Ecco qui di seguito uno strano documento, scritto da me. E’ una storia di vita vissuta (con i nomi di persona
modificati per motivi di privacy). Chi l’ha letta l’ha trovata divertente.
L'appassionante peripezia di fine agosto
(scritta tra il 20 settembre e il 14 ottobre 2000).
29 agosto 2000
Mario era andato in spiaggia. Verso le 13 rientra per il pranzo. Luisa ha gia' preparato
la tavola. Mario esce dalla doccia e si sposta in sala da pranzo. Davide, 3 anni e
mezzo, pero', si lamenta perche' ha mal di pancia. Da sabato 26 agosto non stava
bene; aveva avuto la febbre oltre 39, e domenica stava un po' meglio; a vicende
alterne comunque il malessere e la febbre tornavano. Pero' le lamentele si fanno piu'
insistenti.
Gia' lunedi Davide era stato al pronto soccorso per il malessere che aveva, ma il
medico, straniero e per la verita' apparentemente un po' imbranato, non aveva capito
cosa aveva: pensava a una infezione batterica, e percio' gli aveva ordinato un
antibiotico (Bactrim, se non erro). Il dottore sembrava un po' imbranato perche'
continuava a chiedere il nome e l'eta' di Davide, e ripeteva spesso le cose. Poi non era
stato capace di guardare bene in gola a Davide, pensando che avesse delle placche, e
lo ha liquidato dicendo che le aveva, mentre e' probabile che non le avesse, visti poi
gli sviluppi. Alla fine quando gli hanno detto di essere di Verona ha chiesto la
regione, cosa che ha stupito molto Mario; in seguito sul foglio che ha rilasciato c'era
il suo nome, palesemente straniero, per cui almeno questa sua ultima stranezza poteva
essere trascurata. Il dottore aveva anche detto, altra dimostrazione di incertezza, di
tornare due giorni dopo, che sarebbe stato nuovamente di servizio lui, per vedere gli
sviluppi, e 'ritarare' la cura se necessario. Mario pensava che forse era meglio non
tornare da lui tutto sommato, e sentire un'altra 'campana', magari piu' affidabile.
Mario, alle prese con il pasto, fa quindi solo in tempo a pensare che sara' meglio
tornare al piu' presto al pronto soccorso, per chiarire la situazione, che non stava
andando come sperava. Dopo aver mangiato alcune patate lesse prezzemolate, e'
costretto dal resto del nucleo familiare, a desistere, e a portare Davide al pronto
soccorso.
Arrivati al pronto soccorso, dove c'e' anche l'ambulatorio dove erano entrati in
contatto con il dottore imbranato, non trovano nessuno; un signora presente sul posto,
e che con tutta probabilita' aveva qualcosa a che fare con il posto di pronto soccorso,
dice che il dottore e' fuori per un caso urgente. Davide non e' molto interessato alle
vicissitudini del medico di turno, e percio' continua a lamentarsi del male di pancia.
La mamma e' visibilmente preoccupata. Tentano la strada delle chiamate telefoniche,
un po' con la speranza di trovare risposte alla loro necessita' di una visita urgente per
il bimbo, un po' per fare qualcosa e non restare impalati ad aspettare.
Da una parte non risponde nessuno, dall'altra (la guardia medica) dicono che il
dottore dovrebbe esserci, da un'altra parte, la guardia medica di San Benedetto del
Tronto, dicono che l'ambulatorio e' chiuso anche li, da un'altra dicono che
probabilmente ritornera' entro una ventina di minuti. Venti minuti: troppi con Davide
urlante. Chiedono informazioni alla signora di prima, la quale dice che c'e' un
pediatra in zona da cui si potrebbe andare: l'ambulatorio dovrebbe essere chiuso ma
lui abita li, per cui dovrebbe rispondere comunque. Si recano a piedi sul posto,
scoprendo che non e' vicinissimo, ma anche che era piu' indietro di dove erano
arrivati... per cui tornano indietro per un po' sulla stessa strada e trovano la casa del
pediatra. Suonano, ma ottengono per risposta ch il pediatra non abita li e che
l'ambulatorio riapre alle 17. Ottengono pero' il numero telefonico del pediatra. Lo
chiamano e si accordano per una visita nel pomeriggio. Poi ritornano al pronto
soccorso dove era anche l'auto. Al loro ritorno trovano anche il medico di turno, che
indossa un camice verde 'chirurgo' al pronto soccorso, il quale li accoglie dicendo che
l'ambulatorio e' chiuso. Notizia molto interessante. Lo informano della possibile
urgenza, e senza lasciarsi troppo pregare, visita il bimbo, pur facendo chiaramente
capire di non essere un grande esperto. Trova l'intestino ingrossato, ma dice che non
dovrebbe avere nulla di particolare. Per escludere problemi all'appendice, li consiglia
di rivolgersi al pronto soccorso di Sant'Omero, dove c'e' un ospedale che ha anche
una sezione di pediatria. Con una preoccupazione in piu' si avviano quindi verso
l'interno dell'Abruzzo.
