Le Malattie

 

 

Se ancora oggi risulta difficile ricostruire l'esistenza pri­vata del faraone in assenza di documenti significativi in proposito (la documentazione disponibile è infatti rela­tiva al ruolo ufficiale che ricopriva), sappiamo molto di lui dopo la morte e ci è consentito inoltre di ipotizzarne credibilmente le cause.

La prolungata conservazione dei resti del defunto, consentita dalla pratica della mummificazione, ha aperto le porte a un'insolita branca della me­dicina: lo studio delle patologie delle mummie.

Già sul finire dell'Ottocento l'applicazione dell'autopsia su resti d'età tolemaica portò a identificare l'ateroscle­rosi come una delle malattie ricorrenti nell'antico Egitto. Nel corso del Novecento alle autopsie si sostituirono i raggi X, uno strumento d'indagine che presentava il van­taggio di non rovinare i poveri resti dei sovrani.

 Furono utilizzati per sottoporre a test clinici centinaia di mum­mie appartenenti a varie collezioni mondiali. Ai nostri giorni la ricerca delle patologie è affidata al prelevamento dai cadaveri di microscopici frammenti di tessuto, sotto­posti a esami accurati resi possibili dall'impiego delle tec­nologie moderne.

 

Gruppo sanguigno e DNA dei faraoni ci sono oggi noti, ma il progredire degli studi in questo settore ci ha consen­tito in particolare di catalogare con una certa precisione le malattie più ricorrenti nella Valle del Nilo.

 

I reperti

 

Dall’alto: Bassorilievo raffigurante  il faraone Amenophis IV, dalla forma allungata del cranio si sospetta la sindrome di “ Frolich ” prodotta da un cattivo  funzionamento dell’ipofisi.

Il primato spetta senza dubbio alle malattie polmonari, accertate dalla scoperta di tracce di polvere di carbone o di sabbia inalate probabilmente in presenza di focolari accesi o in occasione delle temibili tempeste di sabbia che frequente­mente si abbattevano sul Paese. Altrettanto diffuse erano le malattie indotte dalla presenza nel corpo di parassiti delle specie più varie, chiara testimonianza, questa, dello scarso livello di igiene in cui vivevano anche i più fortu­nati.

 

Per un re era probabilmente infrequente camminare scalzo nel fango, fatto abituale per i meno abbienti, ma non era raro che, come molti, bevesse acqua proveniente da pozzi inquinati o si cibasse di alimenti cotti male o ma­le lavati, Vaiolo e poliomielite erano le patologie infettive

più diffuse, mentre l'aterosclerosi di cui già si è già detto colpiva di preferenza proprio i sovrani o i funzionari: l'eccessiva ricchezza di una dieta carica di grassi, dunque, danneggiava i più ricchi.

L’esame accurato degli scheletri ha permesso di contare un numero consistente di malattie a carico delle ossa e dei denti.

 

Si va da comuni forme di artrosi e di artrite a fratture semplici o multi­ple, che rivelano tuttavia una sor­prendente frequenza a evolversi be­nignamente.

Per quanto concerne i denti, il problema più grave non era quello della carie, ma il rapido logorio cui lo smalto era sottoposto probabilmente a causa dei microdepositi di sabbia o di farina male macinata sugli ali­menti assunti quotidianamente.

 

 

I vasi canopi


Le viscere, una volta estratte dal corpo del defunto, venivano lavate e imbalsamate; dopo erano depositate in quattro vasi raffiguranti altrettante divinità chiamate Figli di Horo, le quali avevano il compito di proteggere gli organi dalla decomposizione. Questi contenitori, con il coperchio a forma di uomo ( contenete il fegato ), di sciacallo ( contenente lo stomaco ) , di babbuino ( contenete i polmoni) e di falco ( contenete l’intestino ), erano conosciuti come vasi canopi.

Probabilmente il loro nome deriva dalla città di Canopus, vicina ad Alessandria, dove esisteva il culto di Osiride, adorato e rappresentato tramite un vaso con il coperchio a forma di testa umana, secondo un’altra versione, Canopo era un personaggio mitologico che fu seppellito in Egitto. I vasi canopi venivano introdotti in una cassa che, durante il corteo funebre, era trainata da una slitta.

 

 

Circa le terapie, i testi egizi sono generosissimi di informazioni e arri­vano a enumerare fino a duecento rime­di farmacologici utili a procurare una pronta guarigione. Tra questi, come è lecito aspettarsi, sono compresi i rimedi più diversi e singolari, come i blocchi di limo del Nilo o gli escrementi di mosca.

E d'altro canto or­mai provata l'efficacia delle terapie egizie in alcuni settori quali la cura delle ferite di guerra o certe operazioni chirurgiche come quella realizzata attraverso la trapanazione del cranio che, stando a quanto attestano la presenza di cicatrici e la sopravvivenza suc­cessiva del malato, si concludevano talora con successo. In caso di fallimento della me­dicina, poi, ci si affidava alla magia.

 

 

 

 

 

 

 

Il Potere

 

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