NIENTE DA DIRE: SONO PROFESSIONIST!
Profili biografici

Sir Michael Jackson
Ha il peso di portare il nome del duca di Wellington, che fece assaporare
a Napoleone l'amaro sapore della sconfitta a Waterloo.
Mike Jackson, è il comandante della K-for, la forza di pace nel Kosovo. Il
compito che lo aspetta non è di certo dei più semplici: dovrà far rispettare
gli accordi di pace ai serbi, costringere i guerriglieri dell'Uck a
consegnare le armi e infine dovrà scovare, per renderle innocue, le migliaia
di trappole e di mine disseminate per tutta la regione.

Jackson, militare di carriera, è noto per il suo "sangue freddo": non esulta
nemmeno per gli accordi di pace raggiunti.

Anzi, avverte: "Ci sono ancora molti rischi perchè la situazione è
instabile. Non sarà una passeggiata ristabilire l'ordine". Volto marcato,
fisico asciutto a 55 anni è considerato il "soldato dei soldati" .

Tra i soldati è noto come il Principe delle tenebre. Qualcuno dice per il
suo tono di voce, ma per i più è il rispetto che incute tra i soldati. E'
considerato infatti una delle migliori menti militari con una laurea in
studi russi e con un forte senso dell'humor.

Ama il wisky e i sigari, e lavora spesso tutta la notte: "mi piace - ha
detto recentemente al Sunday Telegraph - tenere un stile alla Churchill". I
suoi assistenti, anche se dicono che è un tipo difficile da trattare, lo
adorano.

Nato nel 1944 da una famiglia di militari, fin da piccolo fu indirizzato ad
una precoce carriera militare al Royal Military College.

Agli inizi degli anni Novanta lasciò le caserme per i banchi dell'università
di Cambridge, dove per sei mesi ha studiato le prospettive di evoluzione per
le forze armate nel mondo del dopo-Urss.

Dopo aver frequentato l'accademia militare di Sandhurst, viene inserito
nell'Intellegence Corps.
Presta poi servizio temporaneo presso il reggimento dei paracadutisti di cui
entrò a far parte nel 1970 prestando servizo in Nord Irlanda e in Germania.

Dal marzo 1984 al 1986 comnada il Primo Battaglione di paracadutisti e
trascorre l'inverno in Norvegia in addestramenti.

Dal marzo 1994 al luglio 1996 comanda la Terza divisione . Negli utlimi mesi
del '96 viene mandato in Bosnia con l'incarico di comandare una parte della
forza di pace.

Ultimo traguardo: nel febbraio del '97. Diventa il comandante delle forze
alleate della Nato e riceve anche il cavalierato.

Nella vita privata conta tre matrimoni, due con la stessa moglie. Ha tre
figli, uno di soli otto anni, degli altri due già grandi uno sta seguendo le
orme del padre: è già paracadutista.

Ma non è senza macchia la divisa di Jackson.

Una domenica del '72 si trova a comandare un plotone di paracadutisti
durante una manifestazione cattolica a Londonderry, in Irlanda del Nord. I
soldati britannici aprono il fuoco ed è una strage: tredici cattolici
rimangono sull'asfalto.

Un episodio destinato a diventare famosissimo, perché raccontato dal gruppo
rock irlandese degli U2 nel loro brano Sunday Bloody Sunday.

Su quella strage, è stata di recente aperta una nuova inchiesta - con a capo
lord Saville - e i diciassette paracadutisti coinvolti (sedici dei quali in
pensione) hanno chiesto, finora con successo, perchè i loro nomi rimangano
segreti.

Un'altra macchia sul curriculum del militare della Nato risale a parecchi
anni dopo, quando due parà sotto il suo comando vennero riconosciuti
colpevoli di un brutale stupro di gruppo. Il processo bloccò per due anni
anche la carriera dell'ufficiale. Ma Jackson chiarì la sua posizione.

