SHOCK SETTICO                                                                                                      torna a : SHOCK
            

1)  generale                                           10)   diagnosi
 
2)patogenesi                                         11)    terapia

3) azione del lps                                   12)    i dieci comandamenti dello shock

4) profilo emodinamico                       13)  attivita di adrenalina, noradrenalina, dopamina, isoproterenolo

5) fase ipercinetica                               14)  impiego clinico           

6)  fase ipocinetica  

7) sintomatologia

8) danno d'organo

9) esami di labboratorio

 
 
 

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Lo shock settico è, fra le varie forma di shock, quello che più interessa il chirurgo, sia per le complesse implicazioni fisiopatologiche sia per le scelte terapeutiche, talvolta drammatiche, che impone. Esso è totalmente differente per gli squilibri a livello cellulare per l’evoluzione dei concomitanti disturbi emodinamici, dagli altri tipi di insufficienza circolatoria da porre, addirittura, il problema di una sua definizione. E’ molto importante avere ben chiara la distinzione tra stato di batteriemia, sepsi, sindrome settica e shock settico. Sono questi processi distinti ma rappresentanti fasi evolutive di un’unica sindrome.

Definiamo:

Sepsi: presenza di microrganismi nel sangue accompagnata da una risposta sistemica al processo infettivo, da distinguersi dalla batteriemia in cui la presenza dei microrganismi in circolo non è accompagnata da sintomi.

Sindrome settica: rappresentata dai sintomi della sepsi accompagnati da segni di alterata perfusione ed ipossia tessutale.

Shock settico: indica casi di sindrome settica con ipotensione marcata. Può essere definito come un’alterazione cardiocircolatoria rilevante accompagnata da ipoperfusione.

In passato la definizione di sepsi e shock settico era riservata alle forme ad etiologia batterica. Oggi invece come possibili agenti di shock settico si riconoscono anche i miceti, virus e protozoi. Nel complesso tra le sepsi prevalgono di gran lunga quelle di eziologia batterica. Pressoché tutti i batteri possono causare una sepsi: la frequenza con cui ciascuno di essi si rende responsabile di questo evento può risultare diversa e si è andata modificando nel corso degli anni. Infatti in epoca preantibiotica i casi di sepsi erano dovuti prevalentemente a Gram+ (St. Pneumoniae, St. Pyogenes, e Staphilococcus aureus).

A partire dagli anni sessata sono diventati più frequenti i batteri Gram - (Escherichia Coli, Clebisiella, Enterobacter, Serratia, Proteus, Pseudomonas).

Si è di pari passo osservato un aumento delle sepsi da miceti, soprattutto da Candida e da anaerobi. Recentemente si è osservato un nuovo incremento delle sepsi stafilococciche meticillino-resistenti. Va sottolineato il fatto che l’aumentata incidenza di sepsi da Gram - è correlata alla maggiore facilità con cui essi sviluppano resistenza agli antibiotici rispetto ai Gram+ e l’indiscriminato uso di questi farmaci ha favorito questo fenomeno. Le manifestazioni cliniche della sindrome settica è dello shock dipendono sia dall’azione patogena dei microrganismi o dei loro prodotti, sia dalla risposta dell’ospite, in particolare del suo sistema immunitario.

Situazioni che condizionano la capacità difensiva dell’organismo ad un’infezione locale o generale sono:

1) stato immunitario compromesso (pazienti colpiti da neoplasie, granulocitopenici, cirrotici, trapiantati, diabetici scompensati, prematuri, anziani, defedati in genere, ipogammaglobulinemici). Il sistema della T cellule è particolarmente sensibile alle carenza proteiche, situazione che si verifica in soggetti mal nutriti, cirrotici (per perdita proteica nel fenomeno ascitico e diminuita produzione epatica) ustionati gravi. Anche nella senescenza prevalgono alterazioni a carico dell’immunità cellulo-mediata a causa sia di carenza dietetiche e alterazioni del metabolismo generale sia dell’insufficiente produzione di ormoni timici. Una particolare importanza hanno inoltre le immunodeficienze iatrogene cui possono andare incontro pazienti trattati per lunghi periodi con corticosteroidi (che inducono linfopenia per apoptosi dei T linfociti a dosaggi elevati e interagiscono con l’espressione dei geni delle citochine a dosaggi più moderati). Nei pazienti affetti da tumore sia la terapia cui vengono sottoposti, sia sostanze direttamente prodotte dal tumore contribuiscono all’immunodepressione.

2) OSPEDALIZZAZIONE aumenta il rischio di insorgenza di infezioni.

3) INTERVENTI CHIRURGICI particolarmente frequente è l’insorgenza di infezione da Gram- in seguito a interventi di chirurgia sporca (apparato urogenitale e digerente)

4) Frequente ricorso a scopo diagnostico e terapeutico a manovre strumentali: colangiografia percutanea transepatica per esempio l’endoscopia.

5) largo impiego di cateteri endovenosi a permanenza e di materiali plastico nell’assistenza al malato (cateteri vescicali).

6) traumi e ustioni.

