Da "Quotidiani.net"

Addio uomo: farai la fine dei dinosauri
Sos pianeta terra. Una ricerca americana commissionata dall'Onu: troppe offese all'ecosistema, la nostra razza ha gli anni contati

NEW YORK - Sos pianeta Terra. E stavolta non è l'ennesimo allarme ecologico sulle lontane conseguenze dell'effetto serra o del buco nell'ozono: una mega-ricerca commissionata dall'Onu a 175 scienziati di tutti i Paesi del mondo i primi risultati verranno presentati all'assemblea generale riunita a New York il 22 aprile, Giornata della Terra dimostra che non è più solo l'ambiente a soffrire, ma l'umanità stessa. Che non muoiono soltanto le testuggini del Pacifico, il ghepardo africano o le tigri del Bengala, ma la stessa razza umana rischia l'estinzione.
In base allo studio intitolato «Pilot analysis of global ecosystems» (Analisi pilota degli ecosistemi globali) ed elaborato dal World Resources Insitute per l'Unap, agenzia per l'ambiente delle Nazioni unite si scopre che i il nostro pianeta sta collassando.
E mentre il prestigioso settimanale «Time» suona le trombe dell'Apocalisse pubblicando domani un numero speciale che uscirà in 30 milioni di copie, l'allarme è rilanciato dal vicepresidente americano Al Gore, che predice: «I livelli del mare si innalzeranno al punto da provocare una mutazione catastrofica della geografia fisica e umana».
Quest'alba del secondo millennio mostra tutti i tipici segni delle sei estinzioni di massa precedenti, quando la vita venne spazzata via dal pianeta quasi completamente per ripartire poi da zero. L'ultima delle sei estinzioni è stata quella famosa dei dinosauri, scomparsi dalla faccia della terra circa 65 milioni di anni fa. Anche allora, come oggi, il primo passo era stata la distruzione della biodiversità: prima dei grandi dinosauri erano sparite innumerevoli altre specie di cui ci restano poche, ma chiare, tracce. Noi siamo già in questa fase: «Al ritmo attuale spiega il biologo E.O. Wilson entro due o tre decenni, al massimo alla fine del secolo, metà delle specie esistenti saranno estinte».
In sostanza, siamo nel bel mezzo della settima estinzione di messa dalla quale verremo travolti anche noi esseri umani, se non ci fermiamo prima. Ma quando si arriva al punto di non ritorno?
Per molti ecosistemi questo punto è già stato raggiunto o sta per esserlo in tempi brevi. Lo dimostrano i disastri che sono già in atto. Milioni di abitanti del Sud-Est asiatico costretti a tapparsi in casa per settimane da un'enorme nube nera che oscura il sole, alzatasi dal devastante rogo delle foreste del Borneo; 4mila morti e 14 milioni di senza tetto a causa delle alluvioni seguite alla deforestazione in Cina; trentamila morti nelle favelas sudamericane sommerse dal fango; migliaia di morti in Etiopia dove non piove da tre anni; trentamila canadesi costretti a emigrare dal collasso della pesca al merluzzo.
Al di là delle previsioni più spettacolari come il serio pericolo per New York e molte altre città costiere di venire sommerse dalle acque a causa del riscaldamento della temperatura che sta sciogliendo i ghiacci polari, o il rischio di rimanere a secco dopo aver esaurito e inquinato tutte le risorse d'acqua dolce del pianeta per molti di noi questo futuro catastrofico è già qui. In Cina l'ormai cronica scarsità d'acqua sta riducendo il paesaggio a un deserto, mentre i problemi di una città che rischia di soccombere alla forza del mare li conosciamo, perché Venezia ce l'abbiamo in casa.
Tra i cinque ecosistemi presi in considerazione dallo studio il mare, i corsi d'acqua dolce, le terre agricole, le praterie e le foreste quello che appare più vicino al collasso sono proprio le foreste, ormai scomparse dall'Europa e sistematicamente distrutte in tutto il mondo, dall'Amazzonia al Borneo, per far posto a quei pascoli che un tempo il bestiame trovava nelle praterie, a loro volta in fin di vita.
L'inquinamento ormai senza ritorno delle falde acquifere (e il consumo di acqua è sestuplicato nell'ultimo secolo) e la distruzione delle aree costiere da cui dipende in gran parte la vita dei pesci e anche quella di circa due miliardi di persone fa prevedere un collasso imminente anche per questi due ecosistemi, mentre lo sfruttamento dei terreni agricoli è talmente devastante che tre quarti delle aree coltivate sono destinate a diventare un deserto privo di risorse.
Su tutto ciò troneggia una razza umana in agghiacciante crescita (cent'anni fa eravamo 1 miliardo e seicento milioni, oggi siamo quasi sei miliardi e cento milioni), che rischia ben presto di arrivare al suo copolinea.


di Elena Comelli