Bonini Giorgio
(Responsabile ODC SC Caritas Italiana)
gbonini@caritasitaliana.it

 


NIENTE DA DIRE: PROPRIO UN LAVORO DA PROFESSIONISTI

Bloody Sunday revelation
Rivelazioni sul "Bloody Sunday"
[ The Guardian ] Le famiglie delle 14 persone che furono uccise nella
"domenica di sangue", 27 anni fa a Londonderry, nell'Irlanda del Nord,
finalmente hanno giustizia: le ultime rivelazioni confermano che furono
vittime innocenti e disarmate delle truppe speciali britanniche. L'inchiesta
del 1972 aveva invece fatto intendere che molti di loro furono uccise mentre
maneggiavano armi. Tutti i testimoni civili lo avevano comunque sempre
negato.

Bloody Sunday forensic report 'Fatally Flawed'
Bloody Sunday: il rapporto giuridico fu viziato
[ The Independent ] Un grave colpo è stato inferto alla credibilità del
rapporto del 1972 sulla "Domenica di sangue". Una nuova inchiesta fa
supporre che quel rapporto non fu veritiero e che dovrà essere totalmente
riscritto. Dalla nuova perizia risulta che una delle vittime, James Wray, fu
colpito una o forse due volte alla schiena mentre stava già a terra. Si
dice, inoltre, che nessuna delle persone uccise o ferite fu colpita mentre
maneggiava armi da fuoco o esplosivi.

Bonini Giorgio
(Responsabile ODC SC Caritas Italiana)
gbonini@caritasitaliana.it

 

 

Fulvio Grimaldi ("Liberazione", 6 giugno 1999)

Vi ricordate di Michael Jackson? Il 30 gennaio 1972,
era il colonnello che ordinò la strage dei cattolici
nordirlandesi: 14 morti e 16 feriti, la terribile
"domenica di sangue" di Derry, di cui nel Regno Unito
si è taciuto per ventisette anni. Oggi è lui il
comandante Nato in Kosovo. E sta per cominciare,
finalmente, il suo processo...

E Michael Jackson - non il cantante nero che piú
bianco non si può, ma il generale inglese che
comanderà le truppe in Kosovo - tornò al lavoro.

Trenta gennaio millenovecentosettantadue. Chi scrive
era l'inviato di Giorni - Vie Nuove nell'Irlanda del
Nord del grande sommovimento per i diritti civili.
Ricordate? I cattolici repubblicani e nazionalisti
nell'Irlanda del Nord non erano nessuno. Nessuno nei
diritti, nel lavoro, nel voto, nel potere. Si votava,
in questo angolo coloniale della "grande democrazia
occidentale", esclusivamente per censo. Una casa un
voto, due case due voti, una fabbrica cinque voti, un
latifondo sei voti. O giú di lí. Solo che i cattolici,
quasi nessuno dei cattolici, non avevano né casa, né
fabbrica, né latifondo, né patria. Paria chiusi nei
loro ghetti, abitazioni come case delle bambole
marcite in soffitta. E allora, prima dell'IRA, rivolta
civile, pacifica. Quel giorno 15 mila seclusi del
ghetto di Derry marciano per un minimo di democrazia,
di vita, dopo anni di sparatorie e pestaggi della RUC
(Polizia nord irlandese, tutta fanaticamente
unionista). Dall'alto della collina di Creggan al
fondo valle di Bogside 15 mila donne, bambini, uomini,
vecchi, quasi tutti disoccupati. Con i vestiti, lisi,
della festa. I giovani in jeans. Il corteo sta per
finire a Free Derry Corner, dove oggi campeggia una
mia gigantografia: un prete che raccoglie un ragazzino
ucciso. Eravamo in due a fotografare e registrare. Io
e un francese. Gli unici dei mezzi di informazione,
perché abitavamo nel ghetto. I colleghi, venuti da
fuori, erano rimasti dietro ai posti di blocco
dell'esercito inglese.