Poiché la via di penetrazione de patogeni condizione l’entità della batteriemia è bene sottolineare che essa è differente nei bambini e negli adulti:

infatti mentre nei bambini è frequente l’ingresso attraverso il cordone ombelicale, sedi di ustione e vie urinarie, negli è frequente attraverso i distretti in cui sono state condotte manovre a scopo diagnostico o terapeutico (vie urinarie e biliari soprattutto).

La gravità dell’infezione che potrà evolvere in un quadro di shock settico dipende da una serie di fattori di virulenza del germe responsabile:

- mobilità batterica

- produzione di enzimi (collagenasi, elastasi, lipasi, proteasi, emolisine, nucleasi)

- produzione di esotossine, capsula.

- presenza di sostanze costitutive di parete ad azione immunomodulante

- fattori di resistenza agli antibiotici.
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PATOGENESI                                                                                                                          torna a :  inizio

Il microrganismo si moltiplica in prossimità della sede di ingresso (focolaio sepsigeno) non sempre manifesto, da qui l’importanza dell’anamnesi. Segue la diffusione dei microrganismi per via linfoematogena. In questa fase si possono verificare forma trombotiche con possibilità di distacco di emboli settici ( forma tromboflebitiche e tromboemboliche). Pervenuti nel torrente circolatorio i microrganismi possono impiantarsi in siti diversi originando focolai metastatici, oppure essere eliminati (soprattutto per via renale) senza determinare segni clinici evidenti. La sede dei focolai metastatici dipende dal tropismo che il microrganismo responsabile dell’infezione ha per un particolare organo: Stafilococco (cute-scheletro), Meningococco (meningi), Streprococco (endocardio) ecc.

Le manifestazioni cliniche sono scatenate da diversi componenti: esotossine per quanto riguarda i Gram+ (enterotossine stafilococciche, enzimi extracellulari, streptochinasi ecc.); Endotossina per i Gram- e in particolare il lipide A.                                                                                                                              torna a :  inizio

AZIONE DEL LPS:                                                                                                               torna a :  inizio

L’azione dell’LPS si esplica a diversi livelli:

1) SISTEMA IMMUNITARIO

2) SISTEMA DELLA COAGULAZIONE

3) IPOFISI

L’azione del LPS sul sistema immunitario non è diretta, ma mediata dal macrofago il quale sotto la sua stimolazione produce una serie di citokine (TNF, IL1, IL6, IL8) ad azione immuno modulante. Esso produce inoltre derivati dell’acido arachidonico (leucotrieni, TXA2) e radicali liberi (O2, H2O2, NO) che esercitano effetti sistemici a carico del tono vasale. La quantità dei mediatori prodotti condiziona l’entità della risposta: quantità elevate provocano iperemia, ipotensione shock, CID. L’iperemia è causata dall’azione di IL1 e TNF a livello ipotalamico. L’ipotensione è causata sia dall’azione di sostanze direttamente prodotte dal macrofago (prostaglandine) sia dai prodotti del sistema delle chinine (bradichinina, callidina) che viene attivato dal fattore XIIa del sistema della coagulazione, a sua volta direttamente attivato dall’LPS. La CID è il risultato dell’azione diretta dell’LPS, delle citokine di produzione macrofagica su endotelio e piastrine. L’azione sull’endotelio determina aumentata produzione di Tissue Factor (ad attività trombofilica e diminuita sintesi di trombomodulina (fattore che lega la trombina agendo come antiaggregante) .Il danno endoteliale diretto causato dall’endotossina causa la diminuita produzione di EDRF (fattore di rilasciamento endotelio dipendente, che ha funzione antiaggregante e vasodilatante) e di una serie di altre sostanze ad azione simile implicate nel mantenimento dell’equilibrio della bilancia coagulativa.
L’azione dell’LPS sulle piastrine è mediato da sostanze rilasciate da macrofagi (TXA2 e prostaglandine) e dall’endotelio danneggiato (Tissue Factor) : queste sostanze sono causa di attivazione e aggregazione piastrinica, ne consegue consumo piastrinico e liberazione (da parte delle piastrine attivate) di attivatore del plasminogeno con conseguente fibrinolisi.

Queste condizioni (eccessiva attivazione piastrinica e del sistema fibrinolitico) associate all’attivazione della cascata coagulativa portano alla coagulopatia da consumo caratterizzata da una sintomatologia di tipo emorragico. L’azione del LPS a livello ipofisario consiste nella stimolazione alla liberazione di endorfine (ad azione vasodilatante e ipotensiva) e ACTH (ad azione pressoria e metabolica). A livello vascolare il risultato finale dell’azione di sostanze anche fra loro antagoniste (tipo i derivati dell’acido arachidonico) si presenta come:

1) alterazione della permeabilità vascolare

2) alterazione del tono vasale

3) inibizione della contrattilità miocardica

4) anomala regolazione dell’emocoagulazione

Rispettivamente abbiamo:

1) questa condizione è determinata dall’azione di un grande numero di sostanze, alcune rilasciate dalle cellule macrofagiche (prostaglandine, leucotrini) e dai basofili (istamina), altre derivate dal sistema della chinine.

