La Scultura

 

L'attività dello scultore e ben documentata. Ge­neralmente ritratto accanto al lavoro finito, e al centro di una bottega artigiana ric­ca di strumenti che ci con­sentono deduzioni probabili sulle tecniche del suo me­stiere. Le fasi iniziali della lavorazione del blocco di pietra sono per la verità mal documentate anche se si può supporre che venga sbozzato nel luogo dell'e­strazione, soprattutto qualo­ra sia destinato alla realizza­zione di statue colossali. Più informati siamo sulla rifini­tura ottenuta mediante ricorso a scalpello e mazzuolo. L’artista provvede quindi a levigare l'opera con della sab­bia abrasiva a base di silice e la ripulisce con acqua. Suc­cessivo e l'intervento dei pittori decoratori.

 

Per lo più in calcare, la statuaria egizia ricorre anche a pietre dure come il granito e la diorite, ma riserva que­st'uso ai soggetti più preziosi, di solito le divinità conser­vate all'interno dei templi. Raro e l'uso del metallo come quello del legno, ma in questo caso la scarsità dei reperti si spiega probabilmente in relazione alla maggiore deperi­bilità della materia prima.

 

I reperti

 

Dall’alto: I giganti seduti a Abu Simbel. Come si nota le dimensioni della statua dipendono dall’importanza del personaggio,le figure femminili non arrivano neppure alle ginocchia del sovrano.

Statue di Ramses II decorano il colonnato del primo cortile del tempio di Luxor inizialmente dedicato ad Amenophis III.

In evoluzione nelle diverse epoche, la produzione di statue, prerogativa nell'Antico e Medio Regno delle botte­ghe artigiane, nel Regno Nuovo si trasferisce nei laborato­ri dei templi. Qui si modellano nella pietra i faraoni desti­nati a presenziare le loro tombe.

Prevale l'immagine idea­le del sovrano, colto in una fase della vita, di solito la gio­vinezza o la maturità, e proposto in dimensioni gigante­sche quasi ad amplificarne la potenza.

Del tutto estranea allo scultore egiziano è la preoccupazione di rendere realisticamente il soggetto rap­presentato. Prevale lo ste­reotipo, la rappresentazione di maniera.

 

Affine all'arte del disegno al punto che solo un segno determinativo distingue lo scultore dal pittore definito scrittore di contorni, la scultura è in Egitto una tra­duzione tridimensionale dell'arte piana. Le statue so­no realizzate per essere am­mirate di profilo o di fronte, progettate a partire da un re­ticolo di linee perpendicola­ri tracciato sulla pietra cui poi si riferiscono, in propor­zione, le parti del soggetto da realizzare.

 

Anonime o con un nome se rispettivamente raffigurano persone comuni, dei o sovrani, le statue seguono canoni più o meno rigidi in relazione al variare di destinatari e realizzatori. Se alle botteghe artigiane private è consentita maggiore libertà di sperimentazione tecnica, non così e per i laboratori reali dove si seguono tipi e schemi mille­nari.
Rialzata su uno zoccolo, la statua del sovrano o del dio ha un piede avanzato rispetto all'altro, le braccia sono distese lungo il corpo o incrociate sul petto e impugnano strumenti del potere politico o religioso. Qualora il perso­naggio sia ritratto seduto su un trono o su un parallelepi­pedo, ha le gambe unite e le braccia che poggiano su di esse. Altrettanto stilizzata è la tradizionale raffigurazione dello scriba accovacciato e quella del fedele ritratto nel momento dell'offerta.

 

Concepita per durare nell'eternità, la statua è chiamata a vivere con il rituale dell'Apertura della bocca, lo stesso che si applica sul morto per risvegliarlo nell'aldilà; è soli­da, incorruttibile, statica come il blocco di pietra che l'ha generata, conforme alle regole cui l'artista e il committen­te sono devoti.

 

 

 

Civiltà

 

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