SHOCK      ANAFILATTICO                                         torna a : SHOCK 

 

 

1) vie di introduzione                               2) quadro clinico

3) dose                                                       4) esami di laboratorio

5) allergeni                                                6) prognosi

7) fisiopatologia                                        8) terapia d'urgenza

8) conseguenze                                         9) quadro clinico e terapia in caso di shock da mezzo di contrasto
 
 



 

 
 
 
 
 

Si tratta di uno stato di insufficienza circolatoria acuta dovuto alla massiccia liberazione di mediatori vasoattivi, in corso di una reazione immunitaria verificantesi dopo l’introduzione di un allergene all’interno di un organismo, allergene a cui il soggetto si era precedentemente sensibilizzato.

L’inadeguata perfusione capillare, che provoca una diminuzione dell’effettiva irrorazione tessutale costituisce il principale evento fisiopatologico dello shock anafilattico. All’alterazione emodinamica iniziale fanno poi seguito, se i meccanismi di compenso risultano inefficaci ovvero, si non si instaura un trattamento precoce ed adeguato, alterazione emodinamiche e metaboliche, che possono condurre a un danno cellulare irreversibile.

Lo shock anafilattico è una situazione clinica legata al fenomeno di ipersensibilità di tipo I della classificazione di Gell e Coombs.

Fig 1

Innanzitutto il termine anafilassi letteralmente significa contro protezione e viene inteso come una risposta immunitaria abnorme espletata nei confronti di un agente estraneo di varia natura che è venuto a contatto con l’organismo. Questa iperattività da parte del sistema immunitario è alla basa di alcune patologie che vanno da una rinite o un asma, al vero e proprio shock allergico.

L’anafilassi è indotta in seguito a due successive inoculazioni di un antigene, intervallate da un opportuno lasso di tempo, di cui la prima ha un effetto sensibilizzante, la seconda un effetto scatenante. Prendendo in considerazione dello shock, la sequenza degli eventi è stereotipata: dopo una sensibilizzazione iniziale, clinicamente muta, a un determinato antigene, segue un periodo di latenza di 7-10 giorni durante il quale vengono prodotti gli anticorpi specifici per l’antigene. Se si verifica un secondo contatto con lo stesso antigene si instaura uno shock anafilattico nel volgere di pochi minuti.

Vediamo ora sommariamente cosa accade durante una reazione di ipersensibilità.

Fig 2

Premettiamo che i protagonisti delle malattie allergiche sono le IgE, le mastcellule e basofili con i loro prodotti, gli eosinofili e le cellule dell’infiltrato infiammatorio.

L’antigene viene a contatto per la prima volta con l’organismo tramite la superficie mucosa (sono possibili, come vedremo, altre vie di penetrazione). Viene inglobato da un APC locale (che può essere un macrofago o un linfocito B o qualsiasi altra cellula che sia predisposta a questa attività) processato e presentato ai linfociti Th sulle molecole di istocompatibilità di classe II. I Th2 si legano e secernono citochine particolari come la IL 4 e la IL13 che stimolano la proliferazione dei linfociti B. E’ necessario sottolineare che sono i Th2 e non i Th1 ad agire, perché nei soggetti atopici c’è una prevalenza dei Th2 sui Th1, in ragione di una predisposizione genetica.

Questo, assieme ad altri meccanismi cui accenneremo, è alla base dei fenomeni allergici. Quindi il linfocito B produce IgE che vanno a legarsi ai mastociti. Essi vengono così stimolati a degranulare tramite una serie di reazione enzimatiche, inizialmente localizzate a livello di membrana plasmatica, poi nel citoplasma.

Si ha infatti l’apertura dei canali al calcio e attivazione di enzimi citoplasmatici, meccanismi questi, che trasducono all’interno della cellula il messaggio di attivazione.
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VIE DI INTRODUZIONE                                                                 torna a : inizio

L’antigene può penetrare nell’organismo in vario modo:

1) per inoculazione (tramite punture di imenotteri per esempio e attraverso la cute raggiunge il derma.

2) per endovena ( come accade per i farmaci)

3) per ingestione o inalazione e viene a contatto con le mucose digestive e respiratorie.