Il corteo arriva sulla piazza del comizio. Bernadette
Devlin, leader nordirlandese, sta per parlare. Mi
trovo in coda al corteo, tra le barriere militari che
sparano gas lacrimogeno e gli ultimi manifestanti. Da
dietro le case sbucano rombando i blindati
dell'esercito e si precipitano sui marciatori. Ne
escono, coperti da maschere antigas - e mi sembrano
neri insetti velenosi - decine di paracdutisti: il
Primo Battaglione parà di sua mestà. Corrono appresso
ai manifestanti, si inginocchiano, puntano, sparano.
Decine e decine di colpi nella folla che fugge, urla,
piange, impreca. Il primo che fotografo è un parà che
monta sopra un ragazzo caduto e gli spara in testa.
Gli scatti successivi sono di questo ragazzo morente,
faccia che sbianca, occhi che spariscono nella fronte,
petto nudo, inerme, forato; un prete (oggi il vescovo
di Derry) che lo soccorre, un infermiere che rischia
la vita, le pallottole che ci schizzano sopra la
testa, il prete che singhiozza, si alza, solleva il
ragazzo, leva un fazzoletto bianco invocando pietà
almeno per i morti. Ci sparano ancora.

È il massacro. Bloody Sunday, la domenica di sangue,
un buco nero nell'uniforme della madre di tutte le
democrazie, una macchia di sangue che abbaglia
l'Irlanda e poi il mondo, facendolo lacrimare. E poi
un vecchio, con una voragine nella tempia, una donna
con la gamba maciullata, un giovane con un buco tra le
due scapole, sei pallottole contro il vetro dietro al
quale mi vedono fotografare. E ancora spari, ancora
morti.

Dalla torretta di un blindato, con tanto di elmo e
proboscide antigas, un gallonato rantola a 120
decibel: «trenta è il limite!». Macchine di morte
perfette, i parà ammazzano 14 civili e ne feriscono
16. Totale, trenta. Il comandante stragista si
chiamava Michael Jackson, allora colonnello, vice
comandante e responsabile sul terreno del Primo
Battaglione paracadutisti. Oggi comandante Nato in
Kosovo. Piú tardi il colonnello Jackson si inventerà
una "provocazione di cecchini dell'IRA" e l'inchiesta
di Sua Maestà assolverà gli stragisti e i loro
mandanti politici.

Poi la radio militare ordinò il mio arresto. Mi
nascosero in una casa del ghetto. Nella notte di
disperazione, ira e nebbia, Martin McGuinness, 20
anni, oggi negoziatore nord irlandese per la pace, mi
fa passare per tratturi segreti nella repubblica
irlandese. La mattina dopo fotografie, registrazioni,
e la cronaca del piú vile massacro nella lotta di
liberazione irlandese è sui media della repubblica e
del mondo.

Quel materiale nel Regno Unito non si è mai visto.
Sequestrato. Proibito. Fino a due anni fa, quando una
televisione indipendente, Channel 4, lo mise in onda.
Tony Blair fu costretto a riaprire le indagini. Tra
qualche giorno devo andare a Derry a dare
testimonianza. Ventisette anni dopo.

Michael Jackson, oggi generale, condottiero Nato in
Jugoslavia (con tremila militari italiani), potrebbe
finire condannato. Come Priebke. Ma non fateci conto.
Allora fu anche decorato. In questo mondo di
massacratori alla bomba, al fucile, all'uranio, gli
sterminatori di innocenti sono interventisti
umanitari. Non si poteva scegliere soggetto migliore
per portare pace e riconciliazione nei Balcani. Come
quel William Walker, capo degli osservatori dell'Osce
e grande sostenitore dell'Uçk, che il generale Wesley
Clark fece ritirare dal Kosovo prima di iniziare il
suo mattatoio. Per dieci anni braccio destro del
bandito Oliver North (quello dello scandalo
Iran-Contras), in Centro America aveva supervisionato
per Washington le operazioni degli squadroni della
morte, l'uccisione di 300 mila indios nel Guatemala,
con un milione di profughi.

Avvedute le scelte della Nato. Esperti i suoi
esecutori. C'è da chiedersi se, come ha fatto poco
tempo fa in Centro America, Clinton si prepara a
chiedere scusa, magari fra dieci anni, ai serbi e
kosovari che ha ridotto al niente, o spedito in
paradiso.