2) possono essere in senso di vasodilatazione o vasocostrizione a seconda che, a livello locale, prevalga l’azione di vasodilatanti (prostaglandine, chinine, istamina) o vasocostrittori (TA2, TF).

3) in corso di shock si rileva sempre la presenza in circolo di sostanze ad azione miocardio deprimente, tra queste il TNF riveste il ruolo principale, ma svolgono in tale senso un ruolo interessante anche le endorfine.                                                                                                                                                    torna a :  inizio

PROFILO EMODINAMICO                                                                                        torna a :  inizio

Per comprendere le modificazioni emodinamiche che si verificano in corso di shock settico, si deve esaminare oltre all’azione delle sostanze vasoattive, il controllo da parte del sistema nervoso sul tono vasale che avviene tramite la stimolazione di recettori. Tra questi, alcuni sono maggiormente implicati nell’evoluzione del profilo emodinamico:

- recettori alfa adrenergici (costrittori) che rispondono alla noradrenalina ma anche alle catecolamine circolanti.

- recettori beta adrenergici (dilatatori) rispondono all’adrenalina circolante ed ai farmaci beta stimolanti come ad esempio l’isoproterenerolo. La distribuzione di questi recettori è differente nei diversi organi.
Lo stato di shock è vissuto dall’organismo come una condizione di emergenza a cui si oppone con la liberazione di ormoni e mediatori del sistema nervoso (adrenalina soprattutto ma anche noradrenalina) col fine di aumentare il flusso negli organi del movimento e della produzione di energia (muscoli, cuore, polmone, fegato), ridurlo negli organi che non concorrono a risolvere l’emergenza (cute, reni, milza)

Le condizioni che delineano un quadro di shock sono da attribuirsi a :

1) alla risposta catecolaminica dell’organismo

2) all’azione del LPS -diretta (simil adrenergica)

-indiretta (mediata dalle sostanze rilasciate dalle cellule del sistema immunitario) Va dunque sottolineato fra gli effetti biologici del LPS la vasodilatazione, dovuta alla sua azione simpatico mimetica diretta sui beta recettori.

La particolarità di questo tipo di shock è che esso, evolve in due fasi principali, nessuna delle quali è obbligatoria: fase ipercinetica e fase ipocinetica.                                                                              torna a :  inizio

FASE IPERCINETICA                                                                                                     torna a :  inizio

E’ caratterizzata da una vasodilatazione e da un deficit dell’estrazione tissutale di O2.

Riconosciamo 3 fenomeni fondamentali:

1) caduta delle resistenze periferiche.

In caso di shock settico si ha una diminuzione misurabile delle resistenze arteriose sistemiche. Questo dato finale non riflette la realtà, perché esiste una grande diversità tra la circolazione dei veri distretti corporei. Così mentre il muscolo è sede di un’importante vasodilatazione, cute, rene, viscere addominali si trovano in uno stato di intensa vasocostrizione. Si avrebbe inoltre, secondo la "teoria della beta stimolazione", l’apertura di Shunts arterovenosi (in seguito alla stimolazione di beta recettori da parte degli aumentati livelli di catecolamine de del LPS) a livello polmonare, muscolare e splancnico.

2) deficit d’estrazione di O2

a causa dell’esclusione di parte del microcircolo dal flusso sanguigno, (il sangue passa cioè direttamente dall’arteriola alla venula "saltando" il territorio capillare a valle ). Si osserva in caso di shock settico una peculiare diminuzione della differenza arterovenosa di O2 (DAVO2) dovuta alla diminuita estrazione di O2 da parte dei distretti non vascolarizzati.

Fig 1

3) Adattamento dell’apparato cardiocircolatorio.

L’immediata conseguenza della caduta delle resistenze periferiche è l’aumento del ritorno venoso: a questa condizione il cuore si adatta aumentando la sua gittata. Questo stadio che contraddistingue lo shock settico si traduce clinicamente in un polso pieno, in una pressione differenziale conservata o aumentata, in una diastolica e una media abbassata.

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FASE IPOCINETICA                                                                                                          torna a :  inizio

Si caratterizza per la comparsa di una ipovolemia e di un eventuale insufficienza cardiaca che determina una caduta dell’agitata.

1) IPOVOLEMIA

Si tratta di una ipovolemia relativa dovuta al sequestro periferico di sangue soprattutto a carico del distretto splancnico.

Sempre secondo la teoria dell’apertura degli shunts: si verificherebbe una vasocostrizione degli sfinteri precapillari per azione delle catecolamine, nel tentativi di aumentare le resistenze periferiche. Questo determinerebbe un’ulteriore aggravamento dello stato di anossia dei distretti già ipoperfusi, cui seguirebbe il rilasciamento paralitico degli sfinteri stessi con conseguente ampliamento del letto capillare a valle e sequestro di sangue. All’instaurarsi dell’ipovolemia contribuisce inoltre la fuoriuscita dei liquidi dai capillari favorita dall’aumento della pressione idrostatica a seguito della stasi e dell’aumento della permeabilità endoteliale mediata dalla numerose sostanze vasoattive. L’ipovolemia determina una diminuzione del ritorno venoso.

