da "Liberazione" del 18 luglio 2000

Forse nei cibi per l’infanzia l’origine del nuovo ceppo
Mucca pazza, è allarme omogeneizzati e hamburger

Potrebbe nascondersi in un vasetto di omogeneizzato o in un hamburger destinato ad una mensa scolastica, il nuovo ceppo del morbo della mucca pazza che tre giorni fa ha ucciso, in Gran Bretagna, altre quattro persone. Un’ipotesi clamorosa, formulata però in modo esplicito da uno dei maggiori esperti del settore e che apre ora nuovi inquietanti scenari sulla diffusione della sindrome di Creutzfeldt-Jacob. Tutto nasce con la morte di quattro persone nel piccolo villaggio di Queninborough. Morti «sospette», con un denominatore comune che ha subito allertato gli esperti: le vittime hanno tutte meno di 35 anni. Ed è proprio la loro giovane età a spingere il dottor Robert Will, responsabile del centro governativo di controllo, a formulare l’ipotesi che responsabile della recrudescenza del morbo potrebbe essere l’utilizzo di carne infetta per la produzione di omogeneizzati, hamburger e salsicce destinati ai bambini e ai ragazzi delle scuole. Poiché la malattia ha un periodo di incubazione molto lungo, questo, secondo Will, potrebbe spiegare come mai gli ultimi casi riguardino - novità assoluta - persone tra i 19 e i 35 anni. Come sia potuto succedere che la carne infetta sia poi finita nel ciclo di produzione di alimenti destinati soprattutto alle mense dei bambini, è molto semplice. Per capirlo, basta tornare indietro con la memoria all’epoca d’oro di Margaret Thatcher e dei suoi drastici tagli alla spesa pubblica. Negli anni Ottanta le carcasse dei bovini macellati venivano «spolpate» sino all’osso con dei macchinari particolari per non perdere nemmeno un grammo della carne utile. Risultato, nella carne da utilizzare andavano a finire le frattaglie e soprattutto il midollo, cioè la parte dove il morbo della mucca pazza meglio attecchisce e si sviluppa. Da queste frattaglie assortite si ricavavano polpette e omogeneizzati a prezzo stracciato. L’unico prezzo che potevano comunque permettersi le scuole pubbliche strangolate dai tagli della politica thatcheriana. Le pietanze a basso costo e infette finivano così nelle mense e potrebbero aver innescato il contagio. Certo, dalla metà degli anni Novanta in poi, questa pratica di macellazione è stata vietata dalle autorità inglesi, ma sino al divieto è stata largamente adottata. Per il momento quella del dottor Will è solo un’ipotesi sulla quale gli scienziati dovranno lavorare, ma tanto è bastato per gettare nel panico non solo il Regno Unito, ma tutta l’Europa. Italia compresa anche se, sia il sottosegretario alla Sanità, Ombretta Fumagalli Carulli, che le associazioni degli allevatori italiani, si sono affrettati subito a precisare che il nostro Paese non corre alcun rischio. Resta però il fatto che - pur non essendoci stati casi di morte di animali italiani - questo dato, da solo, non costituisce una garanzia assoluta. E’ quanto fa notare anche Legambiente: «Se volessimo limitarci all’encefalopatia spongiforme bovina - ha detto il portavoce, Roberto Della Seta - potremmo anche relativamente sostenere che l’Italia è al sicuro, ma il margine di incertezza deriva dalla permeabilità delle nostre frontiere». Come dire che l’Italia non è certo a rischio zero e che nessuno - al di là delle dichiarazioni di principio - può avere certezze sulla provenienza delle carni che poi arrivano sulle nostre tavole, tanto che da oggi i carabinieri dei Nas controlleranno a tappeto gli omogeneizzati in vendita nei supermercati italiani. Intanto in Francia - l’unico Paese a non aver ceduto alle pressioni della Commissione europea e ad aver mantenuto l’embargo sulla carne inglese - ieri sono state abbattute altre due mandrie ammalate. E’ il ventottesimo caso del 2000 e l’abbattimento degli animali non esaurisce il problema. Anzi. Quel che più preoccupa gli esperti francesi è cercare di capire come sia possibile che questi bovini - nati dopo il 1990, cioè l’anno in cui la Francia ha abolito le farine animali - si siano comunque ammalati.

Stefania Podda