fisiopatologia del collasso cardiaco
SHOCK INTRODUZIONE torna a: inizio
Shock è un termine in lingua inglese che alla lettera significa urto, colpo, scossa. In medicina si intende con shock, detto anche collasso, la diminuzione assoluta o relativa della massa di sangue circolante, come può avvenire ad es. in seguito ad un’emorragia profusa o ad una eccessiva dilatazione dei vasi sanguigni. Nell’uno o nell’altro caso i vasi sanguigni contengono un volume di sangue troppo scarso rispetto alla loro capacità e pertanto tendono a collassare.
Il sistema circolatorio è fornito di sistemi e meccanismi diversi che consentono continui aggiustamenti, entro certi valori, della pressione sanguigna. Come in tutte le funzioni vitali anche qui il fine ultimo è quello di dare all’organismo una grande stabilità tra i continui cambiamenti in cui esso vive. Infatti gli innumerevoli cambiamenti di posizione del nostro corpo, le differenti condizioni di lavoro, in sostanza le prestazioni costantemente diverse che la vita richiede all’organismo, provocherebbero perturbazioni di tale entità nella pressione del sangue da essere incompatibili con la vita, se non esistesse una continua regolazione pronta ad intervenire e a prevenire ogni squilibrio mantenendo le normali caratteristiche idrauliche del sistema circolatorio. Se non vi fossero meccanismi di tal genere sarebbe problematico anche il normale passaggio dalla posizione supina a quella eretta perché comporterebbe la perdita di coscienza per ipotensione cerebrale. Ricordiamo brevemente questi meccanismi omeostatici che agiscono per equilibrare le perturbazioni pressorie:
a) fattori di primo intervento (attivi in pochi secondi)
1 riflessi da barocettori
2 riflessi da chemocettori
3 risposta ischemica encefalica
b) fattori di secondo intervento (attivi nel giro di minuti)
4 adattamenti del tono delle pareti vasali
5 modificazioni della volemia
6 meccanismo vasocostrittore renina-angiotensina
c) meccanismi di compenso definito
7 meccanismo dell’aldosterone
8 aggiustamento dell’escrezione di acqua e sali minerali
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SHOCK NEUROGENO torna a: inizio
Vi sono persone in cui questi meccanismi sono alterati costituzionalmente o che in seguito a particolari eventi (quali uno sforzo particolarmente intenso, la convalescenza da una malattia debilitante) sono particolarmente sensibili per cui uno stimolo dei per se non grave può causare un riflesso di vasodilatazione e conseguente ipovolemia relativa, con caduta della pressione arteriosa. Dal punto di vista fisiopatologico si verifica cioè una discrepanza del letto vascolare (che aumenta) e volume ematico circolante, con conseguente rapida riduzione del ritorno venoso alla quale segue una ridotta gettata cardiaca (shock ipovolemico relativo). In questo tipo di shock rientra la sincope o svenimento. La rilevanza clinica è piuttosto modesta sia per la frequenza rara che per l’esito favorevole, se correttamente trattato.
Lo shock neurogeno rappresenta una complicanza temibile
dell’anestesia spinale. Il quadro clinico è caratterizzato da pressione
arteriosa estremamente bassa, con frequenza cardiaca normale o ridotta,
cute secca ed iperemica. Riduzione della gittata cardiaca accompagnata
da riduzione delle resistenze periferiche. Se questa condizione non viene
corretta si instaureranno lesioni cellulari a livello renale e o cerebrale.
Il trattamento si attua mediante somministrazione di liquidi e farmaci
vasopressori.
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SHOCK CARDIOGENO torna a: inizio
Ma la sindrome dello shock si può avere anche in coloro i cui sistemi regolatori della pressione funzionano bene, qualora i sistemi stessi si trovino a dover fronteggiare rapidamente uno squilibrio che vada oltre la capacità compensatoria massima. E questo può avvenire per un deficit centrale della pompa che sostiene attivamente questa pressione avendosi così il collasso cardiaco o shock cardiogeno, che riconosce diverse cause.
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Infarto acuto del miocardio
a)Perdita del miocardio ventricolare sinistro critico
b)Insufficienza della pompa ventricolare destra
Complicanze meccaniche
a)Rigurgito mitrale acuto dovuto a distensione o rottura del muscolo
papillare
c)Rottura della parete
d)Aneurisma ventricolare sinistra
Condizioni miste
a)Cardiomiopatia allo stadio terminale
b)Contusione miocardica
c)Miocardite
d)Ostruzione ventricolare sinistra in uscita : stenosi aortica
Il progressivo deterioramento delle condizioni che avviene in assenza di intervento nei casi di shock cardiogeno può essere considerato un circolo vizioso.