Sant'Omero e' un paesino sito in zona collinare, a 200 metri di altitudine, a una
quindicina di kilometri dalla costa.
Adiacente al paese si trova l'ospedale della 'Val Vibrata', grande e apparentemente
ben tenuto e bene attrezzato.
All'arrivo al pronto soccorso sbrigano le formalita' del caso, mentre Davide tra un
lamento e l'altro, inizia a scaricare cio' che lo sta infastidendo; e cosi' facendo
infastidisce chi gli sta attorno, ma almeno smette di lamentarsi con insistenza.
Arrivati alla sezione pediatria avanza una massiccia signora che con fare sicuro
analizza le eiezioni del pargolo e decreta il suo stato di disidratazione, che per quanto
non grave, a suo avviso richiede un ricovero. E cosi' e'. La diagnosi e' inappellabile:
gastroenterite. Ancora pratiche per il ricovero, scale da fare per Mario, sollievo ma
anche rammarico della Luisa per la nuova consapevolezza delle prossime notti da
passare in ospedale, assistendo il degente pupattolo. Un bel buco nel braccio tra urla e
proteste, e anche la flebo fa il suo ingresso, per rimpiazzare al piu' presto i liquidi
persi da Davide. Per i solidi pensera' lui in seguito. Il latte comunque e' fuorilegge, e
in pratica smettera' di berlo del tutto per un lungo periodo, sostituendo in seguito del
te' deteinato o della camomilla non decamomillinata.
Dopo qualche altra parola sul da farsi e un viaggetto fino alla stanza predestinata, i tre
giungono nei pressi di un paio di letti, uno grande, l'altro invece no.
Prendono posto e confidenza; e inizia la noiosa attesa che la cosa si risolva.
Naturalmente il tutto e' ingarbugliato dal fatto che il 31 agosto e' l'ultimo giorno di
vacanza, e l'appartamento va lasciato libero. A sentire la dottoressa dovrebbero
servire 2 o tre giorni per risolvere la questione, ma con tre giorni si arriva al 1°
settembre. Allora si aspetta, visto che non c'e' altro da fare. La prima sera la cena per
Luisa non e' prevista. Strano, visto che e' obbligata a rimanere. Mario trova la cosa
buffa, e va a prendere una bella pizzona (una capricciosa pagata solo ottomila lire,
mentre a casa di solito la pagano almeno 10-11'000 comprendendo anche la scatola
per l'asporto); ed e' anche buona; e calda. Mario mangia un paio di fettine, ma con
l'acqua come accompagnamento, la cosa non lo esalta.
Mentre cercava la pizzeria Mario ha inviato un SMS col cellulare ai suoi genitori, per
avvisare dell'avvenuto ricovero. Mauro non e' contattabile con tale mezzo, dato che il
suo cellulare e' in riparazione per problemi alla batteria.
Ad un certo punto si fa tardi: Mario deve andare. Commiato. Viaggio verso casa tra le
imprecazioni per la situazione bizzarra e il destino sadico.
Cena, l'unltima che Mario fara' in appartamento, finendo la montagna di roba
avanzata dal pranzo e dalle sere precedenti (non tutta pero': il resto prendera' la via
del pattume).
