Da "Quotidiano.net"
----- Original Message -----
From: T.H.E. Walrus
Date: Thu, 07 Sep 2000 22:06:51 -0100
To: tactical@tmcrew.org
From: Meletta
Subject: Speciale Clima - rapporto Onu che doveva rimanere segreto fino
al 2001
da "quotidiano.net" AGGIORNATO AL 07 Set 2000 21:09
Terra malata: ecco il dossier che scotta
Mentre a Lione gli esperti cercano di sbloccare la trattativa sul clima,
pubblichiamo il rapporto Onu segreto fino al 2001
LIONE, 7 SETTEMBRE - I governi, l'industria, gli ambientalisti lo attendono dal 1995. E il
terzo rapporto dell'IPCC - il massimo consesso mondiale di esperti sul clima, creato nel
1988 dalle Nazioni Unite per indagare sull'effetto serra - non deluderà le attese. Già
pronto da un punto di vista scientifico, l'elaborato dei tre gruppi di lavoro è stato
terminato, inviato ai governi per il processo di revisione e verrà approvato e reso noto
dall'IPCC solo nel marzo 2001. Convinti che il filtro politico non serva ad un rapporto
che è e deve essere essenzialmente tecnico-scientifico, abbiamo deciso di rivelarne il
contenuto affinché ognuno possa valutare le conseguenze dell'inazione.
"Le attività umane - scrive il WGI, il primo gruppo di lavoro dell'Ipcc - hanno
avuto un impatto sul clima determinandone un riscaldamento e ulteriori cambiamenti
determineranno nel secolo appena iniziato e nei successivi. Tra questi dobbiamo attenderci
un ulteriore riscaldamento, modificazioni della quantità e del tipo delle precipitazioni,
un aumento del livello del mare e cambiamenti nella frequenza e nella quantità degli
eventi climatici estremi."
IPOTECA SECOLARE
"Questi cambiamenti determineranno significative variazioni rispetto allecondizioni
climatiche degli ultimi secoli. Oltre il 2100 i cambiamenti climatici e l'innalzamento del
livello del mare determinati dalle passate,attuali e future attività umane continueranno
per secoli, e questo anche se la crescita delle concentrazioni dei gas serra sarà
bloccata durante questo secolo".
Gli scenari costituenti il "cuore" del terzo rapporto dell'IPCC sono
infatti preoccupanti. "Le stime sul riscaldamento medio - scrive l'IPCC - prevedono
un aumento della temperatura tra gli 1.3 e i 4.9 gradi". Questo riscaldamento è più
alto di quello di 0.7-3.5 gradi previsto con il secondo rapporto IPCC."
ONDATE DI CALDO
"L'innalzamento previsto del livello del mare oscilla invece tra i 12 e gli 87
centimetri". Il primo gruppo di lavoro (WGI) scrive che "un riscaldamento
superiore alla media globale è atteso sui continenti invece che sui mari e in particolare
nelle latitudini più settentrionali in inverno" mentre "un riscaldamento
inferiore alla media è atteso ai tropici, alle alte latitudini dell'emisfero meridionale
e in regioni con forte emissione di aerosol di zolfo (regioni con forte inquinamento
atmosferico, ndr)". "Un aumento delle precipitazioni è atteso nelle aree
tropicali e alle alte latitudini, mentre riduzioni sono attese i buona parte delle aree
subtropicali nelle aree continentali in estate. C'è una elevata probabilità di un
aumento delle ondate di caldo e anche che la maggior parte delle regioni sperimenti un
aumento di intensità e di frequenza di forti precipitazioni. Questi trend sono già
osservabili nei dati in nostro possesso relativi al ventesimo secolo."
SICCITA' E CICLONI
"Futuri cambiamenti in altri estremi climatici sono più incerti, con solo una media
probabilità di aumento della siccità e di un aumento dell'intensità dei cicloni
tropicali". Da qui il secondo gruppo di lavoro dell'IPCC trae una serie di
preoccupanti considerazioni. "Il ciclo idrologico - scrive il WGII - è sensibile e
il cambiamento climatico previsto determinerà modificazioni nell'umidità del suolo, nel
ruscellamento, della portata dei fiumi e dei laghi. Questo esporrà gli ecosistemi e le
comunità umane a sostanziali cambiamenti nella disponibilità di acqua, nella qualità
della stessa e nel rischio di alluvioni e siccità. Le ricerche indicano che lo stress
delle risorse idriche potrà crescere in molti paesi tra i quali l'Australia, il
Nordafrica, l'Africa meridionale, l'Europa meridionale, il Medio Oriente e l'America
Latina e ridursi in Asia e Africa equatoriale. I modelli indicano per la maggior parte
delle aree una tendenza all'aumento
del rischio di alluvioni e periodi di siccità. L'aumento delle temperature sarà
probabilmente accompagnato da un aumento del rischio di
eutrofizzazione". Un impatto significativo è previsto anche per l'agricoltura. A
dispetto del fatto che la Co2 ha un effetto di per sé
fertilizzante sulle piante il WGII scrive che questo sarà controbilanciato dai
cambiamenti delle precipitazioni e della temperatura e che un aumento della produzione non
è attendibile: le stime sono molto divergenti e la sola certezza è che la risposta dei
sistemi agricoli varierà molto a seconda delle condizioni locali. Il cambiamento
climatico creerà poi "significativi disequilibri negli ecosistemi per lunghi periodi
di tempo" e questo porterà "una riduzione della biodiversità".
