiano, figlio diletto del suo Dio. E a chi altri se no?

 

Vincenzo & Antonio La Monica

Intervista 

Abbiamo notato che ti piace definire incontri i tuoi concerti. Come mai?

Mi sembrano più degli incontri considerando il fatto che vi partecipano persone di un certo tipo che sono motivate più che dalla musica, da un qualcosa che è metamusicale; è tutta gente che è in ricerca di valori spirituali. Lo stesso accade a chi va ai raduni pop o rock: non lo si fa solo per la musica. Così è per i concerti che faccio io, nel mio piccolo.

Cantando di valori spirituali si corre il rischio di vedere la propria figura fraintesa o catalogata…

Sì c’è il rischio, ma i pericoli esistono dappertutto. Molte persone vengono fraintese quando diventano un personaggio pubblico: qualcuno proietta su di te valori che non hai. Di questo però io non ne faccio un assillo, perché mi occupo del mio rapporto con l’esistenza; come mi vedono gli altri non è un mio problema.

E tu come vedi gli altri, visto che qua c’è gente venuta da ogni parte di Italia?

A volte mi sembra un po’ esagerato, vi dico la verità. Però non è che io possa farci qualcosa; se uno ha la possibilità di avere due giorni di vacanza e venire in Sicilia a vedere un concerto è un avvenimento bello. Non c’è niente di male in questo. Io non me ne faccio comunque un vanto.

Rispetto ai concerti precedenti, qui a Donnafugata, ti presenti con una formazione diversa e dei brani diversi…

Sì anche perché il luogo lo richiede e si presta a delle sonorità più forti. In una chiesa certe cose non me le posso permettere. Oggi posso fare dei brani un po’ pazzoidi come “Zodiaco”.

Canti sempre in posti suggestivi. Quanto è importante la cornice?

Ha la sua importanza, perché aiuta a creare un clima. Sarebbe difficile per me cantare in un pub. I luoghi sono importanti perché ti mettono su una certa lunghezza d’onda. Poi con la musica si cerca di creare una sintonia con le armonie dell’universo.

Sei sempre stato fuori dai giri della discografia, come è cambiato il mondo della musica dai tuoi esordi ad oggi?

Non lo so. È cambiato il fatto che oggi ci sono più artisti e c’è una caterva di gente che propone materiale. Ai miei tempi eravamo di meno ed era più facile proporre il lavoro. Oggi manca il coraggio. La gente, più che cercare un’espressione artistica, cerca il successo. Molti vogliono apparire in TV o sui giornali, mentre io sono sempre stato uno molto schivo nei confronti di queste cose. All’epoca mi avevano fatto una versione di un brano, che era “La musica muore”, che a me non piaceva per niente, perché aveva una sorta trucco che la voleva rendere commerciale. A me non interessava! Non è una questione di soldi, perché bisogna pur vivere, però preferisco guadagnarmi il necessario facendo altre cose, piuttosto che cedere ai compromessi.

È una scelta di libertà, insomma?

Esattamente. Per me è più importante vivere e liberarmi dall’ego, perché il nostro obiettivo da umani è questo, che è una cosa molto sottile e difficile. È difficile capire persino cosa significhi liberarsi dall’ego. Però è quello che mi interessa. Viviamo una volta sola e arrivati alla fine cosa ci rimane? Che hai fatto dei dischi o ti hanno applaudito su un palco? Bè no, non mi interessa questo. È pura vanità.

Non c’è il rischio di essere compiaciuti della propria ricerca?

Se è vera ricerca no. Perché tu mi vedi come un essere compiaciuto? (ride) Io non mi preoccupo di far sapere agli altri che sono una persona che ricerca; tutt’al più mi travesto da una persona che non ricerca. Dobbiamo capire che per produrre il frutto, il chicco di frumento deve morire. Significa che la personalità deve scomparire. Poi si può giocare ad andare sul palco o a mettere gli occhiali scuri; ma sapendo sempre che una Vita vive dentro di noi. Nell’esistere unico noi siamo una parte, il problema è che noi diciamo “Io Juri, Io giornalista, Io falegname” questo ci separa dall’Unica realtà. Tutti si ammazzano per il potere, credono di dominare il mondo. A me sembrano tanti folli.

