La Giornata del Faraone

 

 

In quanto grande casa, il faraone egizio rappresenta la totalità del suo popolo che accoglie nella propria sede e di cui e responsabile al cospetto degli dèi. Per questo la sua giornata e caratterizzata da impegni religiosi e civili che ne manifestano la funzione ufficiale.

Se riguardo a questi siamo sufficientemente informati dall'opera dello storico greco DIODORO SICULO, disponiamo invece di scarsis­sima documentazione utile a ricostruire la vita privata del re e le sue occupazioni quotidiane che esulano dall'ufficia­lità.

 

Se si fa eccezione della parentesi del regno di Akhena­ton , quando l'arte ritraeva la coppia reale in atteggiamenti affettuosi reciproci e verso i figli, quasi nulla ci è dato di sapere sulle 'persone' degli altri faraoni, che ci si presentano fissati in un ruolo, in una maschera che ne snatura le individualità a vantaggio della celebrazio­ne dei tratti epici: il coraggio, l'audacia in guerra, il genio politico, la crudeltà o l'intolleranza, la devozione religiosa.Un rigido protocollo scandiva i tempi della giornata-tipo del faraone che iniziava di prima mattina con la cerimonia della visita alla statua sacra del dio nella parte più ripo­sta del tempio, la cella più interna.

 

I reperti

 

Dall’alto:Tra i passatempi regali c’era il gioco del senet,simile alla nostra dama. Questa celebre scena della tomba di Nefertari ci mostra la regina impegnata in tale occupazione.

Bassorilievo dedicato al dio coccodrillo “Sobek” , amatissimo dagli egizi specialmente  nell’oasi di El Fayyum.

 

Ogni giorno infatti, e il rituale si ripeteva a mezzogiorno e al tramonto, si trattava di ridare vita al dio che, lavato, rivestito e simbolicamente nutrito, poteva così risvegliarsi in pace.

Naturalmente non ovunque la presenza del re poteva essere assicurata e, fuori della capitale, il saluto alla statua era celebrato da sacerdoti autorizzati al rito.

“ Il momento più importante era quello in cui il sovrano levava verso il cielo la statuet­ta della dea Maat.

Maat incarna la verità, la giustizia, l'or­dine eterno dell'universo che esisteva prima della nascita  del nostro mondo e che sopravviverà dopo la sua scom­parsa.

 

Maat e la regola di vita di cui il faraone è depositario e che deve far rispettare perché gli uomini vivano in a   pace. Nell'elevare Maat al cielo, da dove ella proveniva, il  faraone metteva l'ordine al posto del disordine”  (C. Jacq).

 

Ancora più complessi erano i riti che si accompagnavano ai giorni di festa, spesso caratterizzati dal viaggio della statua del dio su barche solari che proseguivano per tappe tra l'entusiasmo dei fedeli. Così, ogni anno, Tebe era percorsa da una lunga processione in occasione della festa di Opet.

Dopo aver risvegliato il dio nel tempio, il faraone faceva ritorno al suo palazzo dove, di norma, dava udienza al vi­sir. Il nome, preso a prestito dagli Arabi, indica il Primo Ministro d'Egitto, colui al quale i monarchi (i governatori delle province o nòmi in cui il Paese è suddiviso) fanno riferimento.

Il compito di questo supremo funzionario, che in Egitto era detto quello della tenda, in quanto con­divideva con il re tutti i segreti dell'amministrazione, era di rendere conto al re circa lo stato generale del governo del Paese. Doveva informarlo cioè sui rischi di possibili ri­volte, sui rapporti con i popoli di confine, sulla qualità e quantità dei raccolti provenienti da ogni parte del regno. Spesso con il visir si identificava il sovrintendente ai lavo­ri presso il cantiere reale, quello destinato alla costruzione della piramide.

 

 A lui, con il re e i sacerdoti, spettavano la scelta del luogo dove erigere il monumento, la definizione delle sue dimensioni, la selezione delle maestranze e dei materiali necessari alla sua edificazione. In caso di guerra il re, in qualità di capo dell'esercito, guidava le truppe contro i nemici e sottometteva a una dura disciplina sia i volontari sia le forze mercenarie straniere al suo servizio.

Il sovrano governava con la regina cui spet­tavano considerevoli incombenze, ma doveva occuparsi anche del­le numerose spose se­condarie che popola­vano il suo harem. Tra queste c'erano talvolta delle donne straniere scelte allo scopo di conservare rapporti diplomatici amichevo­li con i Paesi da cui venivano.

 

 

 

Il Potere

 

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