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fonte: Il Manifesto
6 luglio 1999

GUERRE SPORCHE
Jackson & C.
da Belfast a Pristina

In una delle rarissime interviste (quella concessa all'"Irish Times" lo
scorso 7 giugno) in cui ha parlato della sua 'presenza' a Derry quella
lontana domenica 30 gennaio 1972, il generale Michael Jakson (responsabile
delle forze Nato in Kosovo) auspicava che "la nuova inchiesta su Bloody
Sunday faccia chiarezza una volta per tutte: quello che e' accaduto quel
giorno e' stata una tragedia, e non qualcosa di pianificato o voluto".
Sarebbe bello fare finalmente chiarezza su Bloody Sunday (e magari anche su
tante altre stragi 'misteriose' nel nord Irlanda).
Sapere finalmente perche' 14 civili disarmati sono stati uccisi, per lo
piu' colpiti alle spalle o alla testa, dal primo reggimento dei paracudisti
inglesi quel 30 gennaio 1972.

Michael Jackson e' uno di quelli che, giá allora, avrebbero potuto
rispondere a tanti perche'.
Era infatti aiutante del colonnello Derek Wilford, comandante del primo
reggimento dei pará.
Ma soprattutto Michael Jackson era stato incaricato di tenere i rapporti
con la stampa dopo la strage.
Allora perche' il primo (e poi il secondo e poi il terzo e il quarto...)
comunicato stampa (che pare essere stato 'ideato' proprio da Jackson)
inviato a tutti i media del mondo subito dopo la strage aveva come unico
scopo quello di 'depistare', di 'coprire', di 'sollevare' i pará da ogni
responsabilitá? Jackson si augura che questa nuova inchiesta su Bloody
Sunday 'faccia finalmente chiarezza'.
Perche' allora Jackson non si e' offerto come testimone alla prima
inchiesta-farsa voluta dal governo inglese? E perche' non testimonia in
questa seconda inchiesta? "Non so se saro' chiamato a testimoniare", ha
detto.
Ma come? Sarebbe stato lui, se il suo ruolo di addetto stampa sará
confermato, l'autore e il divulgatore della 'veritá' sulla strage costruita
dagli inglesi.
Sarebbe stato Jackson ad alimentare le storie del reggimento dei pará 'che
ha risposto al fuoco dei terroristi', ad inventarsi che i 14 civili uccisi
'erano terroristi', in una parola a costruire il castello di bugie dietro
il quale per 27 anni si e' nascosto l'esercito inglese.
Se il generale e' convinto che Bloody Sunday sia stata 'una tragedia' e
'non un evento pianificato' farebbe bene a spiegare perche' il suo diretto
superiore (il colonnello Wilford) continua a sostenere: "Non ho nulla da
rimproverarmi per Derry...rifarei quel che e' stato fatto".

In Kosovo, agli ordini del generale Michael Jackson, sono stati inviati
anche altri due soldati con 'esperienza' nel nord Irlanda.
Sono partiti in fretta e furia, dopo essere stati appena stati rilasciati
dal carcere.
I due soldati, che appartengono al reggimento scozzese, si chiamano Mark
Wright e James Fisher.
Nel 1992 sono stati accusati dell'omicidio di Peter McBride, un ragazzo
cattolico di 18 anni, ucciso mentre 'fuggiva' da un posto di blocco
dell'esercito inglese.
Nel '95 i due sono stati condannati all'ergastolo.
Dopo tre anni di carcere e le ripetute promesse del ministro per il nord
Irlanda Mo Mowlam alla famiglia McBride ("non penso che i due militari
debbano essere rilasciati e reintegrati nell'esercito") Wright e Fisher
sono stati puntualmente scarcerati a giugno ('esistono circostanze speciali
per il rilascio', ha detto il governo inglese) e subito reintegrati
nell'esercito.
Prima missione per i due assassini (e brillanti 'peace-keeper' a Belfast):
riportare la pace in Kosovo.

Orsola Casagrande