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     Imbrogli di guerra. Scienziate e scienziati contro la guerra

                         Contributi al Seminario sulla guerra nei Balcani
                                  
 Istituto per le Applicazioni del Calcolo - Consiglio Nazionale delle Ricerche
                                  
            Roma, 21 giugno 1999
                                  
             A cura di Franco Marenco

Qui di seguito trovate un riassunto degli articoli


Un libro per coloro che vogliono approfondire, fuori dai clamori e al
riparo da interferenze mediatiche, cause e conseguenze del recente
conflitto e di cui consigliamo vivamente l'adozione nelle universita'
e nelle scuole superiori.

Raccoglie contributi e interventi che "Scienziate e scienziati contro
la guerra" hanno prodotto in un seminario sul conflitto nei Balcani,
tenutosi a Roma il 21 giugno 1999. Sono testi ricchi di grafici e
tabelle, meditati e documentati, che analizzano un vasto spettro di
temi e di ambiti a partire da metodologie scientifiche diverse,
attenti a riferire soprattutto, ma non solo, sulle conseguenze del
recente conflitto sulla popolazione e sull'ambiente.

Sono testi scientifici che non vogliono ignorare le connessioni
economiche tra universita', ricerca ed industria bellica, e che
affrontano, di nuovo, la responsabilita' della scienza e degli
scienziati nei confronti del Pianeta e della sua popolazione. In un
contesto culturale di profonda crisi, laddove molti intellettuali sono
spiazzati dagli eventi, altri latitano, ed altri ancora si vendono al
miglior offerente, qualcuno s'interroga...

Le autrici e gli autori: A. Di Fazio, V.F. Polcaro, S. Salerno, L.
Triolo, V. Caffarelli, W. Bocola, P. Cagnetti, V. Gennaro, G.
Grandoni, A. Signorini N. Pacilio, C. Pona, A. Baracca, R. La Valle e
altri, F. Grimaldi, A. Drago, E. Donini, M. Emmer, A. Martocchia:
docenti appartenenti a Dipartimenti di varie Universita' italiane
(Napoli, Roma, Firenze, Torino, Trieste); ricercatori del CNR,
dell'ENEA, degli Osservatori astronomici, del Ministero dell'Ambiente,
dell'Istituto Nazionale per la ricerca sul Cancro di Genova; studenti
della Scuola Internazionale per gli Studi Avanzati di Trieste.


Imbrogli di guerra sara' in libreria all'inizio di dicembre 1999.

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Indice

 1. Prefazione
 2. Introduzione
 3. Alberto Di Fazio, Le connessioni fra la guerra dei Balcani e la
    crisi energetica prossima ventura
 4. Vito Francesco Polcaro, L'imbroglio dell'intervento chirurgico
 5. Silvana Salerno, Effetti aspecifici della guerra sulla salute
    umana
 6. Lucio Triolo et al., Gli effetti dell'inquinamento chimico,
    causato dai bombardamenti, sull'ambiente e sulla salute umana in
    Serbia e nel Kosovo
 7. Nicola Pacilio e Carlo Pona, Uranio impoverito
 8. Angelo Baracca, Una svolta epocale e un'ipoteca sul futuro
 9. Raniero La Valle et al., Appello per la ricostruzione del diritto
    e della democrazia internazionale dopo la guerra
10. Fulvio Grimaldi, Il ruolo dell'informazione
11. Antonino Drago, Il ruolo degli scientifici nell'interposizione
    nonviolenta contro l'ultima superpotenza
12. Elisabetta Donini, Scienza, genere e guerra
13. Michele Emmer, La matematica della guerra
14. Andrea Martocchia, Scienza e guerra "fin de siecle"

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                         PREFAZIONE


Spesso, avvenimenti che ci fanno mettere in gioco le parti
piu' profonde della nostra coscienza sembrano allontanarci
dal nostro quotidiano, renderlo quasi accessorio rispetto ad
altro agire che sentiamo piu' urgente ed opportuno. La guerra
e' sicuramente uno di questi, ed in particolare lo e' stata la
guerra contro la Jugoslavia che ha visto direttamente coinvolto
il nostro paese a fianco degli altri stati membri della NATO.

Nell'aprile del 1999, quando da ormai un mese la NATO bombardava
la Federazione Jugoslava e noi tutti eravamo vittime di
un bombardamento mediatico senza precedenti, un gruppo di
ricercatrici e ricercatori lancio' un appello al mondo della
ricerca: <<Questa guerra non e' una guerra giusta perche' e'
dettata da interessi economici, politici, militari che nulla
hanno a che vedere con ragioni umanitarie. A questa guerra
dobbiamo opporre la ricerca del dialogo, della tolleranza e
dell'accettazione dell'altro>>, si diceva nell'appello, che
raccolse molte adesioni e diede il via al comitato ``scienziate
e scienziati contro la guerra''.