Cosa hanno in comune, nel tuo cammino artistico, la pittura delle icone e il canto?

In comune c’è il fatto che sono due dimensioni trascendenti il concetto di arte per come la intendo io. Quando dipingo un’icona, cerco di mettere da parte la mia personalità per lasciar fluire un qualcosa di più puro; la stessa cosa avviene anche nella musica. Quando canto non ho pensieri in testa ed entro in un’altra dimensione che non è quella del pensiero, ci si abbandona alla musica e al canto. Con la pittura vale lo stesso discorso: cerco di abbandonare le attività mentali, facendo il vuoto dentro di me.

Permettici una domanda banale: che cosa hai in programma per il futuro?

Sono uno che non programma niente, che vive alla giornata, e attualmente mi occupo più di pittura che di musica. Però c’è il progetto di fare uscire un libro a cui sarà abbinato un CD con dei brani nuovi. Per ora rimane solo alla fase di progetto, anche perché devo pensare ancora al tipo di sonorità da dare ai pezzi. Mi piacerebbe fare una cosa classica, senza tanta elettronica.

Antonio La Monica per www.juricamisasca.it 

Da INSIEME n. 368 del 16 giugno 2003

Juri Camisasca al Castello di Donnafugata

L’evento si è già svolto ma qualcuno ne parla ancora. Riguardo a me, lo confesso: quando ho letto il suo nome sul manifesto pubblicitario non sapevo nemmeno chi fosse e ho deciso, in verità, che avrei assistito al suo concerto più per la splendida cornice del Castello di Donnafugata che per le sue canzoni, a me del tutto sconosciute. Ma come sempre, in questi casi, la mia curiosità è stata ben riposta e sebbene rimpianga di non averlo scoperto prima (perché gli altri lo conoscevano? Dov’ero io quando gli amici compravano i suoi dischi? Ah!…già… troppo impegnata a sognare con le canzoni di Baglioni!!!), la soddisfazione di averlo conosciuto mi consola vieppiù!

Atmosfera intima (poche persone presenti per fortuna), nessun effetto scenico strabiliante (poche e discrete luci colorate sul palco), canzoni soft e delicate. Proprio come si addice alla personalità di questo straordinario e sensibile artista che del silenzio e dell’intimismo ha fatto una precisa regola di vita. Roberto Juri Camisasca nasce nei sobborghi milanesi (Melegnano) e fa la sua prima comparsa nel mondo musicale nel 1974 con l’album “La finestra dentro”, caratterizzato da una sorprendente intensità emotiva e una non comune sensibilità artistica. Collabora anche con Battiato partecipando ad alcuni suoi dischi (“Clic”, 1974 e “Juke box, 1978). Ma è un ragazzo molto timido e schivo; nel ricordo di alcuni colleghi del tempo appare tanto riservato e impacciato nei rapporti quanto a suo agio, invece, con la chitarra e la musica. Alla fine degli anni ’70 la sua inquietudine lo spinge alla ricerca interiore che troverà appagamento solo nella vita monastica, durata ben 11 anni in un monastero benedettino nelle Marche. Qui trae continua ispirazione per le sue canzoni e la sua attività di compositore continua ininterrotta. Nel 1987 partecipa a “Genesi”, l’album di Battiato. Segue, nel 1988 “Te Deum”, un album mistico di canto gregoriano, “Il Carmelo di Echt”, dove l’intensità lirica dei primi lavori raggiunge la sua massima espressione e “Arcano enigma”, nel 1999.

La gente al concerto non sembrava meravigliata, ma io ho appreso solo lì che la “mitica” canzone “Nomadi” di Battiato era stata scritta da lui, e lo stesso per tante canzoni del passato che ho amato e che credevo scritte da (e non per!) Alice o Giuni Russo. Insomma è stata davvero una gran sorpresa anche perché non capita tutti i giorni di ascoltare dal vivo canzoni filosofiche, profonde e allo stesso tempo sorprendentemente semplici.

