Le scelte di Dio

di PASQUALE FORESI

Abbiamo chiesto a don Pasquale Foresi di poter pubblicare qualche cosa di quello che lui ha detto, in varie occasioni, a proposito di quella «scelta di Dio» che ogni cristiano, anzi ogni uomo è chiamato a fare. Si tratta di due conversazioni, tenute in circostanze assai diverse, a membri del Movimento dei Focolari. La prima e del 1963, la seconda è di quest'anno.

Abbiamo voluto conservare di proposito lo stile discorsivo e familiare, a volte intimo, della conversazione fatta a viva voce. Riteniamo che, specialmente per noi religiosi - che siamo chiamati per vocazione ad una vita comunitaria, e quindi, «di comunione» - queste conversazioni rivestano un interesse particolare, perché presentano una esperienza vissuta in una spiritualità «collettiva», quale è quella dell'Opera di Maria, nella quale si cerca di compiere «assieme» il cammino, pur così personale, verso Dio, aiutandoci a vicenda e comunicandoci reciprocamente i passi interiori che ciascuno è chiamato a compiere.

Nella prima conversazione, don Foresi parla di una «seconda scelta di Dio», una scelta cioè fatta da persone che già vivono per lui.

Dio e amore. È questa la grande scoperta della nostra vita.

Dire che Dio è amore vuol dire che Dio ci vuole bene, vuol bene a ciascuno di noi, di voi, di un amore infinito e di un amore personale. Ci vuol bene anche se noi non siamo stati bravi, anche se non abbiamo corrisposto alla sua grazia, anche se avessimo commesso i peccati peggiori che si possono concepire. Dio Ci vuole sempre più bene, ci ama sempre di più.

Ma di fronte a questo bene che Dio ci vuole, di fronte all'amore di Dio che si riversa su ciascuno di noi, come dobbiamo rispondere, cos'è che dobbiamo fare noi?

È la domanda che certamente tantissimi si saranno posta: se Dio mi ama cosi, di un amore tanto personale, che cosa posso fare io per lui?

Nel rispondere a questa domanda, vorrei procedere per gradi.

Innanzitutto, Dio ci ha rivelato nella Scrittura come noi dobbiamo riamare Dio. Ci ha detto: «Amami con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze».

Quando abbiamo fatto questa scoperta, abbiamo preso, mi sembra, la decisione di amare Dio con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze. Abbiamo deciso di metterlo sopra ogni cosa, davanti a tutto.

Con tutta la mente

Abbiamo deciso di amarlo con tutta la mente.

Amare Dio con tutta la mente significa, secondo me, due cose: innanzitutto, che la mente non si fermi, non sia occupata da cose contro Dio, da cose cattive: questa è la base fondamentale. E sono sicuro che in tutti noi c'è la volontà di fare questo. Ma questo non è sufficiente per amare Iddio con tutta la mente: amare Dio con tutta la mente, significa anche mettere tutta la propria intelligenza, tutto il proprio impegno a servizio di Dio, donandolo tutto a Dio.

In questo senso mi sembra che si debba fare ancora tanto di più. Certamente fra voi ci sono delle persone più mature, nelle quali si vede il lavoro di Dio, e c'è da essere tanto contenti al vedere quanto si sforzano di mettere proprio tutta la loro anima, la loro mente e la loro intelligenza al servizio di Dio e al servizio dell'Opera di Dio. Se si affida loro un incarico nell'Opera di Maria, subito studiano tutti i mezzi per cercare di portarlo avanti, solo per Dio, senza riguardo a loro stessi, e anche con tanti bei frutti. In alcuni, ad un certo momento, non si vede proprio come la loro mente possa pensare qualche altra cosa che non sia il bene di quest'Opera di Dio. Si vede che c'è una tale immedesimazione della loro volontà, della loro mente della loro intelligenza con il bene dell'Opera, con Dio, con le vocazioni, le anime, che sembra impossibile che ci sia qualcuno di loro che fa qualche cosa non per questo, ma per se, per qualche altra cosa, tanto queste anime sono prese dal desiderio di amare Dio con tutta la mente.

