GLI INIZI DELLA VITA PUBBLICA DI GESÙ

 

Giunto verso l’età di 30 anni, Gesù diede inizio alla sua vita pubblica. Un bel giorno salutò sua madre e uscì. Fuori la gente era in festa. Era terminatala raccolta delle ulive e, secondo l’usanza, il fatto veniva festeggiato con canti, mentre nelle sinagoghe si innalzavano preghiere e inni di ringraziamento a Dio. S’aggiunga che gruppi di pellegrini, di ritorno da Gerusalemme, portavano una notizia che accendeva la speranza di ogni israelita: sulle sponde del fiume Giordano era apparso un grande profeta, Giovanni Battista, figlio di Zaccaria. Egli predicava un battesimo di penitenza e annunciava vicina la venuta del Messia. Per il gran dire che se ne faceva da coloro che l’avevano visto e udito, era sorto in molti un vivo desiderio di andarlo a sentire, per confessare i propri peccati e farsi battezzare. Qualcuno pensava che fosse lui il Messia. Indossava un abito da profeta, alla maniera di Elia. Non mangiava carne, né pesce, né erbe condite; si nutriva di locuste e miele selvatico. Diceva:

" Preparate la via del Signore, perché egli è vicino. Pentitevi dei vostri peccati e fate penitenza... Già la scure è posta alla radice e ogni albero che non porta frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco... Non fatevi illusioni, dicendo: Siamo figli di Abramo! perché Dio può far sorgere figli di Abramo anche da queste pietre... Il regno di Dio è ormai alle porte; fra poco tutti vedranno la gloria del Signore ".

 

L’incontro con Giovanni Battista

Gesù da Nazareth si avviò verso la Giudea, passando per la Samaria. I campi attorno cominciavano a fiorire. Attraversò villaggi e città. Giunse presso Gerico, non lontano da Gerusalemme; si fermò sulle rive del fiume Giordano, dove si trovava Giovanni il Battista. Quando si avvicinò a lui, il profeta come investito dallo Spirito Santo gridò alle folle: "Io ve l’ho detto: non sono il Cristo. Dopo di me viene uno che è più potente di me, al quale io non sono degno di sciogliere i legacci dei calzari... Io vi battezzo con acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo". Mescolato tra la folla Gesù discese nell’acqua del Giordano e si fece battezzare. Poi, mentre usciva, d’improvviso si aprirono i cieli e una voce si fece udire dall’alto che diceva: Tu sei il mio figlio prediletto; in te ho posto le mie compiacenze.

Questa voce di Dio, che riconosce in Gesù il figlio suo, è come un grande annuncio: È finito il tempo dell’attesa nel Messia che viene; è cominciata una nuova epoca: quella della fede nel Messia... che è già tra voi. Gesù riceve solennemente dal Padre la sua investitura. È scoccata l’ora di dare inizio alla sua missione.

 

Nel deserto: duello con Satana

Ma prima di cominciare questa sua missione, come avevano fatto Mosé ed Elia (i grandi profeti dell’Antico Testamento), Gesù volle ritirarsi nel deserto. Probabilmente si tratta del deserto di Giuda, che si trova a est di Gerusalemme, dove sorge il cosiddetto monte della Quarantena. Qui, tra le valli e le numerose grotte di questo monte, nella solitudine più assoluta, egli passò 40 giorni in preghiera e digiuno. Alla fine ebbe fame. Allora gli si avvicinò quell’eterno insidiatore dell’uomo che è Satana, per tentarlo e gli disse: "Se sei veramente il Figlio di Dio, dì a queste pietre che si cambino in pane". Era il tentativo di distoglierlo dalla missione affidatagli dal Padre; era l’inizio del duello tra Gesù e Satana, duello che si protrarrà per tutto il tempo della vita pubblica di Gesù. Gesù gli rispose: -"Non di solo pane vive l’uomo"! Contrariato, Satana tentò allora altri espedienti. Lo condusse sopra un alto monte e. mostrandogli tutti i regni della terra con le loro ricchezze, disse: "Tutte queste cose io ti darò, se prostrandoti mi adorerai". Ma Gesù gli intimò: "Vattene! perché sta scritto: " Adorerai il Signore Dio tuo e Lui solo servirai". Il tentatore allora lo lasciò. "Ed ecco, dice l’evangelista san Marco, che gli si accostarono gli angeli e lo servirono".