Juri Camisasca, come è ovvio, rifugge dalla gloria e dagli onori; la sua discografia non è a scadenza, non teme confronti da hit parade. Nelle sue parole, la summa del suo pensiero e del suo stile di vita. A chi gli ha domandato in passato se intendesse evangelizzare attraverso le sue canzoni egli ha risposto che le sue canzoni sono frutto della continua ricerca di Dio e la sua vita una missione. E per questo non si può che restare piacevolmente stupiti ascoltando le commoventi parole che parlano di Edith Stein (la suora carmelitana ebrea arrestata ed uccisa ad Auscwitz ), straordinaria testimonianza di fede dell’artista, o quelle più incisive e mistiche de “Le acque di Siloe” in cui si canta la perfezione di Dio, da cui tutto parte e a cui tutto ritorna.

Per saperne di più: alcuni suoi brani degli anni ’70 sono stati raccolti nel Cd “La convenzione”.

Daniela Ferrara  

Da L'isola che non c'era, n. 29, maggio 2003

JURI CAMISASCA. Concerto al Castello di Donnafugata (Ragusa). 6 giugno 2003

Che il concerto di questa sera si discosterà un poco, per sonorità e spirito, dagli spettacoli “meditativi” proposti da Juri Camisasca nell’ultimo periodo lo si può intuire dalla formazione “d’attacco” che lo accompagna: Francesco Calì tastiere, Sandro Giurato tastiere e computer, Riccardo Gerbino percussioni, Giovanni Arena contrabbasso, giustamente definiti “grandi musicisti” da Camisasca. La scaletta, poi, conferma l’intuizione: scomparsi i canti gregoriani (che erano parte consistente degli ultimi concerti) e ridotte al minimo le canzoni in latino; solo Non cercarti fuori, Psalmus 113 e Ecce panis, peraltro tra le composizioni più ritmate e sonoramente “aggressive” del repertorio dell’artista. Ci sono anche due novità: Tempo senza tempo, scritta per Alice e cantata per la prima volta dall’autore, e Zodiaco, brano d’apertura di “Arcano Enigma” mai cantato prima dal vivo. Un brano che trova nel nuovo arrangiamento una dimensione più giocosa che cattura il pubblico, comunque coinvolto e partecipe per tutta la serata. Il taglio più pop del solito non toglie nulla all’intensità dei brani, veri inviti a scandagliare nella propria interiorità e a riconoscere il mistero nel mondo, in un percorso conoscitivo che è verticale più che orizzontale (“Più lontano vai, sempre meno conosci”). L’innesto del contrabbasso (spesso suonato con l’archetto) dà più ritmo e profondità al suono, di per sé già incalzante in quasi tutte le esecuzioni. Quando poi rallenta, nelle parti più “larghe” di brani come Nomadi, Nuvole bianche o Polvere e diamanti, la voce di Camisasca risalta limpida, penetrante e possente, da sola basta a produrre un’atmosfera vibrante (nonostante l’amplificazione non impeccabile, specie sui bassi) e a ricordarci che buona parte della malìa creata dalla sua musica dipende dal fatto che questo autore originale è anche un interprete sensibile e dalle grandi doti vocali. Del resto con la voce è difficile mentire, e il pubblico dimostra di riconoscere la sincerità dell’artista e di gradire la sua performance, richiamandolo sul palco per diversi bis. La bellezza del luogo certo è un’altra carta vincente della serata: la facciata del castello di Donnafugata illuminato si staglia dietro il palco creando un’ambientazione suggestiva. Un applauso al comune di Ragusa e agli organizzatori, che hanno capito che c’è un pubblico disposto a raggiungere (anche da città lontane della penisola) un luogo isolato, per quanto incantevole, pur di assistere a proposte alternative e autentiche.

 Alessia Cassani

Scaletta del concerto:

Il sole nella pioggia

Nuvole bianche

Il carmelo di Echt

Non cercarti fuori

Himalaya

Nomadi

Le acque di Siloe

Tempo senza tempo

Psalmus 113

La nave dell'eterno talismano

Revolution now!

L'era del mito

Visioni

Zodiaco

Polvere e diamanti

Tocchi terra tocchi Dio

Bis:

Ecce panis

L'urlo degli dei

Himalaya

Visioni

Zodiaco

 

Prima pagina  

Indice Concerti Il castello di Donnafugata Altre foto di questo concerto