Qualche volta si trova invece, in persone un po' meno mature, che Dio non prende così tutta la loro mente, ma che tante loro forze quasi le sprecano per altre cose, come, ad esempio, il lavoro in ufficio. Ora non e che in ufficio non bisogna far tutto bene al cento per cento, ma tante volte si vede che non è proprio l'ufficio per Dio, ma è Dio per l'ufficio. Oppure ci si dona a certe attività che sono connesse con la vita dell'Opera di Maria, che sono certamente buone, sante, per cui ti vien da dire: guarda quella persona, è bravissima, in questo lavoro fa tante cose belle. Però si vede che sono cose naturali: non sono cose soprannaturali. Non è che la mente è tutta di Dio.

Ad esempio, se uno deve fare l'ingegnere, il medico, l'architetto, magari vi si dedica con tutta l'anima, ma non studia esclusivamente per servire Dio e il fratello, ma anche perché trova in questo uno sviluppo naturale delle sue potenzialità. Cose tutte belle e sante, ma che non sono: «Amami, con tutta la mente».

Insomma, quello che Iddio vuole da noi è un amore esclusivo. Dio è geloso di noi e vuole che non ci affatichiamo se non per Lui, in qualunque posto noi siamo e qualunque cosa noi facciamo.

Questo è implicito nella scelta di Dio e tutti noi siamo già indirizzati a questo anche se, come vi dicevo, alcuni sono più presi da Dio in questo senso, altri meno. Però io vorrei che tutti noi fossimo sempre proiettati in questa direzione. E si vede in effetti come l'amore di Dio sveglia tante intelligenze. Ci sono delle persone che, se non avessero conosciuto questa spiritualità, sarebbero state delle persone insignificanti, mediocri, buone, non cattive, ma che non avrebbero donato nulla, non avrebbero creato niente. Solo perché Dio ha preso le loro intelligenze vengono fuori da loro delle cose meravigliose.

Con tutto il cuore

Dio vuole poi che noi doniamo a Lui tutto il nostro cuore.

Nella Sacra Scrittura, il cuore ha un contenuto più ampio, più completo, ma io intendo parlare qui dei sentimenti del cuore, di tutta la gamma di sentimenti che vi possono essere, di quelle che nel linguaggio scolastico vengono chiamate le «passioni dell'anima», non nel senso negativo ma in quello di emotività.

Tutto questo complesso di emotività è più difficile riuscire a prenderlo, a incanalarlo, a incatenarlo per donarlo totalmente a Dio. Perché la nostra volontà è certamente questa, però il cuore, i sentimenti non sono di ordine razionale, non si lasciano governare come si possono governare le braccia o le mani, e quindi sfuggono, tendono sempre a sfuggire, per attaccarsi a tante altre cose: al lavoro, al focolare, alla macchina dove uno lavora.

Ma questi sono già sentimenti innocui, mentre a volte possono sorgere nell'animo anche altri sentimenti, ad esempio delle simpatie verso persone di altro sesso con le quali si lavora o si sta a contatto. Mentre, anche qui, bisogna donare tutto il proprio cuore a Dio.

E qui sono necessarie due cose. Da una parte, bisogna voler donare totalmente questo cuore a Dio e avere la volontà ferma e immobile, al di sopra di qualsiasi emozione, di qualsiasi sentimento che uno possa provare; dall'altra, bisogna evitare che questi sentimenti nascano, o che siano coltivati. E siccome il cuore è cieco e non riesce ad uscir fuori dal labirinto nel quale si e cacciato, è necessaria la virtù della prudenza, per riuscire a staccarsi da quegli oggetti o da quelle persone che possono suscitare questi sentimenti, proprio perché uno non riesce a vincerli da solo. Per riuscire a dominare i propri sentimenti, bisognerebbe essere già tanto santi, bisognerebbe aver superato la purificazione dei sensi e forse anche quella dello spirito: solo allora si riesce ad avere il Cuore di Gesù al posto del cuore umano.