Fig 1
I meccanismi di compensazione iniziale includono l’attivazione
del sistema nervoso simpatico, effetti sulla regolazione renale e neuronale,
e vasoregolazione locale. L’attivazione del sistema nervoso simpatico è
provocata dai barocettori e dai chemocettori che portano ad un aumento
della frequenza cardiaca, a vasocostrizione arteriosa e venosa, aumento
della forza di contrazione del cuore e ad un richiamo di fluidi nel compartimento
vascolare. Il sistema renina-angiotensina vieni attivato da una inadeguata
perfusione renale e da stimolazione simpatica dei nervi renali. Un eccesso
di angiotensina2 porta a vasocostrizione e sintesi di aldosterone che fa
aumentare il riassorbimento di sodio e acqua da parte dei reni incrementando
così il volume ematico. La distensione degli atri porta alla produzione
di peptide natriouretico atriale che favorisce l’escrezione di sali ed
acqua da parte del rene riducendo la formazione di renina e contrastando
gli effetti dell’angiotensina2. Infine con l’ipotensione viene incrementata
la produzione di ormone antidiuretico e viene incrementato il riassorbimento
di acqua.
Gli effetti locali sui tessuti inizialmente includono
l’accumulo di metaboliti vasoattivi che causano vasodilatazione arteriolare
e capillare. L’autoregolazione porta alla ridistribuzione del sangue preferenziale
verso cervello, cuore e reni. Alla fine l’abbassamento della pressione
perfusionale, specialmente in presenza di malattia coronarica ostruttiva,
porta ad un ulteriore decremento dell’attività contrattile del cuore
ed i meccanismi compensatori periferici sono sopraffatti dal progressivo
deterioramento della funzione cardiaca. L’obbiettivo terapeutico si prefigge
di interrompere il circolo vizioso. La funzione miocardica può essere
stabilizzata e infine migliorata massimizzando la funzione sistolica, riducendo
la congestione venosa polmonare e il post-carico e mantenendo una struttura
e una funzione valvolare competente.
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Approccio terapeutico allo shock cardiogeno torna a: inizio
a)monitoraggio del ritmo e della pressione sanguigna
b)correzione dell’ipossia, anomalie elettrolitiche e squilibrio acido-base
c)aggiustamento del volume intravascolare
Migliorata funzione sistolica
a)somministrazione di catecolamine
Massimizzazione del precarico e del postcarico
a)somministrazione salina
b)vasodilatazione
a)valvola mitrale
c)parete
La massa circolante può ridursi per la eccessiva perdita di liquidi (acqua e sali) come nel caso di un paziente con vomito e o diarrea incoercibili o con eccessiva sudorazione, liquidi che non vengono reintegrati da una equivalente reintroduzione. Oppure per la perdita della parte plasmatica del sangue come avviene negli ustionati.
SHOCK EMORRAGICO torna a: inizio
La massa circolante può ridursi più banalmente
per la perdita di sangue intero in seguito ad emorragia. La fuoriuscita
di sangue dai vasi può avvenire per passaggio degli elementi attraverso
la parete vasale integra (avendosi così l’emorragia per diapedesi)
specialmente quando aumenta fortemente la pressione sanguigna all’interno
del vaso: questo tipo di emorragia è però sempre di modesta
entità ed il sangue stravasato è costituito quasi esclusivamente
da globuli rossi. Molto più frequenti sono le emorragie per rottura
della parete vasale e la quantità di sangue che fuoriesce può
essere imponente. Le emorragie traumatiche sono dovute all’azione di armi
da fuoco, da punte, da taglio o di corpi contundenti i quali ledono e possono
recidere totalmente il vaso o contunderne la parete così da provocare
la rottura. Le emorragie spontanee insorgono invece quando le pareti dei
vasi sanguigni diventano fragili quando la coagulabilità del sangue
è diminuita: ciò può accadere nelle intossicazioni
gravi, nelle leucemie, nelle gravi malattie del fegato, nell’emofilia,
nell’avitaminosi, nelle ulcere gastriche, varici esofagee, tubercolosi,
per fare qualche esempio. Il sangue fuoriuscito dai vasi può essere
emesso all’esterno attraverso una ferita (emorragica esterna), oppure,
quando il vaso leso sia profondo, può versarsi in una cavità
interna (emorragia interna). Se l’emorragia è di piccola entità
(<400ml) non reca particolare danno all’organismo in quanto rapidamente
in meccanismi compensatori rimpiazzano il volume di sangue perduto se l’emorragia
è di grande entità (>500ml) invece può recare gravi
danni all’organismo e se supera il litro può dare sintomi preoccupanti
di anemia acuta. La sintomatologia di questa sindrome è costituita
da sete, prostrazione, sudorazione, respirazione affannosa, pallore aumentato
dalla frequenza cardiaca, diminuzione della pressione arteriosa. Si ha
in altri termini un collasso o shock dovuto essenzialmente alla forte diminuzione,
in un periodo di tempo relativamente breve, della massa liquida circolante
nei vasi sanguigni, diminuzione che viene indicata con il termine di ipovolemia
(assoluta).