 

I primi discepoli

Uscito dal deserto, Gesù s’incamminò per far ritorno in Galilea. Sulle sponde del fiume Giordano s’incontrò con Giovanni Battista, che stava predicando. Il profeta quando lo vide si fermò e, fissandolo con gli occhi sfavillanti di gioia, disse ai presenti: "Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo"! Poi voltatosi verso i suoi discepoli, soggiunse: "Egli è colui del quale io vi ho detto. dopo di me viene uno che è più grande di me, al quale io non sono degno di sciogliere i legacci dei calzari...". Due dei suoi discepoli, Andrea e Giovanni, a queste parole corsero verso Gesù e si misero a seguirlo. La narrazione di questo incontro è una delle pagine più affascinanti del Vangelo narrato da uno dei due protagonisti: Giovanni. A leggerla si sente ancora l’emozione che lo investì quando Gesù, sentendo quei passi che nel silenzio facevano eco ai suoi, si voltò a chiedere loro: - "Chi cercate?" -"Maestro, dove abiti?" - "Venite e vedete".

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l’agnello di Dio!". E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti? ".Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. (Giovarmi 1,35-39).

Che espressione doveva avere il volto di Gesù nell’atto di guardare i due, per fare tanta impressione su Giovanni? E che cosa avrà loro confidato nell’intimità di quell’incontro? Fatto sta che essi andarono, videro: e rimasero con lui per tutto quel giorno. "Erano, dice Giovanni, le quattro del pomeriggio". un’ora indimenticabile! Una di quelle che creano il destino di una vita. Andrea, tornato a casa, incontrò suo fratello Simone e gli disse: Sai? Abbiamo trovato il Messia, colui che è stato preannunciato dai profeti. Gli raccontò la storia di quell’incontro e lo condusse da Gesù. Con questi suoi primi discepoli Gesù risalì la strada lungo il Giordano e, giunto a Betsaida, patria di Andrea e Simone, s’incontrò con altri due: Filippo e Bartolomeo. E anch’essi lo seguirono. La piccola comitiva volle accompagnarlo fino a casa sua, a Nazareth. Ma per strada, attraversando il villaggio di Cana di Galilea, Gesù venne invitato a nozze da alcuni suoi parenti. C’era anche sua madre, e naturalmente si aggiunsero anche i discepoli.

 

Nozze a Cana di Galilea

È nella tradizione di ogni paese circondare il giorno delle nozze di sfarzo e d’allegria. Ma in Oriente si toccano i vertici. Al tempo di Gesù le feste duravano fin sette giorni e assumevano un aspetto di gioia per tutto il paese. L’avvenimento si rivestiva, in certo senso, di un carattere pubblico. Alla vigilia del giorno stabilito, la fanciulla attendeva lo sposo sulla soglia di casa, tutta vestita a festa. Lo sposo giungeva a tarda sera, in mezzo a un frastuono di canti e di cembali. Si fermava sulla soglia di casa, chiedeva ai genitori il permesso di entrare e poi, prendendo per mano la futura sposa, la mostrava alla gente. Tra grida di gioia si ricomponeva il corteo, mentre la strada si rischiarava in una lunga fila di torce, fino alla casa dello sposo. Non tutti i matrimoni naturalmente erano così. Ma quello a cui partecipò Gesù doveva essere di gente abbastanza benestante, perché si parla di un "direttore di mensa" e di servi. Ad un certo punto venne a mancare il vino. Come mai? Forse perché ci fu più gente del previsto, forse perché furono fatti male i conti. Il fatto sta che la madre di Gesù se ne accorse subito e prima che le cose si mettessero al peggio e la notizia trapelasse fra i commensali, si volse a Gesù e gli disse: "Non hanno più vino". Un istante di incertezza... Gesù guarda sua madre e poi dice ai servi: "Riempite le giare di acqua, attingete e portatene al direttore di mensa". Quando questi ebbe assaggiato il vino, chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti servono dapprima il vino buono e poi quando i commensali sono brilli, il meno buono. Tu invece hai serbato il vino buono fino a questo momento". Così, dice l’evangelista Giovanni, a Cana di Galilea Gesù diede inizio ai suoi prodigi e i suoi discepoli, pieni di stupore e di meraviglia, credettero in Lui. Poi, accompagnata a Nazareth sua madre, Gesù si recò a Cafarnao, dove in breve si sparse la fama di lui.

