Le grandi regine

La società egizia riconosce alla donna analoghi diritti ri­spetto all'uomo e le accorda un'identica promessa di vita eterna: in questo prende le distanze dalle discrimina­zioni e vessazioni perpetrate dalla maggior parte delle ci­viltà antiche. Tuttavia il riconoscimento del ruolo della donna costituisce l'eccezione, non la regola.

Così, se nel Medio Regno l'identità di un uomo viene in genere preci­sata in riferimento alla madre che l' ha generato, di solito prevale piuttosto la dicitura il tale figlio del tal padre, sono poi sempre gli uomini a trasmettere ai figli il grado ri­coperto nell'amministrazione o la professione.Nulle sono per la donna egizia le possibilità di far carriera se non co­me danzatrice o musicista, raro il caso in cui le sia data la possibilità di diventare regina da madre o sposa del farao­ne, titoli onorifici spesso interpretati nell'ombra. Esistono però significative eccezioni.

 

HATSHEPSUT, figlia di Thutmosi I e sposa-sorella del suo successore, si sostituisce per anni nel governo del Paese al figlio Thutmoses III, divenuto sovrano in età inidonea per regnare.

Sotto di lei l'Egitto abbandona la politica aggressiva verso il vicino Oriente adottata dai predecessori, ma conquista indubbi successi nell'apertu­ra di nuove vie commerciali verso la ricca terra di PUNT.

Sembra che la regina abbia goduto dell'appoggio del po­tente clero devoto ad Amon al punto che numerosi tem­pli del dio le sono dedicati. Il più bello e senza dubbio quello addossato alla scosce­sa parete rocciosa di DEIR EL-BAHRI.  I  geroglifici iscritti sulle pareti ricordano i successi della regina. Quando si fa rappresentare, Hatshepsut è ritratta con gli attributi del faraone ma­schio, barba tradizionale compresa, a dimostrazione di quanto sia inusuale per una donna ricoprire tale incarico.

Alla sua morte, Thut­mosi III, irriconoscente, fa di tutto per infangarne la me­moria, ne abbatte persino le statue e sistematicamente procede alla rimozione del suo nome dai monumenti che la ricordano. Neppure una traccia deve rimanere del fa­sto del suo regno.

 

La personalità di NEFERTITI, sposa di Amenofi IV e sostenitrice del suo audace progetto di riforma religiosa, è stata oggetto di poco credibili trasfigurazioni fantastiche. A favorirle sono le notizie relative all'impegno fanatico di cui avrebbe dato prova per diffondere nel Paese il culto del disco solare Aton, ma anche l'umanità suggerita dalle numerose scene che la ritraggono in affettuosa conversa­zione con il marito o impegnata ad accudire le sei figlie nate dal matrimonio.

Lo stesso realismo insolito traspare dal notissimo
busto di Berlino, opera in calcare policro­mo, audace nella realizzazione al punto che non ci si aspetterebbe che l'alto copricapo della regina riesca ad ar­monizzarsi con il suo fragile collo. Il profilo della donna è bellissimo, ma la grazia elegante non è la sola qualità del­la regina che è l'unica a essere rappresentata nell'atto di massacrare i nemici.

Avvolta nel mistero è la sua uscita di scena, al dodicesimo anno del regno del marito, così co­me misteriosa resta la sua sepoltura. Si crede che la sua salma abbia accompagnato quello del marito ad AMAR­NA, ma il sito è stato trovato profanato e il sarcofago reale distrutto.

 

NEFERTARI è la più nota delle molte mogli di Ramsete Il, una delle poche regine divinizzate in vita.
A lei è dedicato il tempio minore del vasto complesso di ABU SIMBEL, quello sacro alla dea Hathor con cui è identificata.

Ma a un altro monumento è affidata la sua notorietà: la sua tomba rinvenuta da una spedizione archeologica italiana nella VALLE DELLE REGINE.

I colori vivissimi delle scene pa­rietali che descrivono il viaggio di Nefertari verso la re­surrezione ultraterrena sono stati oggetto di lungo e atten­to restauro ultimato nel 1994 e concluso dall'apertura al pubblico del sepolcro.

 

I reperti


In alto il colossale tempio funerario della regina Hatshepsut a Deir el-Bahari. Oltre la scoscesa parete rocciosa cui l’edificio è addossato si estende la Valle dei Re.

Busto della regina Nefertiti conservato nel Museo di Berlino.

In basso raffigurazione di Nefertari vicino al dio Horo dalla testa di falco.

 

 

Carta

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