Editoriale
15 marzo 2000

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24 marzo

    Ora che molte cose si sono chiarite e non è più possibile ingannare neppure i bambini sui motivi dell'aggressione contro la Federazione jugoslava, si sarebbe tentati di cominciare di lì. O, anzi, da molto prima, da quando si è favorito in ogni modo lo smembramento di quella che fu la Jugoslavia. Ma la tragica ricorrenza del 24 marzo impone di fare innanzi tutto un bilancio dei risultati ottenuti dall'"ingerenza umanitaria".

    Limitiamoci ai fatti, che nella loro bruta e inconfutabile evidenza la dicono lunga. Il numero dei civili morti in virtù dei cosiddetti "effetti collaterali" oscilla da circa 500, secondo la stima di Human Rights Watch, a più di 2000, secondo quanto afferma il Governo jugoslavo, mentre alcune organizzazioni umanitarie fanno ascendere le vittime civili a 1000/1500. Altre vittime sono state e purtroppo saranno mietute, sia tra i serbi sia tra gli albanesi, dagli ordigni a suo tempo disseminati dalla Nato nei campi, che gli USA hanno rifiutatato di far bonificare a causa dell'alto costo dell'operazione. Sono stati distrutti, ospedali, scuole, ponti, impianti essenziali per la sussistenza della popolazione. Il conseguente inquinamento ambientale ha raggiunto livelli tali da minacciare anche le generazioni future. Dopo aver sostenuto, con l'abituale propensione alla mennzogna, di aver perso il conto, la Nato ha dichiarato di aver sganciato, in Serbia e in Kosovo, 31.000 bombe all'uranio impoverito, che, se non sarà possibile provvedere al più presto, e la cosa appare tutt'altro che facile, avranno conseguenze letali. Quale sarà l'effetto delle bombe scaricate nell'Adriatico, e solo in parte rimosse, lo sapremo nel corso del tempo.

    Ma come vanno oggi le cose in Kosovo? Molti albanesi, scacciati dopo l'inizio dei bombardamenti, vi hanno fatto ritorno. E questa è la sola nota positiva, perché, contemporaneamente, è stata costretta a prendere la via dell'esilio la maggior parte dei residenti di etnia non albanese e l'unico luogo dove i serbi si sono asseragliati nelle loro case, Mitrovica, è teatro di sanguinosi scontri. La recrudescenza delle violenze era stata denunciata alla fine dello scorso dicembre da Amnesty International, che nel precedente ottobre aveva inutilmente sollecitato i narcoterroristi del KLA, di cui la CIA aveva favorito il riarmo fin da prima che iniziassero i bombardamenti,  a porre termine alle innumerevoli violazioni dei diritti umani alle quali il KLA tuttora si dedica sotto il nuovo nome di KPC, come ha rivelato l'Observer sulla base di un rapporto "riservato" dell'ONU di cui è entrato in possesso. Nuova "pulizia etnica", violenze, caos e espansione capillare della criminalità organizzata: un fallimento clamoroso, se lo scopo della Nato fosse stato quello proclamato, come osserva Stratfor.Com, che, non senza un eccesso di generosità, sembra propensa ad ammettere la buona fede della Nato! Che l'intera regione sia oggi in preda all'anarchia, mentre bande armate albanesi operano ai suoi confini per strappare altri territori alla Serbia, non è un mistero per nessuno. Il rispettabile "Corriere della Sera" denunciava, lo scorso 28 novembre, la costituzione di un triangolo criminale tra Albania, Kosovo e Macedonia. Più di recente "The Guardian" ha constatato che il Kosovo è diventato la principale centrale europea di smistamento della droga.

    In questa situazione, il criminale embargo imposto dagli USA esaspera le sofferenze del popolo serbo, probabilmente nella speranza di provocare una rivolta che sia occasione di un nuovo intervento militare diretto a imporre un governo-fantoccio, non meno odioso di quello di Milosevic, e a dare libero corso al progetto di una "Grande Albania" sotto il protettorato statunitense.   Nessuno è profeta e la situazione è talmente intricata che potrebbe avere sviluppi imprevisti. L'ex-KLA si sta rivelando meno docile di quanto non sperassero gli Stati Uniti, che non hanno scatenato questa querra per mettere il Kosovo in mani altrettanto indocili quanto quelle di Milosevic. Ma il 24 marzo, giorno dell'inizio dei bombardamenti, diciamo forte che non siamo disposti a credere che la pace possa essere ristabilita da coloro che, sotto pretesti umanitari, si sono macchiati di orrendi crimini   per imporre la propria egemonia su uno stato sovrano, come hanno sempre fatto dal 1945 a oggi. Manifestazioni si stanno organizzando in tutto il mondo. A Roma l'appuntamento è alle ore 16 davanti a Palazzo Chigi. "Controcorrente" aderisce all'appello lanciato dalla sezione italiana del Tribunale Internazionale per i crimini della Nato, qui di seguito testualmente riportato, e invita singoli e associazioni a comunicare agli indirizzi elettronici ivi indicati la loro adesione alla manifestazione di Roma, o a quelle che avranno luogo nella altre città italiane.

