FERRARI ANNO ZERO

di Filippo De Magistris


Non è forse casuale la citazione del film neorealista "Germania anno zero" visti i recentissimi avvenimenti in casa Ferrari. La scorsa settimana, a Suzuka, è successo qualcosa che neppure i più smaliziati tra coloro che seguono il circus della Formula 1 si sarebbero aspettati potesse accadere.

Il riferimento non è alla sospetta partenza del campione Schumacher, che pure, ed in tempi non sospetti, di partenze ne ha sbagliate più di qualcuna. La partenza è una parte della gara, che, alla luce del sole, si svolge "coram populo televisionis". Qualsiasi cosa abbia fatto (o non abbia fatto) il Tedesco, è stato ripreso dall’occhio impietoso della telecamera e, dunque destinato ad essere analizzato e vivisezionato.

Mi riferisco, invece, al festino organizzato dal super-mega Team anglo-tedesco Mc Laren-Mercedes (rectius Mercedes-Mc Laren), nel quale, sia detto per inciso, sono fuse al meglio la boria teutonica e la spocchia britannica.

Non si è ben capito, e né lo stesso interessato lo ha mai comunicato, se al party Michael abbia partecipato da imbucato oppure munito di invito ufficiale, magari recapitatogli già qualche giorno prima dai solerti P.R. delle frecce d’argento.

Per carità, è legittimo per chiunque festeggiare sportivamente con gli avversari quando la singolar tenzone si è ormai esaurita. Ed è legittimo anche per un pilota di Formula 1, che è, o dovrebbe essere, una bandiera, quasi un’icona della propria squadra. Schumacher è stato ingaggiato, oltre che per le sue innegabili doti di guida e per le capacità di sviluppo e messa a punto della vettura, proprio perché si voleva puntare su di un uomo immagine a livello globale. Ovvero, un personaggio che potesse rappresentare il Team ed il Prodotto Ferrari in tutto il mondo a livelli di eccellenza. Questa (ma non solo questa) è la ragione del suo faraonico contratto, al cui pagamento, ricordiamo, contribuisce sostanziosamente il generoso sponsor che, ormai da qualche anno, ha imposto anche una nuova "nuance" alla Rossa di Maranello.

Ma il proverbiale guastafeste, sotto le spoglie di un indiscreto cameraman, ha beccato uno Schumi piuttosto alticcio, ubriaco direi, che, con una singolare bandana sulla augusta fronte, si divertiva come un ragazzetto qualsiasi durante gli scatenati venerdì sera in una qualche birreria di Monaco di Baviera o, che so, di Amburgo. Il quale, se accidentalmente ripreso da una telecamera, non se la prende più di tanto.

Al contrario, il Divino ha mostrato di non gradire troppo l’intrusione nella sua privacy e, segnalatagli l’indiscreta presenza, ha cominciato ad inveire contro il temerario operatore Mediaset.

Ognuno, ed è giusto così, può pensarla come vuole. Ovvero, che Schumi è un "traditore". Oppure, che Schumi è umano; ha bisogno anche lui, pur così metodico, preciso, maniacale, dei suoi momenti di svago e di follia. E non importa se per fare quello che fa intaschi oltre 50 milioni di euro l’anno.

Tuttavia, permettetemi solo una considerazione: Shumacher si è sentito libero di "festeggiare" poiché sapeva che nessuno poteva, in qualche modo, impedirglielo. Né, Montezemolo, poco carismatico, né Jean Todt, ubbidiente esecutore delle volontà della prima guida Ferrari. Lo stesso Todt, al termine del G.P. del Giappone dichiarava esplicitamente di essere contento per il mondiale marche e che del mondiale piloti e del povero Irvine, in fondo, non gli interessava più di tanto. Viva la sincerità.

Tuttavia, da direttore tecnico, profondo conoscitore delle cose sportive, dovrebbe sapere che il mondiale costruttori è la Coppa Italia della Formula 1. Ovvero solo il premio di consolazione, e mai il traguardo di una stagione.

Di una cosa non può esservi dubbio. Vivo Enzo Ferrari, la primadonna di Germania non avrebbe osato un gesto così irriverente e maleducato che, in fondo, rivela la esatta natura del campione tedesco. Moltissima tecnica, molto cervello, poco fair play, pochissima sportività.

 

Con Gilgamesh inseguendo le Rosse


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