Ruggero di Lauria
Ruggero
di Lauria è nato a Lauria o a Scalea in Calabria nel 1250. Fu educato alla
corte del Principe Pietro, il futuro Pietro il Grande, dove giunse dalla
Sicilia, con sua madre, quando questa accompagnò la principessa Costanza che
doveva sposare il futuro Re. Dopo la sconfitta di Manfredi nel 1266, ucciso
nella battaglia di Benevento da Carlo D’Angiò, si trasferì alla corte
d'Aragona. Nel 1270 Giacomo I fece donazione a Lui e a sua madre della Valle di
Leto, vicino a Cocentayna e poco tempo dopo gli diede l’incarico di ripopolare
quel territorio che era stato colpito da una ribellione dei Mori. Nel 1278
esercitò come sostituto, la carica di procuratore generale del Regno di
Valencia, e quando Pietro il Grande destituì il figlio Giacomo Perez dalla
carica di ammiraglio, per aver disobbedito agli ordini, chiamò Ruggero a
occupare tale carica. (22 aprile 1283) Presto Ruggero entrò in azione al
comando della flotta catalana per evitare che l’Isola di Malta cadesse in mano
alla flotta Angioina, comandata da Guglielmo Cornut. Le forze erano pari, ma la
vittoria Catalana fu schiacciante e stabilì il dominio sulle isole.
Dopo
questa sconfitta, Carlo D’Angiò iniziò i preparativi per la rivincita,
allestendo una grande flotta a Marsiglia, che doveva unirsi alla flotta presente
a Napoli, per impossessarsi della Sicilia. Per evitare la concentrazione di
queste forze, Ruggero salpò verso Napoli con il proposito di provocare la
flotta che si trovava in quel porto. Carlo lo Zoppo, principe di Salerno e
figlio del D’Angiò, accettò la sfida e uscì dal porto al comando di una
flotta di 28 navi, mentre la flotta catalana contava 36 galere. La tattica usata
dal Lauria, consisteva nel simulare una ritirata, offrendo al nemico la poppa di
20 galere e allontanando le altre 16, per rassicurare gli angioini. Quando il
nemico si trovò vicino, la flotta catalana girò bruscamente e provocò lo
scontro per il quale si era preparata. Le forze francesi furono completamente
distrutte e il principe di Salerno cadde prigioniero. Era il 5 giugno 1284. In
un secondo momento Ruggero assalì e saccheggiò le fortezze di Nicodera,
Castelvetro e altri paesi, cacciando i francesi dalla Calabria. Nel giugno del
1285 fu organizzata una crociata dalla Francia e patrocinata dal Papa per
invadere la Catalogna. Pietro il Grande reclamò la presenza di Ruggero, il
quale vicino al golfo delle Rose, diede battaglia alla squadra francese,
procurandole gravi danni, che risulteranno decisivi per lo sviluppo
dell’invasione. Dopo questa vittoria, Ruggero si accanì contro i suoi nemici
abbandonandosi ad atti di crudeltà, come quello di buttare a mare varie
centinaia di prigionieri legati a una grossa corda, oppure quello di rimandare
al campo nemico più di 200 francesi, dopo aver fatto cavare loro gli occhi.
Alla morte di Pietro il Grande, gli successe come re di Sicilia il suo
secondogenito Giacomo, e il primogenito Alfonso II, ereditò i rimanenti
possedimenti. Ruggero assistette a Palermo all’incoronazione di Giacomo e dopo
fece varie incursioni nella coste della Provenza, che gli fruttarono un grande
bottino. Di fronte alla minaccia delle truppe Angioine, Giacomo chiamò Ruggero
perché organizzasse la flotta, e nel giugno del 1287 intercettò 36 galere
francesi dirette verso la Sicilia, ottenendo un’altra grande vittoria. Alla
morte di Alfonso II, nel 1291, gli successe suo fratello Giacomo II, fino ad
allora re di Sicilia, che lasciò come suo luogotenente dell’Isola il fratello
Federico, che Ruggero protesse con la sua flotta e intraprese un’azione contro
le isole greche, dove i francesi avevano delle basi.