Quindi ci sono due cose da fare: una cosa è non scoraggiarsi se uno ha di queste prove, di queste tentazioni; dall'altra però neanche presumere di poterle vincere, se non con una grande volontà di amore a Dio e con la prudenza assoluta, col distacco assoluto da tutto quello che ci può accadere. Quando c'è un reale attaccamento ad una persona è pressoché impossibile superarlo, restando nell'ambiente, per cui l'unica soluzione è aprire l'anima al proprio responsabile. Certe volte è una cosa da niente, certe volte può essere qualcosa che turba, e allora è bene manifestarlo e dire: forse avrei bisogno di cambiare città.

Indico delle situazioni un po' estreme, che possono capitare e anche non capitare a nessuno, ma lo dico proprio perché vi sono incluse tutte le altre sfumature. In casi come questi uno non può pensare di poter vincere solo con un amore soprannaturale perché e impossibile. Infatti anche l'amore soprannaturale rischia di diventare amore umano e magari si è portati a giustificare l'amore umano, cercando di dargli una motivazione spirituale, di apostolato, ecc., mentre in questo caso bisogna tener presente che il nostro cuore non è nostro ma è di Dio, e noi ci siamo consacrati affinché il cuore sia totalmente di Dio.

Naturalmente questa è la parte negativa. La parte positiva è amare Dio, è donarsi. Se uno fa così, anche i suoi sentimenti diventano divini. Ed effettivamente, a volte, parlando con alcuni di voi, rimango veramente ammirato del lavoro che Dio fa nelle vostre anime, perché si sente proprio l'affetto soprannaturale e spontaneo che c'è per le anime, per il campo di lavoro affidatovi, per Dio.

Recentemente, facendo dei colloqui privati con alcuni, domandavo del loro cammino interiore, come andava. E notavo che a loro esso quasi sfuggiva, non per non volerne parlare, ma perché veniva loro spontaneo parlare delle anime, di tutte le conquiste o non conquiste, delle difficoltà. E si sentiva che in loro era ormai maturato un amore cosi spontaneo per Dio nelle anime, che era tanto bello vedere come Dio è in grado di trasformare i cuori. Ed e tanto importante che noi ci doniamo così totalmente, pienamente a Dio, senza riservare niente all'umano: essendo di Dio e basta. Proprio perché Dio ci ama e vuole da noi un amore esclusivo e totale, non solo nella mente ma anche nei nostri sentimenti.

Con tutte le forze

L'altro punto: «Amami con tutte le forze».

Anche qui mi sembra che tanti di noi siano avviati a donare a Dio tutte le forze.

Si vede che hanno veramente messo Dio al primo posto, anche prima delle loro forze. E questo lo si constata, perché qualcuno si ammala, delle volte, e quindi è andato al di la, in un certo senso, delle sue stesse forze. Naturalmente, mettere tutte le forze a disposizione di Dio non vuol dire che ci si debba ammalare, perché non è questa la volontà di Dio. Dio non vuole che ci ammazziamo, ma che facciamo una vita ordinata, con il riposo necessario. Però certamente Dio è molto più contento di uno che si è ammalato, per essere andato al di la delle proprie forze, che non di uno che per un po' di attaccamento a se ha cercato di salvarle le forze: se Dio ci ama quando siamo cattivi, figuriamoci quando siamo buoni e quando ci vogliamo donare totalmente a lui!

L'Eterno Padre ha voluto che il Movimento nascesse adesso e che quindi ci fossero mille cose da fare simultaneamente, quindi anche con una fatica particolare. Ma anche questo fa parte di «tutte le forze» che noi dobbiamo dare a Dio. Il fatto e che da tutta questa donazione è nato il Movimento, si è sviluppato in tante parti del mondo e quindi Dio l'ha benedetto, ed e anche tanto contento di tutte le forze che noi gli diamo.

La seconda scelta di Dio

Adesso io vorrei dire un'altra cosa ancora, e questo lo dico non tanto ai giovani, quanto a quelli che sono un pochino più avanti in questo cammino.

Basta fare tutto questo per amare Dio? È sufficiente aver cercato di dare - in quanto era possibile e con tutte le imperfezioni inevitabili in questa vita - la propria mente, le proprie forze, il proprio cuore a Dio? O. ad un certo momento Dio richiede qualche cosa d'altro?