30 agosto 2000
L'indomani, dopo travagliata e solitaria notte, Mario si sveglia. La Luisa per contro ha
avuto sorte peggiore, dovendosi sorbire le lamentele di Davide, malato, febbricitante e
infastidito dal super-ago che gli perfora il braccio sinistro e la relativa vena, e quelle
dei suoi compagni di sventura, unito all'andirivieni di medici e infermieri insonni.
Mario si avvicina alla spiaggia, dove c'e' un negozio che vende giocattoli. Recupera
una macchinina, una Ferrari, e una ruspa, con tanto di volano per correre piu' a lungo;
Davide sta aspettando una sorpresa, e l'avra'.
Passa poi a comprare le taniche per il vino che comprera' l'indomani, poco prima di
partire.
Piu' tardi Mario entra in ospedale, passando come ormai ha imparato bene a fare,
dall'ingresso del pronto soccorso molto meno elegante dell'ingresso principale, meno
affollato e piu' adatto all'abbigliamento 'da spiaggia'.
Davide sembra apprezzare la sorpresa, anche se e' ancora debole e non puo' trottolare
per la stanza a causa della perdurante fleboclisi. Ma almeno ha ricominciato a dare
vita al braccino che dal momento dell'inserimento forzato dell'agone era rimasto
rigido come una barretta d'ambra (ma che cosa c'entra l'ambra?). Inoltre la
temperatura corporea in netto calo gli sta lasciando spazio per una maggiore vitalita'.
Mario, perplesso per il destino delle ferie, telefona ai proprietari dell'appartamento,
per avvisare dei fatti accaduti, e per chiedere se in caso di necessita' la casa possa
essere lasciata con un giorno di ritardo; fortunatamente acconsentono, ma Mario spera
di non averne bisogno.
Tra uno scontro ruspa-Ferrari e l'altro, un malinconico sguardo all'orizzonte, dove si
scorge l'azzurro mare, e l'altro, il tempo passa e li conduce all'ora di pranzo. In
ospedale si mangia prima; molto prima. Cosi' Luisa e Davide mangiano quello che
passa la struttura. Davide per la verita' al massimo assaggia. Mario, cha ha ben altri
orari, aspetta. Quando il suo turno arriva, si precipita a prendere l'auto, che lo portera'
a pochi metri dal centro del piccolo paese di Sant'Omero, dove si trova la famosa ed
economica pizzeria della sera prima. Che non e' solo pizzeria ma anche ottimo
ristorante. Mario percio' approfitta della situazione e si concede un pranzo decente.
Pastasciutta, vino, contorno, dolce, caffe'. La pastasciutta consiste in una pasta tipica
del posto fatta a fuso, corta (5-6 centimetri), un po' dura (un po' troppo), con sugo ai
funghi (senza pomodoro).
Il pomeriggio si trascina poi in modo simile alla mattina, finche' Mario decide che e'
ora di andare per iniziare le operazioni di sistemazione per il rientro a casa. Che pero'
e' ancora incerto.
La cena in ospedale e' sempre la solita sbobba. Peccato per la Luisa. Davide non se ne
preoccupa piu' di tanto visto che mangia ancora pochissimo, e visto anche che non ha
ancora imparato a preoccuparsi.
Mario esce piu' tranquillo della sera precedente, ma non raggiante.
Si ferma, durante il rientro, a fare delle riprese, da vari punti di vista, dell'ospedale e
dei collinari dintorni.
Decide di mangiare a Martinsicuro, ma non nel ristorante 'La Vela' consigliatogli
dagli amici pochi giorni prima. La scelta e' obbligata, poiche' non se la sentiva
proprio di andare da solo in quel ristorante dove aveva programmato di andare con la
famiglia.