 

Primo viaggio a Gerusalemme

Ma qui egli si fermò solo pochi giorni. Infatti, essendo vicina la festa di Pasqua, poco tempo dopo decise di recarsi a Gerusalemme. A lui si unirono anche sua madre, parecchi dei suoi parenti e i suoi discepoli. Il viaggio era lungo circa 130 Km., e veniva fatto a tappe, come un pellegrinaggio. Quando giunsero in città, dopo un breve saluto a conoscenti e amici, salirono al tempio. Questo sorgeva sul rialzo di una grande spianata, che si trovava al centro di Gerusalemme. Era stato ricostruito proprio in quegli anni ad opera di Erode il Grande e, abbellito di marmi e d’oro, costituiva l’orgoglio di ogni israelita.

 

Scaccia i profanatori dal Tempio

I parenti di Gesù e i discepoli entrarono frettolosi; Gesù invece si fermò nell’atrio. Una scena disgustosa si presentava ai suoi occhi: nei cortili, fino al recinto sacro, c’era tutto un tramestio di mercanti di buoi, di pecore e di colombe che, gridando, offrivano la loro merce; un via vai di gente che contrattava, che comperava; cambiavalute, seduti ai loro banchi, che trafficavano. Lo strepito, il chiasso, il rumore entravano anche nel tempio, luogo del Santissimo, disturbando la preghiera.

Altre volte gli era capitato di vedere questo spettacolo indecente. Ma questa volta non riuscì a trattenere l’indignazione. Afferrò delle corde e cominciò a menar sferzate a destra e a sinistra scacciando quanti gli cadevano sotto, rovesciando per terra i banchi dei cambiavalute e il loro denaro. Poi gridò: "Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato". Ne nacque uno scompiglio tale che fece accorrere le guardie del tempio, le quali gli chiesero: "Con quale autorità fai questo? Che segno ci mostri per agire così"? Gesù rispose: "distruggete questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere". I presenti si guardarono in faccia sbalorditi e dissero: "Ci sono voluti 46 anni per costruirlo e tu lo farai risorgere in tre giorni"? Essi pensavano al tempio in pietra, ma Gesù parlava del suo corpo, che dopo tre giorni sarebbe risorto da morte. Questo fu il primo scontro che Gesù ebbe con l’ambiente dei giudei.

 

L’incontro con Nicodemo

Non molto distante di lì, che assisteva a questa scena, c’era un personaggio di grosso calibro. Si chinava Nicodemo. uomo colto, ricco, membro del Sinedrio (noi diremo, oggi, onorevole del Parlamento della nazione ebraica). Era rimasto molto impressionato dalla personalità di Gesù, dalle sue parole e dai miracoli che egli andava compiendo in quei giorni. Fariseo, ma onesto, volle incontrarsi con lui; chiese però di poterlo fare di notte, all’insaputa dei suoi. Il colloquio avvenne finite le feste pasquali, e fu molto cordiale. Gesù gli parlò del regno di Dio e della necessità di rinascere, per entrare in esso. Come è possibile questo? chiese Nicodemo.