Le conseguenze di oltre due mesi di bombardamenti cominciano
ora ad essere evidenti. Sono state usate armi bandite da
tutte le convenzioni, come l'uranio impoverito, le bombe a
grappolo. I danni ambientali rischiano di mettere in crisi la
possibilita' del popolo jugoslavo addirittura di nutrirsi o
comunque di farlo sapendo di avvelenarsi lentamente con VCM,
PCB, Uranio, metalli pesanti e quant'altro. Si sono volute
colpire le strutture del paese in modo tale da distruggerne
le capacita' per decenni. Il diritto internazionale e'
stato stracciato, la NATO si e' fatta sberleffi dell'ONU,
delle varie convenzioni di Ginevra, del suo stesso trattato,
del diritto agli interventi ``umanitari''. I paesi membri
hanno fatto a pezzi le loro costituzioni. Le nostre societa'
hanno subito un imbarbarimento nei rapporti tra le persone: e'
di questi giorni la circolazione di filmati che testimoniano
i risultati disastrosi della ``missione Arcobaleno'',
in termini di corruzione, istigazione all'illegalita',
sfruttamento sessuale delle donne profughe. Allora tutto
cio' era completamente oscurato dal mito dell'intervento
``umanitario'' per riportare la ``pace'' in Kosovo.

A giugno il comitato ha organizzato una prima giornata di
lavoro per mettere a confronto informazioni, dati e riflessioni
sulla guerra. Un tentativo di portare nel quotidiano del nostro
lavoro le nostre azioni contro la guerra e per la costruzione
della pace, oggi in Jugoslavia, ma domani in tutti gli altri
luoghi ove la soluzione di conflitti dalle diverse origini
sembra, senza scampo, affidata solo al potere degli eserciti e
delle armi. E' un tentativo di capire come le scienze, ed in
particolare le donne e gli uomini che svolgono un'attivita'
scientifica, con i loro saperi e il loro metodo di ricerca e
di lavoro possono avere un ruolo nel processo di costruzione
della pace.

Le proposte emerse dalla giornata di lavoro sono state
molteplici e riguardano sia il nostro contributo di
esperti da sottoporre alla societa' civile, che le nostre
riflessioni interne riguardo ai meccanismi di decisione
in ambito scientifico. Nel primo ambito ci proponiamo di
organizzare dibattiti tematici nelle universita' sugli
argomenti trattati, di mettere a disposizione le nostre
competenze in incontri pubblici organizzati da altri gruppi,
di organizzare conferenze stampa per diffondere i risultati
delle nostre ricerche, di sviluppare azioni di ricerca e/o
solidarieta' in Serbia/Kosovo o altre zone di guerra, di
porre all'attenzione del pubblico l'uso (e l'abuso) della
scienza e della tecnica a fini bellici e di dominio da parte
dei paesi occidentali, primo fra tutti gli Stati Uniti. In
un ambito piu' interno al mondo della ricerca (ma aperto al
contributo di chiunque si renda disponibile a questo lavoro)
sono emerse le proposte di costituire gruppi di studio tematici
(sul ruolo della scienza e contro il riduzionismo scientifico,
sui cambiamenti climatici e i conflitti futuri), di creare
contatti con ricercatrici e ricercatori jugoslavi, di proporre
l'istituzione di dottorati di ricerca di Tecnologie di Pace,
di costruire un Progetto Finalizzato ``Scienza per la pace
e la solidarieta' tra i popoli'', di trovare le vie perche'
i nostri Enti supportino le ricerche connesse con la guerra e
la pace e supportino centri di ricerca jugoslavi, di prendere
contatto con possibili gruppi omologhi all'estero e in Italia
(ad esempio l'Unione Scienziati per il Disarmo).

Alcuni di questi progetti hanno cominciato a prendere forma
(sono stati avviati contatti durante un viaggio in Jugoslavia,
cominciano ad arrivare inviti a partecipare a dibattiti
sulla guerra). Intanto questo libro, che raccoglie gli atti
della giornata, e' un nostro primo contributo che mettiamo
a disposizione di chiunque vuole cercare di capire le tracce
lasciate da quella devastante guerra.

Ringraziamo la Casa Editrice Odradek per la disponibilita'
a pubblicarlo, le autrici e gli autori che hanno fornito il
loro contributo. Un ringraziamento particolare va a Franco
Marenco, che ha curato la raccolta e la rielaborazione grafica
dei lavori.

Lo sforzo e' collettivo, il filo conduttore e' l'impegno delle
scienziate e degli scienziati nella ricerca della pace, le
idee espresse da autrici ed autori sono, ovviamente, personali.

