LA LEGGENDA DEL PIANISTA SULL’OCEANO

(Tim Roth)

"La Leggenda del Pianista sull’Oceano" è un film musicale che si svolge sulle note di un pianoforte; vi si possono trovare le accelerazioni sceniche della tradizione americana unite con quei tempi rallentati che spesso usano i registi nostrani per darci più tempo per riflettere. Tutta la pellicola potrebbe essere portata sui tasti di un pianoforte, quel pianoforte che Novecento (è questo il nome del protagonista) usa per dar vita ad infinite melodie una più bella dell’altra, corredate di virtuosismi o intrise di semplicità. I tasti non sono dei semplici strumenti che danno toni e semitoni, sono dei prolungamenti dei pensieri, le musiche sono delle frasi che Novecento scrive mentre osserva il mare o sente il suo rumore. E il rumore del mare è una chiave importante nella sua vita, è la strada su cui egli cammina, l’unico mondo che conosce e vuol conoscere. Perché "T. D. Lemmon" Novecento nasce su una nave di crociera e viene adottato da un fuochista che gli dà questo strano nome, il nome di un secolo destinato ad essere il più veloce e il più ricco di eventi tra i secoli conosciuti, esattamente come lui. Sulla nave poi egli trova la sua grande famiglia, fatta di macchinisti, cuochi, medici, marinai, etc. Logicamente la sua educazione non rispecchia nessun programma pedagogico, ma l’amore c’è e per il resto Novecento riesce a compensare con le sue capacità musicali raffinate. Talmente raffinate che trova lavoro sulla nave proprio come pianista e non ha bisogno di impararla la musica, perché lui già la sa, perché il suo DNA è fatto di tasti bianchi e neri. Non c’è occasione in cui egli non trovi la musica giusta per vestire gli animi, come non c’è luogo che non sia adatto per suonare un pianoforte con lui alla guida; per ogni persona esiste una melodia che ne rispecchi la personalità e Novecento la trovava e ce la descriveva mettendo una nota dopo l’atra, un accordo su un altro; se poi a chiedere la musica era un intero scompartimento, allora si iniziava a ballare con le sue dita e mai nessuno rimaneva insoddisfatto. Cosa importa poi se non è mai sceso dalla sua nave, se il padre non ha voluto mai dichiararlo all’anagrafe per paura di perderlo, se il mondo non ha mai conosciuto la sua musica e se la melodia più bella mai scritta nessuno la conosca perché è morta con lui, la vita è troppo grande perché la si possa conoscere tutta e questo Novecento lo sapeva ed a questo preferiva i suoi ottantotto tasti con cui creare l’infinito. Non importa se egli sia veramente esistito, non dobbiamo chiederci come mai non ne abbiamo mai sentito parlare prima, meditiamo piuttosto su come sia importante per ciascuno avere un piccolo mondo (una nave per esempio) su cui è possibile dare libertà ai propri pensieri senza che nessuno ci condizioni o ci ponga delle vie obbligate di cui non si intravede la fine. Se per il "Nuovo cinema Paradiso" è venuta la fama, con questo film giungerà sicuramente la gloria. Non solo perché Giuseppe Tornatore con il suo stile è riuscito a portare un racconto nel grande schermo come meglio non si poteva, ma anche perché è proprio il testo di partenza ad avere in sé un magnetismo e una narratività che il loro autore Alessandro Baricco crea da un periodare complesso ma sempre lucido e chiaro. L’unione di questi due artisti è il meglio che si possa chiedere per avere la sicurezza di un prodotto magico, che lascia col fiato sospeso senza porre interrogativi, ma facendoli risalire a galla spontaneamente dalla nostra passione. L’arte non è una scienza esatta e qui infatti uno più uno non ci dà due, ci da cento occasioni per restare sublimati e commossi; avere un buon testo non significa avere un gran successo assicurato, l’opera d’arte nasce dalla cura di tutte le sue parti e questo i registi lo sanno. Tornatore ci ha dimostrato di saperlo e ci ha anche dimostrato di essere bravo nel suo lavoro e nella scelta dei suoi partners. Ora sappiamo che la sua regia è un marchio di garanzia su cui fare affidamento e non ci resta che aspettare il suo prossimo lavoro.

Davide Dionesalvi

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