Una socialità vivificata dalla carità

La comunità cristiana, dunque, nasce dalla Parola, e affonda le sue radici nel mistero pasquale. Ma vi è un terzo elemento che fa la comunità: è la carità effusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo (Rm 5, 5). Che cosa infatti sarebbe una comunità senza la carità? Che cosa sarebbe se non attuasse quello che il Concilio ha chiamato la «legge» del nuovo popolo di Dio: il precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (cf. Lumen Gentium, 9)? Che cosa sarebbe senza la piena comunione col proprio vescovo, con la Chiesa universale?

Questa carità però deve farsi visibile. Essa deve permeare ed ordinare tutti gli aspetti della vita della comunità. La comunione spirituale deve farsi comunione di tutta la dimensione umana, deve generare una socialità autenticamente cristiana. È importante - come ho avuto modo di sottolineare già in altra occasione - «che la parrocchia diventi sempre più un centro di aggregazione umana e cristiana, cioè realizzi una piena dimensione comunitaria» (Discorso del 24-1-1982).

Le nostre comunità sono chiamate ad essere un'anticipazione della civiltà dell'amore. E ciò significa che, sul modello delle prime comunità cristiane, esse devono realizzare strutture sociali concepite all'insegna della fratellanza, uno stile di rapporti informati dallo spirito di pace e del dono reciproco, una solidarietà che risani il corpo sociale, una vita spirituale comunitaria capace di unire l'amore di Dio e l'amore del prossimo.

( ... ) Il mondo di oggi, spesso lontano da Dio, guarda più ai fatti che alle parole. Ma è il Cristo stesso ad avviarci su questa strada: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). La parrocchia è un luogo privilegiato per dare questa testimonianza, ripetendo nel nostro tempo il prodigio delle prime comunità, il prodigio di una vita nuova non solo spirituale ma sociale e storica.

Convivenza modellata ad immagine della Trinità

( ... ) Con la vostra vita e il vostro impegno volete contribuire alla realizzazione del Testamento di Gesù: «Perché tutti siano uno. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola » (Gv 17, 21). Con queste sue parole il Signore Gesù ci ha suggerito - come ha detto il Concilio Vaticano II - «una certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità» (GS 24). Ecco il modello ultimo di ogni rapporto, di ogni convivenza umana: la Trinità! Da questo supremo modello scaturiscono innumerevoli implicazioni anche per la parrocchia. La luminosa vocazione infatti della comunità ecclesiale è di sforzarsi di divenire, in un certo senso, un'Icona della SS. Trinità, «fondendo insieme tutte le differenze umane» (Apostolicam Actuositatem, 10) nell'unità tra anziani e giovani, donne e uomini, intellettuali e lavoratori, ricchi e poveri.

Compaginate dall'amore secondo questo modello, le vostre parrocchie potranno esercitare un'azione efficace nei confronti delle anime da avvicinare a Cristo.

Aula Paolo IV, 4 maggio 1986

(Passi dal discorso)

Giovanni Paolo II