Le vie di introduzione dell’allergene sono molto importanti perché alcune di esse, soprattutto la via endovenosa, l’intradermica e la digestiva sono considerate dei fattori favorenti nella patogenesi dello shock anafilattico. Naturalmente tutte, comprese l’intramuscolare, l’intrarticolare, l’intrarachidea e la via che utilizza collirio o supposta possono scatenare uno shock.
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DOSE                                                                                                                     torna a : inizio

La dose di antigeni da prendere in considerazione non ha un valore prestabilito e cambia in relazione al tipo di sostanza considerata: anche piccolissime quantità dello stesso, possono scatenare uno shock.

ALLERGENI                                                                                                    torna a : inizio

Gli antigeni, o allergeni implicati possono essere di varia natura. Possono essere allergeni completi di natura proteica ad alto peso molecolare e apteni, sostanze non proteiche a basso peso molecolare che acquisiscono le loro proprietà antigeniche coniugandosi a un vettore proteico, generalmente albumina. La maggior parte dei farmaci implicati nei fenomeni allergici, antibiotici in testa sono apteni.

Fig 3

Le caratteristiche del "carrier" è quella di essere di natura proteica e pertanto si distinguono sostanze come le globuline, la sieroalbumina, l’emocianina, l’ovoalbumina e il fibrinogeno. E’ da notare che l’aptene, quando è coniugato al carrier induce una produzione anticorpale che è di tipo misto e cioè diretta sia verso l’aptene che lo stesso carrier.

I farmaci più spesso in causa sono:

1) Penicillina: oltre il 70% dei casi da shock anafilatico da farmaci è dovuto a questo antibiotico

2) Altri antibiotici: in genere le betalattamine, più raramente gli aminoglicosidi, le tatracicline e i sulfamidici

3) Prodotti di contrasto iodato: ionici e non ionici con un rischio minore per quelli non ionici e a bassa osmolarità.

4) Mezzi di contrasto paramagnetici: il Gadolino- DTPA è l’unico che viene utilizzato in Italia per la risonanza magnetica e il rischio associato ad esso di comparsa di reazioni avverse è uguale o leggermente inferiore a quello dei mezzi di contrasto iodati non ionici.

5) Sieri eterologhi: non sono una causa molto frequente. Il recente uso di siero antitetanico omologo, o eterologo purificato, ha fatto scomparire questi incidenti.

6) Anestetici generali e i curari: rappresentano un gruppo molto importante (propofol).

7)Veleni di imenotteri: soprattutto api e vespe

8) Vitamina B1 (cloridato di tiamina): il determinante antigenico di questo composto, sembra costituito dall’anello pirimidinico legato a un gruppo aminico

9) Insulina

10) Miorilassanti

11) Vaccini

Una volta penetrato, l’antigene, viene inglobato da parte di una APC. Il meccanismo di processazione e presentazione è infatti fondamentale affinché avvenga l’attivazione dei linfociti Th la quale è possibile solo se si instaura il legame tra l’MHC di classe II e il complesso recettoriale CD4+ dei linfociti.

L’antigen-presenting-cell internalizza l’antigene: esso viene degradato da enzimi proteolitici nel fagolisosoma. Alcune parti di esso vengono riespresse sulla superficie cellulare, dove vengono associate alle molecole MHC2.

Fig 4

Le cellule che fungono da APC possono essere quelle professionali qui sotto elencate.

Fig 5

Ve ne possono essere anche altre che diventano tali solo dopo particolari stimoli immunologici dei quali sono responsabili alcune citochine come IFN gamma sia di tipo I che II.

Siccome gli allergeni sono antigeni esogeni, nelle reazioni vengono coinvolte le MHC di classe II.

Gli Ag HLA di classe II sono costituiti da due catene polinucleotidiche, una pesante alfa e una leggera beta, associate a una catena gamma. Essi sono dotati di una sorta di "tasca" in cui vengono contenuti gli Ag. La forma di tale tasca dipende da strutture aminoacidiche che fungono da strutture di "ancoraggio" per i peptidi.
Le estremità della tasca di MHC II sono "aperte" per cui la stessa è in grado di ospitare peptidi di lunghezza variabile.