2) INSUFFICIENZA CARDIACA

Ha una genesi multifattoriale (ipossiemia, acidosi metabolica, squilibrio elettrolitico, MDF). Qusto danno è incostante, complica abitualmente shock protratti. Colpisce in ugual modo i due ventricoli, motivo per cui le modificazioni della PVC e della PA avvengono parallelamente.

3) Profilo emodinamico

L’ipovolemia provoca una diminuzione importante del ritorno venoso, della gittata cardiaca e dunque della PA. Cioè scatena una stimolazione del sistema simpatico con vasocostrizione. La comparsa in questo stadio di una insufficienza cardiaca accentua la caduta della gittata. Il paziente si trova di solito in uno stato di acidosi metabolica. In mancanza di terapia si instaura un quadro di MOF (multiplo danno d’organo) che può condurre a morte il paziente.
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SINTOMATOLOGIA                                                                                                          torna a :  inizio

Sul piano clinico l’evoluzione può essere distinta in diversi stadi: sepsi, sindrome settica, shock settico (distinto in iniziale e refrattario). Le caratteristiche di questi stadi sono:

- SEPSI: importante rialzo termico preceduto da brivido può raggiungere i 40- 41 °C e può lasciare successivamente il posto a ipotermia. Il polso è accelerato (> 90 b/ min) di ampiezza variabile, talvolta appena percettibile anche a livello dei grossi tronchi arteriosi. Compare inoltre tachipnea.

- SINDROME SETTICA: questa fase è caratterizzata dalla contrazione della diuresi oraria ( diuresi <0,5ml/Kg), dall’iniziale stato di sofferenza tissutale da ipossia che si manifesta con un amento dei valori di lattacidemia.

-SHOCK SETTICO INIZIALE: si aggiunge in questo stadio evolutivo, l’ipotensione (sistolica < 90mmHg o riduzione dei valori vasali > 40mmHg) che ha durata inferiore ad una ora ed è sensibile alla terapia infusionale e farmacologica.

-SHOCK SETTICO REFRATTARIO: si entra in questa fase quando l’ipotensione ha durata superiore ad una ora e non risponde più alla terapia convenzionale, si richiede in questo caso una terapia più "aggressiva". La sintomatologia può essere ulteriormente aggravata da vari danni d’organo. A questo proposito il quadro più temuto è quello di multiple disfunzioni d’organo che rappresenta un’evoluzione temibile per l’elevatissima letalità: quando risultano compromessi 4 o più apparati, il tasso di mortalità si avvicina al 100%.
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DANNO D’ORGANO                                                                                                           torna a :  inizio

POLMONE

Il quadro polmonare caratteristico dello shock settico è l’ARDS (sindrome da stress respiratorio dell’adulto) che rappresenta la complicanza nel 15-20% dei pazienti in corso di shock si tratta di una forma di edema polmonare che si distingue dall’edema cardiaco per il fatto che la pressione idrostatica è normale. Dunque la causa dell’edema è in questo caso da identificare con l’aumento della permeabilità della membrana alveolo-capillare determinata dall’attivazione delle cellule sanguigne, in particolare dei neutrofili (leucotrieni, tromboxano, prostaglandine) e delle piastrine (microtrombi causa di danno endoteliale). Il quadro anatomo patologico comprende inoltre emorragie, atelettasia (dovuta a perdita del "surfactant"), formazione di membrane ialine (in conseguenza dell’edema alveolare, il febrinogeno coagula a fibrina formando all’interno degli alveoli queste strutture peculiari).

Questo quadro si manifesta come una insufficienza respiratoria acuta che costituisce la causa di morte più frequente nei pazienti in stato di shock. Questo quadro peggiora in seguito a terapia infusionale atta alla correzione della volemia (per aumento della pressione idrostatica che tende a peggiorare l’edema).

Inizialmente: il polmone compensa l’acidosi metabolica sistemica (dovuta all’ipossia stagnante) con tachipnea, responsabile dello stato alcalotico e ipocapnoico del paziente. Con la progressione dello shock e il sopraggiungere del quadro di ARDS si verifica una diminuita capacità di diffusione dell’O2 che si manifesta con ipossiemie in genere resistente anche a forti incrementi di PO2 nell’aria infusa.

Alcuni autori riconoscono due stadi evolutivi nel quadro di polmone da shock:

1) caratterizzato da edema interstiziale, congestione vascolare, infiltrazione leucocitarie e atelettasie focali. In questa fase spesso il reperto radiografico non consente un’esatta valutazione della gravità delle alterazione anatomopatologiche, pertanto si deve prestare particolarmente attenzione ai parametri di emogas analisi. Se non trattato questo stadio evolve nel secondo.

2) quadro caratterizzato da episodi broncopneumonici con infiltrazione di polimorfonucleati negli alveoli e nei setti e con aree di addensamento ben evidenti radiologicamente.