A me sembra che questo è il passo nuovo che noi dobbiamo fare ora. E cioè che - per quelli che vivono già totalmente per lui, per quelli che si sono già donati a lui con tutta la mente, con tutto il cuore e con tutte le forze, e anche al di sopra delle proprie forze - Dio vuole un'altra scelta di Dio. E vorrei ora parlarvi di questa scelta, che dovremo riuscire a fare insieme, o per lo meno incominciare a fare.

Che cos'è quest'altra scelta, e in cosa si diversifica dalla prima scelta di Dio?

La prima scelta l'abbiamo fatta quando abbiamo conosciuto questa spiritualità: ci hanno detto che bisogna mettere Dio al primo posto e ne siamo rimasti entusiasti. Anche perché, venendo da un mondo così cattivo, al vedere una cosa così bella, così santa, ne siamo rimasti presi.

Però, se noi potessimo prendere una di queste persone all'inizio e riuscissimo, per così dire, a sezionarla, a vedere i motivi per i quali lei ha scelto Dio, troveremmo che c'è il 50 o il 30 per cento di amore per Dio, mentre per il 30 per cento c'è la nausea del mondo, per il 15 la gioia di trovare la possibilità di donarsi, per il 10 il rimorso dei peccati, e così via.

Praticamente è impossibile che nella prima scelta ci sia un amore totale, un amore pieno, un amore puro, mentre la perfezione sta solo nella carità, che è quella che da vita a tutte le altre virtù. Succede allora che tutti questi motivi secondari che all'inizio sono santissimi, ma non sono sola carità, incominciano a manifestarsi, a venir fuori - perché c'erano già prima implicitamente - come piccoli attaccamenti, difetti, atteggiamenti che non sono proprio santità assoluta, santità pura. Non sono peccati, forse neanche peccati veniali, ma non sono amor puro.

Allora uno si chiede: ma che cosa devo fare? Io mi sono già donato pienamente, totalmente a Dio, l'ho messo già al primo posto, al di sopra di tutto me stesso, dei peccati, di tutto. Che cos'è che deve essere fatto ancora?

È appunto questa la scoperta da fare: una nuova scelta di Dio; si intuisce cioè che il motivo di tutta la nostra vita deve essere l'amore puro verso Dio. Si tratta di capire che tutti questi difetti, tutte queste cose ci sono perché l'anima non è ancora andata al di là di tutto, ed ama Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze, ma non unicamente per amore suo, lo ama anche per qualche altra cosa.

Allora è Dio stesso che ci ripresenta la necessità di rifare un'altra scelta, che è ancora più difficile della prima, perché si tratta di una realtà così sottile, così soprannaturale, che innanzitutto bisogna aver la grazia di arrivare a coglierla, di capire che cosa bisogna fare. Sì, perché tutte queste cose si possono anche dire, però bisogna poi vedere se uno capisce che cosa può e deve fare esattamente rispetto alla propria anima.

Dal punto di vista teologico, la spiegazione è semplice: il motivo per il quale si fa la scelta di Dio deve essere l'amore totale e puro a lui. Ma è tanto difficile. Quando uno ha scelto Dio per la prima volta, ha dovuto fare un salto nel buio. Uno ha anche timore a donarsi così totalmente, mentre poi, quando lo ha fatto, si trova in Dio ed è tanto contento di averlo fatto. È una cosa che tutti abbiamo sperimentato. Nella seconda scelta di Dio c'è ugualmente da fare un salto nel buio e il salto nel buio sta nello scegliere di vivere, da soli, solo per Dio, esclusivamente per Dio. Vivere da soli, in un certo senso, solo per Dio.

La differenza sta in questo, che invece di farla con gli altri, questa scelta la si deve fare da soli, proprio perché il motivo formale di questa scelta è l'amore puro di Dio e non altre cose. E d'altra parte si prova anche tanta paura a fare questo atto di donazione, pur sentendo che Dio adesso ci chiama lì, per il fatto che si sente ormai l'inutilità di tutti gli altri motivi per i quali si dovrebbe fare questo passo.

