dal "manifesto" dell'8 giugno 2000

Uccisioni illegittime
Amnesty International insiste: "Con i raid su Serbia e Kosovo la Nato ha violato il diritto umanitario"
DANIELE SCAGLIONE *



Quasi tutto sta andando secondo copione. L'altro ieri, il nostro movimento ha lanciato un rapporto che documenta in modo ampio e circostanziato le numerose occasioni in cui, intervenendo in Kosovo e in Serbia, la Nato ha violato i fondamentali principi del diritto umanitario che regola i conflitti armati. Ieri Lord Robertson, segretario generale dell'alleanza militare, ha diffuso una replica che si apre con la frase di rito utilizzata praticamente da tutte le autorità che si vedono messe sotto accusa dai nostri rapporti: "Le denunce di Amnesty International sono infondate". Sempre secondo copione, Lord Robertson si è ben guardato dal controbattere anche ad una sola delle osservazioni formulate nelle quasi settanta pagine del nostro rapporto. Ad ogni modo, nel comunicato ufficiale della Nato compare una frase molto più eloquente di tutto il resto della dichiarazione. Ammettendo infatti che i bombardamenti abbiano causato sofferenza e morte alle popolazioni civili, il dirigente dell'Alleanza atlantica, pur dispiacendosene, sostiene che tali eventi "devono essere confrontati con le atrocità che l'azione della Nato ha fermato".
Il paradosso "umanitario"
Poche parole che sintetizzano quello che è stato l'atteggiamento anche di capi di governo, giornalisti e comuni cittadini che hanno sempre guardato alla cosiddetta "guerra per il Kosovo" esclusivamente come ad uno scontro tra buoni e cattivi - o, per alcuni - tra 'peggio e meno peggio'. E ciò ha portato e porta a trascurare il problema del rispetto dei diritti umani, situazione paradossale per un'azione militare ufficialmente avviata proprio in favore dei diritti umani. Sia chiaro: è lecito sentirsi più vicini a una parte piuttosto che all'altra, e non è certo mia intenzione sostenere che tutti i soggetti in conflitto siano responsabili in egual modo di crimini di guerra. Ma la tutela dei diritti umani non va perseguita secondo la logica degli schieramenti, bensì con l'analisi seria e obiettiva dei fatti che, nel caso dei bombardamenti avvenuti sulla repubblica federale jugoslava dal 24 marzo al 10 giugno dell'anno scorso, porta a concludere che la Nato abbia ucciso centinaia di civili perché non ha rispettato alcuni principi fondamentali del diritto internazionale.
E' di questo che vogliamo discutere a fondo: le classifiche dei "buoni" e dei "cattivi" ci interessano poco, così come ci lasciano indifferenti le ripetute dichiarazioni generiche dei dirigenti Nato che non entrano nello specifico dei problemi. Altrettanto poco interessante ci pare la dichiarazione rilasciata ieri a la Repubblica dall'allora comandante dell'Alleanza Wesley Clark, secondo cui, per evitare di violare le leggi internazionali ogni azione militare veniva "passata al vaglio di avvocati". Sarebbe infatti molto più utile capire a quali leggi Clark si riferisce e quali siano stati i modi applicati per rispettarle. Uno dei principali strumenti del diritto internazionale che regola i conflitti armati è infatti il Primo protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 1949, che Turchia, Francia e Stati Uniti d'America non hanno mai ratificato. Se si tiene presente che l'80% delle forze aeree impegnate sulla Repubblica Federale Jugoslava erano statunitensi, si può capire perché i portavoce della Nato abbiano sempre dichiarato di rispettare in modo generico le "leggi di guerra" senza meglio specificare di quali leggi stessero parlando. In altre parole, le forze armate della Nato non riconoscono un pur minimo codice di condotta delle azioni militari.
Gli avvocati di Clark e le responsabilità
E neppure esiste un meccanismo chiaro e condiviso per decidere quali obiettivi colpire e con quali mezzi. Sarà pur vero, come dice Clark, che prima di lanciare un bombardamento venivano consultati avvocati, ma secondo alcuni, spesso veniva trascurato il parere degli alleati. Il ministro degli esteri francese Hubert Vedrine, nel marzo scorso ha dichiarato che "tutti i paesi dell'Alleanza Atlantica agivano come membri della Nato, discutendo a fondo a proposito degli obiettivi da colpire. Ma gli Usa stavano conducendo una loro propria operazione separata".