RENE

Il danno renale è dovuto all’ipossia tubulare che da origine al quadro di necrosi tubulare acuta ischemica detta anche tubulo nefrosi emoglobinurica che riguarda il tubulo distale, si instaura rapidamente e può essere più o meno reversibile. Dal punto di vista anatomopatologico è caratterizzata da necrosi degli epiteli tubulari, con rottura della membrana basale e quindi tubuloressi con passaggio del filtrato nell’interstizio, presenza di cilindri pigmentati bruno-arancio di Hb o altre proteine che occludono il lume tubulare, edema per ectasia dei vasi e tubuloressi. Se il soggetto sopravvive, dopo una settimana è possibile mettere in evidenza segni di rigenerazione.

Al quadro di rene da shock, in corso di shock settico si aggiunge come fattore aggravante l’azione diretta della tossine, di per se causa di necrosi tubulare (necrosi tubulare acuta tossica) soprattutto a carico del tubulo prossimale.

L’evoluzione del quadro sintomatologico si articola in 4 fasi:

a) fase iniziale dello shock settico: sino a circa 36 ore si presenta un quadro extra renale con ipotensione marcata.

b) fase oligurica: si verifica contrazione della diuresi fino a 100-400cc nelle 24h, dura dai primi giorni sino a 2-3 settimane. Sintomatologia uremica.

c) fase diuretica precoce: la diuresi cresce fino a divenire abbondante (oltre 3 litri ) perchè si ha perdita di H2O, Na+ e K+ per danno tubulare che impedisce le funzioni di riassorbimento: In questa fase l’urina può diventare isostenurica (cioè con osmolarità simile a quella del plasma). Può essere utile considerare come indice di funzionalità tubulare il rapporto Na+ urinario/ sodio plasmatico (Na U / Na P) questo diviene tanto più elevato, avvicinandosi all’unità quanto maggiore è la compromissione renale.

d) fase diuretica tardiva: in cui dopo il recupero della struttura tubulare si ha il ritorno alla normale concentrazione delle urine.

CUORE

Il danno cardiaco può evolvere sino all’insufficienza cardiaca irreversibile (vol. terapia).

APPARATO DIGERENTE

L’apparato digerente può andare incontro a processi di gastrite acuta emorragica, responsabile di ematemesi e melena, sono frequenti anche disturbi funzionali quali l’ilio paralitico. Le ulcerazioni sono dovute al danno ischemico locale (rottura della barriera mucosa), in corso di uremia (condizione caratteristica dell’insufficienza renale) si osservano numerosi a carico di questo apparato:

- un quadro infiammatorio indicato come esofagite uremica

- ulcere acute a livello gastrico

- una grave forma di colite ulcero necrotica detta colite uremica.

A livello epatico risulta depresso il potere di filtrazione nei confronti di tossine, cataboliti e batteri, si può osservare una inefficienza della sintesi proteica (con alterazione anche del meccanismo emostatico) e della coniugazione biliare (ittero).

Sono stati descritti i danni d’organo principali, va comunque sottolineato che tutti gli apparati ( sistema nervoso, sistema immunitario ecc..) subiscono danni più o meno rilevanti.
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ESAMI DI LABORATORIO                                                                                        torna a :  inizio

Per completare il bilancio clinico è necessario praticare un minimo di esami laboratoristici che risultano utili per seguire l’evoluzione e guidare la terapia ma non per formulare la diagnosi che deve basarsi sull’anamnesi e sulle circostanze di insorgenza.

In corso di shock settico si osserva spesso:

1) leucocitosi neutrofila (15.000-30.000/ml) che può però essere sostituita da una leucopenia prognosticamente sfavorevole, soprattutto se sono presenti in circolo forme leucocitarie giovani o immature.

Nelle infezioni da patogeni intracellulari (salmonelle, brucelle, listeria, virus, rickettsie) e nelle sepsi iperacute il numero dei leucociti si presenta normale o diminuito.

2)piastrinopenia inferiore a 100000/mm3

3) se presente CID: marcata diminuzione del fibrinogeno, aumento di PT e PTT, presenza in circolo dei prodotti di degradazione della fibrina.

4) iperazotemia: si instaura rapidamente è segno di ipercatabolismo secondario all’infezione di insufficienza renale, compaiono inoltre ipercreatinemia e spesso iperkaliemia ( questa situazione richiede urgente depurazione extra renale).

5) Le transaminasi, l’amilasiemia, la CPK, la LDH, sono spesso molto aumentate.

