GIUSTIZIA CIVILE:

LA RIVOLUZIONE E’ ALLE PORTE?

di Filippo De Magistris



 
 

Potrebbe sembrare, di primo acchito, il solito titolo pensato per il solito convegno celebrato al capezzale di una giustizia ormai morente se non, come da molti sostenuto, già morta.

Parliamo, in particolare, della giustizia amministrativa e civile.

La giustizia penale, infatti, pur afflitta da mille problemi, gode di una visibilità incomparabilmente maggiore. Le storture, gli eccessi giustizialisti, gli errori, ma anche le decisioni di un certo rilievo della cronaca giudiziaria vengono propalati, spiegati e metabolizzati ogni giorno da tutti i mass media e dall’opinione pubblica. Il perché è semplice. Da oltre otto anni Magistratura e Politica (intese come poteri di uno Stato democratico e costituzionale) sono scese sul campo di battaglia, combattendo una guerra i cui sviluppi sono sotto gli occhi di tutti.

Inoltre, ed a prescindere da conflitti, la giustizia penale gode di visibilità anche a causa della maggiore sensibilità con la quale vengono filtrati i fatti di cronaca coinvolgenti gli uomini e le istituzioni che esercitano la giurisdizione su crimini e reati.

Questa breve premessa è necessaria per cercare di comprendere le motivazioni dell’oblio così profondo nel quale è precipitato tutto il settore della giustizia civile, la quale, talvolta, è così dimenticata da sembrare inesistente. Eppure la giustizia civile è (o dovrebbe essere) l’indispensabile momento di mediazione tra le istanze dei privati cittadini, le attività economiche e produttive, la società civile e le istituzioni democratiche. E’ chiamata a svolgere una funzione importantissima, indispensabile in ogni contesto socialmente e politicamente evoluto ma, forse, in questo particolare momento, non più insostituibile. Mai come adesso, infatti, si assiste ad una vera e propria "rinuncia alla giustizia", reazione e sintomo, al tempo stesso, dello stato comatoso delle nostre istituzioni giudiziarie. Ma qui è necessario fermarsi per non perdere di vista l’argomento di questo articolo.

Ci si chiede, ormai da decenni, quali possano essere i rimedi, più o meno miracolosi, atti a porre rimedio a siffatta situazione, cercando di contemperare le richieste e le esigenze di tutte le categorie interessate.

E’ notizia degli ultimi giorni, ripresa anche da importanti quotidiani, che il Tribunale di Bologna ha deciso di avviare la sperimentazione del c.d. "processo civile telematico" con il preciso intento di offrire una concreta proposta per snellire il contenzioso pendente, accelerare quello futuro e liberare le sempre scarse risorse umane.

Prima di affrontare per sommi capi l’argomento, è necessario accennare alle notevoli potenzialità che la tecnologia informatica e, segnatamente, quella telematica, può offrire (almeno in prospettiva) alla riorganizzazione della macchina della giustizia ed alla risoluzione di alcuni problemi che, al momento, appaiono inestricabili proprio perché dovuti ad una mentalità e ad un organizzazione di tipo ottocentesco.

Vediamo in dettaglio i problemi che potrebbero concretamente risolversi. Anzitutto, la possibilità di diminuire drasticamente l’accesso presso il Tribunale per compiere atti routinari, evitando così che avvocati, collaboratori segretarie e personale amministrativo affollino corridoi, cancellerie ed uffici copie per operazioni che potrebbero essere svolte direttamente per via telematica. Alludo a deposito di atti, di istanze, richieste di copie e tutto ciò che, pur meramente burocratico, finisce col comportare un notevolissimo spreco di tempo e di risorse umane. Inoltre la possibilità di conoscere in tempo reale (e direttamente dal proprio terminale) un flusso di informazioni che, altrimenti, potrebbero essere conosciute solamente in Tribunale. E se tutto ciò può sembrarvi poco, provate a recarvi presso gli Uffici Giudiziari per constatare la parossistica folla di avvocati, segretarie, praticanti ed umanità varia che si accalca e si affanna, fronteggiando impiegati e cancellieri (talvolta) molto poco disposti (anche perché decisamente disorganizzati e penalizzati da un organico carente) a soddisfare le legittime richieste degli utenti.

Ma il "processo telematico" vero e proprio è (o dovrebbe essere) ben altra cosa. Premettiano subito che il nostro ordinamento è ideologicamente impostato per un tipo di processo lontanissimo, per mentalità e cultura, da quello che potremmo definire il processo telematico. E non potrebbe essere diversamente, considerato che l’unico strumento processuale che prevede l’utilizzo (parziale) di particolari tecniche di trasmissione di dati è il codice di procedura penale limitatamente alle deposizioni testimoniali nei processi mediante la teleconferenza, utilizzata, invero, in poche e ben individuate circostanze.