Queste lacune sui principi e sui mezzi per applicarli nelle azioni militari rende molto difficile ricostruire le precise responsabilità nei presunti crimini di guerra commessi dalla Nato. Ma oltre a ciò esiste una vera e propria mancanza di volontà dei paesi che ne fanno parte di far luce su quelli che vengono sbrigativamente definiti "incidenti" o "danni collaterali". Sempre nella dichiarazione rilasciata ieri, Lord Robertson affermava: "In alcuni pochi casi tra le oltre decine di migliaia di missioni di bombardamento, per errore o per malfunzionamento degli armamenti, sono stati feriti o uccisi dei civili. Siamo profondamente spiaciuti di questo incidente". Ma se il dispiacere è sincero, i paesi della Nato dovrebbero spiegare perché a fronte dei novanta cosiddetti "incidenti" che hanno causato la morte di civili, solo uno - il bombardamento dell'ambasciata cinese a Belgrado - sia stato oggetto di indagine. O dovrebbero rendere note in modo finalmente non ambiguo le motivazioni che hanno indotto a pianificare l'attacco ad un obiettivo palesemente civile - la sede della televisione e radio statali serbe - uccidendo sedici persone non combattenti. Oppure dovrebbero chiarire perché sia stato sistematicamente ribaltato il principio secondo il quale la salvaguardia dei civili dovrebbe sempre essere anteposta alla distruzione di un obiettivo militare o alla sicurezza dei militari.
L'Alleanza è inadeguata
Dobbiamo riconoscere alla Nato una certa disponibilità al confronto e al dialogo, e lo stesso portavoce Jam Shea ha dichiarato di non voler negare gli errori e le responsabilità dell'Alleanza. Molte delle valutazioni contenute nel nostro rapporto sono d'altra parte state possibili grazie a un incontro tra una delegazione di Amnesty International e alti funzionari dell'Alleanza atlantica avvenuto a Bruxelles il 14 febbraio scorso. Ma anche questo confronto ci ha convinti dell'inadeguatezza della Nato nel condurre conflitti armati in rispetto delle norme internazionali del diritti umanitario, cosa di cui invece, dirigenti dell'Alleanza continuano a farsi vanto.
Si può forse anche comprendere che funzionari della Nato o militari che ne hanno fatto parte continuino a negare l'evidenza e a ripetere formule di rito secondo le quali per il Kosovo è stata compiuta un'operazione "pulita". Ma è intollerabile che i diciannove governi che fanno parte dell'Alleanza Atlantica si rifiutino di affrontare seriamente questi problemi.
Il silenzio dei leader occidentali
In pieno conflitto, preparammo circa 120mila cartoline che chiedevano l'avvio di alcune azioni concrete in favore del rispetto dei diritti umani nella Ex Jugoslavia. Destinatario era l'allora presidente del consiglio D'Alema, che non ci rispose. Giriamo la richiesta all'attuale governo, a cui chiediamo di impegnarsi concretamente almeno su cinque punti: l'adesione da parte di tutti i paesi della Nato ai più alti standard internazionali dei diritti umani e del diritto umanitario e la conseguente elaborazione di precise regole per la conduzione dei conflitti armati; il far chiarezza sulle strutture di comando delle forze armate dell'Alleanza, per favorire il riconoscimento delle responsabilità su presunti crimini di guerra; il divieto di usare armi quali le bombe a grappolo o con uranio impoverito nei pressi di abitazioni civili; l'apertura di inchieste approfondite su ogni caso di sospetta violazione delle Convenzioni di Ginevra e dei suoi protocolli; il risarcimento delle vittime civili colpite dalla Nato durante azioni illegittime.
E' di impegni concreti su questi fronti che ha bisogno il rispetto dei diritti umani. Generiche smentite formulate con toni più o meno risentiti, dichiarazioni retoriche - e spesso tardive, com'è il caso del Kosovo - a giustificazione di un'intera azione militare, sono del tutto inutili.
*Presidente della Sezione
italiana di Amnesty International