Nel
1295 passò al servizio di Federico, del quale fu ambasciatore presso il Papa,
ma per contrasti sorti dopo, abbandonò la Sicilia e si mise al servizio di
Giacomo II, allora in stato di inimicizia con il fratello Federico, il quale, a
causa di pressioni internazionali religiose, era disposto a cedere l’Isola
agli Angioini. Da qui, i contrasti tra Ruggero e Federico furono numerosissimi,
Federico dichiara guerra, ed in testa al suo esercito da Palermo si avvia verso
Messina, e perciò attraverso la valle dell’Alcantara. Giovanni nipote del
Lauria avendo saputo che lo zio era stato vittima di un attentato, mette insieme
un esercito e marcia verso Mascali, villaggio indifeso, mettendolo a ferro e a
fuoco. Subito dopo ritorna a Castiglione per marciare verso Randazzo, dove
Corrado Lanza, cognato del Lauria era al capo del paese; Giovanni naturalmente
sperava in un suo tradimento, ma il Lanza rimase fedele a re Federico.
Lo
stesso anno, Giovanni, nipote del Lauria, patteggia con lo zio Ruggero il
ritorno di Giacomo re.
Federico
informato di queste ignominie, il 27 agosto 1297 cinse d’assedio Castiglione,
senza avere successo.
Re
Federico, perciò, ritenendo inaccessibile il castello di Castiglione, e venuto
aconoscenza delle trame su di lui del Lauria, stanzia il suo esercito attorno
alle mure di Castiglione, assediandolo con ogni mezzo, tra le quali, anche con
catapulte, macchine da guerra, capaci di lanciare grossi oggetti e pietre a
lunga distanza. Giovanni, si vide costretto alla fuga e nel 1298 fu catturato e
giustiziato a Messina, accusato di ribellione. Nel 1299 Ruggero ritorna in
Sicilia con Giacomo fratello del re Federico per riprendergli il trono e ridarlo
agli Angioini, e vendicare nello stesso tempo la morte del nipote Giovanni
giustiziato l’anno precedente a Messina.
Ruggero,
combatté Federico comandando le forze dei suoi antichi nemici, gli Angioini, e
nel primo scontro subì una grave sconfitta in terra, della quale si ripagò,
posteriormente nella battaglia navale di Capo D’Orlando, il 4 giugno 1299,
mostrando ancora una volta la sua crudeltà contro i vinti.
Dopo
pochi mesi, tornò a infliggere una grande sconfitta alla flotta siciliana nelle
acque di Ponza, dove fece prigioniero l’ammiraglio di Federico, Corrado Doria.
Dopo questa vittoria, entrò in contatto con Blasco de Alagòn, capitano
delle forze siciliane, per intavolare trattative di armistizio, che risultarono
infruttuose; dopo, stanco di combattere, si ritirò nei suoi domini di Valencia
che comprendevano, oltre alle terre di Cocentayna e alla villa di Alcoy, Ceta,
Muro, Calis, Alcudia, Cella e Benima. Dopo la pace di Caltabellotta (1302) si
riconciliò con Federico, e visse per qualche tempo in Sicilia, nel Castello di
Aci Castello, per occuparsi anche dei possedimenti che aveva ancora sull’isola
e che ora gli erano stati restituiti. Quando morì fu sepolto nel monastero di
Sante Creus sotto il panteon di Pietro il Grande, secondo la sua volontà
espressa nel testamento.
Ottenne
una lunga serie di vittorie e di pari passo ottenne numerosi feudi insieme al
mero e misto impero, tra cui in Sicilia Castiglione, Francavilla,
Novara, Linguaglossa,
Aci, San
Pietro Patti, Ficarra,
Tortorici e
Tremestieri. Altri
ne ottenne in Spagna. Feudi nominati in un diploma rilasciato da Giacomo
d’Aragona a Valencia il 5 dicembre
1297.