Tradotto da: molino <molino@cybernet.ch>
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Tratto dal settimanale "Internazionale" del 18/24 giugno 1999 numero 288
anno 6

Noam Chomsky condanna il comportamento dei paesi occidentali e dei mezzi
di informazione. Un bilancio della guerra appena finita .

MA E' STATA UNA VITTORIA ?

Noam Chomsky, Z, Usa

Il 24 marzo le forze aeree della Nato comandate dagli Stati uniti
cominciano a fare a pezzi la Repubblica Federale Yugoslava (RFY, Serbia
e Montenegro), compreso il Kosovo, che la Nato considera una provincia
della Serbia. Il 3 giugno la Nato e la Serbia raggiungono un accordo di
pace. Gli Stati uniti parlano di vittoria, dicono di aver posto fine con
successo alla loro "battaglia durata dieci settimane per convincere
Milosevich ad arrendersi", come riferisce Blaine Hardeb sul New York
Times.


In questo senso diventerebe superfluo l'uso di forze di terra per
"ripulire la Serbia", come aveva raccomandato lo stesso Harden in un
editoriale intitolato "COME RIPULIRE LA SERBIA". Una raccomndazione del
tutto naturale alla luce della storia americana, da sempre dominata dal
tema della pulizia etnica. Si impone tuttavia una precisazione. In
questo caso l'espressione "pulizia etnica" non e` del tutto appropriata:
le operazioni condotte dagli americani sono sempre ecumeniche. Gli
avvenimenti in Indocina ed in America Centrale ne sono le piu' recenti
dimostrazioni.
Pur avendo dichiarato vittoria, Washington ha aspettato a dichiarare la
pace: i bombardamenti sono continuati finche' i vincitori sono stati
certi che la loro interpretazione degli accordi sul Kosovo si fosse
imposta.


