Intervista del 6 gennaio 2000 a Kennet Roth | Il rapporto reso pubblico a fine gennaio

Dal "manifesto" del 6/1

INTERVISTA HUMAN RIGHTS WATCH

"Tutti i crimini della Nato"

Effetti collaterali e cluster bomb, la denuncia di Kenneth Roth dopo le ire del Pentagono

PATRICIA LOMBROSO - NEW YORK

La sola ventilata possibilità di indagine da parte del Tribunale internazionale dell'Aia sull'operato dei piloti e comandanti Nato durante i 78 giorni di bombardamenti nella ex Jugoslavia, ha scatenato una violenta reazione del Pentagono. Il New York Times sottolinea che la reazione del Pentagono è dettata dal timore che il meccanismo di competenza giuridica internazionale, una volta messo in moto possa creare un precedente seguito in futuro da altri Tribunali penali sulla condotta dei soldati americani in altri paesi. La presa di posizione del Pentagono fa seguito alla rettifica apportata dal giudice "prosecutor" Carla Del Ponte. A Toronto, Michael Mandel e David Jacobs che guidano la documentazione di giuristi di tutto il mondo - depositata nelle mani del giudice Louise Arbour il 7 maggio e a fine luglio e il 17 novembre scorso, completata da materiale di prove non confutabili per reati di crimini di guerra - hanno inviato a Carla del Ponte una "richiesta di chiarificazione" delle dichiarazioni del Prosecutor dall'Aia. La lettera inviata al Tribunale sottolinea che le interpretazioni possono dare adito a una esclusione totale di una indagine sull'operato Nato. Il Pentagono, già diciotto mesi fa si oppose alla formazione di un Tribunale Permanente Indipendente che indagasse sull'operato di soldati e comandanti americani in altri paesi. Quando nel luglio del 1998, a Roma, Usa e altri sette paesi si rifiutarono di riconoscere l'esistenza del Tribunale Indipendente Permanente, ritennero assurdo e paradossale che la propria sovranità ad indagare del sistema giudiziario americano venisse subordinata al potere d'indagine di un Tribunale internazionale. "Il Pentagono da sempre si oppone a qualsiasi forma di indagine internazionale sulla propria condotta, in qualsiasi circostanza e in qualsiasi parte del mondo", ci dice Kenneth Roth, direttore di Human Rights Watch. "E' una posizione che non riguarda questo tribunale in particolare, né altri. In linea di principio, nessuno ha il diritto di obiettare a quello che nel Kosovo è stato definito dalla Nato "un intervento umanitario". La nostra organizzazione ritiene giusta e sacrosanta un'indagine accurata che analizzi i reati in violazione dei diritti umani regolamentati dalla Convenzione di Ginevra, configurati dall'operato di piloti e comandanti Nato ai danni della popolazione civile nella Serbia e Montenegro. La presa di posizione del Pentagono, d'altronde, non è diversa oggi da quella sui "danni collaterali" durante la guerra del Golfo. E' un atteggiamento arrogante". Perché il Pentagono teme che il Tribunale dell'Aia, creatura degli Usa, possa indagare la Nato? Gli Usa sono stati i maggiori fautori della creazione di questo Tribunale per crimini commessi nella ex Jugoslavia e per il Ruanda. Ma questo Tribunale venne istituito, forse, con l'obiettivo di indagare ed incriminare altri. Ma non gli americani. Milosevic oppure il genocidio in Ruanda. La messa in stato d'accusa della Nato, dietro al quale c'è il Pentagono, la ritenevano una possibilità remota. Anche se è remota la possibilità di incriminare chiunque faccia parte della Nato, ritengo giusta l'analisi sulla condotta e l'operato Nato per appurare se piloti e comandanti durante i bombardamenti abbiano seguito le norme di condotta della Convenzione di Ginevra per la tutela dei diritti umani. Il Pentagono teme che questa indagine possa creare un precedente giuridico. Entro la fine del 2000, gran parte dei pesi dell'Unione europea avrà ratificato lo statuto del Tribunale Inpendente e il Pentagono gioca d'anticipo sulla perseguibilità dell'operato dei suoi soldati. Quali reati, secondo voi, si configurano per la Nato? La nostra denunzia, compilata in un rapporto che verrà reso pubblico a fine gennaio, mette in rilievo i tre settori specifici nei quali durante i bombardamento la Nato ha commesso reati contro la popolazione civile, in netta violazione alle norme dettate dalla Convenzione di Ginevra per la tutela dei diritti umani. Innanzitutto, l'impiego da parte dei piloti Nato delle "Cluster Bombs". Sono armi illegali che hanno lo stesso effetto nefasto delle mine. Sono armi messe al bando dalle norme del codice internazionale. Anche se risulta chiaro che la Nato non aveva l'intenzione di colpire come bersaglio la popolazione civile, di fatto ha scientemente attaccato con bombardamenti a tappeto il territorio provocando un numero di morti che, dimostreremo, è di gran lunga superiore ai dati ufficiali. Vennero distrutte le infrastrutture necessarie per la sopravvivenza della popolazione civile: vennero fatti saltare ponti, bombardate fabbriche chimiche, le centrali dell'elettricità, inquinate le falde del Danubio. In ognuno di questi casi, i portavoce Nato hanno sostenuto che il "danno collaterale" era provocato da un bersaglio militare. Documenteremo che l'utilizzo militare di questi bersagli era marginale rispetto al danno causato dalla distruzione delle infrastrutture, con l'obiettivo di schiacciare e provocare pressione interna contro il regime di Milosevic. Il terzo settore da noi analizzato riguarda i bombardamenti Nato effettuati ad altissima quota, una tattica seguita per proteggere i propri piloti. Ma la Convenzione di Ginevra prevede l'obbligo di seguire con scrupolo tutte le precauzioni possibili per non provocare danni nella popolazione civile. L'alto numero di morti civili è stato causato dai voli ad alta quota effettuati per bombardare la Serbia: mancava la precisione nell'identificare il bersaglio e l'errore militare ha causato l'eccidio nel convoglio di rifugiati civili in cammino per strada. La Nato sostenne che l'errore venne determinato dal fatto che quello colpito risultava essere un bersaglio militare. Con voli a bassa quota si sarebbe potuto evitare. Ecco perché la condotta della Nato dev'essere sottoposta a indagine internazionale.

Il rapporto di Human Rights Watch (http://www.hrw.org/hrw/reports/2000/nato/)

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