Fig 6

I linfociti Th rispondono alla presentazione instaurando un legame con l’MHC II tramite il loro complesso recettoriale.

Fig 7

Dopo la formazione del legame si verificano degli eventi cellulari e molecolari rappresentati da :

a) attivazione, proliferazione autocrina dei linfociti T helper e secrezione di citochine, essenziali per la proliferazione e differenziazione dei linfociti B.

b) attivazione, proliferazione e differenziazione dei linfociti B, con sintesi di anticorpi. I linfociti T sono indispensabili per la produzione ed il controllo della sintesi di immunoglobuline, infatti senza una cooperazione T-B non si avrebbe lo switch isotipico e la produzione di anticorpi.

I linfociti T e B cooperano in due modi:

1) tramite un contatto diretto (cognate-help)

2) tramite fattori solubili (non-cognate-help)

La cognate-help prevede che il linfocito B funga anch’esso da APC e esponga l’antigene complessato con MHC II al TCR dei linfociti B.

La non-cognate-help prevede una cooperazione non specifica e non MHC ristretta, mediata dalla produzione di linfochine. Tra queste un ruolo prevalente è indubbiamente svolto dalla IL-4.

Fig 8

Questa citochina è necessaria per la sintesi di IgE. Esistono varie sottopopolazioni di linfociti T helper, presenti in tutti gli individui, ciascuno capace di sintetizzare differenti tipi di citochine con azione diversa nei confronti dei linfociti B e quindi con differenti significati funzionali. Per esempio i Th1 producono soprattutto IL-2 e IFN gamma che inibiscono la produzione di IgE. I linfociti Th2 producono IL-4 che al contrario, come già detto, favorisce la sintesi di IgE.

Le risposte Th1 o Th2 sono selezionate in base al tipo di antigene e alle molecole di MHC II, infatti i Th si attivano in base a precise sequenze dell’MHC. Non si sa se questo è dovuto alla particolare struttura molecolare dell’allergene, al tipo di APC coinvolto o a altri fattori. Nei soggetti atopici c’è un aumento della popolazione linfocitaria di tipo 2.

Una volta prodotte, le IgE si legano al mastocita: fisiologicamente ciascun mastocita contiene 130.000 recettori circa sulla propria membrana cellulare che legano con alta affinità i domini CH2 e CH3 delle IgE. Una volta avvenuto il legame il mastocita viene attivato. Occorre sottolineare che l’attivazione è favorita solo se vengono coinvolte almeno due molecole anticorpali.

Fig 9 e fig 10

L’attivazione del mastocita determina una serie di reazioni a cascata che prevedono come evento iniziale l’entrata del calcio e l’accumulo di cAMP, i quali portano al rilascio di sostanze preformate contenute in granuli e sostanze neoformate che derivano dal metabolismo dell’acido arachidonico indotto dall’attivazione della fosfolipasi A2. L’acido arachidonico è metabolizzato dagli enzimi cicloossigenasi e lipoossigenasi che conducono alla formazione di alcuni mediatori che contribuiscono a amplificare il processo flogistico.

Schema 1

Fig 11

Ecco schematizzati i mediatori associati ai granuli e quelli neoformati con le relative funzioni.

Fig 12

Tra questi sicuramente, l’istamina, le prostaglandine e i leucotrieni giocano un ruolo preponderante.

L’istamina agisce tramite i recettori H1 e H2. Essa ha varie azioni.

1) a livello cutaneo e locale determina: eritema, edema e prurito

2) a livello broncopolmonare determina: broncodilatazione

3) a livello generale determina: imponenti fenomeni a carico del sistema cardiovascolare

Fig 13

Agendo sui recettori H1 determina contrazione del tessuto muscolare e costrizione dei grossi e medi vasi (comprese le coronarie). Nel microcircolo agendo su entrambi i recettori determina vasodilatazione e vasopermeabilizazione allontanando tra loro le giunzioni inter-endoteliali e permettendo così il passaggio di elementi cellulari e non nel connettivo. Poi, legandosi unicamente ai recettori H2 ha un’attività contro infiammatoria, ma ai fini dello shock anafilattico questa sua azione è irrilevante.