GLI STATI ILLUMINATI
Fin dall'inizio, i bombardamenti sono stati pubblicizzati come una
questione cosmica, una sorta di test per un Nuovo Umanesimo, in cui gli
"Stati Illuminati" (Foreign Affairs) inaugurano una nuova era della
storia dell'uomo guidata da "un nuovo internazionalismo, dove la
repressione brutale di interi gruppi etnici non sara` piu` tollerata"
(Tony Blair). Gli Stati illuminati sono gli Stati uniti ed il loro socio
britannico, e forse anche altri che vengono ammessi alle loro crociate
per la giustizia.
A quanto pare, il rango di Stato illuminato viene conferito per
definizione. Non si riesce a trovare alcun tentativo di dimostrare o
argomentare questo rango, certamente non su basi storiche. La storia
viene comunque liquidata come irrilevante in base alla nota teoria del
"cambiamento di rotta", regolarmente  invocata nelle
istituzioni ideologiche per relegare il passato nelle zone piu` remote
della memoria, evitando quindi di dover rispondere alle domande piu`
ovvie: dal momento che le strutture istituzionali e la distribuzione del
potere sono praticamente le stesse, perche' ci dovremmmo aspettare una
svolta politica radicale, o un cambiamento di qualche tipo, che non sia
mero aggiustamento tattico?
Ma questo tipo di domande non sono all'ordine del giorno.
"Fin dall'inizio, il Kosovo ha posto il problema di come dovremmo
reagire noi americani quando succedono cose brutte in posti poco
importanti", ha spiegato l'analista globale Thomas Friedman sul New
York Times quando e` stato annunciato l'accordo. Friedmann ha continuato
lodando gli Stati illuminati per aver perseguito il principio morale
secondo cui "una volta cominciate le deportazioni dei profughi,
ignorare il Kosovo sarebbe stato un errore... e pertanto l'unica cosa
sensata era usare una colossale operazione aerea per un obiettivo
limitato".
Un piccolo problema e` che la preoccupazione per le "deportazioni di
profughi" non puo` essere stata la causa della "grande guerra aerea".
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) ha dato
notizia dei primi profughi recensiti fuori dal Kosovo (quattromila) il
27 marzo, tre giorni dopo l'inizio dei bombardamenti. Il loro numero non
ha fatto che crescere fino al 4 giugno, raggiungendo un totale valutato
intorno alle 670 mila unita` nei paesi confinanti (Albania e Macedonia),
a cui si aggiungono 70 mila profughi nel Montenegro (all'interno
della RFY) e 75 mila rifugiati in altri paesi. Queste cifre, purtroppo
ben note, non tengono conto delle migliaia di persone disperse
all'interno del Kosovo: due o trecento mila secondo la Nato prima dei
bombardamenti, molte di piu' dopo.
E' indiscutibile che la "grande guerra aerea" ha fatto precipitare la
situazione in una drammatica escalation di pulizia etnica e altre
atrocita`. Lo sostengono coerentemente i corrispondenti sul posto e le
analisi retrospettive apparse sulla stampa. Lo stesso quadro emerge
persino dai due documenti piu` importanti che tentano di giustificare i
bombardamenti come una reazione alla crisi umanitaria in Kosovo. Il piu`
esteso, pubblicato dal Dipartimento di Stato a maggio, e` giustamente
intitolato "Cancellare la storia: la pulizia etnica in Kosovo"; l'altro
e' l'incriminazione di Milosevich  e dei suoi compagni da parte del
Tribunale Internazionale sui crimini di guerra in Jugoslavia dopo che
Stati uniti e Gran Bretagna "hanno aperto la strada ad un
incriminazione decisamente veloce fornendo al procuratore Louis Arbour
accesso alle informazioni dell'intelligence e ad altri dati che le erano
stati a lungo negati dai governi occidentali".
Questo e` quanto riferisce il New York Times in due pagine dedicate
all'incriminazione. I due documenti sostengono che le atrocita` sono
cominciate "il primo gennaio o intorno a quella data". In entrambi i
documenti, tuttavia, la cronologia dettagliata dei fatti rivela che le
atrocita` sono continuate all'incirca come prima, finche' i bombardamenti
non hanno portato ad una forte escalation. Non puo' certo sorprendere.
Il comndante  generale Wesley Clark ha descritto queste conseguenze come
"del tutto prevedibili", una chiara esagerazione: niente, nelle cose
degli uomini, e` mai del tutto prevedibile.
E' vero pero` che e` ormai chiaro che le conseguenze dei bombardamenti
erano state previste, per motivi facilmente comprensibili, anche senza
avere accesso alle informazioni dei servizi segreti.