Gesù gli fece capire che, come con la sua morte egli avrebbe riconciliato l’umanità del Padre, così per virtù dello Spirito Santo l’umanità sarebbe stata rigenerata a una vita nuova. Nicodemo lo guardava stupefatto... Gesù replicò. - Non meravigliarti se ti ho detto: "Dovete nascere di nuovo, dall’alto". La vita del corpo - gli spiegò vale per vivere questa esistenza terrena, ma per entrare nel Regno che io sono venuto ad annunciare, il regno di Dio, è necessario possedere un’altra vita: quella dello spirito. E ciò può avvenire in virtù di un dono divino. Allo stesso modo che ora l’uomo partecipa della natura dei propri genitori, deve partecipare alla natura di Dio. Nicodemo rimase sbalordito. Sì, continuò a spiegargli Gesù; il regno di Dio è come una nuova creazione. Chi vi entra a far parte, diventa una creatura nuova. E concluse, guardandolo con tenerezza: - Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio, l’Unigenito, affinché chi crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. La conversazione si protrasse a lungo, fino all’alba. Quando Nicodemo si congedò, sentì che qualcosa di nuovo, di grande era sbocciato in lui: forse non era ancorala fede, ma un aprirsi luminoso della sua anima su un mondo impensato. Il germe deposto in quella notte sarebbe lentamente maturato. Tre anni dopo, sul Calvario, nei pressi della croce si trovava anche Nicodemo. E quando si trattò di seppellire Gesù, dice san Giovanni, "venne anche Nicodemo, quello che una volta era andato da lui di notte" (Gv 19,39).

 

Scandalo a Nazareth

Rientrato in Galilea, Gesù volle dare inizio ufficialmente alla sua missione e lo fece - secondo quanto ci riferisce san Luca - cominciando dal suo paese. Si recò quindi a Nazareth. I suoi compatrioti lo accolsero con gioia, perché avevano sentito e visto le cose già da lui compiute. Con intimo orgoglio lo consideravano uno dei loro: era cresciuto nella loro terra, aveva mangiato il loro pane. Ma un giorno avvenne un fatto imprevisto: un autentico scandalo! Era un sabato e Gesù, come al solito, si recò alla sinagoga. Gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Detta la preghiera, il rabbino gli presentò il libro sacro e lo invitò a tenere l’adunanza.

Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi ". Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?". (Luca 4,17-22)

Egli, dopo aver letto il brano di Isaia, lo spiegò. Tutti ascoltavano con gioia e, meravigliati per le parole che diceva e si chiedevano: "Ma, non è costui il figlio di Giuseppe, il falegname? Donde gli viene tanta sapienza?". Da questo momento il ministero di Gesù si svolge intorno al lago di Genezareth, principalmente nella città di Cafarnao.

 

 

Colloquio con Nicodemo

(Giovanni 3, 1-21)

C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, un capo dei Giudei. Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: "Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui". Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio". Gli disse Nicodemo: "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?". Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito". Replicò Nicodemo: "Come può accadere questo?". Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

* * *

Nicodemo è, secondo l'interpretazione abituale, il notabile giudeo che va da Gesù di notte. Paura di compromettersi. Io, tuttavia, amo pensare che Nicodemo è colui che viene dalla notte verso la luce. Uno che, a tentoni, cerca di uscire dalle tenebre o, almeno, è deciso ad avere un supplemento di luce, perché quella che possiede gli appare insufficiente. Nicodemo è vecchio. Lo rivela egli stesso. E noi ci aspetteremmo che Gesù lo prepari a fare una buona morte. Invece Gesù lo avverte che... deve ancora nascere! E il poveraccio (o fortunato) si rende conto, sbalordito, che gli viene offerto la possibilità inaudita di ricominciare da capo. I capelli bianchi non costituiscono un ostacolo. Deve prepararsi a nascere!