In realtà il concetto stesso di processo (civile) telematico consiste nella possibilità dello svolgimento a distanza dell’attività processuale, nel pieno rispetto di regole normativizzate che consentano la partecipazione in contraddittorio di tutte le parti e, altresì, il vaglio del Giudice, come se ci si trovasse fisicamente in un’aula di udienza.

Considerata la realtà della giustizia italiana, sembrerebbe fantascienza. Tecnicamente è cosa già realizzabile. E non solo nel processo civile ma, relativamente a determinati adempimenti, anche in quello penale. A tal proposito può essere interessante l’esperimento dell’Avv. Giorgio Rognetta il quale ha depositato presso la Corte di assise di Reggio Calabria una memoria conclusiva di parte civile in formato elettronico (http://utenti.tripod.it/lex1/ ).

Uno dei problema fondamentali è senz’altro rappresentato dall’esigenza di mantenere rigorosamente la segretezza e di garantire l’autenticità che gli atti processuali debbono avere pur potendo (e dovendo) essere depositabili e consultabili per via telematica dalle parti interessate nelle "cancellerie virtuali", senza il supporto cartaceo al quale gli operatori della giustizia sono assuefatti da tempo immemore.

Il primo problema, ovviamente, è quello di poter depositare con la posta elettronica un atto giudiziario, comprensivo di eventuali allegati, presso la cancelleria (virtuale). Tale nuovo utilizzo della risorsa telematica comporta richiede la soddisfazione di nuovi tipi di esigenze. Anzitutto, la necessità di segretezza e di autenticità dell’atto.

Quanto alla esigenza di segretezza, è bene sapere che i fascicoli processuali possono essere visionati e "copiati" solamente dalle parti in causa e dai rispettivi procuratori. Ciò tanto nel processo penale, civile, amministrativo, tributario e contabile. Pertanto vi è la necessità che tali documenti "viaggino" nella rete rigorosamente protetti, ovvero con il contenuto criptato e firmato.

L’autenticazione si ottiene con l’apposizione della cosiddetta firma digitale. In proposito si deve segnalare che la legislazione italiana è all’avanguardia rispetto non solo rispetto ai paesi comunitari ma anche agli stessi Stati Uniti nel campo della disciplina del documento informatico grazie al DRP 513/97 ed al successivo regolamento tecnico di attuazione, partorito pochi mesi or sono. Estremamente completo ed interessante la sezione del sito dell’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (AIPA) (http://www.aipa.it/servizi[3/normativa[4/leggi[1/). Anche tra i privati, ed in particolare tra i giuristi, deve essere segnalata l’iniziativa del Circolo dei Giuristi Telematici che già da tempo ha costituito un gruppo di studio sulla firma digitale. Il Circolo ha avviato una fase di sperimentazione pratica con un sito Internet raggiungibile all’indirizzo http://giuristi.thebrain.net/circolo/circolo.htm .

Ad onor del vero, anche nel settore siamo ancora in fase sperimentale, essendoci non pochi ostacoli da superare. Tuttavia è già adesso realtà, ad esempio, la dichiarazione dei redditi "on line" che il Ministero delle Finanze ha consentito già nel corso del presente anno fiscale.

Una volta soddisfatte le esigenze della segretezza e dell’autenticità del documento elettronico, si deve concretamente poter interagire nel processo, che, etimologicamente, consta di una serie di atti disciplinati dalla legge e finalizzati ad uno specifico risultato.

Vi sono procedimenti, meramente formali e quasi "meccanici" che potrebbero essere affidati esclusivamente e problemi di sorta alla procedura telematica. Ovvero, deposito un’istanza on-line e, sempre on-line, sono in grado di conoscerne gli esiti e, eventualmente, di ottenere copia autentica del provvedimento. Il tutto tramite la posta elettronica e senza bisogno di spostamenti. Tale procedura potrebbe essere adottata per la richiesta di decreti per ingiunzione, che avviene in assenza di contraddittorio.

Vi sono poi determinate fasi processuali che potrebbero essere assolte telematicamente. Ovvero tutte quelle fasi nella quali non appare indispensabile la presenza delle parti o che non richiedono una particolare cognizione da parte del giudice. Ovvero, udienze per la sola concessione di termini e rinvii.

Non è intenzione scendere in una disamina tecnicistica del problema che, forse, si rivelerebbe quale esercizio di stile ed inutile elencazione di ciò che potrebbe essere e non è. Tuttavia a parere di chi scrive l’utilizzo dell’informatica e della telematica può fornire un contributo decisivo per la risoluzione dei molti mali che affliggono la giustizia italiana. A patto che tutte le forze interessate forniscano il proprio apporto
 
 

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