Martinsicuro, come San Benedetto del Tronto, ha un bel lungomare, con una lunga
linea sia a sinistra che a destra della strada, costituita da splendide palme, che pero' e'
chiuso al traffico. Ha avuto la fortuna di trovare posto sulla sinistra, per la macchina a
pochi metri dal segnale indicante il divieto di accesso al lungomare. E a pochi metri
da un cassonetto dell'immondizia. Per paura di doversi scontrare con la prospettiva di
una obbligata inattivita' mentale di durata maggiore di 10 minuti, decide di prelevare
dall'abitacolo della sua fedele vettura, una rivista, il numero di agosto del National
Geographic Magazine in versione italiana. Si avvia sul lungomare, certo di trovare
dopo poco tempo un ristorante che fa al caso suo: moderatamente elegante, tranquillo
dal menu allettante, non troppo dispendioso, in bella posizione, non troppo affollato,
con servizio possibilmente buono e sufficientemente rapido. Pochi normali, semplici e
desiderabili particolari, insomma.
Quando gli amici gli avevano parlato del ristorante 'La Vela' in cui si erano
rimpinzati di antipasti(!), gli avevano raccontato della cifra non modica che avevano
speso, e dello strano effetto che gli aveva fatto il vino. Loro naturalmente hanno
dovuto addebitare la colpa di quell'effetto al caldo, ma secondo il mio parere l'effetto
era sostanzialmente dovuto al vino, chiaramente ben alcolico (probabilmente si
trattava del locale trebbiano che puo' arrivare a 12.7 gradi), fresco abbastanza da
ingannare, e bevuto in compagnia tra un antipasto e l'altro quando lo stomaco non era
ancora abbastanza 'protetto' dal cibo per essere in qualche modo schermato, o
comunque assorbito con gradualita'. Naturalmente Mario aveva gia' provato in
passato qualcosa di simile, percio' si sentiva di giudicare sbagliate le frettolose
deduzioni degli amici. Oltretutto non riusciva a sopportare l'idea che il caldo potesse
avere fatto una parte da protagonista: se fosse cosi' a lui, ma anche agli altri, avrebbe
dovuto girare la testa molto piu' spesso. Il tasso alcoolico nel sangue non varia al
variare della temperatura, ma varia in modo rilevante al variare delle bottiglie scolate;
e non varia nemmeno l'assimilabilita' dell'alcool. Anzi, d'estate dovrebbe evaporare
piu' in fretta. Tra l'altro la temperatura di sera in quella zona e' piu' che accettabile,
certamente al di sotto dei trenta gradi.
Con queste speranze e con questo ciarpame nella testa, si imbatte in un cartello blu
indicante, senz'ombra di dubbio, la presenza di un ristorante. Con fantasia degna di
nota, il ristorante era stato contraddistinto con il nome 'Mare'. E' sicuro che il
ristorante sia un'ottimo compromesso tra varie le caratteristiche sperate. Percio' entra.
Trova subito un tavolo che fa al caso suo; si trova davanti a una grossa televisione
appesa al soffitto e funzionante, e vicino a una finestra, da cui entra un'aria
preoccupantemente fresca rispetto al locale: torcicollo e dolori vari sono sempre in
agguato. Il cameriere non tarda a farsi vivo. Inizia a elencare le pietanze. Parte dagli
antipasti. Ne hanno parecchi. Mario ne sceglie uno. Il cameriere resta allibito. Lui si
aspettava un si o un no. Cioe': se prendi gli antipasti li prendi tutti. Evidentemente a
Martinsicuro hanno una specie di cultura dell'antipasto. Ma Mario ha le idee chiare.
Insiste per il cocktail di gamberetti. Pero' aggiunge le cozze alla tarantina. Niente
primo; di secondo una grigliata di pesce. Il cameriere, molto professionale, non
tradisce quasi alcuna emozione o sentimento. Dopo poco arriva il cocktail, servito in
un bicchiere basso e largo in cima al solito piedistallo che lo eleva all'altezza di
qualsiasi altro normale bicchiere. Poi arrivano le cozze alla tarantina accompagnate
dall'obbligatorio piatto per gli scarti e da una posata molto curiosa di cui Mario sulle
prime non sa proprio cosa fare. Dopo un po', copiando da una coppia vicino al suo
tavolo, intuisce con arguzia che la posata serve ad aprire e mangiare le cozze. Dopo
svariati tentativi per capire quale sia il modo giusto per usarla, scopre che le cozze
sono finite. Ottime. Invece del solito brodino prezzemolato delle cozze alla marinara,
queste avevano un sughino al pomodoro che le eleva a livelli di assoluta prelibatezza
e gliele fara' ricordare molto a lungo. Poi arriva la grigliata, che non e' niente i
particolare. Il mezzo litro di vino bianco ordinato, si mostra stranamente abbondante,
nel senso che, diversamente dal solito, tende ad avanzare. Giammai. Mario, che ormai
sente avvicinarsi la fine del pasto, decide di scolarlo con maggiore convinzione. Oops.