6)disturbi dell’equilibrio acido-base: variano nelle due fasi dello shock (alcalosi respiratoria in fase ipercinetica, acidosi metabolica in fase ipocinetica).
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DIAGNOSI                                                                                                                                     torna a :  inizio

Lo stato di sepsi può essere sospettato sulla base della sintomatologia clinica (essenzialmente la tipica febbre elevata e preceduta da brivido) dai reperti di laboratorio e fondamentalmente sul risultato dell’emocoltura ( il prelievo si esegue tre volte al giorno nella fase di brivido) che il questa fase risulta positivo al 99%. Al contrario solo il 50% dei pazienti in corso di shock settico risulta batteriemico: dunque il riconoscimento dello shock settico non richiede il riscontro dell’emocoltura positiva. La diagnosi, di conseguenza, deve tener conto essenzialmente del quadro clinico: la comparsa di una sintomatologia da shock in un paziente che presenta febbre e brivido, specie se è possibile dimostrare la presenza di una "porta di ingresso" dei patogeni, deve indirizzare immediatamente verso la diagnosi di shock settico. Nei casi in cui la temperatura corporea è normale o inferiore alla norma la diagnosi risulta molto più difficile.
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TERAPIA                                                                                                                                        torna a :  inizio

I tre fattori fondamentali dell’equilibrio circolatorio:

MASSA SANGUIGNA <--------> POMPA CARDIACA

TONO VASALE La terapia razionale dello shock necessita per prima cosa di una correzione del grave squilibrio emodinamico che rappresenta l’origine di tutte le altre condizioni di pericolo per la sopravvivenza del paziente.

Quando la capacità di compenso del sistema cardiocircolatorio raggiunge i limiti, si passa a un quadro di insufficienza circolatoria che nei casi più gravi assume i caratteri dello shock: questo può dipendere dal difetto di uno solo o tutti e tre i parametri riportati sopra: Dunque un paziente in stato di shock richiede prima di tutto quei provvedimenti che servono a stabilire il giusto equilibrio tra volume di sangue circolante, capacità dinamica del cuore e tono della rete vasale. Dunque poiché la vera causa di morte per shock è da identificarsi con l’insufficienza acuta della microcircolazione, la salvezza del paziente dipende dalla nostra capacità di correggere, quanto più tempestivamente possibile, l’insufficienza della microcircolazione (causa dell’ipovolemia relativa in corso di shock settico).

Anche se la ipotesione che caratterizza lo stato di shock è un parametro che va chiaramente corretto, non si deve correre il rischio di identificare la caduta della PA con lo shock e pensare di "curarla" usando vasocostrittori che peggiorano la già deleteria condizione del microcircolo dovuta proprio alla straordinaria quantità di catecolamine liberate dall’organismo in corso di shock (nel tentativo di riadeguare il tono vasale).Anche se in corso di shock settico la massa sanguigna non subisce variazioni, la terapia sarà mirata alla correzione della pompa cardiaca, e dell’insufficienza vasomotoria e dell’ipovolemia relativa.

CUORE

Correzione dell’insufficienza cardiaca:

nel quadro di shock sono diversi i fattori di ordine biochimico che concorrono a indebolire il muscolo cardiaco. Tra questi ricordiamo per la speciale importanza:

1) ipossiemia

2) acidosi metabolica

3) squilibri elettrolitici

La terapia mira a risolvere subito ognuna di queste situazioni:

1) E’ tanto più dannosa quanto maggiore è la richiesta di O2 nel tessuto. Nel caso del muscolo cardiaco è noto che il circolo coronarico presenta la più alta differenza artero-venosa di qualsiasi altro distretto. Si deve sottolineare inoltre che l’ipossia arteriosa è causa di ipotonia vasale il che implica che lo stato di ipotensione persista anche in seguito alla correzione dell’ipovolemia. Si procede alla somministrazione di O2 miscelato con aria in parti uguali. La saturazione di O2 nel sangue arterioso si deve mantenere superiore al 90%, per avere la certezza è di grande utilità l’ossimetria (si esegue con l’ossimetro che è un apparecchio fotoelettrico che misura la saturazione dell’O2 ematico registrando la quantità di luce trasmessa o riflessa dall’emoglobina deossigenata rispetto a quella ossigenata).

2) si tenta di tamponare l’acidosi con la somministrazione endovenosa di bicarbanato sodico (o altre soluzione come ringer-lattato e il tham cioè tris-idrossimetil-aminometano) Tuttavia la somministrazione di valenze alcaline non può impedire la formazione di acido lattico e degli altri cataboliti di origine anaerobia se gli scambi ossidativi permangono compromessi sia a causa dell’ipossiemia (causata da complicanze polmonari) sia per le complicanze microcircolatorie (causate dall’ipossiemia stagnante per gli shunts arterovenosi in condizioni persistenti di sepsi). La riserva alcalina e la lattacidemia sono parametri indicativi per la terapia e nello stesso tempo hanno significato prognostico: tanto più grave e prolungata è l’acidosi metabolica, tanto più difficile sarà la guarigione.

3) E’ molto complesso trattare gli squilibri elettrolitici che si instaurano in corso di shock perché le funzioni biochimiche compromesse in questo stato sono numerose. Nella pratica clinica è bene prestare particolare attenzione alle variazioni di Na+ e K+.

Solo dopo aver provveduto alla correzione di questi parametri e non prima, si può passare alla terapia con farmaci digitalici e con glucosidi. E’ ovvio infatti che ad essi il miocardio potrà rispondere meglio, con contrazioni più efficaci, purché riceva O2 sufficiente e non si trovi in condizioni di acidosi o di squilibrio elettrolitico. E’ bene sottolineare inoltre uno stretto rapporto fra metabolismo potassico e tossicità digitalica: la deplezione di K+ infatti sensibilizza il miocardio ai digitalici che anche nelle dosi abituali possono portare a disturbi di conduzione se non a blocco atrio-ventricolare.