C'è poi un pericolo, ed è questo: che, a differenza della prima scelta, uno faccia questa seconda scelta e dopo ritorni indietro. Con la prima scelta, si viene a far parte di un gruppo di persone che hanno fatto questa stessa scelta. La seconda scelta, invece, è una scelta puramente spirituale, interiore. Di conseguenza, la si può fare e dopo si può anche ritornare indietro, proprio perché ci si trova soli nel compiere questo passo. Ci si trova soli con Dio, con la generosità totale che si deve avere con Dio. Soli, con la possibilità di tornare indietro.

D'altra parte, proprio perché si tratta di una scelta che si fa da soli, può anche succedere che uno non faccia mai questa seconda scelta, pur avendo fatto la prima. E allora ci troviamo di fronte a delle persone, che sono anche avanti nella vita spirituale, sono brave, ma rimangono a quel punto lì. Sono buone, ma con dei difetti, con delle cose che urtano, con degli attaccamenti o delle sciocchezze, per le quali si vede che sono sante persone, però non sono divine. Si sente che dovranno andare in purgatorio, che non hanno fatto il passo decisivo.

Allora Dio interviene con delle grazie speciali, dando delle prove all'anima, perché non si adagino in questo stato. Interviene, certe volte, con delle botte anche forti perché ne vengano fuori.

E io credo che in questa situazione dell'anima, abbia ancora valore quello che ha avuto valore nella prima conversione, o nelle prime scelte di Dio, e cioè l'attimo presente. Anche per queste anime così brave, così sante, che però devono fare questa seconda conversione e che devono fare di nuovo questo tuffo nell'amore di Dio, che è oscuro all'inizio e poi diventerà luminosissimo, è fondamentale l'attimo presente. Altrimenti c'è il pericolo che dicano: non ce la faccio, io riesco a fare il bene ma non sempre solo per puro amore, ma anche per qualche altra cosa, come l'apostolato, per qualche cosa di santo, ma che non è proprio Dio solo, la purezza di Dio assoluta. Ed è allora che uno, vivendo l'attimo presente, ricomincia di nuovo.

Un'altra cosa necessaria è affidarsi alla Madonna, perché mi sembra che uno dei compiti particolari che la Madonna ha verso le anime sia proprio quello di aiutarle a superare questi periodi di crisi, che sono anche crisi belle, della vita spirituale. Quando un'anima deve superare uno scoglio, un burrone, qualcosa che, per le sue forze, sarebbe umanamente faticoso e doloroso, proprio la Madonna ha il compito di prenderla in braccio e portarla sull'altra sponda, quasi senza neanche se ne accorga.

Penso che tutti noi dobbiamo rifare la scelta di Dio, nel senso che, fra tutti i motivi che ci possono essere, io scelgo di amare Dio unicamente per rispondere all'amore personale che egli ha per me e di rispondere con un amore altrettanto personale. Devo trovare in questa unione personale con Dio il motivo unico del mio esistere in tutta la giornata, in focolare, fuori, dappertutto: non l'appoggio degli altri, ma solo Dio. Naturalmente ci vogliono forse alcuni anni per fare questo passo: devo fare il passo e dopo rifarlo, e dopo rifarlo ancora, e chissà quante volte lo devo rifare.

Quando uno riesce a fare questo passo prova una pace enorme. Qualunque cosa succeda, in un certo senso, non dovrebbe sentire più niente. Qualunque calunnia, qualunque incomprensione, qualunque difficoltà, qualunque preoccupazione, qualunque amarezza, qualunque cosa non ha più nessun valore, perché l'anima vive in Dio, si trova innestata in Dio. E trova in Dio l'unità, la gioia, la pace, la tranquillità, perché tutto ciò che compie lo fa per amore puro. E se vengono le difficoltà non si turba, perché l'anima è al di la di questa dimensione.

Si tratta proprio di un salto qualitativo che l'anima deve fare, un salto nel motivo spirituale che la spinge a vivere. È un'altra dimensione, un modo di ragionare diverso, che si può anche spiegare teologicamente con il motivo formale della carità pura, ma senza praticamente dire nulla di quello che si vorrebbe dire. E io mi auguro che, proprio quest'anno, sia per tutti noi l'anno di questa seconda conversione, di questa seconda scelta di Dio.