La prostaglandina D2 e i leucotrieni LTC4, LTD4, hanno un’azione vasopermeabilizzante, spasmogenica e causano una ipersecrezione mucosa (edema mucosale).

Nei soggetti allergici, abbiamo detto, c’è una iperesponsività immunitaria per cui le reazioni di difesa, anziché esaurirsi nei dovuti limiti temporali e secondo un preciso sistema di autoregolazione, appare esagerata e non contenuta. I fattori che sono responsabili di questa reazione abnorme, sono soprattutto di natura genetica e in minor misura ambientali.

Tra i fattori genetici particolare risalto si da allo studio dei sistemi di controllo della produzione di IgE e dei sistemi di controllo della sintesi e liberazione dei mediatori molecolari di flogosi. Come è noto i soggetti atopici presentano una produzione aumentata, continua e persistente di anticorpi IgE verso determinati allergeni.

I meccanismi cellulari o molecolari che stanno alla base sono:

1) deficit dei linfociti CD8+

2) alterato rapporto Th1/ Th2 a favore dei Th2. Viene prodotta infatti una maggiore quantità di cloni Th di tipo 2 capaci cioè di produrre IL-4, ma non INF gamma e quindi in grado di favorire risposte anticorpali di tipo IgE.

3) aplotipo HLA: i soggetti atopici ereditano particolari sequenze di aminoacidi nell’ambito di molecole HLA di classe II che, espresse sulla membrana della APC. risultano in grado di instaurare legami più stabili con certi allergeni che con altri. Non solo, ma pare che queste molecole di HLA abbiano la capacità di esporre continuamente l’antigene stimolando così i cloni linfocitari a proliferare e a espandersi.

4) i linfociti Th1, inoltre, sono dotati di attività citolitica che permette loro, dopo il riconoscimento dell’antigene di ledere le APC; i Th2 non hanno attività citolitica e questo fatto serve a spiegare la cronicità delle risposte IgE agli allergeni.                                                                                                          torna a : inizio

FISIOPATOLOGIA DELLO SHOCK ANAFILATTICO             torna a : inizio

Fig 14

Instaurandosi uno stato di sensibilità nei confronti di un’antigene, al secondo contatto con questo, nell’individuo può scatenarsi uno shock anche a dosi minime dello stesso. Le forme più gravi si verificano in seguito a somministrazione parenterale. Ricordiamo però, al fine di evitare confusione, che esistono anche delle forme di shock di tipo anafilattoide causate da sostanze di varia natura in cui intervengono meccanismi extraimmunitari. In queste forma lo shock può presentarsi anche alla prima somministrazione del farmaco, risultando quindi del tutto imprevedibili. In questo si differenzia nettamente da quello propriamente anafilattico.

Fig 15

CONSEGUENZE                                                                                                                   torna a : inizio

Fig 16

SUL PIANO EMODINAMICO:

un’ipovolemia relativa dovuta da una parte a un aumento della permeabilità capillare, dall’altra a una vasodilatazione. In associazione si ha una diminuzione del ritorno venoso causata dal sequestro di liquidi in altri distretti e dall’aumento del letto circolatorio. Si instaura precocemente un deficit cardiaco, comportandosi il cuore come un vero e proprio organo bersaglio. Esso è infatti interessato da episodi ischemici dovuti a ipoperfusione coronarica e insufficienza di O2 e da episodi di aritmia conseguenti a alterazione della conduzione. La situazione può essere aggravata da una effettivo aumento delle resistenze vascolari polmonari. Il tessuto cerebrale può essere interessato da lesioni ischemiche. La microcircolazione, cui spetta il compito dello scambio dei principi energetici e catabolici tra sangue e tessuti, risulta gravemente alterata.
La diminuzione dell’irrorazione dei tessuti causa infatti tutta una serie di processi degenerativi susseguenti all’ipossia soprattutto di tipo stagnante. L’evento iniziale di questi processi degenerativi è rappresentato da una aumento del metabolismo anaerobio che causa un accumulo di lattati. A ciò seguono tutte quelle alterazioni a carico delle membrane cellulari e degli organelli (mitocondri, nucleo, lisosomi ecc..) per cui, se non si instaura una terapia precoce ed immediata, portano all’instaurazione di circoli viziosi che aggravano ulteriormente il quadro clinico. Possono cioè causare de danni irreversibili, a carico dei distretti e organi colpiti, che possono risultare responsabili dell’eventuale esito fatale.

