I Servi, gli Schiavi

 

 

Per anni l'Egitto è stato visto come luogo di lavoro di moltitudini di schiavi che con improba fatica avrebbero provveduto alla rea­lizzazione di edifici monumentali a perenne memoria dei loro sovrani. Tradizioni accredita­te hanno avvalorato l'idea dei sovrani della ter­za dinastia, i costruttori delle grandi piramidi, come crudeli tiranni al cui servizio lavorano centinaia di diseredati. L’immagine è falsa.
Gli scavi archeologici testimoniano semmai il con­trario: il popolo egizio è costituito di uomini liberi
sebbene compresi entro una gerarchia so­ciale rigida che a tutti impone di contribuire con la propria opera all'ottimizzazione delle ri­sorse necessarie al benessere del Paese. Inoltre se certa storiografia tende a rappresentare la società egizia, nei suoi livelli più bassi, come una struttura statica nel tempo, recenti scoper­te aprono la via alla tesi contraria: il concetto e pratica della schiavitù sono soggette a indubbia evolu­zione nel passaggio dall'Antico Regno al Nuovo.

 

La condizione dello schiavo non è in origine avvertita come uno stato giuridico. Testi letterari non fanno riferi­mento al più o meno rilevante grado di subordinazione imposto dall'esercizio di ogni professione lavorativa.

 

I reperti

 

Dall’alto: Il lavoro di centinaia di uomini ha consentito l’estrazione da luoghi come questo del materiale da costruzione per i grandi complessi monumentali.

La tradizione vuole che migliaia di schiavi abbiano partecipato alla realizzazione del complesso architettonico di Giza, ma l’idea che i faraoni della terza dinastia siano i crudeli tiranni tiranni di un popolo in catene è oggi superata da tesi più credibili.

Il mestiere dello scriba è il solo che nell'insegnamento di Khety sia indicato come libero dalla soggezione a un padrone.
Dobbiamo però arrivare al Regno Nuovo perché il tipo umano dello schiavo sia considerato entro il repertorio
delle figure letterarie codificate.
Nell'Antico Regno la gerarchia sociale egizia subordina ai sovrani e ai funzionari cosiddetti dipendenti, non si tratta di schiavi ma di uomini del popolo che alle tradizionali attività agricole alternano corvées obbligatorie.

Il lavoro coatto è finalizzato alla costruzione dei complessi sepolcrali ma anche a spe­dizioni militari nella Nubia o nel vicino Oriente. Di qui provengono i numerosi prigionieri di guerra cui nei peri­odi successivi sarà applicata l'etichetta di schiavi.

 

Nel Medio Regno le cose cambiano. La stratificazione sociale si complica, gli individui tendono ormai a identifi­carsi con il mestiere che svolgono, l'emancipazione è a portata di mano: l'uomo egizio non è più il dipendente pronto a rispondere, quando necessiti, alla chiamata del suo sovrano, ma il professionista che aspira ad affermarsi socialmente ed economicamente. Il divario tra lavoratori liberi e coatti si fa ora più ampio, il terreno è pronto all'af­fermazione di una figura di servo non più tale in senso la­to, ma definito dalla perdita della libertà di disporre di se. In questa categoria si riconoscono i servi reali tra cui i scavatori di pietre, i coscritti forzati, i disertori.

 

Al pari dei prigionieri di guerra questi ultimi possono essere ven­duti dal padrone o trasmessi in eredità. Ai tempi del Regno Nuovo la situazione descritta si con­ferma nelle sue linee essenziali. All'incremento del nume­ro di schiavi catturati durante le guerre sempre più frequenti in cui l'Egitto è impegnato, si accompagna la scomparsa definitiva della qualifica di dipendenti e la possibilità per la schiava di emanciparsi alla condizione di cittadina a se­guito del matrimonio con un uomo libero.

 

Scompaiono i lavoratori forzati e i servi reali, lo schiavo si identifica ora con il prigioniero straniero, e di proprietà del faraone che con i collaboratori ha provveduto a sceglierlo tra la gioventù nobile del popolo vinto. Risalgono a quest'età i primi testi giuridici che codificano la proprietà del servo e fissano le norme che ne regolano l'acquisto o la vendita.

 

 

 

 

Classi Sociali

 

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