DUE CASI A CONFRONTO

Un breve elenco degli effetti della "grande guerra aerea" ci viene dato
da Robert Hayden, direttore del centro per gli studi russi ed est
europei dell'universita` di Pittsburgh: "Le morti di civili serbi nelle
prime tre settimane di guerra sono state piu` numerose delle morti
avvenute da entrambi le parti in Kosovo nei tre mesi che hanno preceduto
il conflitto. Eppure ci avevano detto che quei tre mesi erano da
considerarsi una catastrofe umanitaria".
Certo, questo tipo di conseguenze non contano nell'isteria sciovinista
scatenata per demonizzare i serbi, che ha raggiunto vette
insospettabili quando i bombardamenti prendevano apertamente di mira la
societa` civile e richiedevano quindi una difesa piu`
appassionata. Per puro caso, almeno un embrione di risposta credibile
alla domanda retorica di Friedman e` comparsa lo stesso giorno sul New
York Times, in una corrispondenza da Ankara di Stephen Kinzer. Il
giornalista scrive che "il piu` noto difensore dei diritti umani in
Turchia e` stato incarcerato" per scontare la condanna inflitta "per
aver esortato lo Stato a raggiungere un accordo pacifico con i ribelli
kurdi". Pochi giorni prima Kinzer aveva suggerito indirettamente che la
faccenda era piu` complessa: "Alcuni (kurdi) denunciano di essere stati
oppressi dal regime turco, ma il governo sostiene che hanno gli stessi
diritti degli altri cittadini".
Ci si potrebbe chiedere se questo renda davvero giustizia ad una delle
operazioni di pulizia etnica piu` radicali della meta` degli anni
Novanta, con decine dimigliaia di morti, 3500 villaggi distrutti, tra i
2,5 ed 3 milioni di profughi, e orribili atrocita` facilmente
paragonabili a quelle che vengono riferite quotidianamente sulle prime
pagine riguardo ai nemici ufficiali del giorno, atrocita` denunciate in
dettaglio dalle maggiori organizzazioni umanitarie ma sempre ignorate.
Nel caso turco, questi bei risultati sono stati ottenuti con il
massiccio sostegno militare degli Usa, ulteriormente cresciuto sotto
l'amministrazione Clinton, quando le atrocita` si sono accentuate al
masssimo.
Ricordiamoci che questi crimini sono proseguiti per tutti gli anni
Novanta all'interno della stessa Nato e sotto la giurisdizione del
Consiglio d'Europa e della Corte europea per i diritti dell'uomo, che
continua a indire processi contro la Turchia per le sue atrocita`
appoggiate dagli Usa. C'e` voluto un vero sforzo da parte dei
protagonisti e dei commentatori per "non notare" niente di tutto cio`
durante le celebrazioni del cinquantesimo anniversario della Nato ad
aprile.
Il fatto e` particolarmente impressionante se si pensa che i
festeggiamenti erano turbati da gravi preoccupazioni per la pulizia
etnica - condotta dai nemici ufficiali, non dagli Stati
illuminati tornati alla loro tradizionale missione di portare giustizia
e pace ai popoli sofferenti di tutto il mondo, e di difendere i diritti
umani, con la forza (se necessario) e secondo i principi del Nuovo
Umanesimo. Questi crimini, senza dubbio, sono solo un esempio della
risposta fornita dagli Stati illuminati alla domanda su "come dovremmo
reagire quando succedono cose brutte in posti poco importanti".
Dovremmo intervenire per peggiorare le atrocita` e non "distogliere lo
sguardo" in base al principio dei due pesi e due misure - la
giustificazione comune quando questi fatti marginali vengono
maleducatamente posti all'attenzione. E' un fatto che questa sia anche
la missione che e' stata svolta in Kosovo. Lo dimostrano chiaramente gli
avvenimenti, ma non la loro versione distorta dal prisma dell'ideologia
e della dottrina, che non tollera volentieri l'osservazione che una
conseguenza della "grande guerra aerea" e` stata di portare una
situazione di atrocita` simile a quelle perpetrate ogni anno in Colombia
(con il sostegno degli Usa) per tutti gli anni Novanta, a un livello
paragonabile alle stragi compiute all'interno della stessa Nato/Europa
(cioe' in Turchia) nello stesso periodo.


