Contrada Badiazza: resti del Monastero della Placa |
In direzione nord, guardando dal Castello di Lauria verso Novara di Sicilia, visibili i resti dell’abbazia del SS. Salvatore della Placa in contrada Badiazza. Nel dicembre dell’anno 1092 Il Gran Conte Ruggero d’Altavilla il Normanno, transitando col suo esercito da Taormina a Troina, nell’attraversare questa valle incontrò l’Anacoreta Cremete, che solitario, conduceva vita d’eremita in una spelonca nei boschi della Placa.
Il gran Conte rimasto sorpreso di questa figura che al suo dire
odorava di santità, per glorificare l’autenticità della sua esistenza ordinò
che in quel luogo venisse costruito un monastero, un monastero dei Basiliani
del quale il Cremete ebbe affidata la direzione e ne fu persino il primo
abate. Inoltre concedeva alcune terre et vigesimam numerationem hominum Castrileonis.
Dallo stesso Cremete, Ruggero, si fece condurre sulla rupe dove doveva sorgere il Cenobio, e rivolgendosi al Cremete disse: "Questa contrada sarà del monastero che fonderai a maggiore gloria di Dio"
Sito davvero inespugnabile, altissimo e difficile da raggiungere. Nel 1093
Cremete ebbe concesso il feudo della Placa e dintorni, mentre il Monastero
veniva insignito di privilegi ed immunità.
Inizialmente fu un cenobio dotato di giurisdizione proprie, nel 1131
venne posto sotto l’Archimandritato del Santissimo Salvatore di Messina, nel
1133 dipendeva ancora dall’Archimandritato pur rimanendo autodespota, nel
1328 il convento ospitava sei monaci, nel 1336 sette, e nel 1448-49 il feudo
di San Paolo appartenente al monastero, chissà, forse sotto pressione dei
Ruffo signori di Francavilla, viene interamente venduto. Nel 1457 circa, il territorio della Placa monastero compreso vengono annessi come proprietà dai Francavillesi. Sul finire del XVII secolo, i monaci, a causa del terribile terremoto del 1693 che causò la rovina del monastero, si trasferirono nella vicina città di Francavilla, altri nella città di Castiglione, ospiti inizialmente in un’ala del castello. Nel 1770 i monaci si trasferirono definitivamente a Randazzo portando seco la Reliquia del Santo, ivi, tutt’ora conservata. Il Cremete morì e fu sepolto proprio nel suo nido d’aquila. La tomba dove giacevano le sue spoglie fu purtroppo profanata presumibilmente nella seconda metà del 1700. |