Editoriale
12 novembre 2000

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Una tragedia americana

    Considerati i numerosi aspetti comici che presentano, le elezioni americane potrebbero sembrare una commedia. O, meglio, una farsa. Gli ingredienti ci sono tutti. Annunci e controannunci, numeri che si gonfiano e si sgonfiano come palloncini, "democratici" complimenti al presunto vincitore che diventano velenose allusioni a possibili brogli, imprevedibili ritrovamenti  di urne che nessuno si è curato di aprire, ridanciani entusiasmi che si spengono sul più bello. Ma non si tratta di una farsa. Si tratta del tragico e irreversibile fallimento di un arcaico sistema oligarchico che molti uomini di sinistra si ostinano a considerare esemplare, tanto che su di esso vorrebbero modellare le nostre istituzioni. Ora, prudentemente, tacciono o si limitano a esprimere un genrico e immotivato ottimismo sull'esito di questa tragicommedia. Perfino a destra, solo Marco Pannella e il suo doppio femminile hanno trovato il coraggio, forse bisognerebbe dire la faccia tosta, di definire "una grande prova di democrazia" questa grave crisi politica e istituzionale, destinata a produrre un presidente che apparirà tanto più protervo quanto pretenderà di essere autorevole. Sulle parole basta mettersi d'accordo, ma il duo Pannella-Bonino dovrebbe spiegarci che cosa intende dire. Sarà una spiegazione interessante, visto che, se dovesse trovare conferma l'attuale risultato dello spoglio, questa "grande prova di democrazia" porterà alla massima carica dell'unica superpotenza esistente l'uomo che, nell'insieme degli Stati Uniti, ha ricevuto meno voti. Eh sì, proprio così. 48.609.640 contro i 48.707.413 di Gore, secondo il più recente conteggio. Le cifre potrebbero cambiare a favore di Bush, ma non tanto da fargli ricuperare i 97.773 voti che gli mancano. Come è possibile questo miracolo democratico? Semplice: gli elettori non eleggono il presidente, ma coloro che dovranno eleggerlo; lo stato della Florida ha diritto a 25 "grandi elettori", tutti del partito che ottiene anche un solo voto più dell'altro, e, sempre secondo gli ultimi controlli, che, misteriosamente, hanno ancora ridotto all'osso il loro già esoguo margine di vantaggio, i repubblicani ne avrebbero ottenuti circa 300 (non c'è errore. si dice proprio trecento, meno dei soci di una bocciofila che si rispetti) più dei democratici. E non si può nemmeno dire che tutto sia limpido e netto.Nella contea di Palm Beach, una roccaforte dei democratici, la scheda elettorale, perforabile che avrebbe dovuto rendere possibile la lettura meccanica, era fatta in modo tale che molti elettori hanno dichiarato di essere stati tratti in inganno e di aver votato per il canditato di estrema destra Pat Buchanan con la convinzione di votare per Gore. Lo stesso reverendo Buchanan ha onestamente ammesso, onore al merito!, di aver ricevuto un numero di voti tanto superiore alle sue aspettative da far pensare a un errore degli elettori, 19.000 dei quali, accortisi di aver sbagliato prima di riconsegnare la scheda, hanno pensato di rimediare perforando anche la casella adiacente al nome di Gore, e, come era inevitabile, la loro scheda è stata annullata per doppio voto. Raggiunto dai Reali Carabinieri per aver inciampato in un filo, il brigante Musolino esclamò: "Mannaggia a chiddu filo!". A quel che pare, agli elettori di Palm Beach, se, come sembra probabile, i numerosi ricorsi che hanno presentato saranno respinti, non resterà che esclamare: "Mannaggia a chiddu foro!". "Per qualche foro in più" potrebbe essere intitolato il nuovo western che ci arriva dagli States. Quattro urne piene di schede non scrutinate sono state scoperte per caso in vari luoghi dello stato. Chissà, forse, guardando bene sotto il letto del fratello di Bush, che governa la Florida, ne troveranno qualche altra. Ma c'è poco da ridere. Come risultato di un sistema elettorale che risale a 213 anni fa, malamente rabberciato con leggi disorganiche, sarà forse eletto alla presidenza degli Stati Uniti l'amico del boia. Consoliamoci pensando che anche il mediocre Gore si è detto favorevole alla pena di morte e che le analogie tra i due candidati non si limitano a questo. La loro campagna elettorale è complessivamente costata otto miliardi di dollari. Le grandi corporations si sono equamente divisa la spesa. Ha votato il 51% degli aventi diritto. Dunque, in ogni caso, il vincente sarà stato scelto dal 25% dei cittadini elettori. Nader non ce l'ha fatta, ma non c'è molto da piangere sui voti che, dicono, ha sottratto a Gore. Era solo contro tutti, agitava temi difficili duramente avversati dai mass-media al servizio delle multinazionali e doveva lottare contro la logica gesuitica del "meno peggio". Ha ottenuto il 2,5% dei voti espressi. Poco, quasi niente, ma pur sempre una presenza non insignificante nell'oppressivo conformismo statunitense. A lui vanno gli auguri di "Controccorente".