                    Scienziate e scienziati contro la guerra

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                        INTRODUZIONE


La guerra ha ripreso il suo posto in Europa, dopo la parentesi
di Yalta. "La guerra combattuta nei Balcani introduce un
nuovo scenario in cui sono rimessi in gioco i rapporti
tra i grandi poteri mondiali e lo stesso ordine giuridico
internazionale", ci fa notare Raniero La Valle. Luigi Cortesi
scrive su Giano: "non h un buon inizio del Duemila quello
che vede la distruzione sistematica, ai limiti del sadismo
attribuito ai nazisti, di una grande capitale europea". Lo
scenario che si va delineando, dalla Guerra del Golfo in
poi, non h affatto rassicurante e l'attacco alla Jugoslavia h
tutt'altro che un fatto isolato. Andrea Martocchia denuncia le
"operazioni militari che ad esempio il nostro paese conduce,
ormai a ripetizione da anni, contro i dittatori ed i barbari
di turno". Il "benessere nazionale dei cittadini occidentali
h lo scopo dichiarato spudoratamente del nuovo modello di
difesa", ci ricorda Antonino Drago, mentre Angelo Baracca ci
mette in guardia per il futuro: "il bilancio degli USA per la
difesa sta crescendo in maniera preoccupante" e "la Russia si
sente umiliata, assediata, aggredita"; inoltre denuncia gli
"innegabili crimini contro l'umanit`, e distruzioni di massa,
commessi dai vincitori". Dobbiamo stare tutt'altro che allegri:
la guerra balcanica h solo l'ultima, in termini cronologici,
di una spaventosa escalation, e un domani la violenza di cui
sono stati vittima gli Jugoslavi potrebbe riversarsi contro
qualsiasi altro popolo d'Europa, anche della parte occidentale
e ricca in cui viviamo. Alberto Di Fazio osserva che "la
gravit` delle crisi ambientali globali, soprattutto quella
energetica e quella climatica -- cosl intimamente connesse --
deve far riflettere sugli scenari di conflitto che diventeranno
via via piy probabili e che potranno portare prima o poi al
confronto con il blocco asiatico e con l'Islam. H probabile che
l'Europa non abbia in realt` questo obiettivo, ma in tal caso
il distacco dagli USA deve avvenire per tempo". La lotta per
il controllo delle risorse del Pianeta h gi` iniziata, e nelle
sedi diplomatiche si svolgono, nell'assenza di informazioni
per il pubblico, aspre negoziazioni sul `diritto di inquinare'.

Nello scenario balcanico destano grave preoccupazione, oltre
ai numerosi morti e feriti direttamente dalle bombe, i danni
irrimediabili che sono stati causati all'ambiente ed alla salute
pubblica con l'immissione nell'aria e nei fiumi di pericolosi
cancerogeni in grandi concentrazioni. Lucio Triolo et al. ci
avvertono: "nelle regioni colpite dai bombardamenti della
NATO si sono configurati rilevanti rischi di danni cronici
irreversibili per gli ecosistemi e per le popolazioni, le
cui attuazioni si manifesteranno purtroppo nei prossimi anni,
dando tragica continuit` alle azioni militari dei tre mesi di
guerra". Oltre all'inquinamento chimico propriamente detto,
bisogna tenere conto anche di quello radioattivo, derivante
dall'uso di armi contenenti uranio impoverito, sostanza che
"provoca il cancro quando penetra nell'organismo e la sua
tossicit` chimica causa danni ai reni". Pacilio e Pona ci
rammentano che "la pericolosit` dell'uranio impoverito
h nota all'esercito statunitense da oltre 20 anni, ma
pur tuttavia questo materiale, che viene classificato
all'inizio del ciclo produttivo come `scorie nucleari',
quando h trasformato in proiettile diventa, secondo gli USA,
un `armamento convenzionale' ". E osservano che "l'uso di
queste armi h contrario a tutti i principi e le convenzioni
internazionali firmate da tutti i paesi nel corso del XX
secolo". A cir si sommano le sofferenze della popolazione,
ben descritte da Silvana Salerno, dovute alla combinazione
di guerra ed embargo, con conseguenze oltre che sulla salute
fisica, anche su quella mentale e sociale: "l'obiettivo della
guerra h proprio quello di distruggere la salute sociale della
popolazione, costruita in anni di convivenza, alterando le
relazioni sociali e determinando effetti sulla salute che
non possono comportare vincitori ni vinti". Essa aggiunge:
"gli effetti a lungo termine delle armi usate nelle guerre
rappresentano talora dei veri e propri laboratori sperimentali
dove scienziati senza etica espongono anche propri connazionali
a studi specifici per l'affinamento delle tecniche distruttive".