Si dice anche, comunemente: dialogo con Nicodemo. Bisogna però riconoscere, onestamente, che al personaggio ragguardevole non è stato concesso di parlare molto. Una frase evidentemente ben studiata, di presentazione, condita di parole complimentose nei confronti del Maestro, e poi due domande imbarazzate. A un certo punto Nicodemo scompare. A partire dal v. l0 non lo troviamo più. Inghiottito di nuovo dalla notte, da cui è sbucato fuori con circospezione? No. Avvolto nella luce abbagliante della rivelazione. Ha balbettato un goffo "sappiamo" (lui fa parte del gruppo di coloro che "sanno"), poi, a contatto con Cristo, si è reso conto che non sapeva più nulla, che il titolo di "maestro in Israele" non aveva più alcuna validità, che aveva ancora tutto da imparare. Neonato e anche scolaretto, a dispetto dei capelli bianchi. La luce del "nuovo" batte sulla fronte di questo anziano signore. Forse lui intendeva discutere di teologia. Ma Gesù non si è lasciato imporre l’argomento. Ha portato bruscamente l’interlocutore illustre al cuore del problema: "In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto...". E così il dialogo si risolve in un lungo, appassionato monologo. È’ il Maestro che parla (o, se vogliamo, il Cristo giovanneo). Nicodemo non ha più nulla da dire. Deve solo ascoltare, aprirsi alla rivelazione. Non disturbare la luce con i propri dotti balbettamenti. Sempre così. Arriva il momento in cui a Nicodemo vien tolta la parola. E anche a noi con lui. Non si tratta più di discutere, di porre domande petulanti, ma di credere. E decidersi.

 

Credere nell’amore

Parecchi interpreti ritengono il v. 16 ("Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito") il centro di tutto il vangelo di Giovanni. Forse qualcosa di più. È’ il centro, il culmine di tutta la nostra fede. Normalmente, quando si parla di credere, viene in mente una lista di verità, di dogmi cui aderire. Il credente, invece, prima di tutto crede a un fatto: l’amore di Dio manifestato nel dono del Figlio. Uno ha la fede se crede, principalmente, all’amore. Se crede che Dio ama il mondo, ama tutti gli uomini, ama ciascuno di noi. E la salvezza dell’uomo, come vedremo, "si gioca" in base all’accettazione o al rifiuto dell’amore divino manifestato in Cristo. Accanto all’amore, l’immagine ruvida della croce: ecco in che modo Cristo ha dimostrato il suo amore per il mondo. La croce dice un amore sconfitto, eppure vittorioso. Umiliato, eppure circonfuso di gloria. Tradito, eppure fedele. Non dimentichiamo che è un giusto che viene crocifisso. "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo". Levato in alto su un patibolo di infamia, Cristo è re della sua comunità. Il suo "innalzamento" non è espressione di un potere dominatore, ma della scelta di un’unica potenza: quella dell’amore. Il credente trova la salvezza guardando in direzione della croce di Cristo.

Il serpente di bronzo, collocato da Mosé in cima a un’asta, non era un feticcio dotato di poteri magici, ma il segno anticipatore di quella "potenza di guarigione" che sarebbe derivata dalla forca eretta sul Calvario. Questo dono determina una crisi, perché può essere accolto o respinto. Per cui il giudizio non è rimandato alla fine dei tempi: avviene già qui, ora, sulla terra. Ed è l’uomo stesso che si giudica, si pone come salvezza o condanna, in base all’atteggiamento che assume di fronte all’amore apparso in Cristo.

 

Una luce "insopportabile"?

L’uomo non può sopportare la luce. Dio si incarica di spedire dei suoi messaggeri ad aprire loro gli occhi. Ma essi "si beffarono" di loro, li "schernirono", e disprezzarono quella parola che li denunciava. Chi commette il male "odia la luce", preferisce le tenebre alla luce, perché non intende che "siano svelate le sue opere". I profeti hanno il torto imperdonabile di dire che la sporcizia è sporcizia anche quando viene nascosta sotto il tappeto delle apparenze; di gridare che le cose non vanno bene anche quando c’è chi ha interesse a proclamare che tutto procede per il meglio. I profeti hanno la pessima abitudine di predicare l’insicurezza ai "sicuri", e la sicurezza agli smarriti. Per questo vengono derisi o diffamati.

 

Opere buone senza impronte digitali.