COME SI ARRIVA ALLE BOMBE

L'ordine di marcia di Washington, comunque, e` il solito: concentrarsi
sui crimini del nemico ufficiale del momento, e non farsi distrarre da
crimini paragonabili o addirittura peggiori che si potrebero facilmente
mitigare o far cessare grazie al ruolo centrale svolto dai paesi
illuminati nel perpetrarli, o aggravarli, quando gli interessi di potere
lo richiedono.
Un analisi minimamente seria dell'accordo sul Kosovo deve prendere in
considerazione le opzioni diplomatiche del 23 marzo - il giorno prima
che fosse scatenata la "grande guerra aerea" - e paragonarli con gli
accordi raggiunti tra la Nato e la Serbia il 3 giugno.
Qui si devono distinguere due versioni: 1) i fatti, e 2) la propaganda,
cioe' la versione Usa/Nato di cui sono permeati resoconti e commenti
negli Stati illuminati.
Basta un occhiata superficiale per osservare che i fatti e la propaganda
differiscono nettamente. Il New York Times presenta per esempio il testo
dell'accordo con un inserto intitolato: " Due piani di pace: ecco le
differenze". I due piani di pace sono l'accordo di Rambouillet
presentato il 23 marzo ai serbi come un ultimatum,
prendere-o-essere-bombardati, e l'accordo di pace per il Kosovo del 3
giugno. Ma nel mondo reale ci sono in effetti tre "piani di pace", due
dei quali erano sul tavolo delle trattative il 23 marzo: gli accordi di
Rambouillet e le risoluzioni del Parlamento serbo che a essi
rispondevano.
Cominciamo con i due piani di pace del 23 marzo, e chiediamoci in cosa
differiscono e come si pongono rispetto all'Accordo per il Kosovo del 3
giugno. Ci concentreremo poi brevemente su cosa ci si puo`
ragionevolmente attendere se violiamo le regole e rivolgiamo
l'attenzione ai (numerosi) precedenti.
L'accordo di Rambouillet prevedeva l'occupazione militare totale ed il
controllo politico del Kosovo da parte della Nato, e un occupazione
militare di fatto del resto della Yugoslavia, a discrezione della Nato.
La Nato doveva "formare e giudare una forza militare (KFOR)" da "insediare e
dispiegare in Kosovo ed attorno ad esso" operando sotto
l'autorita` e "soggetta alla direzione ed al controllo politico del North
Atlantic Council (Nac) attraverso la gerarchia militare della Nato".
"Il comandante della KFOR e` l'autorita` ultima sul campo riguardo
all'interpretazione di questa sezione [Implementazione dell'Accordo] e
le sue decisioni sono vincolanti per tutte le parti e persone".
Entro breve tempo, tutte le forze armate yugoslave e la polizia del
ministero degli Interni dovevano rischierarsi in "siti di
acquartieramento approvati" e poi ritirarsi in Serbia, a eccezione di
"piccole unita` con compiti di controllo delle frontiere da eventuali
attacchi e sconfinamenti illeciti", e non erano autorizzate a spostarsi
in Kosovo al di fuori di queste funzioni.