A recepire questa situazione, nel nostro paese ritroviamo
una societ` estremamente frantumata, senza punti di
riferimento fidati, impossibilitata ad accedere ad informazioni
indipendenti, ed incapace di azioni autonome su larga scala. La
televisione impera, e un potere totalitario h nelle mani
di un'informazione banalizzata e fuorviante. Il legame fra
le persone h stato reciso: ciascuno h solo di fronte alle
istituzioni ufficiali e alle notizie che vengono diffuse. Come
ci ricorda Fulvio Grimaldi: "sul luogo di un avvenimento le
grandi agenzie, i grandi network e i grandi giornali arrivano
con un apparato, con una potenza economica e con una potenza
numerica talmente importanti, e con mezzi finanziari talmente
forti, da escludere qualsiasi possibilit` che qualcun altro si
possa inserire con una minima efficacia". Tutte le energie
del pensiero vengono dedicate "a cercare cir che divide
anzichi a valorizzare cir che unisce". Elisabetta Donini
ci ricorda come "a cominciare dalla guerra del Golfo si
h affermato il linguaggio della guerra `pulita', condotta
a forza di `interventi chirurgici' e `bombe intelligenti'
". Antonino Drago denuncia "l'uso capzioso delle parole" e
Andrea Martocchia ne conclude che "siamo precipitati nella
societ` della propaganda". Francesco Polcaro richiama un
articolo del Generale Carlo Jean, che spiega come la "guerra
delle informazioni" sia contemplata come un'importante opzione
militare: "da un lato fare apparire il nemico come una banda
di criminali guidati da un dittatore che opprime il suo stesso
popolo e dall'altro far credere che dalla guerra i soldati del
proprio esercito non corrano rischi di sorta e che anche la
gente comune della nazione attaccata riporter` pochi danni in
cambio dell'enorme dono della libert`". Terribile h l'impotenza
degli insegnanti e degli educatori di fronte allo strapotere
del `pensiero unico', testimoniata da Michele Emmer e che la
dice lunga sulla nostra nuova `libert`': "Noi, insegnanti,
educatori, non riuscivamo a trovare un ruolo, non riuscivamo
a discutere, a confrontare le idee, anche per la mancanza di
interesse per questi temi da parte degli altri docenti e anche
della grande massa degli studenti".

Questo conflitto ha evidenziato anche la profonda crisi in cui
versa il movimento pacifista, forte negli anni Ottanta e fino
alla Guerra del Golfo. Il pacifismo risente del clima culturale
complessivo, e la critica alla guerra si perde a volte in giochi
semantici (ad esempio sul significato stesso di `guerra' e
`pace'), mentre talune organizzazioni `per la pace', a detta
di molti, non sanno essere veramente `contro la guerra'. Esse
vengono accusate di un opportunismo che si traduce nell'essere
equidistanti ad oltranza e di non saper distinguere fra i
popoli balcanici, aggrediti, e gli Alleati, loro aggressori. Gli
approfondimenti e l'analisi rigorosa suscitano avversione, in
quanto rischiano di essere troppo schierati e caratterizzati
politicamente: si preferisce invece rincorrere il `politically
correct'. D'altra parte, paradossalmente, `pacifisti' (ma
con l'elmetto) sono anche i settori del governo che manda gli
aerei, come pure i transnazionali pannelliani, che giustificano
l'uso della forza proprio in quanto si dicono contrari ad ogni
guerra e `nonviolenti'. Essi ritengono di essere investiti
della missione di combattere contro `le forze del male',
come in una guerra santa. Perr, questa guerra h fatta di
micidiali bombe, sganciate dalle maggiori potenze nucleari,
da una forza armata formidabile, da un'alleanza invincibile,
contro un paese di circa 10 milioni di abitanti gi` in preda
a gravi difficolt` economiche.

In questo contesto, Elisabetta Donini ci fa notare che
la scienza viene percepita come portatrice di morte:
"Oggi il portato scientifico che va permeando le mentalit`
diffuse h quello delle `realt` virtuali' e dell'universo
della simulazione" e "la scienza fornisce le strutture
logiche essenziali in base alle quali le guerre vengono
fatte apparire non solo moralmente lecite, ma razionalmente
irrinunciabili". Piy freddo il commento di Drago: "Negli anni
'80 si stimava in 600.000 il numero degli scientifici dedicati
alla ricerca militare sui 2 milioni e piy del totale. La
presenza massiccia di questi scienziati cambia radicalmente
l'immagine ingenua della scienza, come impresa dedicata al
benessere dell'umanit`".