                                                                                                                                                            g. c.

P. S. del 17 marzo: Campi profughi, Nato e Uçk

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TRIBUNALE ITALIANO PER I CRIMINI DELLA NATO
065181048- FAX 068174010
E-MAIL: s.deangelis@agora.stm.it  pona@casaccia.enea.it

24 MARZO A ROMA DAVANTI A PALAZZO CHIGI DALLE ORE 16.00

1. L'aggressione alla Jugoslavia è stato un atto preordinato e pianificato, le cui motivazioni vanno ricercate nei piani palesi e segreti di allargamento dell'area di dominio della NATO e nella volontà della più forte alleanza militare di tutti i tempi di mostrare al mondo chi è il padrone che nessuno deve sognarsi di poter contraddire e che non si lascia limitare in nessun modo dalle organizzazioni internazionali e dal rispetto delle regole del diritto. Lo dimostra chiaramente, tra l'altro, la vicenda di Rambouillet, presentata sulla stampa come "trattativa di pace" mentre era in realtà un ultimatum che nessun paese indipendente avrebbe mai potuto accettare.
2. Migliaia di incursioni aeree (di cui 1378 italiane!, per non parlare del ruolo assolutamente determinante dell'Italia per quanto riguarda le basi) hanno deliberatamente distrutto l'economia della Jugoslavia, colpendo fabbriche, scuole, ospedali, ponti, strade, treni e sedi televisive e causando migliaia di morti e decine di migliaia di feriti. Le popolazioni civili sono state colpite con effetti anche di lungo e lunghissimo periodo (già ora sono in vertiginoso aumento i casi di tumore e di leucemia!) dovuti
ai bombardamenti degli impianti chimici e petroliferi e all'utilizzo di proiettili radioattivi. Altro che danni collaterali! Altro che causa umanitaria!
3. Tutto l'immenso apparato propagandistico messo in piedi per preparare, giustificare e far digerire la guerra dalle opinioni pubbliche dei paesi NATO (quelle degli altri paesi del mondo non contano!) fa ormai acqua da tutte le parti. Molte menzogne sono state chiaramente smascherate. A distanza di un anno nessuna delle "fosse comuni" di cui doveva essere pieno il Kosovo è stata ritrovata. E' emerso invece chiaramente il carattere criminale dell'UCK che, con la complicità evidente delle imponenti forze militari NATO della KFOR, ha terrorizzato la popolazione non albanese della regione (e gli stessi elementi di etnia albanese non allineati con le posizioni oltranziste) per costringerla deliberatamente alla fuga in massa (pulizia etnica!) e assassinato impunemente sotto gli occhi complici della KFOR molte centinaia di persone. E' emerso chiaramente il contesto mafioso, di corruzione e di criminalità che fa capo all'UCK, ma anche quello in cui si è svolta la celebratissima Missione Arcobaleno, il cui vero scopo non era certo quello di aiutare le popolazioni, ma era quello di far passare le operazioni di guerra per operazioni umanitarie.
Scendiamo in piazza  e manteniamo l'iniziativa per mettere sott'accusa responsabili di queste azioni criminali, D'Alema ed
il suo governo in primo luogo per la fine immediata  dell'embargo contro la Jugoslavia con cui di fatto si continua l'opera dei bombardamenti. Per la fine immediata della vera e propria pulizia etnica operata nel Kosovo dall'UCK col beneplacito della NATO, e a ogni forma di persecuzione delle minoranze; le bande assassine che esercitano il potere di fatto sotto l'ombrello NATO siano disarmate e messe in condizione di non nuocere. Per la  revoca di tutte le misure unilaterali prese dal "governatore" NATO del Kosovo e dalle forze militari di occupazione per staccare di fatto il Kosovo dalla Jugoslavia e distribuire risorse agli occupanti e sia garantito il ritorno delle forze di sicurezza jugoslave (previsto anche negli accordi
di giugno). Per il ritiro delle forze  NATO e USA, e lo  smantellamento delle basi militari che vi hanno stabilito. Per lo scioglimento della NATO


Tribunale italiano per i crimini della Nato.
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Un esempio di fraterna collaborazione: Campi profughi, Nato e UCK

Da un'intervista rilasciata da Rony Brauman, responsabile della formazione di MSF, al 24 heures di Losanna e tradotta dal manifesto del 17 marzo.

"Se per noi i campi profughi sono santuari umanitari, i militari della Nato li hanno utilizzati come campi di riserservisti per l'esercito indipendentista del Kosovo. In cambio, quest'ultimo è servito da base di informazioni per i bombardamenti alleati. Msf [Medici senza frontiere] non può accettare questo tipo di strappi"