Attualmente hanno assunto grande importanza i farmaci adrenergici beta stimolanti, il prototipo è l’isoprotenerolo la cui azione inotropa positiva sul a cuore fa notevolmente aumentare la portata cardiaca, a tale effetto si somma anche una discreta vasodilatazione che migliora la perfusione della rete capillare. Questo tipo di farmaco è assai più indicato per la correzione della pompa cardiaca rispetto agli alfa stimolanti (come noradrenalina) dotati di potente azione vasocostrittiva.

CORREZIONE DELL’INSUFFICIENZA VASOMOTORIA E IPOVOLEMIA:

la correzione della particolare insufficienza vasomotoria che si trova all’origine dello shock settico è forse il compito più delicato della terapia dello shock.

Poiché ogni insufficienza circolatoria di origine periferica (in questo caso rappresentata da shunts arterovenosi) è causa di ipovolemia relativa, la prima correzione riguarda il volume di sangue in circolo, che si deve aumentare sino al raggiungimento di una portata cardiaca efficiente. Questo trattamento va ovviamente associato alla terapia di sostegno al cuore che ne aumenta il rendimento. Dunque la correzione di un ipovolemia relativa non è sostanzialmente diversa da quella di una ipovolemia assoluta. Spesso la salvezza dei pazienti è totalmente dipendente da un’energica terapia infusionale associata a farmaci con effetto inotropo positivo.

E’ stata dimostrata una altissima produzione di catecolamine nell’organismo in corso di shock, tanto da rendere superflua la somministrazione di sostanze vasopressorie, questo indica l’inadeguatezza della terapia precedentemente adottata che prevedeva la somministrazione di vasocostrittori: sostanze adrenergiche alfa-stimolanti tipo: noradrenalina, sinefrina, retaraminolo, allo scopo di correggere l’ipotensione arteriosa acuta, la risposta "naturale" alle gravi cadute pressorie può già divenire un fattore di aggravamento, se l’ischemia (causata dalla vasocostrizione catecolaminica) si protrae assumendo i caratteri irreversibili dell’ipossia stagnante. Dunque quando il polso diventa impercettibile perché il cuore, che non riceve sangue a sufficienza batte (per così dire) a vuoto, si deve aumentare rapidamente il volume circolante sorvegliando la PV piuttosto che ostinarsi con stimoli vasopressori; praticamente noi possiamo sperare di normalizzare la PA agendo direttamente sul tono vasale: è ciò che già tenta il nostro organismo senza successo.
E’ bene sottolineare anzi che vasopressina, angiotesina e altre sostanze puramente dotate d’azione vasopressoria, sono assolutamente controindicate, poiché aumentano le resistenze e dunque il lavoro del cuore senza migliorare le sue prestazioni.

Si è osservata invece l’importanza delle amine beta stimolanti dotate di intensa azione inotropa sulla pompa cardiaca e capaci di ridurre le resistenze periferiche. L loro utilità d’impiego si dimostra a condizione che il volume di sangue circolante venga "aggiustato" sulla base della PVC e della PAPB.

Alla terapia sintomatologica va affiancata quello eziologica con l’eliminazione della porta d’ingresso del germe che può consistere nella rimozione di un catetere venoso o vescicale o anche in un intervento chirurgico come il drenaggio di un ascesso profondo. Il paziente inoltre va sottoposto ad antibiotico terapia che deve essere iniziata tempestivamente: prima con antibiotici a largo spettro attivi su Gram+ e Gram-, in un secondo momento (identificato il patogeno) si procede su guida dell’antibiogramma. La posologia deve essere sempre adatta alla condizione renale ed epatica.
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I DIECI COMANDAMENTI DELLO SHOCK:                                        torna a :  inizio

1) esamina il paziente

2) assicura la pervietà delle prime vie aeree

3) aggiusta la massa di sangue (volume circolante) con trasfusioni e infusioni isotoniche, tenendo conto dell’ematocrito, da diuresi oraria (con catetere vescicale a dimora), la PVC e preferibilmente la PAPB

4) sorveglia e correggi le concentrazioni ematiche di Na+, K+, Ca2+, HCO-3 e Cl-

5) se la PVC sale, mentre persiste l’ipotensione arteriosa, inizia la terapia digitalica (per infusione a goccia)*

6) sorveglia l’ematosi aggiungendo all’osservazione clinica, quando possibile, l’emogas analisi (specie l’ossimetria del sangue arterioso)

7) correggi l’insufficienza respiratoria con l’inalazione di O2 opportunamente miscelato all’aria (se la PaO2 è scesa tra 70 e 80mmHg) ma non ritardare l’impiego del respiratore meccanico per una PaO2 inferiore a 70mmHg.

8) non impiegare vasopressori (noradrenalina, metarominolo ecc..) ma ricorri piuttosto a isoprotenerolo, sorvegliando la frequenza del polso

9) sospetta la natura settica dello shock quando la sua causa è oscura. In ogni caso tieni d’occhio la temperatura (termometria rettale e non cutanea).