Ma diamo uno sguardo a questo mondo scientifico che si affaccia
alle soglie del 2000: esso, ancora piy della societ` nel
suo insieme, h caratterizzato da un'estrema frammentazione,
coltivata alimentando in parallelo il precariato e le ambizioni
individuali dei ricercatori di ruolo (rappresentate dalla
carriera, dall'erogazione dei fondi per poter portare avanti i
propri progetti, e sempre di piy dall'idea di potersi sentire
tutti manager, facendo di ciascuno un `capo-progetto'). Un ruolo
decisivo viene inoltre svolto dall'estrema specializzazione,
alimentata con curriculum formativi compartimentati e appositi
corsi di dottorato. Su questo piano, h degna di nota la denuncia
di Andrea Martocchia nei confronti della sacralizzazione degli
`esperti' e della "rigida strutturazione per competenze e per
feudi del lavoro intellettuale", mentre Elisabetta Donini
mette l'accento sulle "contraddizioni piy stridenti tra il
respiro universale che i risultati scientifici e tecnologici
dovrebbero rivestire e l'appropriazione particolaristica
di cui sono invece fatti oggetto, tra laboratori esclusivi,
brevetti, segreti industriali, know how inaccessibili e cosl
via". Essa prosegue ricordandoci come "per esorcizzare il
ruolo avuto nella corsa all'arma piy micidiale, la comunit`
scientifica ha messo in campo vari strumenti per rilegittimarsi
e deresponsabilizzarsi in nome della purezza della ricerca
fondamentale, disinteressata e innocente, lasciando ad altri
soggetti il compito di occuparsi delle applicazioni".

Al seminario interdisciplinare del 21 giugno una cinquantina
di scienziate e scienziati, che neppure si conoscevano e
provenienti da diverse citt` italiane, hanno discusso del loro
orrore per il delitto che si stava compiendo nel nome delle
libert` occidentali e della scienza: il risultato h il lavoro
riportato in questo libro. L'auspicio h quello del ritorno di
un tempo in cui il lavoro svolto collettivamente e quello di
utilit` sociale possano riprendere il posto che loro spetta,
e in cui gli scienziati tornino a riconoscere e a considerare la
responsabilit` del loro ruolo nel contesto piy ampio dell'intera
comunit`. E che la societ` tutta intera, oggi piegata `sotto
il giogo della democrazia', sappia riprendersi la dignit` che
le spetta e ritornare ad essere protagonista della propria
storia. Facendo in questo modo vacillare l'Impero e fermandone
l'escalation di avventure militari.

Franco Marenco

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Le connessioni fra la guerra dei Balcani e la crisi energetica
prossima ventura

Alberto Di Fazio


RIASSUNTO

Una serie di crisi ambientali globali in atto e in arrivo
interagisce con l'uso di combustibili fossili (che sono
usati per generare il 95 per cento dell'attuale fabbisogno di
energia). Sono in atto aspre negoziazioni nelle rispettive
Conferenze delle Parti, sotto le rispettive Convenzioni,
presso le Nazioni Unite. Tali negoziazioni avvengono con
a latere un grande processo scientifico internazionale,
coordinato dall'ICSU per parte accademica, e da diverse Agenzie
ed Organizzazioni da parte delle UN. L'IEA e una serie di
istituti specializzati (come la Petroconsultants di Ginevra)
prevedono il raggiungimento del PICCO DEL TASSO DI ESTRAZIONE
di petrolio e gas naturale nell'intervallo 2005-2013 (e piu'
probabilmente prima del 2010). Ciononostante, NON e' stata
firmata ancora alcuna Convenzione Quadro sull'argomento, e
di conseguenza non e' in corso alcuna negoziazione ufficiale
sul tema, anche se il G8, il Consiglio di Sicurezza e altri
organismi, come il G77/China e la EU ne discutono ormai in ogni
seduta. Visto il trattato di Kyoto e le necessarie estensioni
per stabilizzare il sistema climatico, con il contenzioso
sugli share di energia per l' ``Occidente'' e per quello che
si puo' chiamare il blocco orientale (Cina, Russia e India), e
vista la collocazione dei paesi islamici, nonche' il resto dei
paesi OPEC, si delinea un imminente scontro per il dominio, la
gestione e l'utilizzo delle rimanenti risorse energetiche. In
questo quadro i Balcani giocano un ruolo essenziale, sia
indipendentemente che in connessione al ruolo del Medio Oriente.

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L'imbroglio dell'intervento chirurgico

Vito Francesco Polcaro

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Effetti aspecifici della guerra sulla salute umana

Silvana Salerno


RIASSUNTO

La SALUTE FISICA delle popolazioni e' messa a repentaglio
dall'uso di armi, dai bombardamenti e dagli effetti fisici
(radiazioni ecc.) e chimici diretti (uso di armi chimiche e uso
di bombe con uranio impoverito) ma anche dai rischi ambientali
legati alla liberazione di sostanze tossiche e nocive (v. VCM,
derivati del petrolio, solventi, diossine, ecc.). Rischi
per la salute fisica possono nascere anche dall'inquinamento
delle fonti idriche o dalla scarsita' di acqua a causa dei
disastri ambientali con possibile incremento di incidenza di
malattie infettive (es. tifo, paratifo, colera, ecc.) a causa
anche dell'uso di latrine non necessariamente protette. La
promiscuita' ambientale (esempio il sovraffollamento nel
caso dei profughi) causa ulteriori rischi per le malattie
infettive trasmissibili per via aerea (es. broncopolmoniti,
tubercolosi). I rischi per la salute fisica nascono anche dalla
carenza alimentare che e' legata ad approvvigionamenti limitati
e non integrati rispetto al fabbisogno proteico e vitaminico.