Lo shock emorragico è quello che meglio risponde
ad una tempestiva terapia quindi è importantissimo riconoscerlo
al suo esordio, in particolare bisognerà prestare maggiore attenzione
alla sintomatologia e predispone il monitoraggio dei parametri fondamentali
in quei pazienti in cui è ipotizzabile la presenza di un’emorragia
interna (quelli con emorragia esterna sono evidentemente pazienti emorragici)
come nei traumatizzati ad esempio.
In seguito alla ridotta pressione vengono stimolati i barocettori aortici e carotidei che provocano una grossa immissione in circolo di amine vasoattive da parte del sistema adrenergico simpatico. Viene così a realizzarsi quel complesso di modificazioni fisiopatologiche del tutto simili a quello che si riscontra in corso di shock cardiogeno e che conduce ad un’inadeguata perfusione tessutale. In particolare ricordiamo che la vasocostrizione periferica iniziale fa precipitare drasticamente la pressione idrostatica nei capillari per cui la risultante delle forze Starling (che comprendono la pressione idrostatica tessutale, la pressione oncotica dei tessuti, il drenaggio linfatico) è diretta verso il capillare promuovendo il riassorbimento di acqua dall’interstizio portando così ad un aumento della massa circolante. (le catecolamine hanno l’effetto di una contrazione attiva degli sfinteri pre e post capillari che causano la riduzione della capacità periferica suddetta che ha anche scopo di preservare il flusso a livello centrale).
Le alterazione osmotiche che seguono al riassorbimento
di liquidi interstiziali portano ad un passaggio di acqua e ioni sodio
all’interno delle cellule. In questo modo in corso di shock emorragico
non corretto si ha una ridistribuzione dei liquidi dell’organismo tale
che una parte del liquido interstiziale si trasferisce al letto ematico
ed una parte alle cellule. Sperimentalmente si è trovato che una
perdita ematica del 25-50% della massa totale di sangue è seguita
da una riduzione del 18-26% del volume dei fluidi extra-cellulari e si
è potuto dimostrare che non tutta la massa dei fluidi extra cellulari
trasferita va ad incrementare la volemia, ma una certa quota passa all’interno
delle cellule inducendo un vero e proprio rigonfiamento ben documentato
a livello delle cellule muscolari.
NORMALE | EMORRAGICO | SHOCK | TOT | |
PLASMA | 8,5% | 4,5% | 4,5-3% | 4,5% |
LIQUIDI
INTERSTIZIALI |
25,5% | 25,5% | ||
LIQUIDI
INTRACELLULARI |
66% | 66% | 66% | 68% |
Fig 2
L’abbassamento del pH rende i recettori alfa-adrenergici arteriolo capillari meno sensibili all’azione delle catecolamine che a sua volta è uno stimolo all’ulteriore liberazione di noradrenalina dal surrene nel tentativo di mantenere la vasodilatazione malgrado l’acidosi e la prograssiva inefficienza funzionale degli sfinteri. Lo stadio successivo vede la perdita del tono degli sfinteri precapillari che lasciano entrare sangue nei capillari. Lo sfintere venoso più resistente all’acidosi mantiene per più tempo il proprio tono. Il sangue ha difficoltà a lasciare il letto capillare che è stagnante. La situazione si autoalimenta fino a che lo shock diventa realmente irreversibile.
Tutto ciò si verifica se la volemia non viene profondamente reintegrata. Non entreremo nel merito dei vari mezzi di reintegrazione volemica o dei farmaci dato che ancora non conosciamo questi mezzi terapeutici, ma segnialiamo almeno cosa non fare dato che "primum: non nocere".
L’uso di catecolamine in questo caso peggiora i sintomi
e accelera la morte. L’uso del caldo nei pazienti colpiti da collasso,
apparentemente giustificato dai sintomi di raffraddamento delle estremità
o di tutto il corpo, non è provabile; anzi in determinati casi si
è riscontrata l’utilità dell’ipotermia, cioè del raffreddamento
del corpo a 32-33 °C, che favorirebbe la ripresa della circolazione
e diminuirebbe la gravità dei fenomeni del collasso.
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DINA BAGLIONI
BIBLIOGRAFIA torna a: inizio
Pontieri (fisiopatologia)
Stein vol 1 pg394 (medecina interna)
Colombo pg117 (trattato di chirurgia)
Gallone 1 cap (patologia chirurgica)
Speranza (shock e chirurgia)
articoli
Cardiogenic Shock, Robert Califf, md, e James R. Bengtscn, md, mph, New England journal of medicine, june 16 1994
Come i vasi linfatici regolano il volume del liquido interstiziale
Giuseppe Miserocchi, Le Scienze 302 ,ott. 93, pag48 torna a: inizio