L ' I N F I N I T O

in Storia dell'Arte

      Lo sviluppo dell'arte figurativa fu, in Germania, fortemente condizionato dalla contemporanea produzione letteraria romantica. Più volte, infatti, i pittori tedeschi affrontarono nei loro dipinti quegli stessi temi esistenziali, come la meditazione sul trascorrere del tempo e sugli spazi infiniti, che avevano contraddistinto la poesia romantica. Anche Caspar David Friedrich, il massimo esponente dell'arte tedesca del tempo, espresse nelle sue opere, il desiderio d'infinito e la riflessione sulla vita, attraverso la realizzazione di paesaggi surreali, nei quali l'artista non cerca di raggiungere una fedele riproduzione del dato naturalistico, ma piuttosto di esprimere la propria interiorità.
Il viandante sul mare di Nebbia       Una delle opere di Friedrich che meglio possono servire ad esempio è Il viandante sul mare di Nebbia, nel quale la grandezza sublime della natura è espressa dall'immensità spaziale, con i monti scalati in profondità e appena visibili sul fondo; dall'altezza della montagna rocciosa in vetta alla quale l'uomo, solitario, guarda verso l'Infinito; dalla nebbia fluttuante che invade tutta la parte sottostante lasciando avvolto nel mistero ciò che ricopre e dando quindi maggiormente, come sempre accade quando il nostro occhio è impossibilitato a scorgere con chiarezza, un senso di smarrimento di fronte all'intuizione della profondità abissale. Il paesaggio di sfondo rappresenta il riflesso dell'aldilà, e il primo piano, in gran parte immerso nelle tenebre simboleggia il mondo terrestre. La figura di spalle, frequente nei dipinti di Friedrich, impersona probabilmente l'uomo religioso, che considera la propria esistenza come una preparazione alla vita eterna.       Il Wanderer, il viandante sul mare di nebbia, quindi è un simbolo di solitudine forse di disperazione, soprattutto del mistero che avvolge la figura senza volto, con i capelli scompigliati dal vento, e con lo sguardo rivolto verso l'abisso. Ben più che raffigurazione di "un" viaggio, questa tela simboleggia "il" viaggio senza meta e senza ritorno che è la stessa esperienza della vita umana e del rapporto che essa intrattiene con l'Infinito.

      Un altro pittore che rimase affascinato dal tema dell'infinito fu De Chirico, che manifestò molto precocemente una netta inclinazione per il disegno; da ragazzo prese lezioni da un greco che gli avrebbe insegnato le prime regole della prospettiva e la maniera di tracciare le ombre. Ad Atene, dove andò ad abitare con la sua famiglia, fu un allievo abbastanza mediocre; si dice che a quei tempi dipingesse paesaggi ispirati a Caspar David Friedrich.       La parola "metafisica" ricorre spesso negli scritti di Giorgio De Chirico, sia parlando di luoghi, sia parlando di pitture proprie. Oggi il termine dimenticato il significato originario, lo si usa per esprimere ciò che è oltre l'apparenza fisica, ossia l'essenza intima della realtà al di là dell'esperienza sensibile. E' questo il significato generico che gli attribuisce anche De Chirico parlando dell'arte di tutti i tempi che non si limita mai a descriverla, ma la interpreta. A partire dal 1914-15 predominano gli accostamenti di oggetti diversi: guanti, mani scorticate, occhiali, scatole di sigari; un insieme stravagante che conteneva inoltre incomprensibili oggetti geometrici, il tutto formante delle nature morte. Queste nature morte si trovano all'aperto anzi in piena città: sullo sfondo non mancano mai infatti i portici, le torri, i camini. Le Muse Inquietanti       Verso il 1915 nascono i Manichini. Isolati o a coppie, questi esseri poggiano sopra un pavimento di legno le cui striature fuggono verso l'Infinito; hanno una testa liscia e ovoidale priva degli organi di senso; il segno matematico dell'Infinito indica talora il posto degli occhi assenti; stanno nella posa meditativa ed inquietante delle figure articolate che vengono usate negli studi per comporre atteggiamenti. Significativo per descrivere questo concetto è il quadro dipinto a Ferrara Le Muse Inquietanti. In questo quardo i manichini hanno i corpi in foggia di statue classiche, dalle pieghe ricadenti parallelamente, in quello di sinistra. Anche qui i colori sono caldi ma fermi e privi di vibrazioni atmosferiche, la luce è bassa, le ombre lunghe e definite nettamente; la prospettiva crea un vasto spazio allucinante, mentre, sullo sfondo il castello estense ci richiama al grande passato della città, un silo e le ciminiere al suo presente. Ma la città è deserta, le ciminiere non fumano e tutto è Nostalgia dell'Infinito 1913-14 statico e sospeso in questo luogo sognato non possono abitare uomini, ma solo manichini, che degli uomini hanno l'aspetto, non l'essenza.
Un altro periodo molto importante per la produzione artistica di De Chirico è il "Periodo dei portici" che corrisponde alla visione "agli occhi chiusi" di una città italiana. In queste piazze tutto è immobile, persino le bandiere spiegate in cima alle torri sono come filatteri delle miniature medievali e tutto appare silenzioso. Nei quadri di De Chirico è sempre un pomeriggio d'autunno, sul declino, nell'ora impregnata dalla Stimmung (atmosfera nel senso morale) quando il cielo è chiaro e le ombre sono più lunghe che d'estate, poiché il sole comincia ad essere più basso.