RISCHI INDIRETTI sulla salute fisica nascono dalle mancate
terapie in caso di patologie generali non direttamente causate
dalla guerra ma che in guerra non possono essere adeguatamente
curate (ad esempio non potersi sottoporre a dialisi, non avere
l'antibiotico, non avere ambienti sterili, non avere medici
in grado di fare diagnosi, ecc.).  Tra i rischi per la salute
fisica possiamo collocare anche quelli legati agli effetti
sulla salute riproduttiva quali amenorree (War amenorrhea,
JAMA, 1944), aborti "spontanei", parti prematuri, effetti sul
concepito per esposizioni ambientali, mortalita' per parto delle
donne e morte alla nascita dei bambini per sofferenza. Anche in
questo caso esistono gli effetti indiretti legati alla mancanza
di assistenza medica, di medicinali, di terapie intensive per
prematuri, ecc.

La SALUTE MENTALE e' a forte rischio per gli effetti
dello stress con ansie, paure, depressioni (la guerra
puo' "slatentizzare" disagi mentali contenuti nella
comunita'). L'ansia determina malattie correlate con lo stress
tra queste e' certo un incremento della patologia cardio-
vascolare (es. infarti, ictus, ecc.).

Nello studio sul disastro di Seveso si e' evidenziato
un incremento statisticamente significativo di morti per
malattie cardio-vascolari tra coloro che furono costretti
ad abbandonare la casa poiche' residenti nelle aree A e B
(Bertazzi et al., 1995). Questa e' stata la prima causa di
morte per quella popolazione e quindi non la diossina ma lo
stress legato all'improvviso cambio di contesto ha generato
piu' morti.  Questo aspetto e' talmente importante che nei
disastri ambientali viene ormai considerato fondamentale
(v. terremoto in Umbria) l'intervento di tecnici capaci di
sostenere moralmente le popolazioni danneggiate attraverso
una ridefinizione della propria immagine e del nuovo contesto.

La SALUTE SOCIALE e' ugualmente a forte rischio per le
perdite relazionali (amici, parenti, familiari diretti) anche
quelle legate al lavoro (anche con la diminuzione del reddito
pro-capite). Anche per la salute sociale si determinano malattie
correlate con lo stress che determinano ansia, depressione, ecc.

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Gli effetti dell'inquinamento chimico, causato dai bombardamenti,
sull'ambiente e sulla salute umana in Serbia e nel Kosovo

Lucio Triolo, Vincenzo Caffarelli, Pietro Cagnetti, Giovanni
Grandoni, Antonella Signorini, Willy Bocola, e Valerio Gennaro

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Uranio impoverito

Nicola Pacilio e Carlo Pona

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Una svolta epocale e un'ipoteca sul futuro

Angelo Baracca


RIASSUNTO

L'intervento della NATO nei Balcani segna un punto di svolta
nelle relazioni mondiali: nel mondo post-Guerra Fredda, il
paese piu' forte si arroga il diritto di intervenire ovunque
per imporre o difendere i propri interessi.

La natura della guerra sta cambiando profondamente. Le armi
convenzionali ad alta tecnologia vengono utilizzate per colpire
obiettivi strategici. Ma quando si colpiscono le strutture
produttive di un paese che utilizza tecnologie moderne, gli
effetti divengono simili a quelli delle armi di distruzione
di massa. Questo e' avvenuto nei bombardamenti degli impianti
chimici della Serbia (Pancevo, ecc.), dove si sono liberati
nell'ambiente quantitativi grandi e imprecisati di sostanze
altamente tossiche, cancerogene e mutagene.

Questi tipi di interventi e lo sviluppo esasperato di armi
ad alta tecnologia da parte degli U.S.A. stanno aumentando
i rischi di proliferazione e di ricorso effettivo alle armi
nucleari e di distruzione di massa. Il sistema militare russo
si sta deteriorando rapidamente. Ne' la Russia, ne' la Cina,
ne' nessun altro paese puo' competere tecnologicamente con
gli U.S.A.: il riarmo americano e' percepito come una minaccia
concreta e crescente alla loro sicurezza. In questa situazione
il ricorso alle armi nucleari e di distruzione di massa e'
visto come l'unica risorsa: il rischio del loro uso effettivo e'
piu' alto che mai.