Dopo la conversazione che abbiamo riportato, don Foresi è ritornato ancora su questo argomento, approfondendo e sviluppando il discorso iniziato allora.

Nel maggio di quest'anno, un gruppo di sacerdoti e religiosi riuniti in Africa, a Nairobi, gli hanno rivolto alcune domande e, fra le altre cose, gli chiedevano anche qual è il suo pensiero, oggi; su questo tema così fondamentale nella vita cristiana. II testo che ora riportiamo è la sua risposta a queste domande.

In questo secondo intervento, la prospettiva di don Foresi assume sfumature diverse rispetto al precedente. Qui, infatti, egli delinea, a brevi tratti; il lavoro progressivo che Dio va facendo in chi si sforza di attuare concretamente, giorno dopo giorno, la donazione di se a Dio.

Domanda: «In tanti tuoi interventi hai parlato frequentemente delle varie scelte di Dio che, in questa spiritualità collettiva, Dio porta a fare. Puoi spiegarcele un po' più diffusamente?»

Don Foresi: Non è facile spiegarlo perché è un aspetto della nostra vita spirituale, ascetica e mistica, che, per poter afferrare bene, bisogna vivere in profondità.

Per noi, in genere la prima scelta di Dio avviene quando ci viene annunciato l'Ideale. Molte volte questo annuncio avviene attraverso quella che noi chiamiamo la «Storia dell'Ideale», cioè il racconto di come è nato il Movimento. Abbiamo visto di fatto come attraverso questo racconto, questa storia, tante e tante persone hanno capito che devono convertirsi completamente e mettere Dio al primo posto. Io ricordo, e penso sarà accaduto anche a tanti altri, che quando ho incontrato la prima volta una focolarina, Graziella, e mi ha parlato dell'Ideale e della scelta di Dio quella notte non ho dormito, tanto ero impressionato e colpito.

La prima scelta di Dio consiste nel mettere Dio al primo posto. Quindi tutti i valori cambiano, tutte le cose si assestano in una maniera nuova. Magari uno pensava che lo studio fosse la cosa più importante; qualcun altro pensava - questo può scandalizzare, forse - che la santità personale fosse la cosa più importante, e ad un certo momento si accorge che anche la santità personale è secondaria rispetto a Dio, che prima di tutto dobbiamo scegliere Dio e la santità verrà come dono, «in sovrappiù».

Questa scelta di Dio, poi, si incomincia a vivere - come diciamo noi - «con Gesu in mezzo»: conoscendo altre persone del Movimento, si viene a sapere che questa scelta di Dio l'hanno fatta anche altri. Quando alcuni hanno fatto la scelta di Dio e la vivono in qualche modo comunitariamente, si sente questa presenza di Gesù, che voi tutti avete sentito quando avete conosciuto o il focolare o una comunità di sacerdoti e di religiosi impegnati in questo Ideale.

Io ricordo che, dopo la scoperta dell'Ideale, a Pistoia dove abitavo non c'erano persone del Movimento, e perciò mi avevano detto di andare a Firenze. Fino ad allora non avevo mai partecipato a nessun incontro del Movimento. A Firenze non c'erano ancora delle focolarine o dei focolarini. C'erano persone che avevano conosciuto il Movimento, un padre dei Servi di Maria, delle signore sposate di una certa età, dei giovani e delle giovani. Però, quando incominciavano a parlare e raccontavano la loro esperienza sulla Parola di vita, mi ricordo che mi sentivo particolarmente toccato, proprio perché si percepiva che Gesù era presente.