Il Dio "ricco in misericordia" non si smentisce. Non può fare a meno di dichiarare continuamente agli uomini il suo "grande amore", più forte di tutti i tradimenti. Gli uomini, da soli, riescono a nascondere il peccato, non a distruggerlo. Si costruiscono con le proprie mani le rovine, ma si rivelano incapaci di "ricostruire". Blindano i vetri dei loro palazzi "eleganti" per impedire che la parola profetica li ferisca, ma rimangono prigionieri dentro, ostaggi di morte, impossibilitati a liberarsi. È soltanto la grazia che strappa l’uomo al suo male inguaribile (di cui l’allergia alla luce rappresenta il sintomo più allarmante) e lo trasforma in creatura nuova, ne fa un "risuscitato". Così dobbiamo riconoscere che siamo "opera sua". "Opera sua", non però inerte. La salvezza non è cosa nostra. È dono gratuito, esclusivo, di Dio. Le opere buone, invece, sono una faccenda che ci riguarda. Stanno alla nostra portata. Oggi non si ama molto parlare di "opere buone". Sembra un’espressione antiquata, in disuso. Eppure le opere buone sono un linguaggio che tutti comprendono. Con esse riusciamo a spargere in mezzo agli uomini qualche segno luminoso di quel Dio che "ha tanto amato il mondo", e non ha ancora smesso. Riusciamo a distribuire almeno qualche spicciolo di bontà prelevato dal tesoro inesauribile di quel Dio "ricco in misericordia". Dopo aver occultato le malefatte ed esserci illusi di aver cancellato le impronte digitali, dimostreremmo di non aver capito nulla del dono di Dio se non vedessimo le opere buone che ci attendono e che molti attendono. Se poi ci affrettiamo anche a cancellare le impronte digitali dalle "nostre" opere buone, tanto meglio. Importante che gli uomini le vedano e sappiano così che il Padre non li ha dimenticati (Mt 5, 16). Trattandosi di bene, il colpevole, l’esecutore può anche nascondersi tranquillamente. Purché non ci siano dubbi sul Mandante.

 

GLI INIZI DELLA VITA PUBBLICA DI GESÙ

 

Giunto verso l’età di 30 anni, Gesù diede inizio alla sua vita pubblica. Sulle sponde del fiume Giordano Giovanni Battista predicava un battesimo di penitenza e annunciava vicina la venuta del Messia. Molti andavano a sentirlo, e si facevano battezzare. Giovanni diceva:

" Preparate la via del Signore, perché egli è vicino. Pentitevi dei vostri peccati e fate penitenza... Il regno di Dio è ormai alle porte; fra poco tutti vedranno la gloria del Signore ".

Gesù da Nazareth si avviò verso la Giudea, si fermò sulle rive del fiume Giordano. Quando si avvicinò a lui, Giovanni Battista gridò: "Io vi battezzo con acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo". Mescolato tra la folla Gesù discese nell’acqua del Giordano e si fece battezzare. È finito il tempo dell’attesa nel Messia che viene; è cominciata una nuova epoca. Gesù riceve solennemente dal Padre la sua investitura. Ma prima di cominciare questa sua missione, Gesù volle ritirarsi nel deserto. Qui, nella solitudine più assoluta, passò 40 giorni in preghiera e digiuno. Alla fine ebbe fame. Allora gli si avvicinò Satana, per tentarlo e gli disse: "Se sei veramente il Figlio di Dio, dì a queste pietre che si cambino in pane". Era il tentativo di distoglierlo dalla missione affidatagli dal Padre; era l’inizio del duello tra Gesù e Satana, duello che si protrarrà per tutto il tempo della vita pubblica di Gesù. Gesù gli rispose: "Non di solo pane vive l’uomo"!

 

I primi discepoli

Dopo l’esperienza del deserto, Gesù s’incamminò per far ritorno in Galilea. Sulle sponde del fiume Giordano s’incontrò con Giovanni Battista. Due dei suoi discepoli, Andrea e Giovanni, corsero verso Gesù e si misero a seguirlo. La narrazione di questo incontro è una delle pagine più affascinanti del Vangelo narrato da uno dei due protagonisti: Giovanni.

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l’agnello di Dio!". E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti? ". Disse loro: "Venite e vedrete" (Giovanni 1,35-39).