Errore. Visto che gli antipasti coincidevano con le descrizioni fatte dagli amici, era
quantomeno sospettabile che anche il vinello riproponesse lo stesso attacco sferrato
poche sere prima. E cosi' fu. Nel frattempo il cameriere porta via i piatti e prosegue
con le domande di rito: chiede se vuole ancora qualcosa; Mario acconsente alla
proposta di una serie di dolcetti gelato accopagnati da un bicchiere di ruhm. Dopo
pochi minuti una sensazione insieme piacevole minacciosa calda e avvolgente, si
appropria dell'organo pensante di Mario. A quel punto non resta che aspettare,
cercando di appoggiare la testa su una mano, come si fa sui banchi di scuola, con il
doppio intento di tenere su la testa improvvisamente appesantita, e di capire con
relativa certezza se la stessa testa stia barcollando o sia sufficientemente fissa, in
modo da non far trasparire all'esterno, se non per lo sguardo vagamente assente,
spiritato e inspiegabilmente sorridente, lo stato mentale che in quel momento e' assai
confuso. Ma la cosa si rivela piu' difficile del previsto. Infatti la sensazione, che
normalmente quando si fa sentire e' gia' al suo massimo, in quell'occasione era
ancora in grado di stupire.
Quindi Mario cominciava a preoccuparsi, non tanto per lo stato di salute, che sapeva
essere ferreo e ben rodato anche a cose peggiori, quanto per il fatto che essendo da
solo una sua eventuale esplosione creativa, magari seguita da movimenti incontrollati,
difficolta' nel formulare frasi e nel pronunciare parole con senso compiuto, e, piu'
temibile di tutti, una caduta del tono muscolare, la quale assolutamente non poteva
essere tenuta nascosta, lo avrebbe messo in una situazione di assoluto imbarazzo.
Cosi' ai sintomi sopracitati si doveva aggiungere una sorta di ansia e agitazione,
accompagnate da un aumento improvviso del ritmo cardiaco.
Cercando di concentrarsi sul film di Carlo Verdone e Ornella Muti, peraltro non
propriamente esaltante, dove la Muti fa la parte della sorella complicata e sfuggente di
Verdone, passa alcuni intensi minuti di attesa. Il vento, prima quasi fastidioso, adesso
era praticamente scomparso, come d'altro canto c'era da attendersi.
Il cameriere ha nel frattempo portato il piatto coi dolcetti, peraltro ottimi, e il
bicchiere di ruhm.
Coi dolcetti e' facile; col ruhm un po' meno. Ma dato che dopo un po' la situazione
sembra quasi sotto controllo, decide di osare. Naturalmente con parsimonia. Forse e'
stato il bicchiere di ruhm piu' 'lungo' che avesse mai bevuto fino a quel momento.
Ma era anche buono. E allora, dato che anche il film era molto lungo, sorseggia il
liquido ambrato per parecchi minuti. Si accorge pero' che il film ora sembra non
avere piu' alcun senso. E' molto probabile che cio' dipendesse in buona parte dal film
stesso, che non eccelleva in quanto a qualita', ma forse anche le bevande avevano
fatto la loro parte. Finito il film e finito il ruhm, si passa al caffe'. Sembra che sia
finalmente tutto sotto controllo. Era ora. A pensarci bene forse a distrarre il nostro
povero Mario, era stata una tizia con vertiginosa minigonna vista entrare piu' o meno
a meta' pasto nel locale. Ma forse no.
In ogni caso gli torna alla mente l'effetto citato, ma non descritto, dagli amici. Cosa
sara' a fare del vino di Martinsicuro una miscela cosi' esplosiva?
E' ora di andare. Paga il conto: una cifra che li' per li' gli pare ragionevole, ma che in
seguito non ricorda affatto.
