Flash di vita

Lasciarsi guidare dallo Spirito

Miriam, essendo madre di una famiglia numerosa, ha una particolare sensibilità per certi problemi che appaiono in parrocchia e che il sacerdote da solo non potrebbe risolvere. Lei dice che lo fa "ascoltando quella voce". Si riferisce allo Spirito Santo che parla nella coscienza di ogni essere umano.

Nell’ambiente in cui lei vive è facile imbattersi con ragazze che sono state ingannate e avviate contro voglia alla prostituzione. Un giorno entra in chiesa una giovane e vi rimane a lungo in lacrime. Qualcuno se ne accorge ed avvisa il parroco che raccoglie la triste storia. Lei viene da lontano. I genitori l’hanno cacciata di casa perché un giovane aveva avuto rapporti con lei. Disperata era salita su un pullman diretto verso una città di sogni e di illusioni.

Dopo un viaggio di alcuni giorni era arrivata alla stazione: un mondo sconfinato dove si sentiva letteralmente perduta. Un signore distinto si avvicina e con molta gentilezza le offre un lavoro in una famiglia per bene. Risponde di sì ed entra nella sua macchina. Sembrava un sogno. Aveva incontrato subito quello che tanto desiderava e quell’uomo era proprio un angelo mandato dal cielo!

L’illusione dura poco. Le altre ragazze che abitano quella casa le spiegano che ben presto deve uscire per le strade della città in cerca di un uomo per guadagnarsi ogni giorno il suo tozzo di pane. La prima volta che mette i piedi fuori della porta, vede una chiesa, l’unico posto che le ispira ancora fiducia. Entra e con le lacrime agli occhi parla col suo Dio: che almeno lui non la lasci sola.

E Dio manda Miriam che si fa in quattro per trovarle una famiglia dove finalmente sarà trattata con rispetto. In seguito anche i genitori di lei sono avvisati, affinché si possa ricomporre quel rapporto che una serie inveterata di pregiudizi aveva distrutto.

A volte i casi sono più difficili. Una studentessa chiede a Miriam di cercarle una camera in affitto. Lei intuisce subito che non si tratta di un tipo raccomandabile, ma una voce le dice dentro che non si può allontanare una ragazza che ha bisogno di aiuto più di tante altre. Le trova l’alloggio e le spiega con delicatezza che quell’edificio è abitato da buone famiglie che non sarebbero contente di vedere cose sgradevoli.

La ragazza promette, ma il giorno dopo compaiono nella sua stanza vari drogati. Le famiglie reclamano e Miriam le parla di nuovo. Lei sembra scoprire un mondo nuovo, perché mai nessuno le aveva parlato così! Promette, ma non ha la forza di cambiare strada, lascia la camera e scompare.

Dopo qualche mese torna di nuovo da Miriam e questa volta con un problema molto più serio: sta aspettando un bambino e il ragazzo non ne vuol sapere. Tutte le sue amiche la consigliano di abortire.

"Mi sono ricordato di te, Miriam, e non voglio fare un altro grosso sbaglio", le confida piangendo. "Questa volta sembra proprio che voglia intraprendere la strada buona", pensa Miriam, e si offre per aiutarla, ma lei non resiste alle pressioni delle amiche.

Si trova già in clinica e il medico sta facendo gli ultimi preparativi, quando all’improvviso si alza e dice: "Dottore, io non voglio", ed esce dalla clinica. Per caso incontra sulle scale proprio Miriam e l’abbraccia piangendo. Bisogna prepararla per la maternità e trovare il modo di allevare il figlio.

Passa un certo tempo e la ragazza corre di nuovo da Miriam: "Questa volta non ti porto un problema, ma una bella notizia: mi sposerò". Il ragazzo era rimasto molto impressionato dal fatto che lei non aveva voluto abortire e ha deciso di sposarla.

Nel giorno del matrimonio i due sposi dissero a Miriam: "Sei stata per noi una vera madre e ti abbiamo scelto come madrina del bimbo che nascerà".

Enrico Pepe

 

Un piccolo mattone

Ho incontrato Regina, mamma di famiglia, donna semplice e dignitosa che ispira fiducia e rispetto. Sapendo che aiuta in parrocchia, le chiedo a bruciapelo: "Che contributo dai alla vita della comunità?". Risponde senza scomporsi: "Sono uno dei mattoni, anzi un piccolo mattone nella costruzione dell’edificio. Quando insieme a mio marito abbiamo preso coscienza di questo, ci siamo messi a disposizione della comunità".

Mi ha sorpreso questo riferimento al mattone perché mi ha fatto ricordare la costruzione della torre del Pastore di Erma, uno scritto dei tempi apostolici. Lei non ne avrà mai sentito parlare, ma tra le persone di questa parrocchia la dottrina del corpo mistico è esperienza quotidiana e quindi è normale esprimersi con queste parole.

Nella casa di Regina incontri sempre coppie di fidanzati che vogliono farsi una famiglia o di sposati in difficoltà in cerca di pace. Lei e Antonio, suo marito, nonostante i molti lavori in casa e in campagna – sono contadini – sono sempre a disposizione degli altri.

"Cerco di avere nel cuore – continua Regina – come modello Maria, sposa e madre. Non è facile imitarla e quando non ci riesco le chiedo perdono e ricomincio senza rattristarmi. Lei mi aiuta molto a non chiudermi in casa pensando solo al marito e ai figli, perché Maria seppe lasciare suo Figlio per donarsi a Giovanni e a tutta la chiesa".

Chiedo se loro non trovano difficoltà nell’armonizzare gli impegni famigliari con quelli della parrocchia. Mi risponde: "Io non vedo due lavori: uno in casa ed uno in parrocchia. Ci sforziamo di fare della nostra famiglia una chiesa domestica come la casa di Nazaret. Spontaneamente tante coppie chiedono il nostro orientamento e noi offriamo la nostra esperienza. Loro vedono e fanno lo stesso. Si forma così una catena, perché il bene si fa strada da sé".

La conversazione tra noi due continua e le chiedo qual è il suo rapporto col sacerdote. "È una domanda difficile, ma rispondo volentieri. Non vado dal parroco per elemosinare consolazioni per i miei dolori o per sfogarmi nei momenti difficili. Vado per servire Cristo e faccio per lui quel che farei per Gesù. Per questo la nostra casa è sempre aperta anche al sacerdote e ci sentiamo onorati quando egli ci chiede di fare qualcosa per la comunità. Il motivo di questo nostro modo di agire non si basa sulla simpatia verso il sacerdote, ma è molto più profondo: facendo parte di questa comunità cristiana, dobbiamo interessarci anche per chi la rappresenta in maniera speciale. Per questo preghiamo per lui ogni giorno e facciamo nostri i problemi della comunità. In una parola ci sentiamo membri della stessa famiglia".

Qui la pastorale matrimoniale non si riduce ad un corso per fidanzati o a riunioni sociali, ma c’è un calore umano che viene dall’Alto e unisce le famiglie, risolve i problemi e crea rapporti nuovi. Regina e Antonio non sono i soli, ma esistono altre coppie che in parrocchia li aiutano e lavorano con lo stesso stile. Realizzano tante cose pratiche, entrano nella problematica più intima degli sposi e fanno quello che il sacerdote non riuscirebbe mai a fare.

Nino Carta