Mastio della Chiesa SS. Apostoli Pietro e Paolo Questo maschio o
mastìo, oggi campanile della Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo,
apparteneva ad uno dei quattro castelli. Fatto sorgere per volontà di Ruggero nel 1105, ospita due illustri delfini lavorati
in pietra pomice, che valorizzano ancora di più la leggenda di Angelina di
Lauria ed i suoi amori con il primogenito Filippo, non che Delfino
di Francia. Il nostro Antonio Filoteo degli Omodei, scrisse il
romanzo nel XVI secolo, i fatti risalgono al
periodo cui era re Guglielmo il Malo fu pubblicato per la prima
volta a Venezia da un tale di nome Michele Tramezzino nel 1562. |
|
La Chiesa fu ultimata, probabilmente, nel
1105 data trovata incisa sull’arcata principale. Per diversi secoli fu Chiesa
Maggiore, tant'è che la sua grandezza ed importanza giurisdizionale
abbracciava con la sua Arcipretura i paesi di: Francavilla, Linguagrossa,
la Roccella, Calatabiano, La Motta Camastra e Mascali. In un intercapedine dietro
una parete, costruita durante la ristrutturazione della Chiesa nei primi del
Novecento, è ancora visibile l’arco trionfale dell’abside ornato con una
sagomatura fortemente accentuata e ricca di modenature che, essendo molto
consunte, sono appena distinguibili sotto una pesante stuccatura che in parte
ne segue il contorno.
A completare la descrizione degli elementi medievali bisogna aggiungere che
sulla facciata della Chiesa, fino all’inizio di questo secolo, vi erano un
rosone ed un portale nel cui architrave era incisa un’iscrizione che è stata
così interpretata: ANNO DOMINI
MCCCCXXXVIII MAGISTER SINOPOLIS EREXIT,
la cui data si riferisce probabilmente all’esecuzione del portale stesso.
Nel 1283, quando venne nominato Grande Ammiraglio da Re Pietro, Ruggero di
Lauria venne infeudato dei castelli siciliani di Aci, Castiglione,
Francavilla, Noara, Linguaglossa, Tremestieri, San Pietro Patti, Ficarra e
Tortorici.
Nel 1297 il castello di Castiglione, che fra quelli posseduti da
Ruggero di Lauria doveva essere strategicamente il più importante, fu al
centro della rivolta contro Federico III organizzata da Giovanni di
Lauria, nipote di Ruggero. Le
fortificazioni subirono perciò un assedio cui partecipò il Re in persona
e che viene descritto dal Filoteo nella sua Istoria di Sicilia,
nella parte seconda, libro ottavo. E di questo torrione doveva trattarsi visto che l’esercito di Federico era accampato pronto per la battaglia in Contrada Terone, cioè proprio di fronte al mastìo guardando verso Sud.
La Chiesa ebbe il suo massimo splendore durante l’arcipretura di Giacomo
Gioeni dal 1702 al 1736. Dopo il terribile terremoto del 9 – 11 Gennaio
1693, il Gioeni, provvide ai restauri interni ed esterni della Chiesa; il
vecchio Torrione, oggi campanile, nel suo ventre custodisce ancora
gelosamente la vetusta abside Normanna con la scritta del profeta Baruch. Il Gioeni fece incidere
tutt’intorno al campanile un’epigrafe: Iacobus
Abbas Gioeni Aragona Vicarius et Visitator generalis anno 1709.
L’epigrafe è stata invertita sicuramente dopo il terremoto del 1818, infatti
il muratore che riattaccò i pezzi caduti, erroneamente invertì la data da
1709 a 1760. Entrando nel Tempio, vediamo San
Pietro rivolto a Cristo mentre consegna le chiavi
dell’universo, è un atto di devozione e di raccoglimento, il tempio che
accoglie questa scena sull’arcata dell’abside principale, è quello dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, pregevole
dipinto murale eseguito dal maestro Contrafatto nel lontano 1951. Il
dipinto murale non è l’unica bella opera all’interno della Chiesa. Degna di
ammirazione, e’ anche la meridiana o orologio solare costruito dal prof. Temistocle
Zona (astronomo) nel 1882, allora, direttore dell’osservatorio
astronomico di Palermo. La
meridiana fu commissionata dall’Arciprete Sardo Turcis. Nel
1883 fu stampato e pubblicato un opuscolo presso la tipografia di Michele
Amenta di Palermo, avente ad oggetto le
tavole indicanti le ore all’italiana ed all’europea. Sul
lato sud si trova un Crocifisso ligneo d’arancio massiccio, opera di mano
ignota del XVI secolo. Il
31 gennaio1822 veniva a mancare l’arciprete Antonino Sardo. Don
Giambattista Calì Sardo diventa il suo successore il 16 giugno 1823, è
opinione di tutti, che il Prelato si interessò molto alla ricostruzione
dell’archivio salvando pregevoli volumi, resti dell’incendio scoppiato nel
1600. Nel
1818 un terribile terremoto, fece cadere la parte più alta del campanile,
seriamente danneggiata rimase anche la Chiesa, sia internamente che
esternamente, tanto che l’arciprete si vide costretto per questione di
pubblica sicurezza, a chiudere il Tempio, al Sacro culto. Don
Giambattista Calì, subito dopo il suo insediamento ad Arciprete, si prodigò
molto, non solo per la ricostruzione della Chiesa madre, ma anche per portare
avanti un suo progetto: la biblioteca.
Dopo 19 lunghi anni di sacrifici e di faticosi lavori, la Chiesa viene
riaperta al culto dei fedeli. Era l’anno 1837. |