Munito di rivista, letta solo pochi minuti, torna alla macchina. L'intenzione e' di
lasciare la rivista in auto e intraprendere una salutare passeggiata tonificante. Giunto
alla macchina trova che la vettura che lo precede e' a pochi millimetri dal paraurti
anteriore della fedele Rover 400. Analizzando la situazione non riesce affatto a capire
come tale macchina abbia potuto incastonarsi tra la sua e quella che la precedeva, la
quale tra l'altro era a pochi millimetri da un cassonetto, passa alcuni minuti
chiedendosi se quello che vede e' vero o se e' un postumo della cena. Tra l'altro la
sua macchina non si e' mossa di un millimetro, in virtu' anche del freno a mano tirato.
Non trova risposta alcuna. La rivista torna percio' a giacere nell'abitacolo del veicolo.
Prima di allontanarsi pero' pensa di arretrare la macchina di alcune decine di
centimetri, per evitare che l'inspiegabile situazione produca in qualche modo effetti
fisici duraturi.
La passeggiata e' utile ma del tutto insignificante, dato che Martinsicuro e' piu'
tranquilla di Alba Adriatica, che a quell'ora vede molti locali attivi e animati, musica
diffondersi nell'aria, e luci, persone, biciclette, tandem, monopattini, riscio' e
macchine, spostarsi allegramente e rumorosamente sul lungomare.
Al ritorno l'auto e' integra e le auto vicine non si sono mosse.
Rientra ad Alba Adriatica fermandosi, prima di arrivare all'appartamento, per
riprendere una via che ha lo stesso "cognome" dei parenti materni, "I. Ceci".
Nottata piu' o meno tranquilla.
31 agosto 2000
La mattinata successiva inizia con la consueta lentezza 'da risveglio', ma si fa via via
piu' frenetica: piu' sistema, piu' si rende conto di quante ce ne siano da sistemare. Si
passa dalla normale raccolta del materiale sparso, alla pulizia di bagno e cucina,
all'approssimativo lavaggio del lenzuolo che e' inaccettabilmente macchiato. Dopo la
raccolta viene l'impacchettamento e la sistemazione in vettura. Tale sistemazione
richiedeva lo spostamento del materiale fino al posto auto, che si trovava almeno a 40
metri, con degli ostacoli quali la porta di casa, il portone, che non puo' restare a perto
da solo e che e' durissimo e si chiude molto velocemente; inoltre la macchina in
strada impone come misura di sicurezza, di chiudere le serrature praticamente a ogni
viaggio. Insomma ci e' voluta piu' di mezza giornata di lavoro per fare tutto. E tutto
questo senza ancora sapere se all'ospedale lasceranno uscire mamma e bimbo. Verso
mezzogiorno la Luisa ha chiamato dall'ospedale, dicendo che finalmente si erano
decisi a laciarli andare, anche se, a detta loro, sarebbe stato meglio che rimanessero
dentro un'altro giorno. Adesso Mario aveva una certezza in piu', oltre al lavoro che
gli restava da fare. Pero' puo' contattare i padroni della casa dicendo che finalmente
sanno di poter lasciare l'appartamento entro sera.
L'auto inizia ad essere piena. La quantita' di roba che c'e' dentro e' grande; ci sono
pero' anche delle cose molto voluminose: le due sdraio (o lettini che dir si voglia), le
scatole dei giochi di Davide, la radio stereo di Mario, le quattro taniche, la televisione,
l'ombrellone, l'enorme borsa comune di Mario e Luisa, il cartone delle 10 bottiglie di
vino. In mezzo a tutta questa robe prendono posto sacchetti borse piu' piccole,
bottiglie solitarie, materiale sfuso. Si vede chiaramente il peso del carico, abbassare il
retro dell'automobile. Quando il lavoro e' quasi terminato Mario si porta da Wolf, una
taverna sul lungomare, dove si mangia decentemente. C'era stato alcuni giorni prima
con la famiglia. Il pasto (gnocchetti col pesce, insalata, vino, acqua, caffe') si rivela
piu' pesante del previsto, e la cosa rallanta un pochino le successive operazioni.