SUL PIANO RESPIRATORIO:

si verifica un intenso broncospasmo e ipersecrezione mucosa con edema delle pareti bronchiali e in maniera elettiva della glottide.

SUL TRATTO GASTROINTESTINALE:

aumento della secrezione gastrica e della peristasi intestinale.                                                         torna a : inizio

QUADRO CLINICO                                                                                                              torna a : inizio

Il quadro clinico dello shock anafilattico è indipendente dalla natura dell’allergene. Di solito nel giro di pochi minuti, ma sempre entro un’ora dall’assunzione della sostanza in causa possono comparire, sebbene non sempre, prodromi, tipo sensazione di intenso malessere, con ansia, cefalea, vampate di calore con febbre e nausea. La sintomatologia dello shock conclamato appare quanto mai polimorfa, potendosi riscontrare, con varia frequenza a seconda dei casi, sintomi a carico dei diversi organi e apparati.

1) APPARATO CARDIOVASCOLARE: caduta della pressione arteriosa ( i valori pressori possono risultare normali se il paziente era precedentemente iperteso); tachicardia estremamente accentuata, con polso piccolo, frequente e molle.

2) APPARATO RESPIRATORIO: respiro frequente e superficiale, notevole dispnea da ostruzione meccanica delle vie aeree superiori che richiamano la crisi d’asma o di eritema polmonare acuto.

3) SISTEMA NERVOSO: perdita di coscienza fino al coma, disturbi psichici e sensoriali (ansia e irrequietezza motoria ovvero torpore, con diminuzione o scomparsa de riflessi), paresi, convulsioni, vertigini. Questi sintomo possono mancare o risultare molto sfumati se la cosiddetta "centralizzazione del circolo" (dovuta alla risposta nueroendocrina-metabolica allo shock) è in grado di assicurare un flusso ematico cerebrale sufficiente.

4) APPARATO GASTROENTERICO: vomito, diarrea, dolori addominali diffusi.

5) RENE: oliguria che può diventare estremamente grave fino all’anuria.

6) CUTE E MUCOSE: pallore intenso con cute fredda e cianosi delle estremità, prurito, orticaria e edema di Quincke.

Nelle forma più gravi predominano i sintomi cardiocircolatori e neurologici, mentre risultano attenuati o assenti i sintomi degli altri organi e apparati, che prevalgono, invece, nelle forme più lievi a evoluzione protratta.
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Fig 17

ESAMI DI LABORATORIO                                                                                     torna a : inizio

Gli esami di laboratorio permettono di rilevare:

1) aumento dell’ematocrito

2) leucopenie

3) trombocitopenie

numeri 2 e 3 sono relativi, purché si abbia un sequestro nei siti di stravaso

4) aumento della glicemia

5) aumento dei valori dell’azotemia, creatininemia e dell’uricemia

6) iponatriemia

7) iperpotassiemia

8) aumento delle attività enzimatiche nel siero (AST = aspartato transferasi, CPK = creatininofosfochinasi)

9) aumento dei lattati e diminuzione del pH (acidosi)

10) diminuzione della PaO2

11) aritmie (extrasistoli, fibrillazione atriale)
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PROGNOSI                                                                                                                          torna a : inizio

La prognosi appare tanto più grave quanto più breve è l’intervallo di tempo tra l’esposizione della sostanza allergenica e la comparsa del quadro clinico dello shock. Si possono infatti osservare forme fulminanti. La prognosi è più favorevole ovviamente quanto più precoce sia l’attivazione di un trattamento adeguato. Comunque l’esito letale può aversi anche in reparti di terapia intensiva, malgrado gli interventi terapeutici. Nelle forme con esito favorevole si assiste al una progressiva regressione della sintomatologia, generalmente completa. Sono descritti però alcuni casi con sequele cardiocircolatoria (infarto miocardico) o neurologiche (paresi, spesso transitorie).

TERAPIA D’URGENZA                                                                                        torna a : inizio

Le misure d’urgenza comprendono i seguenti provvedimenti:

1) eliminare l’esposizione del paziente all’allergene responsabile, per esempio sospendere il farmaco se ne è stata la causa.