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Appello per la ricostruzione del diritto e della democrazia
internazionale dopo la guerra

Raniero La Valle e altri

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Il ruolo dell'informazione

Fulvio Grimaldi

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Il ruolo degli scientifici nell'interposizione nonviolenta
contro l'ultima superpotenza

Antonino Drago


RIASSUNTO

Oggi una gran parte della ricerca scientifica nel
mondo e' dedicata allo sviluppo di ulteriori armi. Dopo
l'invenzione della bomba nucleare, alcuni scienziati
(appello Einstein-Russell) hanno formato un'associazione per
diffondere la responabilita' sociale degli scientifici per
le proprie scoperte scientifiche (Pugwash). Successivamente
sono sorte altre associazioni di tipo analogo. In Italia ci
sono due associazioni, la sezione italiana del Pugwash e
l'Unione degli Scienziati Per Il Disarmo (USPID). Ambedue
sono criticabili per il loro atteggiamento elitario. C'e'
spazio per una associazione di scientifici che accetti una
committenza (ideale) dal movimento per la pace italiano e
mondiale. Si elencano i compiti che potrebbe svolgere questa
associazione. Tutti questi la qualificherebbero come una
interposizione nonviolenta tra l'umanita' e gli Stati nucleari
che dominano la politica mondiale. Il suo scopo sarebbe quello
di delegittimare le armi di distruzione di massa. Si danno
ragioni per indicare come primo passo quello di abolire il
ruolo di superpotenza che gli USA esercitano grazie al loro
arsenale di armi di distruzione di massa, il piu' efficiente
del mondo. In alternativa si suggerisce una gestione mondiale
affidata ad un ONU rinnovato nelle sue strutture.

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Scienza, genere e guerra

Elisabetta Donini


RIASSUNTO

Molte analisi critiche degli anni recenti hanno indagato i
nessi tra scienza e guerra da un punto di vista di genere nella
duplice ottica del discutere da un lato come protagonisti di
entrambe le imprese siano stati (e tuttora siano) soprattutto
uomini e dall'altro come in entrambe prevalgano modi di agire
e orientamenti conoscitivi improntati a caratteristiche che
nella storia moderna dell'Occidente sono state legate alle
specificita' del maschile.

Se sul lunghissimo periodo si possono riscontrare persistenze
significative su ambedue i piani, a partire da quei racconti
delle origini che pretendono di esaltare nella clava o in
altri strumenti di offesa gli esordi del cammino di un "homo"
insieme "sapiens" e "faber" verso la padronanza tecnica sul
mondo, rispetto alle peculiarita' dei nostri giorni puo'
essere interessante discutere soprattutto di come scienza
e guerra sono attualmente concepite e condotte all'interno
di un universo mentale e pratico che e' al tempo stesso
ipertecnologico nel suo impianto strutturale e proiettato invece
nella smaterializzazione virtuale al livello dell'immaginario
e delle percezioni culturali diffuse.

In particolare, le questioni che verranno toccate riguarderanno:

- il rapporto tra la razionalita' scientifica (e connessi
  requisiti di oggettivita' e univocita' ascritti alle scienze)
  e le catene deduttive con cui la guerra del Golfo prima e
  oggi i bombardamenti della NATO sono stati legittimati come
  soluzione "necessaria" e quindi "giusta", trascorrendo dai
  giudizi di fatto ai giudizi di valore in forza di un criterio
  strettamente affine a quello che ha presieduto all'invenzione
  moderna della nozione scientifica di "legge";

- l' "ossessione di morte" (come spesso e' stata chiamata)
  inscritta nel codice genetico di un sapere scientifico che sin
  da Bacone ha perseguito la dissezione dei fenomeni nella loro
  complessita' e ha mirato alla sostituzione dell'artificiale
  al naturale, attribuendo al maschile la capacita' di agire
  e produrre confinando il femminile nella passivita' di una
  natura ridotta a oggetto;

- il coinvolgimento diretto degli scienziati nello sviluppo
  delle tecniche di guerra, non solo perche' spesso a questo
  sono stati sollecitati dalle varie "committenze" (dallo
  sviluppo della balistica al piu' recente progetto Manhattan),
  ma per il fascino esercitato dal riuscire a realizzare armi
  di sempre maggiore potenza: brani di varie fonti, in vari
  contesti, ne possono dare una documentazione impressionante,
  mettendo in risalto anche di quanto maschilismo siano intrisi
  tali atteggiamenti;

- il rapporto tra mezzi e fini e l'ottica dell'efficacia che
  informano il processo contemporaneo di professionalizzazione
  tanto delle attivita' militari quanto di quelle scientifiche,
  con esiti di deresponsabilizzazione dei singoli.