CHIEDERE LA CAPITOLAZIONE

"Tre anni dopo l'entrata in vigore di questo Accordo, si terra` una
conferenza internazionale per determinare le forme di una sistemazione
definitiva del Kosovo". Questo paragrafo e' stato spesso citato come un
invito ad un referendum per l'indipendenza, di fatto mai menzionato.
Per quanto riguarda il resto della Yugoslavia, i termini
dell'occupazione sono stabiliti nell'Appendice B: Status della forza
militare multinazionale di implementazione. Il paragrafo fondamentale
dice:  8. "Il personale Nato, con i propri mezzi di trasporto, navi,
aerei ed equipaggiamento, avra` accesso libero e incondizionato a tutta
la Repubblica Federale Yugoslava, compresi lo spazio aereo e le acque
territoriali. Questo dovra` comprendere, senza necessariamente
limitarvisi, il diritto di bivacco, manovre, alloggio e utilizzo di
qualunque area o infrastruttura secondo le esigenze dettate dal sostegno
alle truppe,dal loro addestramento o dalle operazioni militari". Il
resto del testo detta le condizioni in cui le forze Nato e le truppe
impiegate sono autorizzate ad agire come credono in tutto il territorio
della Repubblica Federale Yugoslava, senza obblighi o rispetto per le
leggi del paese o la giurisdizione delle sue autorita`. Queste ultime,
tuttavia, sono tenute a seguire gli ordini della Nato "su una base di
priorita` e con tutti i mezzi del caso". Un articolo prevede che "tutto
il personale Nato rispettera` le leggi applicabili nella RFY", ma con una
precisazione che lo svuota di contenuto: "Senza pregiudicare i loro
privilegi e immunita` previsti in questa Appendice".
E' stato detto che la scelta delle parole era dettata dalla volonta` di
garantirsi un rifiuto. Forse e' proprio cosi`. Certo e` difficile pensare
che qualunque paese possa prendere in considerazione questi termini, se
non come una resa incondizionata. Nei tanti articoli sulla guerra si
troveranno pochi riferimenti a Rambouillet che possano dirsi anche
minimamente fedeli, in particolare all'articolo cruciale
dell'Appendice B riportato sopra. Lo si e` citato solo quando ormai la
cosa era divenuta irrilevante per la scelta democratica. Il 5 giugno,
dopo gli accordi di pace del 3 giugno, il New York Times scrive che,
secondo l'appendice agli accordi di Rambouillet, "una forza Nato riceve
piena legittimita` a muoversi ovunque voglia sul territorio della
Yugoslavia, immune da qualunque processo legale", citando le stesse
parole dell'articolo dell'Appendice. Evidentemente, in mancanza di una
chiara e ripetuta spiegazione dei termini degli accordi di Rambouillet -
il "processo di pace" ufficiale - era impossibile per l'opinione
pubblica farsi un idea di quello che stava succedendo o verificare la
versione ufficiale dell'accordo sul Kosovo.
Il secondo piano di pace e' stato presentato in una serie di risoluzioni
del Parlamento serbo il 23 marzo. L'Assemblea rifiutava l'imposizione
dell'occupazione militare della Nato e chiedeva all'OSCE ed all'ONU di
agevolare un accordo diplomatico di pace. Condannava il ritiro della
Missione di verifica dell'Osce in Kosovo ordinato dagli Usa il 19 marzo,
in vista dei bombardamenti del 24. Le risoluzioni chiedevano nuovi
negoziati che portassero al "raggiungimento di un accordo politico su un
ampia autonomia del Kosovo e Metohija (il nome ufficiale della
provincia), con la garanzia di piena parita` per tutti i cittadini e
comunita` etniche della Repubblica di Serbia e la Repubblica Federale
Yugoslava".

Inoltre, sebbene "il Parlamento serbo non avesse accettato la presenza
di forze militari straniere in Kosovo e Metohjia" era pronto a discutere
le dimensioni ed il carattere della presenza internazionale in Kosmet
(Kosovo/Metohjia) per contribuire a realizzare un accordo politico
sull'autogoverno concordato e accettato dai rappresentanti di tutte le
comunita` nazionali presenti nella regione.