2) tenere il paziente in posizione supina, per favorire il ritorno venoso al cuore.

3) somministrare adrenalina o per via sottocutanea o endovenosa. L’adrenalina ha effetto alfa-stimolante abolendo la vasodilatazione arteriolare e venulare, facendo diminuire la permeabilità capillare e ripristinando così la pressione arteriosa sistemica.

4) somministrare glicorticoidi

5) colmare la sproporzione tra volume sanguigno e capacità del letto circolatorio mediante trasfusioni generose di plasma o di sostituti di plasma, o albumina umana concentrato.

6) somministrare ossigeno allo scopo di ridurre l’ipossiemia e l’ipossia.

Le misure terapeutiche successive comprendono anzitutto il ricovero del paziente in centri di terapia intensiva, o comunque in ambiente ospedaliero in modo da adeguare il trattamento all’evoluzione dello shock anafilattico.
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QUADRO CLINICO E TERAPIA IN CORSO DI SHOCK DA MEZZI DI CONTRASTO                                                                                                                             torna a : inizio

Questi tipi di shock sono da tenere in considerazione, in quanto sempre più numerosi sono i pazienti che più volte si sottopongono a esami quali TAC o RM (o altri che prevedono comunque l’utilizzo di mezzi di contrasto). Un prima esposizione infatti può determinare l’insorgenza di uno stato di ipersensibilità nel paziente, che è responsabile di reazioni anafilattiche dopo una seconda esposizione al mezzo di contrasto. Nell’ambiente ospedaliero il personale deve conoscere l’importanza di identificare subito i pazienti con allergie note e comunicare queste notizie ai colleghi. Una attrezzatura di emergenza deve essere sempre disponibile ovunque vengano somministrati farmaci o agenti diagnostici che possono provocare reazioni anafilattiche. Da un colloquio con i responsabili del reparto di rianimazione dell’ospedale S. Giovanni di Dio a Cagliari, è emerso che da circa 10 anni che il servizio è stato istituito, non si è mai verificato un caso di shock anafilattico vero proprio. Il loro intervento è stato richiesto a questo proposito solo per quei pazienti sottoposti per una seconda volta alla TAC, in cui si sia manifestata una sintomatologia da reazione anafilattica di moderata entità: frequenti infatti sono i casi di broncospasmi e dispnea aggravati da stati ansiosi, risolvibili tranquillamente in loco senza necessità di intervento rianimatorio. In questi casi si ritiene necessaria per esempio una ventilazione assistita. I mezzi di contrasto sono prodotti farmaceutici di più largo impiego a livello mondiale.

In ragione di ciò, occorre essere a conoscenza delle reazioni collaterali indesiderate tra cui possono aversi reazioni anafilattiche o simili, di tipo cioè anafilattoidi e a patogenesi extraimmunitaria, indipendente dalla reazione antigene-anticorpo. Da recenti studi è stato rilevato che i mezzi di contrasto radiopachi possono infatti determinare il rilascio diretto dell’istamina da parte di mastociti e basofili.
Essi possono inoltre anche attivare direttamente o indirettamente i sistemi del complemento, della coagulazione, della fibrinolisi e delle chinine, con conseguente rilascio di numerosi mediatori in grado d provocare effetti avversi.

Le reazioni avverse possono essere classificate in base alla gravità della sintomatologia. Si possono infatti distinguere reazioni lievi, moderate e gravi.

Quelle lievi sono quelle che non richiedono una forma di trattamento per le quali occorre solo tranquillizzare il paziente. Le reazioni moderate sono quelle che richiedono una attenta osservazione del paziente con somministrazione di farmaci senza però necessità di ricovero. Le reazioni gravi pongono in pericolo di vita il paziente e richiedono un pronto trattamento e spesso anche il ricovero. Le reazioni gravi tra cui predomina lo shock anafilattico, si riscontrano nello 0,05-0,1% dei casi.

Ecco un esempio analitico di terapia associata al quadro clinico in corso di shock anafilattico da mezzi di contrasto.

Fig 18

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FRANCESCA MASCIA                                                                                         torna a : inizio