 

Nozze a Cana di Galilea

Al tempo di Gesù le feste di nozze duravano sette giorni e assumevano un aspetto di gioia per tutto il paese. Il matrimonio a cui partecipò Gesù doveva essere di gente abbastanza benestante. Ad un certo punto venne a mancare il vino. La madre di Gesù se ne accorse subito e prima che le cose si mettessero al peggio, si rivolse a Gesù e gli disse: "Non hanno più vino". Gesù guarda sua madre e poi dice ai servi: "Riempite le giare di acqua, attingete e portatene al direttore di mensa". Quando questi ebbe assaggiato il vino, chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti servono dapprima il vino buono e poi quando i commensali sono brilli, il meno buono. Tu invece hai serbato il vino buono fino a questo momento". Così a Cana di Galilea Gesù diede inizio ai suoi prodigi e i suoi discepoli credettero in Lui.

 

Primo viaggio a Gerusalemme

Ma qui egli si fermò solo pochi giorni. Infatti, essendo vicina la festa di Pasqua, poco tempo dopo decise di recarsi a Gerusalemme. A lui si unirono anche sua madre, parecchi dei suoi parenti e i suoi discepoli. Il viaggio era lungo circa 130 Km., e veniva fatto a tappe, come un pellegrinaggio. Quando giunsero in città salirono al tempio, che si trovava al centro di Gerusalemme.

 

Scaccia i profanatori dal Tempio

Gesù si fermò nell’atrio. Una scena disgustosa si presentava ai suoi occhi: nei cortili, fino al recinto sacro, c’era tutto un tramestio di mercanti di buoi, di pecore e di colombe che, gridando, offrivano la loro merce; un via vai di gente che contrattava, che comperava; cambiavalute, seduti ai loro banchi, che trafficavano, disturbando la preghiera.

Gesù non riuscì a trattenere l’indignazione. Afferrò delle corde e cominciò a rovesciare per terra i banchi dei cambiavalute e il loro denaro. Poi gridò: "Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato". Questo fu il primo scontro che Gesù ebbe con l’ambiente dei giudei.

 

L’incontro con Nicodemo

Nicodemo, uomo colto, ricco, membro del Sinedrio (noi diremo, oggi, onorevole del Parlamento della nazione ebraica), era rimasto molto impressionato dalla personalità di Gesù, dalle sue parole e dai miracoli che egli andava compiendo in quei giorni. Fariseo, ma onesto, volle incontrarsi con lui; chiese però di poterlo fare di notte, all’insaputa dei suoi. Il colloquio fu molto cordiale. Gesù gli parlò del regno di Dio e della necessità di rinascere, per entrare in esso. Gesù gli fece capire che, come con la sua morte egli avrebbe riconciliato l’umanità del Padre. Nicodemo lo guardava stupefatto...

Gesù replicò: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio, l’Unigenito, affinché chi crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna".

La conversazione si protrasse a lungo, fino all’alba. Quando Nicodemo si congedò, sentì che qualcosa di nuovo, di grande, era sbocciato in lui: forse non era ancora la fede, ma un aprirsi luminoso della sua anima su un mondo impensato. Il germe deposto in quella notte sarebbe lentamente maturato. Tre anni dopo, sul Calvario, nei pressi della croce si trovava anche Nicodemo. E quando si trattò di seppellire Gesù, dice san Giovanni, "venne anche Nicodemo, quello che una volta era andato da lui di notte" (Gv 19,39).

 

Scandalo a Nazareth

Rientrato in Galilea, Gesù volle dare inizio ufficialmente alla sua missione e lo fece - secondo quanto ci riferisce san Luca - cominciando dal suo paese. Si recò quindi a Nazareth. Ma un giorno avvenne un fatto imprevisto! Era un sabato e Gesù, come al solito, si recò alla sinagoga. Il rabbino gli presentò il libro sacro e lo invitò a tenere l’adunanza.

Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore". (Luca 4,17-22)

Egli, dopo aver letto il brano di Isaia, lo spiegò. Tutti ascoltavano con gioia e, meravigliati per le parole che diceva e si chiedevano: "Ma, non è costui il figlio di Giuseppe, il falegname? Donde gli viene tanta sapienza?". Da questo momento il ministero di Gesù si svolge intorno al lago di Genezareth, principalmente nella città di Cafarnao.