IL SILENZIO DEI MEDIA

I punti essenziali di queste decisioni sono stati riportati dalle
principali agenzie di stampa, e quindi erano certamente noti in tutte
le redazioni. Diverse ricerche su banche dati, tuttavia, hanno rivelato
pochi riferimenti a questa notizia, e nessuno sulla stampa nazionale o
sui quotidiani principali.
I due piani di pace del 23 marzo rimangono sconosciuti al grande
pubblico. Persino il fatto che fossero due, e non uno, e` passato
pressoche' inosservato. La linea dominante e` che "il rifiuto di
Milosevich di accettare o addirittura discutere un piano di pace
internazionale (l'accordo di Rambouillet) e` il fattore che ha fatto
scattare i bombardamenti Nato del 24 marzo" (Craig Whitney, New York
Times): questa citazione e` tratta da uno dei molti articoli che
denunciano la propaganda serba, a ragione indubbiamente, ma con qualche
svista.
Riguardo al significato delle risoluzioni del Parlamento serbo, i
fanatici non hanno dubbi sulla loro interpretazione. In realta` le
interpretazioni differiscono secondo il tipo di fanatici che le
forniscono. Tutti gli altri avrebbero avuto un unico modo per capire
cosa significavano: esplorare le possibilita` che venivano lasciate
aperte. Ma gli Stati illuminati hanno preferito non proseguire su questa
strada e hanno scelto invece di bombardare, consapevoli delle
conseguenze.
Altri passaggi del processo diplomatico meriterebbero attenzione, ma
dovro` saltarli, per passare all'accordo sul Kosovo del tre giugno. Come
c'era da aspettarsi, e` un compromesso tra i due piani di pace del 23
marzo. Almeno sulla carta, gli Usa/Nato hanno rinunciato alle loro
richieste, che avevano condotto al rifiuto dell'ultimatum da parte dei
serbi. La Serbia a sua volta ha accettato una "presenza di sicurezza
internazionale con una consistente partecipazione della Nato da
schierarsi sotto il controllo ed il comando unificati ...sotto l'egida
delle Nazioni Unite".
Un aggiunta al testo sancisce la posizione della Russia, secondo cui "il
contingente russo non dovra` essere sottoposto al comando della Nato e la
sua relazione con la presenza internazionale sara` governata da intese
addizionali". Non e` consentito alla Nato o alla "presenza di sicurezza
internazionale" in generale l'accesso al resto della Rfj. Il controllo
politico del Kosovo non e` affidato alla Nato ma al Consiglio di
sicurezza dell'Onu, che stabilira` un amministrazione provvisoria del
Kosovo". Il ritiro delle forze yugoslave non viene specificato in
dettaglio come a Rambouillet, ma e` simile, anche se accellerato. Il
resto rientra nell'ambito dei due piani del 23 marzo.


