da "Liberazione" del 26 maggio 2000

Allarme in Europa Il veleno è tra noi

E’ allarme transgenico in Europa, dove si susseguono le scoperte sulla presenza di organismi geneticamente modificati (Ogm), immessi nel mercato del vecchio continente nonostante i divieti ufficiali dell’Ue. Proprio nel giorno dell’imponente protesta contro la fiera biotech di Genova, e in concomitanza con l’annuncio che a Nairobi, in Kenya, è stata raggiunta un’intesa di massima per dare il via ad un protocollo sulla biosicurezza (per regolare il movimento transfrontaliero degli Ogm e raggiungere una normativa chiara sull’etichettatura - ma l’accordo non sarà attivo prima della ratifica di almeno 50 stati), da Londra arriva una denuncia-shock dell’organizzazione ecologista Greenpeace, secondo la quale ben il 15% delle colture di mais esistenti nell’Unione Europea sono state contaminate dai famigerati Ogm. La rivelazione di Greepeace segue di pochi giorni la scoperta di un’analoga contaminazione della colza (una pianta sfruttata per ricavare olio di semi), presente sui mercati di molti paesi europei dopo essere stata importata dal Canada e dagli Stati Uniti da una società olandese, la Advanta Seeds (a sua volta controllata dal colosso agrochimico anglo-svedese AstraZenecala), la stessa che poi ha distribuito le sementi sotto accusa in Gran Bretagna, Francia, Germania, Svezia e Lussemburgo. Ma nel momento in cui le autorità francesi e svedesi stavano annunciando che provvederanno alla totale distruzione delle sementi contenenti Ogm (la colza modificata sarà uno dei temi più caldi della riunione che i ministri dell’agricoltura Ue terranno domenica in Portogallo) e Greenpeace dava il via ad una sequela di denunce per ottenere la distruzione dei campi «contaminati» dalla colza transgenetica, dall’Inghilterra si è sollevato un nuovo coperchio nel calderone del “cibo di Frankenstein”. La stessa organizzazione ecologista afferma di essere venuta in possesso di documenti ufficiali che mostrerebbero come un milione di ettari di mais in Europa sia stato contaminato da Ogm. «La contaminazione - spiega da Genova Luca Sabatini, direttore della comunicazione di Greenpeace - avviene perché i prodotti “convenzionali” e quelli Ogm vengono stoccati insieme nei silos, nei magazzini, per non parlare dei tanti campi cosiddetti “sperimentali”, presenti ovunque nel nostro paese, dove si coltivano i prodotti trangenetici anche vicino ai campi normali, nonostante la normativa preveda siano ad almeno 300 metri di distanza». L’Unione europea ha proibito l’utilizzazione degli Ogm fino a quando non sarà dimostrato l’effetto sulla salute dell’uomo di questi organismi, ma l’assenza di una legislazione specifica permette ancora troppe violazioni. Tra l’altro l’Associazione europea delle semenze (European Seed Association) ha inviato questa settimana ai suoi aderenti una lettera in cui si consente una certa tolleranza nei confronti di quegli organismi, pur ammettendo che «incidenti di contaminazione in effettti si sono verificati». I responsabili dell’Ue sono accusati da più parti di trattare con i produttori di semenze delle regole non coercitive che consentano che l’1 per cento delle semenze possa contenere organismi geneticamente modificati. «Si tratta di un’enorme imbroglio ai danni dell’opinione pubblica» ha affermato ieri a Londra Charlie Kronick di Greenpeace, secondo cui i governi europei starebbero concedendo ai produttori di semenze «quello che hanno sempre chiesto: un permesso di inquinare». Chiamato direttamente in causa, il premier Blair ha scelto la via della prudenza, limitandosi a spiegare che il Governo non é in possesso di elementi certi, ma il ministero dell’Agricoltura ha già incaricato il laboratorio scientifico centrale di York di indagare sulla reale estensione della contaminazione, ammettendo implicitamente l’esistenza dell’inquinamento. Anche la rivista New Scientist riporta che «un basso livello di contaminazione» dei semi spediti in Europa «appare inevitabile» come confermano dalla Pioneer Hi-Bred, il più grande esportatore di semi Ogm e convenzionali. «Nel 1998 la Gran Bretagna ha importato 491mila tonnellate di semi di soia dal Nord America. Se anche l’uno per cento di quei semi era geneticamente modificato vuol dire che 5mila tonnellate di soia Ogm sono entrate nel mercato» stima New Scientist. Dagli Usa solo conferme, come spiega Cheryl Ryan, ricercatrice della Genetic Id, una società che ha effettuato numerosi controlli sugli effetti dell’inquinamento genetico, «dove è risultato che più del 50% dei semi “convenzionali” controllati erano stati contaminati». Il problema di fondo resta tuttavia l’assenza di una legislazione chiara che possa mettere ordine nella giungla normativa che permette ad un seme contenente l’uno per cento di organismi geneticamente modificati di essere immesso sul mercato senza che ne sia indicato il contenuto transgenetico. All’oggi, la regolamentazione non c’é, il “cibo di Frankenstein” si.

Ivan Bonfanti