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La matematica della guerra

Michele Emmer


RIASSUNTO

"Matematica Etica Pace" e' il titolo di un numero speciale della
rivista ZDM (Zentralblatt fur Didaktik der Mathematik, 98/3)
a cura di Ubiratan D'Ambrosio, dell'Universita' di Sao Paolo e
di Marianne Marme' dell' Universita' di Karlsruhe. Anche io ho
collaborato a questo numero speciale che e' stato pubblicato
nella seconda meta' del 1998.  Nell'articolo parlavo della
guerra del Golfo (avevo scritto un articolo su l'Unita'
all'epoca) e dell'iniziativa del gruppo Abele di Torino che
aveva realizzato un libretto per le scuole su "La Matematica
della Guerra". Non avrei mai pensato che molte delle cose
contenute nel numero speciale sarebbero divenute di stretta
attualita' pochi mesi dopo.

Ho aggiornato le mie riflessioni sul ruolo dell'informazione.
Sul perche' e' stato cosi' difficile coinvolgere scienziati,
artisti, studenti in una discussione sul nostro ruolo di
educatori. Si e' parlato tanto di complessita'; davanti a un
problema realmente complesso nessuno aveva nulla da dire.

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Scienza e guerra 'fin de siecle'

Andrea Martocchia


RIASSUNTO

Nei paesi a capitalismo avanzato la divisione del lavoro
intellettuale, nel quale pure e' impiegata una parte
maggioritaria e sempre crescente di forza-lavoro, e'
diventata labile e confusa. Questo fatto e' dovuto alla rapida
trasformazione socio-economica in atto; d'altro canto, e'
esso stesso causa di una gravissiva crisi culturale e di una
atmosfera "decadente". Al contempo, chi detiene il potere usa in
maniera sempre piu' spregiudicata l'arma della disinformazione
per orientare l'opinione pubblica su tutte le questioni
cruciali. Questa societa', nella quale la trasmissione delle
conoscenze e' cosi' malata, puo' essere definita semplicemente
"societa' della propaganda".

In questo contributo si vogliono fornire una serie di elementi
di fatto per dimostrare le tesi di cui sopra. Si citano casi
concreti relativi alla guerra civile jugoslava, ma non solo,
di giornalisti che non ricercano ne' tantomeno verificano le
informazioni, storici che non raccontano la storia, slavisti
che inventano lingue secondo l'opportunita' politica, sociologi
e filosofi che usano a casaccio le parole degli scienziati,
tuttologi che teorizzano inesistenti differenze etniche, e
chi dovrebbe far notare tutto questo tace. Una enorme schiera,
insomma, di "impostori intellettuali", parafrasando il titolo
di una importante opera qui citata.

Questa situazione ha, logicamente, reso possibile una guerra
di aggressione per scatenare la quale le classi dirigenti
hanno violato tutte le norme legali in materia violabili,
sia nazionali che internazionali, mentre, oltre agli
ambienti intellettuali ed universitari, pure le organizzazioni
tradizionali della sinistra si sono ridotte a svolgere un ruolo
"di servizio".

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(e altri libri della casa editrice Odradek)

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Imbrogli di guerra, pubblicato dalla Odradek Edizioni SRL (1999),
sara' in libreria per i primi di dicembre.


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Scienziate e scienziati contro la guerra
scienzaepace@iac.rm.cnr.it


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Consegnare scheda e denaro al coordinatore locale di riferimento:

- Per la citta' di Trieste: Andrea Martocchia, tel. (040) 3787480,
  e-mail <martok@sissa.it>

- Per la citta' di Torino, Valeria Chiado' Piat, tel. (011) 5647541,
  e-mail <VCHIADO@polito.it>

- Per la citta' di Padova, Libero Vitiello, tel. (049) 8276212,
  <vitiello@civ.bio.unipd.it>

- Per l'ENEA Casaccia, Carlo Pona, tel. (06) 70305095, e-mail
  <pona@casaccia.enea.it>

- Per l'Area della Ricerca di Tor Vergata del CNR, Anna Milillo, tel
  (06) 49934381, e-mail <anna.milillo@ifsi.rm.cnr.it>

- Per gli enti di ricerca pubblici romani (INN,  Istituto Superiore
  di Sanita', Universita' "La Sapienza", C.N.R., ecc.), Sancia Gaetani,
  <gaetani@inn.ingrm.it>

(per le altre aree, cercansi  volontari per coordinare le sottoscrizioni
e prenotazioni)

Chi non afferisce a nessuna delle aree sopra individuate, puo' inviare
il denaro per vaglia postale a Andrea Martocchia, c/o SISSA-ISAS, via
Beirut 2-4, 34014 Trieste, causale: contributo spese di pubblicazione di
"Imbrogli di guerra", e mandare la scheda compilata per posta elettronica
a <martok@sissa.it> oppure per fax all'attenzione di Andrea Martocchia al
numero (040) 3787528. Nel caso di piu' prenotazioni in uno stesso luogo,
e' gradito l'invio di un solo modulo intestato ad una sola persona.

Questa campagna di sottoscrizioni e prenotazioni e' valida fino al 30
novembre 1999.

Le prenotazioni si prenderanno solo fino ad esaurimento delle scorte.