Questa scelta di Dio, fatta sia singolarmente sia comunitariamente, la vivono tutti i membri del Movimento e in modo particolare i focolarini. Tuttavia, dopo alcuni anni succede che questa scelta di Dio non è che si appanna, però c'è qualche cosetta che non va bene. Ci accorgiamo che sono sorte anche delle erbette cattive, insieme con quelle buone. Magari vorremmo star lì ad estirparle, mentre l'Eterno Padre dice: «Non preoccupatevi. Verrà il momento della mietitura, quando si potrà togliere quelle cattive e mettere da parte quelle buone». Così, dopo qualche anno, c'è una seconda scelta di Dio. Si rifà una scelta globale di Dio e tutte queste erbette vengono bruciate dal fuoco: è una cosa meravigliosa! Si sente che questa scelta di Dio deve essere rinnovata profondamente ogni giorno, per arrivare a fare veramente tutte le cose per amore di Dio al cento per cento. La Chiesa ci dice - lo ha detto parlando in modo particolare dei quietisti - che non è possibile su questa terra vivere per solo e puro amore di Dio. Però si avverte la chiamata a incominciare veramente a vivere solamente per Dio. Si sente la chiamata ad una seconda scelta di Dio, che consiste appunto nel vivere solo per lui. Ci saranno dei momenti in cui non è possibile far questo durante tutto il giorno, ci saranno dei momenti dove si vive la vita cristiana senza quell'impegno totale, però questa seconda scelta di Dio è un fatto molto, molto importante nella nostra vita.

E così si va avanti per qualche anno ancora - da cinque-sei anni a dieci anni e anche più - quando, a poco a poco, Dio incomincia a prendere possesso dell'anima e non siamo più noi a vivere, ma - come dice san Paolo - è Cristo che vive in noi.

Non è più una vita ascetica, c'è un certo inizio di vita mistica. Abbiamo visto che veramente Dio, come insegnano anche i mistici cattolici, incomincia a prendere la volontà. Non ancora l'intelligenza, la fantasia e la memoria, ma incomincia a prendere la volontà. E questo lo si vede in modo particolare quando viviamo «con Gesu fra noi», perché, quando sentiamo parlare delle cose di Dio, vi cogliamo la sapienza e proviamo una gioia particolare: ci piace tanto. Oppure constatiamo che la mezz'ora di meditazione è una grande gioia per l'anima, e mentre prima durante la meditazione ogni tanto guardavamo l'orologio per vedere se era passata la mezz'ora, ora essa passa senza guardare più l'orologio, proprio perché sentiamo questa unione profonda con Dio.

Però, in questa fase, ci son anche tante distrazioni! Le distrazioni ci saranno sempre, io penso, nella vita terrena, però, particolarmente all'inizio di questa vita mistica, l'intelligenza, la memoria e la fantasia non sono ancora prese completamente da Dio e quindi la meditazione la faremo, sentiremo anche una gioia particolare, ma sarà pure disturbata da tanti pensieri, da problemi che assillano che non impediscono di fare la meditazione, però la disturbano.

A questo punto uno vive l'Ideale, lo porta agli altri, va avanti nella vita spirituale e queste distrazioni diminuiscono sempre di più. Non è che manchino, però il loro peso nella nostra vita spirituale e nella meditazione diventa sempre più leggero.

Io mi ricordo di una persona che si apriva con me e mi raccontava come faceva la meditazione. Una mattina si era svegliata alle quattro e mezzo, si era messa a fare la meditazione su san Paolo e dopo, quando ha guardato l'orologio, erano le otto. Quelle tre ore erano passate in un lampo. Questo voleva dire che ormai tutta la sua anima, la sua intelligenza, la sua volontà e la sua fantasia erano state prese da Dio.

Ma ci sono anche i sensi esterni che devono essere presi da Dio. Di solito, nelle vie classiche, i sensi esterni vengono presi da Dio in modo particolare attraverso le estasi. Nella nostra vita, che è una vita collettiva, le estasi probabilmente sarebbero un disturbo alla vita spirituale. Così ho visto che l'Eterno Padre, per i focolarini per poter purificare anche i loro sensi esterni, adopera spesso le malattie.

La malattia la provano tutti, e per il fatto che uno è malato non vuol dire che sia a questo livello di vita spirituale. Però per chi vive un'intensa vita ascetica e mistica nel Movimento, la malattia assume questo connotato, ed io ho costatato che, come esiste una notte oscura dello spirito, così esiste anche una notte oscura del corpo. Queste malattie alcune volte sono piccole, alcune volte sono delle grosse malattie che durano quanto Dio vuole anche dieci anni. Pero piano piano ci si accorge che sempre di più i nostri sensi esterni vengono purificati dalle conseguenze del peccato originale, e anche l'umano ci aiuta a vivere la vita di Dio, a vivere con «Gesù fra noi», ad andare a Dio quasi spontaneamente. Quindi io considero la malattia che Dio manda a queste persone come qualche cosa di essenziale per questo tipo di purificazione, per poter far si che anche i nostri sensi umani vengano posti in Dio.

