La novità di una

"spiritualità collettiva"

Ogni spiritualità ha interpretato il Vangelo per gli uomini del proprio tempo. Oggi che la Chiesa riscopre sempre più profondamente la sua natura di comunione lo Spirito sicuramente suscita spiritualità capaci di tradurre in vita la realtà della comunione. Chiara Lubich in questo numero propone la spiritualità "collettiva" ossia la spiritualità "comunitaria" tipica del Movimento a cui lei ha dato vita, ma insieme aperta ad essere accolta e vissuta da quanti oggi si sentono chiamati a camminare in sintonia con lo Spirito.

Si tratta di una spiritualità "originale" nella storia della spiritualità cristiana. Si può costatare come lungo i secoli si sia sviluppata una spiritualità della carità, che porta a vedere Gesù nell'altro, ad amarci come Cristo ci ha amato... ma ancora non è evidente, in questa prospettiva, la "reciprocità del donare e del ricevere". Si dice: "Cristo è in me, vive in me" (prospettiva della spiritualità individuale della Vita in Cristo); o si afferma che Cristo è presente nei fratelli (e si sviluppa la prospettiva della carità), ma manca il passo decisivo: scoprire che se Cristo è in me e nell'altro, allora Cristo in me ama Cristo che è in te; e allora scatta la reciprocità: Dio in me ama Dio in te e ci unisce nello stesso amore, come nella Trinità.

Esiste una spiritualità comunitaria, ecclesiale, a Corpo mistico. Si tratta di un ricupero della spiritualità biblica e patristica; si parla in genere di questa spiritualità come di una nota attuale, di una corrente di spiritualità del nostro secolo; secolo della riscoperta della Chiesa (anche se non mancano nella storia esempi di persone che hanno vissuto una spiritualità ecclesiale, che hanno amato la Chiesa, hanno sentito la Chiesa, si sono sentite Chiesa). Quel "di più" che Chiara Lubich ci dà con la spiritualità collettiva è la visione e la prassi di una comunione, di una vita ecclesiale, "a Corpo mistico", nella quale esiste la reciprocità del dono personale e la dimensione del diventare "uno". Anche quando esistono intuizioni o affermazioni negli autori di oggi su questa dimensione della teologia e della spiritualità, manca in loro il modo concreto di proporre questo come vita concreta, come stile di vita, e di incarnarlo in una esperienza come quella che il Movimento fa: dalle cose più semplici come "tenere Gesù in mezzo a noi", che è il massimo ed il minimo, alle dimensioni più impegnative (l'economia di comunione, l'inculturazione...)

Esistono nella storia della spiritualità alcuni esempi di esperienze di spiritualità collettiva, di reciprocità nel dono; pochi in verità. Vi sono anche esperienze mistiche del genere. È classico l'esempio di san Serafino di Sarov che ha una esperienza di comunione nello Spirito Santo con il suo discepolo Motovilov, nella quale i due sono come avvolti dallo stesso Spirito Santo; ma anche queste rare esperienze non sono state proposte né come una dottrina né tanto meno come una spiritualità da vivere quotidianamente, possibile a tutti.

Certamente, esiste la spiritualità centrata sulla inabitazione trinitaria ma a livello individuale; non scatta normalmente negli autori la conseguenza di tale inabitazione come consapevolezza di una comunione fra le persone che hanno la stessa grazia, neanche per esempio in Elisabetta della Trinità. Non si arriva a dire, come nel Movimento dei focolari: se la Trinità è in me e in te, allora la Trinità è fra noi, siamo in una relazione trinitaria; allora la Trinità che è in me ama la Trinità che è in te e negli altri e quindi il nostro rapporto è a modo della Trinità, anzi è la Trinità che vive questo rapporto in noi. In questo senso è originale e "logica" la proposta di Chiara Lubich a proposito del "Castello esteriore", la presenza della Trinità fra noi.

Da dove viene la novità della spiritualità, collettiva? Penso che viene dal carisma di Chiara Lubich che mette in luce alcuni aspetti che danno dinamismo nuovo di comprensione teologica e di vita concreta ad alcuni punti essenziali della spiritualità cristiana e rispondono ai bisogni della Chiesa nel nostro tempo:

1. Prima di tutto la novità viene dalla scoperta della spiritualità di Gesù in mezzo come esperienza di comunione nell'amore. Certamente vi è una grande tradizione patristica e non mancano accentuazioni lungo la storia della spiritualità circa l'interpretazione della presenza di Gesù in mezzo a noi, specialmente nel nostro secolo che riscopre questa comunione e questa presenza; ma in genere tale dimensione di "Gesù in mezzo" non è diventata né un punto focale della spiritualità cristiana, né una prassi concreta, come nella spiritualità del Movimento dei focolari.

2. Alla base della novità della spiritualità collettiva mi sembra che ci sia specialmente la scoperta della Trinità non solo come fonte, meta, presenza e compagnia della nostra vita spirituale, ma anche come modello di vita nell'amore reciproco fra le persone (e fra le comunità, le collettività...). Si è ammirata la vita di Dio Trinità in sé, la "pericoresi" divina, sia nell'antichità cristiana come nel Medioevo e nell'epoca moderna. Si è giunti nel nostro tempo ad evidenziare la Trinità come modello ed immagine della Chiesa e della vita dei cristiani; ma anche là dove la spiritualità sottolinea queste intuizioni negli autori che hanno intravisto questo tema, la vita trinitaria non è diventata proposta concreta di vita spirituale a largo raggio, per l'Ut Omnes, come nella spiritualità dell'Opera di Maria.

3. Questa dimensione trinitaria concreta della spiritualità collettiva viene dall'esegesi spirituale e dall'esperienza nuova che Chiara Lubich ha fatto della preghiera sacerdotale di Gesù (Gv. 17) e che non era stata mai intesa e proposta come possibile forma di vita spirituale trinitaria: «come Tu in me ed io in te... siano anch'essi una cosa sola». Le interpretazioni di tipo "ecumenico" sono deboli. Pregare per l'unità è bello, ma non basta. È questo scoprire la Trinità come dono reciproco delle Persone che fa passare la "spiritualità del Corpo mistico" ­ siamo come le cellule di un corpo unite fra di loro e con il Capo che è Cristo ­ alla sua dimensione più vera, a una vita "a modo della Trinità", in un rapporto fra persone: una davanti all'altra, l'una con l'altra, l'una nell'altra, l'una per l'altra, e tutte e tre una cosa sola... Da questo altissimo modello viene senz'altro la novità della proposta di vita, cioè da vivere concretamente, della spiritualità collettiva del Movimento.

Inoltre, sembra che la teologia e la spiritualità della carità acquisti la dimensione di un "di più" quando viene contemplata come carità in Dio Trinità, cioè come carità nell'unità. E questo si traduce nella dimensione della spiritualità collettiva dell'unità che è spiritualità della carità fino alla reciprocità del farci uno.

Finalmente, per quanto riguarda la dimensione del vivere l'unità secondo il modello trinitario, la scoperta di Gesù Abbandonato, come esperienza di vita umana e divina, e quindi del farsi uno con noi e con il Padre, con tutte le conseguenze, è imprescindibile per capire quale sia il prezzo ed il modo concreto di vivere l'amore che ci permette di essere uno, cioè lo svuotamento di ciascuno di noi per il dono totale di sé, in modo da essere dono di sé nell'altro, per essere uno nell'amore.



Jesùs Castellano Cervera, o. c. D.











Da "Unità e Carismi" 3-4/95 pagg.2-3