"Cambiamenti nella distribuzione di animali e piante sono già stati osservati"
e continueranno negli anni a venire, "con spostamenti di 400-600 chilometri verso
Nord per un aumento di
soli pochi gradi centigradi". Cambiamenti significativi sono attesi anche negli
oceani. In particolare "riduzione delle aree ghiacciate al polo Nord, modificazione
della salinità e delle correnti, riduzione della pescosità e possibile aumento delle
condizioni favorevoli all'acquacoltura, il che compenserà solo parzialmente la riduzione
della pesca in mare aperto".
TORNA LA MALARIA
Molte aree costiere sperimenteranno poi "un aumento dell'invasione delle
acque marine, dell'erosione e della salinizzazione delle falde. Il rischio è
particolarmente alto nelle aree tropicali e subtropicali". "Il cambiamento
climatico _ prosegue il WGII _ avrà anche diversi impatti sulla salute umana, alcuni
positivi e la maggior parte negativi". Tra questi ultimi l'aumento di ondate di
caldo, di eventi climatici estremi come alluvioni e cicloni, l'aumento della diffusione di
malattie come la malaria. Nel 2080 dai 260 ai 320 milioni di persone che oggi vivono in
aree non a rischio saranno esposte a questa malattia.
di Alessandro Farruggia
----------------------------
da "quotidiano.net" AGGIORNATO AL 07 Set 2000
I nodi da sciogliere
Ecco cosa blocca la trattativa sul clima
LIONE (FRANCIA) - Sciogliere i nodi che bloccano la trattativa sul clima e porre le
premesse perché la VI conferenza delle parti dei paesi firmatari del protocollo di Kyoto
(COP6) che si apre il 13 novembre all'Aia in Olanda, possa affrontare le questioni chiave
e avere successo, consentendo la ratifica del protocollo entro il 2002.
E' il difficilissimo compito al quale stanno lavorando i delegati di 150
paesi giunti a Lione per un giro negoziale che li terrà impegnati fino al 15 settembre.
L'Europa ha assunto da tempo un ruolo leader e l'Italia, con negoziatori esperti come il
direttore generale del ministero dell'Ambiente Corrado Clini e il suo braccio destro
Valeria Rizzo ed esperti come Domenico Gaudioso dell'Anpa si è ritagliata nella
trattativa uno spazio importante.
Eppure mentre loro lottano per l'introduzione, la limatura o l'eliminazione di articoli e
paragrafi e la rimozione della parentesi che costellano i documenti, emerge in tutta la
sua gravità il rischio al quale andrà incontro il pianeta se non si prenderanno nel più
breve tempo possibile le misure necessarie a stabilizzare le concentrazioni di "gas
serra" in atmosfera. A farlo è la massima autorità scientifica nel settore
climatico, l'IPCC (Intergovernamental panel on climate change), il cui terzo rapporto è
ormai concluso da un punto di vista tecnico-scientifico e le cui gravi affermazioni -
anche se ancora al vaglio dei governi - è bene che escano dal giro degli esperti ed
entrino nel dibattito ambientale ed economico per stimolare quella "spinta dal
basso" che è probabilmente la sola speranza che il protocollo di Kyoto, mancando la
prospettiva dei rischi futuri, non si areni nelle secche degli opposti veti. Il rischio di
un fallimento è infatti reale. Le posizioni negoziali restano distanti.
Gli Stati Uniti insistono sul punto che ogni paese industrializzato possa realizzare il
proprio obiettivo di riduzione utilizzando senza limiti i "meccanismi
flessibili" previsti dal protocollo di Kyoto e ritiene prioritaria la disponibilità
al taglio delle emissioni anche da parte dei principali paesi in via di sviluppo. L'Europa
è ferma nel chiedere che il ricorso ai meccanismi sia limitato da un "tetto" e
insiste per l'avvio di un sistema di controllo efficace. Il gruppo dei G77 che raccoglie
la Cina e molti paesi del Terzo Mondo, chiede più fondi e non vuole impegni legalmente
vincolanti. Ad essere ottimisti, per farcela ci vorrebbe un miracolo.
