Re Stranieri alla guida dell’Egitto

 

 

Con il regno di SMENDES, il successore di Ramses XI, si inaugura una nuova monarchia, nuova non perché ab­bia conquistato la credibilità perduta, ma perché ormai tollerante del governo parallelo della potente casta sa­cerdotale devota ad Amon che oppone Tebe a Tanis, la città del Delta che i faraoni della XXI dinastia indicarono come la loro sede politica. L’assenza pressoché totale di documentazione significativa, se si eccettua qualche im­portante reperto, rende impossibile una ricostruzione at­tendibile delle vicende relative alla dinastia tanita: un tentativo serio in questa direzione porterebbe a perdersi nel generico o nel dettaglio marginale e ciò non si addice alle esigenze di un racconto divulgativo. A dimostrazione di quanto detto prima basti ricordare che l'ultimo re della XXI dinastia, PSUSENNES Il, condivise non solo il re­gno, ma anche il nome con un coevo gran sacerdote tebano. Che si trattasse della stessa persona?

 

Definire SHESHONQ I, il fondatore del­la XXII dinastia, la dinastia libica, uno straniero è un po' una forzatura. La fa­miglia da cui discendeva risiedeva infatti in Egitto da sei generazioni e si era dun­que del tutto integrata nella società ospi­te. Apparteneva probabilmente al popolo dei Mashwash, che in epoca ramesside si erano stanziati in un'oasi e amavano fre­giarsi il capo con due piume. Qualcuno li identifica con i Berberi, ma la corrispon­denza non è certa; sicuro è invece l'orna­mento, dal momento che i sovrani di quest’età sono detti comunemente i faraoni dalle due piume.

 

I reperti


Dall’alto: In occasione del suo giubileo il faraone Osorkon II si fece costruire a Bubasti una sala in granito rosso decorata da rilievi. Il particolare qui riprodotto ritrae il sovrano accanto alla moglie.

In basso i resti della necropoli reale di Tanis, che i faraoni della XXI e della XXII dinastia elessero a loro capitale politico-amministrativa.

   

Nonostante la diffidenza egizia verso lo straniero fosse fortissima, al punto che i berbari non meritavano neppure di essere riconosciuti dagli abitanti della Valle del

Nilo come uomini, sotto il governo dei re libici il Paese tornò a prosperare. In parti­colare SHESHONQ lI, mettendo fine alla rivalità con il clero tebano, riassunse piena autorità e tornò a guardare alla politica estera come allo strumento più utile a rafforzare la sua credibilità.

Erano quelli in PALESTINA gli anni delle lotte seguite alla morte del re Salomone; il regno d'Israele si opponeva a quello di Giuda guidato da ROBOAMO, figlio e successo­re di Salomone.

Ebbene, approfittando di questa divisio­ne, il faraone mosse le sue armi contro Roboamo e, dopo averlo costretto alla resa, si fece consegnare il tesoro di Gerusalemme.

 

Testimonianza d'eccezione è a questo pro­posito contenuta nel primo Libro dei Re della Bibbia. Fu poi la volta di GEROBOAMO, sovrano del regno d'Israe­le. Mancano in questo caso notizie precise dal momento che la stele commemorativa di Karnak, che riportava i no­mi delle centocinquanta città conquistate da Sheshonq lI, si ferma oggi alla cinquantesima.

 

Aggredire per non difendere: fu questa la tattica preferi­ta anche da OSORKON I e Il, alle prese con il temibile regno assiro e con la difficile coreggenza con i sacerdoti di Amon. Il problema fu considerato risolto quando a di­rigere i sacerdoti tebani furono messi personaggi impa­rentati con la casa regnante. Ma il piano fallì e, dopo un'o­scura guerra civile fomentata dai Tebani, il Paese conobbe un nuovo grave periodo di crisi, e una scissione interna alla casa regnante segnò l'inizio della XXIII dinastia.

 

 

 

La carta

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