10) comincia subito a somministrare un antibiotico ad ampio spettro, provvedi a eliminare la porta d’ingresso del germe e poi correggi la terapia sulla base dell’antibiogramma.

*Ricorda che per essere utile devi prima eseguire una correzione dell’ipossiemia e della potassiemia se queste hanno valori alterati
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ATTIVITà DI ADRENALINA, NORADRENALINA, DOPAMINA, ISOPROTERENOLO                                                                                                              torna a :  inizio

Sono queste le catecolamine principali. La loro azione è legata alla capacità di legarsi ai recettori simpatici situati sulle cellule effettrici. L’affinità di legami con i vari recettori è differente e questo basta a spiegare i diversi effetti di queste sostanze.

L’adrenalina ha una alta affinità di legame con tutti i recettori adrenergici (alfa, beta), la noradrenalina ha un’alta affinità per gli alfa ed i beta1 ma scarsa sui beta2 mentre l’isoproterenolo è considerato quasi un beta agonista puro vista la sua selettività per i recettori beta. La dopamina interagisce con i recettori alfa e beta1 e inoltre con recettori dopaminergici specifici D1 e D2.

A causa della diversa distribuzione dei recettori alfa e beta nei diversi distretti vascolari e alla differente affinità che le amine nei loro confronti, le modifiche emodinamiche che si possono ottenere con il loro utilizzo sono assai differenti.

I vasi della cute, delle mucose, dei visceri e del rene possiedono prevalentemente recettori alfa, dunque risponderanno alla stimolazione con adrenalina e noradrenalina con un’intensa vasocostrizione. I muscoli scheletrici sono vascolarizzati da vasi che contengono prevalentemente recettori beta2, sebbene siano presenti anche recettori alfa sensibili all’adrenalina e noradrenalina: questi provocheranno costrizione in contrasto con l’azione dell’isoproterenolo che darà invece dilatazione.

Per quanto riguarda il circolo coronarico, in esso sono presenti recettori sia alfa che beta ma la loro stimolazione non ha un ruolo determinante nella vasodilatazione di questo distretto che invece è regolato prevalentemente da METABOLITI AD EFFETTO VASODILATATORIO di produzione locale: questi si producono ogni volta che il cuore è stimolato e aumenta il suo lavoro. Dunque l’incremento del flusso coronarico che si osserva dopo la loro somministrazione è legato all’aumento del lavoro cardiaco da esse indotto.

Al contrario l’isoproterenolo provoca un effetto vasodilatatore diretto sui vasi coronarici, inoltre esso determina anche l’incremento di produzione dei metaboliti vasodilatatori menzionati.

Gli effetti CARDIACI dell’isoprotenerolo sono di incrementare la frequenza e la contrattilità cardiaci (cronotropo e inotropo positivo) che si traducono in un netto aumento della gittata cardiaca. A livello sistemico si registrerà l’effetto DEPRESSORIO (caduta della diastolica e della media) dovuto alla caduta delle resistenze periferiche. Anche l’adrenalina agisce a livello dei beta recettori cardiaci determinando un aumento della gittata.

L’effetto sul cuore della noradrenalina è complessivamente quello di non far variare la gittata e a livello sistemico di far aumentare le resistenze periferiche.

AZIONE DOPAMINA: L’azione dipende dalla concentrazione infusa. Bassi dosaggi provocano vasodilatazione renale, mesenterica, coronarica; concentrazioni maggiori determinano aumentata frequenza, contrattilità e dunque maggiore gittata cardiaca: in particolare, al contrario dell’isoprotenerolo (che ha marcato effetto anche sulla frequenza) la dopamina agisce maggiormente sulla forza che non sulla frequenza ha inoltre azione di vasodilatazione periferica. Questo da il vantaggio che usando dopamina il cuore aumenti meno il suo consumo di O2. La dopamina ha inoltre azione di vasodilatazione periferica.
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IMPIEGO CLINICO                                                                                                             torna a :  inizio

L’ADRENALINA è il farmaco d’elezione nel trattamento dello shock anafilattico grazie alla sua azione di contrasto nei confronti dell’istamina.

LA NORADRENALINA non viene mai usata nel trattamento dell’ipotensione in corso di shock in quanto il tono simpatico è già alto e la perfusione degli organi può essere ulteriormente aggravata da questa terapia.

ISOPROTERENOLO e DOPAMINA sono i migliori candidati (insieme a vari altri farmaci derivati dalla dopamina stessa) alla terapia dello shock settico. Particolarmente usata è la dopamina che viene usata per correggere il deficit della pompa cardiaca sia nello shock cardiogeno da infarto del miocardio e scompenso cardiaco, sia nello shock settico appunto. Particolarmente indicata la sua somministrazione anche per la sua capacità di indurre dilatazione renale, come abbiamo visto infatti la circolazione renale è frequentemente compromessa in corso di shock.
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ROBERTA FRONGIA

MARCELLA ORRU