--------------
da "quotidiano.net" AGGIORNATO AL 07 Set 2000 12:49
L'Europa sprofonderà sempre più a Sud
Come cambieranno, secondo gli scienziati, il Vecchio continente, l'Africa e l'Asia
LIONE, SETTEMBRE - I cambiamenti previsti varieranno in maniera
significativa. Ecco le previsioni del terzo rapporto IPCC per 3 continenti.
EUROPA
"Gli attuali estremi climatici hanno già significativi effetti sui sistemi naturali,
sociali ed economici del vecchio continente. Questo rivela una sensibilità e una
vulnerabilità al cambiamento climatico, il che, con le previsioni attese, determinerà un
aggravamento di questi effetti. In particolare il rischio di alluvioni aumenterà in quasi
tutta l'Europa, mentre il rischio di penuria di acqua aumenterà particolarmente in Europa
meridionale, aumentando il divario con il Nord Europa. Nella Russia settentrionale e in
Scandinavia il permafrost (suolo ghiacciato, Ndr) potrà scomparire, mentre nel
Mediterraneo è probabile un aumento della frequenza degli incendi. E' probabile che la
produttività netta degli ecosistemi naturali aumenti: in particolare è previsto un
aumento della produttività delle foreste nell'Europa settentrionale e una riduzione
nell'Europa continentale e mediterranea. La perdita di alcuni ecosistemi (aree
umide,tundra,habitat isolati) minaccerà alcune specie. Per effetto dei climi più
secchi,la qualità dei suoli si deteriorerà in molte regioni dell'Europa meridionale.
Nelle regioni montagnose l'aumento delle temperature determinerà uno spostamento della
vegetazione e un innalzamento dell'area delle nevi, con perturbazione del ciclo
idrologico. Nel settore agricolo a un aumento della produttività di molte specie (dovuto
all'aumento della Co2
che ha un effetto fertilizzante, Ndr) sarà controbilanciato da una maggiore siccità in
Europa meridionale e orientale. Il cambiamento climatico determinerà anche un cambiamento
della pescosità. Nelle aree costiere il rischio di alluvioni, erosione e perdita di aree
umide crescerà in maniera significativa con implicazioni per gli insediamenti umani,
l'industria, il turismo e gli ambienti naturali costieri. L'Europa meridionale appare più
vulnerabile a questi cambiamenti. L'aumento della temperatura modificherà anche la
domanda turistica, con una possibile riduzione del tradizionale picco di presenze nel
Mediterraneo in estate. Effetti potranno vedersi anche su alcune aeree sciistiche. Gli
impatti sulla salute umana includono l'esposizione ad onde di calore, l'aumento delle
malattie trasmesse da insetti (ad esempio la malaria, Ndr), l'aumento del rischio di morte
legato
alle alluvioni".
AFRICA
"L'Africa è altamente vulnerabile al cambiamento climatico. In particolare le
risorse acquifere saranno minacciate. Il cambiamento climatico potrà accelerare
l'irreversibile perdita di biodiversità e aumentare la desertificazione. Gli impatti
sulla salute umana saranno numerosi e c'è un vasto consenso che il cambiamento climatico
peggiorerà la disponibilità di cibo in un continente che ha già un significativo
deficit di produzione. Il rischio di alluvioni, ondate di caldo e tempeste di sabbia
minaccerà le infrastrutture e affliggerà indirettamente la salute umana. L'aumento del
livello del mare, l'erosione costiera, l'intrusione di acqua salata nelle falde avrà un
significativo effetto sulle comunità umane e sull'economia africana".
ASIA
"Il cambiamento climatico determinerà un significativo stress sulle risorse
dell'intera regione asiatica. L'insicurezza alimentare sembra essere la preoccupazione
principale per l'Asia. La produzione agricola e
l'acquacoltura saranno minacciate da stress termico, aumento delle
alluvioni, aumento del livello del mare, aumento dell'intensità dei cicloni.
(...) Il pericoloso fenomeno della degradazione del permafrost si
intensificherà con il possibile rilascio in atmosfera di grandi quantità di Co2 e
metano. I rischi per la biodiversità cresceranno ed è probabile che molte specie saranno
sterminate per l'effetto congiunto dell'aumento della biodiversità e della frammentazione
degli ecosistemi. Con 1 metro di innalzamento del livello delle acque il più grande
ecosistema di mangrovie del Bangladesh, le Sundarabans (il prezioso ecosistema dove vive
la tigre del Bengala, Ndr), scomparirà. La vulnerabilità a cicloni e alluvioni
crescerà. L'aumento dell'intensità delle precipitazioni, specie durante il monsone
estivo potrà aumentare il rischio di alluvioni. In Bangladesh ad un aumento della
temperatura di 2 gradi potrà corrispondere un aumento delle aree allagate fra il 23 e il
29%. Nelle Filippine aumenterà il numero e la gravità dei tifoni. Di contro, c'è un
potenziale aumento della siccità nelle aree aride dell'Asia centrale".
di Alessandro Farruggia