Operazione che peraltro, dopo una telefonata al 'nono' Sergio per chiedere conferma
per l'acquisto del Montepulciano d'Abruzzo Cerasuolo al posto di alcuni litri di
trebbiano bianco, vengono portate a termine. La stanchezza e la sensazione di non
riuscire piu' a portare a termine tutto il lavoro programmato si fanno sentire,
peggiorando sensibilmente l'umore. Finalmente la casa viene chiusa, il pattume
buttato e la macchina faticosamente chiusa e avviata. Sosta dopo 200 metri al
supermercato per prendere delle bottiglie di un economico ma ottimo Montepulciano
d'Abruzzo Cerasuolo, e di un meno economico ma ottimo Falerio delle Marche.
Anche queste bottiglie vengono sistemate una ad una in mezzo a tutta l'altra roba.
Inizia poi il viaggio di una ventina di minuti per raggiungere Sant'Omero. All'arrivo
Mario parcheggia in strada, anziche' all'interno, visto che vuole ripartire subito e che
il parcheggio e' molto inclinato e che per uscire bisogna passare un piccolo dosso che
con la macchina cosi' carica potrebbe rappresentare una minaccia. Il posto macchina
pero' e' comunque in salita e stretto. Con uno scatto nervoso, di cui si avvede anche
una passante, Mario esce dall'auto e recupera finalmente i due familiari.
Il rientro
Non e' finita: bisogna ancora andare a comprare il vino, a comprare le olive
all'ascolana, e farsi le cinque ore di viaggio per rientrare a Verona. E sono gia'
passate le cinque.
Inizia il temporale che nell'ora precedente si stava annunciando. Non e' un temporale
qualunque, e' una bufera di vento e acqua, in una terra dove non piove seriamente da
almeno tre mesi. Acqua in strada, fango, ghiaia, fogliame e rami sempre piu' grossi
invadono la strada. Il traffico rallenta e si congestiona. Passiamo in fretta un semaforo
sul quale campeggia uno striscione appeso tra un edificio e un lampione stradale: con
lo striscione che fa da vela il lampione ondeggia paurosamente facendo temere un suo
imminente tracollo. Schivando rami persone e auto arriviamo alla strada che porta alla
cantina. Quando la raggiungiamo sta ancora piovendo parecchio; anche la cantina e'
assediata dall'acqua che ha bagnato il pavimento interno. Acquistato il vino
affrontiamo la discesa, non e' sgombra ma la situazione e' migliorata dato che ora
piove poco.
La prossima destinazione e' Porto d'Ascoli, dove si possono acquistare le olive
all'ascolana. Il traffico pero' e' notevole, per cui Mario decide di tentare la via
dell'autostrada entrando a Alba Adriatica e uscendo a San Benedetto del Tronto,
poiche' Porto d'Ascoli vi e' vicino. La Luisa sembra propensa per il proseguimento
del viaggio, ma Mario non ne vuole sapere. Escono e trovano ovviamente un traffico
quasi bloccato. Ed e' cosi' fino al negozio dove possono finalmente acquistare le
olive. Rinunciano all'acquisto delle olive in salamoia perche' il traffico e' veramente
esagerato. Puntano quindi con decisione verso il casello autostradale da cui sono poco
prima usciti, fermandosi prima a un distributore per fare il pieno, e andare in bagno.
L'autostrada e' trafficata, ma abbastanza scorrevole. A beffarsi del loro rientro spunta
un sole splendido tra le nuvole che crea dei colori surreali sui dintorni dell'autostrada,
sulle colline, sui paesi arroccati, sulla costa e sul mare. Il sole lascia poi spazio a una
luna che e' da tre giorni in fase crescente e quindi ancora molto sottile e bassa
sull'orizzonte.
La peripezia si conclude con il notturno arrivo alla loro casetta a Raldon seguito da
una breve operazione di scarico delle poche cose che servivano subito, e degli
alimenti da mettere in frigo.
L'indomani, ma ormai e' il primo di settembre, il pediatra visitera' Davide,
sentenziando che il ricovero non era necessario, e che secondo lui all'ospedale
avevano i letti da riempire. Ma Davide sta bene, e questo e' cio' che conta.
Anonimus