Dal "manifesto" del 9 febbraio 2000

LA SPEZIA-PITELLI

Rifiuti tossici e bunker militari: i misteri della "collina dei veleni"

Sotto la polveriera, la discarica abusiva Dove è "sepolta" la diossina di Seveso

- A. MAS. - LA SPEZIA

Q uella che stiamo per raccontare è una storia che accomuna vent'anni di traffici illeciti, mancate politiche ambientali, fascicoli scomparsi e inchieste della magistratura. E una morte sospetta. Minimo comune denominatore, la collina di Pitelli, sulla sponda orientale del golfo di La Spezia, dalla quale si può controllare l'intenso viavai di navi militari nel porto.

Tutto comincia il 16 giugno 1976, quando la società Contenitori trasporti presenta un progetto per una discarica sulla collina di Pitelli ("sito di alto valore paesistico", secondo una legge del '39, una parte del quale il piano regolatore generale del '62 aveva assegnato a servitù militare), in cui si sottolinea che l'area dovrà essere recintata per evitare scarichi abusivi e incontrollati di rifiuti. L'esatto contrario di quanto avverrà. Amministratore unico della società è Orazio Duvia, che diventerà il "boss" del riciclaggio illecito di rifiuti a La Spezia, anche grazie ai buoni rapporti con amministrazioni pubbliche "generose".

Dal 1979, Pitelli diventerà (nonostante i numerosi esposti alla magistratura di forze politiche e comuni cittadini) per un ventennio la "collina dei veleni". Con attività illecite che continueranno (come si legge nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti, presieduta dal verde Massimo Scalia, dello scorso 27 maggio) anche dopo che la discarica sarà sottoposta a sequestro giudiziario, nel '96. A Pitelli saranno insabbiati ogni tipo di rifiuti e di scandali nazionali, dalle diossine dell'Icmesa di Seveso e Meda (sarebbero ancora sotterrati lì cinquecento fusti tossici, di cui si perse ogni traccia dopo essere stati bloccati e respinti alla frontiera svizzera, dopo l'incidente del 10 luglio '76) a benzene e idrocarburi, nascosti da solette di cemento armato e rinvenuti persino sotto il piazzale della discarica, la mensa e altri uffici. Senza contare gli scarti dell'industria farmaceutica, i residui della demolizione di autoveicoli, fanghi, ceneri e scorie metalliche, sostanze di origine petrolifera, rifiuti da demolizioni navali, fusti di olii e catrame. Le perizie hanno rilevato anche grosse quantità di mercurio, piombo, cadmio, cromo e nichel nelle acque sotterranee. E c'è chi parla anche di strani traffici di scorie radioattive dai paesi dell'est.

Nell'inchiesta, partita dalla procura di Asti (il sostituto procuratore, Luciano Tarditi, aveva parlato di rottura del "muro d'omertà, del silenzio e del condizionamento") e ora approdata a Roma e La Spezia, finiscono anche camorristi del casertano (alcuni amministratori della Contenitori trasporti saranno coinvolti anche nell'operazione Adelphi, condotta dalla procura distrettuale antimafia di Napoli), ma soprattutto lui, Orazio Duvia, titolare della discarica, poi affidata in gestione alla società Sistemi ambientali, della quale è uno dei principali azionisti. E' lui il trait d'union tra la malavita e gli ambienti politici liguri. Ed è lui a gestire la contabilità "nera" del sito, con tangenti e "favori" di vario tipo a funzionari pubblici per la stipula di contratti di smaltimento di rifiuti. La legge 426 dell'88 ha ora previsto cospicui finanziamenti per la bonifica di Pitelli, considerata, nonostante la verità giudiziaria non sia stata ancora accertata, un'area a forte rischio ambientale, in una collina già sventrata per usi militari (è la sede della polveriera).

Nella discarica sono stati interrati, inoltre, i rifiuti dello stabilimento Union carbide unisil Termoli. Che hanno provocato pure una morte "bianca". Era il 17 luglio del 1984 e un operaio della Contenitori trasporti, Giuseppe Stretti, stava seppellendo alcuni contenitori, ognuno dei quali conteneva duecento litri di residui della lavorazione di silani, provenienti appunto dalla Union carbide unisil. Nel corso delle operazioni, alcuni contenitori si erano rotti e l'uomo era stato investito da una nube bianca di vapori di ammoniaca, cloro e acido cloridico. Il mattino dopo morì in ospedale, dove era stato trasportato d'urgenza. La moglie raccontò che la sera precedente lo Stretti aveva detto di essere stato "disturbato" dalla polvere sollevata durante il lavoro e non aveva fame. Invece aveva molta sete, e aveva continuato a bere per tutta la notte. La mattina seguente, il malore e l'inutile corsa in ospedale. Per accertare le cause della morte fu aperto un procedimento penale, così come la moglie fece appello contro la sentenza del pretore di La Spezia, che aveva negato all'uomo il riconoscimento dell'invalidità permanente a causa di una silicosi provocata dal suo lavoro. L'autopsia appurò che il povero operaio era morto per "enfisema polmonare in silicotico ed edema polmonare acuto". Ma il fascicolo giudiziario relativo alla sua morte non è mai stato trovato negli uffici e negli archivi del tribunale, così come non sono mai state trovate le relazioni degli esperti nominati dal pretore del lavoro per accertare se le cause della morte fossero da collegare all'attività svolta dall'operaio.

Ma i misteri di Pitelli non finiscono qui. Non è mai stato trovato, infatti, il fascicolo relativo a un esposto presentato, nel 1988, da Legambiente, così come di un altro fascicolo dell'85 è stata trovata solo copia della segnalazione iniziale. Tra insabbiamenti e mancati controlli, per anni le attività illecite sono così potute andare avanti impunemente. Aggiungendo misteri su misteri alla "collina dei veleni".