A questo punto l'anima è tutta presa da Dio. Però quest'esperienza di essere totalmente presi da Dio non è continua. Io l'ho visto in modo particolare nei focolarini più maturi che, quando parlano, se c'è l'amore reciproco, sono presi completamente da Dio. Ci sono dei giorni, delle settimane in cui questa unità totale con Dio non e così piena, ma, piano piano, questi momenti, in cui si è presi totalmente da Dio, diventano sempre più frequenti finché ad un certo momento l'anima vive abitualmente immersa in Dio.

Possiamo parlare quindi di una terza scelta di Dio, quando la volontà viene presa da Dio, di una quarta scelta di Dio quando, oltre la volontà, anche l'intelligenza e la fantasia vengono prese da Dio. Un'ulteriore scelta di Dio la si ha quando incominciano le prove di cui ho parlato, prove fortissime, perché di prove ce ne sono sempre -, di carattere spirituale, e anche di carattere fisico.

Quando poi anche i nostri sensi esterni vengono presi da Dio si ha quella che potremmo chiamare la sesta scelta di Dio. Finche ci troviamo totalmente innestati in Dio, e questa è la settima scelta di Dio. Anche se per noi non presenta le stesse modalità descritte da santa Teresa d'Avila. Da quello che ho potuto vedere nelle anime che ho seguito, per noi, quello che Teresa chiama «matrimonio spirituale» avviene lentamente. È una trasformazione progressiva in Dio che dura, anche questa degli anni. Ma a quel punto l'anima si sente talmente in Dio che fa solo quello che Dio vuole; e Dio agisce completamente in quest'anima: l'anima si identifica con Dio e Dio si identifica con l'anima. Santa Teresa d'Avila dice che Marta si unisce a Maria, per cui un'anima è così piena di Dio, che non solo contempla Dio, ma fa le opere di Dio. E i frutti sono straordinari, meravigliosi.

Domanda: Potresti dirci qualcosa di più riguardo alla notte dei sensi che si manifesta nella malattia?

Don Foresi: A volte è Dio che manda certe forme di malattia. Per chi deve lavorare, queste forme di malattia gli consentiranno magari ancora di lavorare. Per altri può trattarsi di malattie che lo bloccano completamente anche nella sua attività esterna. La situazione varia da persona a persona.

I1 fatto è che noi abbiamo contratto il peccato originale, quindi, come l'anima deve essere purificata, anche il corpo deve avere una certa purificazione. La purificazione assoluta verrà con la morte, perché con la morte e con la risurrezione del corpo ci sarà il rinnovamento di tutto, però già su questa terra una certa morte del corpo serve per una certa risurrezione del corpo stesso.

Molte volte si hanno malattie misteriose, di cui neppure i medici sanno esattamente di cosa di tratta. Ho presente una persona, che ha una certa malattia e che è stata dai medici migliori, i quali l'hanno anche fatta ricoverare in clinica per studiare questa malattia, e non sono riusciti a capirci niente. Io, che vedo le cose dal punto di vista spirituale, dico: io so benissimo che cos'è, è una prova di Dio, che magari deve durare anni perché questa persona perda il proprio corpo in Dio. Ed e in un certo modo un inizio su questa terra di risurrezione della carne.

È una cosa meravigliosa, perché, dopo l'esperienza spirituale di questa vita dello spirito, e dopo questo rinnovamento della vita del corpo, i moti primo-primi - come si dice in teologia - vanno direttamente a Dio, mentre quando non siamo ancora purificati nel corpo, i moti primo-primi tendono al piacere sensibile. E in un certo modo si può capire anche quello che dice san Giovanni della Croce, il quale afferma che a questo punto della vita spirituale avviene una certa confermazione in grazia cosa che è ammessa dalla Chiesa, anche se santa Teresa d'Avila è un pochino più prudente a questo riguardo.