PROBLEMI ANGOSCIANTI

Questo risultato suggerisce che le iniziative diplomatiche avrebbero
potuto continuare oltre il 23 marzo, evitando una terribile tragedia
umanitaria  le cui conseguenze, per molti versi sinistre, si faranno
sentire in Jugoslavia e altrove.
Certo la situazione di oggi non e` quella del 23 marzo. Un titolo del New
York Times il giorno dell'accordo lo dice bene : "I problemi del Kosovo
sono appena cominciati."
Tra i "problemi angoscianti" piu` gravi, osserva Serge Schmemann, c'e` il
rimpatrio dei profughi "nella terra di ceneri e tombe che un tempo era
la loro casa", e la "sfida enormemente costosa di ricostruire le
economie devastate del Kosovo, del resto della Serbia e dei paesi
vicini".
Schmemann cita la storica dei Balcani Susan Woodward della Brookings
Institution, che aggiunge: "La gente che vogliamo che contribuisca a
fare del Kosovo una regione stabile e` stata distrutta dagli effetti dei
bombardamenti", lasciando il controllo della situazione nelle mani dell'Uck
(Esercito di liberazione del Kosovo). Gli Stati Uniti avevano
condannato l'Uck - definito "gruppo chiaramente terroristico"- quando
comincio` a organizzare attentati nel febbraio del 1998. La condanna di
Washington ha probabilmente dato carta bianca a Milosevich per la dura
repressione che ha portato alla violenza in stile colombiano prima che i
bombardamenti provocassero l'escalation che sappiamo. Questi "problemi
angoscianti" sono nuovi. Sono gli "effetti dei bombardamenti" e della
crudele reazione della Serbia ad essi, anche se i problemi che hanno
preceduto il ricorso alla violenza da parte degli Stati illuminati erano
gia` sufficientemente scoraggianti.
Passando ora dai fatti alla propaganda, i titoloni dei giornali hanno
salutato la grande vittoria degli Stati illuminati e dei loro leader,
che avrebbero costretto Milosevich a "capitolare", ad "arrendersi", ad
accettare la "forza guidata dalla Nato", e a piegarsi "in modo molto
vicino alla resa incondizionata", sottomettendosi a "un accordo
peggiore del piano di Rambouillet che aveva rifiutato".
Le cose non stanno esattamente cosi`, ma questa versione e` piu` comoda
dei fatti veri. L'unica questione seria che viene dibattuta e` se questo
dimostri che la forza aerea da sola puo` raggiungere obiettivi di
grande valore morale o se, come hanno ammesso le voci critiche del
presunto dibattito, questa conclusione sia ancora da dimostrare.
Passando a questioni di portata piu` ampia, "l'eminente storico
militare" britannico John Keegan "vede la guerra come una vittoria non
solo della guerra aerea ma del Nuovo ordine mondiale" che il presidente
Bush aveva inaugurato dopo la guerra del Golfo come riferisce l'esperto
militare Fred Kaplan. Keegan ha scritto che "se Milosevich e` davvero un
uomo sconfitto, tutti gli aspiranti Milosevich in giro per il mondo
dovranno rivedere i loro piani".
La valutazione e` realistica, anche se non nei termini che Keegan pensa
ma alla luce degli obiettivi reali e dell'importanza del Nuovo ordine
mondiale - come rivela un importante documento degli anni Novanta - e di
una serie di prove fattuali che ci aiutano a capire il vero significato
dell'espressione "aspiranti Milosevich in giro per il mondo". Per
attenerci alla regione dei Balcani, le critiche non valgono per
operazioni di pulizia etnica e altre terribili atrocita` che avvengono
nella stessa Nato, sotto la giurisdizione europea e con il sostegno
decisivo e crescente degli Usa; che non vengono condotte in risposta ad
un attacco da parte della forza militare piu` terribile del mondo e
sotto la minaccia di un imminente invasione. Questi crimini sono
legittimi secondo le regole del Nuovo ordine mondiale, forse persino
meritori, come lo sono altre atrocita` compiute altrove che si adeguano
agli interessi dei leader degli Stati illuminati e sono da loro
regolarmente sostenute quando necessario.
Questi fatti, non particolarmente oscuri, rivelano che nel "nuovo
internazionalismo... la brutale repressione di interi gruppi etnici" non
sara` semplicemente "tollerata", ma attivamente favorita  - esattamente
come nel "vecchio internazionalismo" del Concerto delle potenze
europee, degli stessi Usa e di molti altri autorevoli predecessori. Se e`
vero che i fatti e la propaganda differiscono profondamente, si potrebbe
obiettare che i media ed i commentatori sono realistici quando
presentano la versione degli Usa/Nato come se questi fossero i fatti. Lo
diventeranno effettivamente, come semplice conseguenza della
distribuzione di potere e della volonta` di esprimere le opinioni in
funzione dei suoi bisogni.


IL FAIR PLAY

E' un fenomeno comune. Ne sono un esempio gli accordi di Esquipulas
dell'agosto 1987, quando i presidenti centro-americani giunsero
all'accordo di Esquipulas (spesso chiamato "Piano Arias") nonostante la
forte opposizione degli Usa. Washington all'improvviso avvio` una forte
escalation bellica in violazione dell'unico "elemento
imprescindibile" dell'accordo, quindi procedette a smantellare gli altri
articoli con la forza. Ci riusci` nel giro di pochi mesi, continuando a
minare ogni ulteriore sforzo diplomatico fino alla sua vittoria
definitiva. La versione dell'accordo fornita da Washington, che
differiva profondamente dal testo in alcuni aspetti cruciali, divenne
la versione accettata. L'esito finale pote' quindi essere annunciato nei
titoli dei giornali come una "Vittoria del fair play degli Stati Uniti,
con gli americani "uniti nella gioia" oltre le devastazioni e lo
spargimento di sangue, sopraffatti dall'estasi "in un epoca romantica"
(Anthony Lewis, titoli del New York Times, che riflettono tutti l'euforia
generale per la missione compiuta).
E' superfluo analizzare quali furono le conseguenze finali in questo e
in molti casi simili. E non c'e` ragione di aspettarsi niente di diverso
neanche adesso. Con la solita, cruciale avvertenza: se lasciamo che
succeda.