dal Corriere della Sera del 7/1/2000

LA PROVOCAZIONE

Derrida: In Kosovo violenze, non crimini contro l'umanità»

Alla luce dei risultati di mesi di indagini, il filosofo francese rimette in questione le ragioni che spinsero l'Occidente all'intervento

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI - Che cos'è un crimine contro l'umanità? Se lo domanda un filosofo francese radicale, molto amato e ascoltato negli Stati Uniti: Jacques Derrida. Alla prestigiosa Scuola di alti studi in scienze sociali, dirige da un anno un seminario dedicato al perdono, la cui geopolitica è basata proprio sul concetto di crimine contro l'umanità», in qualche modo il più assoluto di tutti, perchè, spiega, non è altro che il crimine che l'umanità compie contro se stessa». Non di una parte contro l'altra parte. In questo caso, è barbarie di prossimità» perpetrata tra gente che si conosce, come nei massacri commessi in Cambogia dai khmer rossi, in Ruanda, in Congo, in Bosnia, in altre parti del mondo. Tutto ciò è l'inumano frutto di umanissime guerre (tribali, civili, clausewitziane che dir si voglia). Solo la Shoah, nel Novecento, può essere davvero considerata un crimine totale. E il Kosovo? La domanda diventa tanto più bruciante perché la guerra è stata legittimata proprio dalla difesa del diritto ultimo dell'umanità. La Nato è intervenuta - si è detto - non per prendere parte in un conflitto civile, a favore degli albanesi contro i serbi; e nemmeno per colpire il nazionalismo folle di Slobodan Milosevic. Entrambi, sia chiaro, obiettivi perfettamente razionali, ma in qualche modo parziali. No, la Nato ha voluto sancire il principio sul quale dovrà essere fondato il Nuovo ordine mondiale. Un crimine è la violazione di una norma, ma per stabilire se è stato commesso, da chi e come, ci vogliono le prove. Finita la guerra, così, è cominciata la ricerca. Il ministro della Difesa americano, William Cohen, il 16 maggio aveva dichiarato la scomparsa di centomila kosovari, uomini in grado di portare le armi. Il 17 giugno la cifra ufficiale era scesa a diecimila. Un numero di per sé terribile, ma certo non lo sterminio di un intero popolo. Gli scavi di tutti questi mesi hanno portato a scoprire, fino a novembre, 2.108 cadaveri. Juan Lopez Palafox - il medico spagnolo che dirige l'équipe impegnata in questa macabra, ma indispensabile, conta dei morti - spiega al quotidiano El Pais che si era preparato ad almeno duemila autopsie, invece ne ha fatte 187. Il Wall Street Journal ha condotto un'inchiesta e sull'edizione del 4 gennaio pubblica: 1) La storia di Ljubenic, un villaggio dove i serbi avrebbero sterminato 200 civili; ebbene, non è stato scoperto nessun cadavere. Lo stesso nella miniera di Trepca, uno dei centri di massacri più reclamizzati. 2) Finora nessuno ha visto alcun campo della morte»; piuttosto, emerge l'immagine di atti di violenza contro civili a macchia di leopardo, per lo più concentrati nelle aree di confine dove si svolgevano combattimenti tra serbi e Uck e soprattutto avvenuti dopo l'intervento della Nato. 3) Alcuni militanti dei gruppi umanitari confessano che gli unici a dare i numeri erano quelli dell'Uck con la loro Radio Kosovo libero». E spesso anche il portavoce della Nato Jamie Shea si è basato su quell'unica fonte, certo non indipendente, se non vogliamo dire sospetta. 4) Holly Burkhalter, direttore dell'organizzazione Medici per i diritti umani», basata a Washington, che aveva tra i primi gridato al genocidio, confessa di essersi sbagliato. E aggiunge: Ma non potevamo mica aspettare la prova per prevenirlo». Halit Berani, uno dei principali fornitori di cifre durante il conflitto, adesso giura di aver sempre avvertito che si trattava di informazioni non confermate. Però sibila: Con i serbi tutto è possibile». Che dire? Ha certo ragione il decostruttivista» Derrida nel suo invito a cercare il vero senso di definizioni sulle quali si dovrebbe basare il diritto del nuovo millennio». Ma non solo: se tutto questo è vero, ci troviamo di fronte a una abile manipolazione nella quale gli occidentali sono caduti. Possibile? Erano tutti accecati dallo stesso pregiudizio ideologico e etnico» che ha guidato Holly Burkhalter e Halit Berani? Nell'ansia di fondare una politica basata sui crimini contro l'umanità, in Kosovo gli alfieri del diritto hanno compiuto una tragica, falsa partenza?

Stefano Cingolani