COSTRUTTORI DI COMUNITÀ

Il tema sul quale riflettiamo è molto importante per la vita pastorale della Chiesa. Oggi ci si interroga sulle condizioni necessarie per costruire una parrocchia-comunità, che sia espressione della vita ecclesiale in un determinato luogo.

Non sono mancati In questi anni coloro che hanno posto in questione l'attualità della parrocchia. Ci si è chiesto se essa sia tuttora all'altezza della complessa e pluricentrica realtà delle moderne città, così da poter rispondere alla sfida di un mondo sempre più diversificato. In particolare si è posto in dubbio che essa disponga ancora di sufficienti mezzi, di sufficiente vitalità, per rendere presente in maniera incisiva la Buona Novella, per raggiungere sulle vie della loro vita i bambini, i giovani e gli anziani, l'uomo realizzato e l'uomo fallito, l'uomo emarginato, deluso, indifferente.

Inutile dire che immane si presenta il compito della Chiesa nel nostro tempo e ad assolverlo non può essere certamente la parrocchia da sola. Eppure anche oggi la parrocchia può vivere una nuova e grande stagione. Spesso smarrito e disorientato, l'uomo contemporaneo cerca la comunione. Avendo non di rado visto frantumarsi o disumanizzarsi il suo contesto sociale, anela ad una esperienza di autentico incontro e di vera comunione.

Questa la vocazione della parrocchia, di essere cioè una casa di famiglia, fraterna ed accogliente, una fraternità animata dallo spirito d'unità, la famiglia di Dio in un posto concreto.

La parrocchia non è principalmente una struttura, un territorio, un edificio. La parrocchia è in primo luogo una comunità dl fedeli. Così infatti la definisce il nuovo Codice di Diritto canonico (can. 515,1). Ecco il compito della parrocchia, oggi: essere una comunità, riscoprirsi comunità. Cristiani non si è da soli. Essere cristiani significa credere e vivere la propria fede insieme ad altri, essere Chiesa, comunità.

La chiesa è sempre stata comunione. Così l'ha pensata Gesù quando ha dato come legge del Popolo di Dio il comandamento nuovo; o quando, ad esempio, l'ha dipinta in quel super-divino affresco, che è la preghiera dell'unità, ove afferma che il rapporto dei fedeli con Dio e fra loro deve rispecchiare quello della Santissima Trinità: "Io in loro e Tu in me, perché siano perfetti nell'unità" (Gv 17, 23).

Che la chiesa sia comunione lo ha detto e lo ha ripetuto san Paolo, quando ha parlato della chiesa come di un corpo compatto le cui membra sono legate dall'amore. "Al di sopra di tutto - sono sue parole - vi sia la carità, che è vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo" (Col 3, 14-15).

Ne erano coscienti i primi cristiani, che erano un cuore solo ed un'anima sola sì da arrivare alla piena comunione spirituale e materiale.

Esigevano questa "comunione" i Padri della chiesa. Cipriano, ad esempio, affermava: "Cristo (... ) ci ha prescritto di essere d'un solo cuore e di un'anima sola, ci ha raccomandato di conservare integri e inviolati i legami dell'amore e della carità... chi non ha la carità, non ha Dio".

Diceva Agostino: "Come dai singoli chicchi, raccolti insieme e per così dire mescolati fra loro nell'impasto, si forma un pane, così mediante l'armonia dell'amore si forma un corpo di Cristo". E menzionando l'Eucaristia, che è vincolo d'unità, Cirillo di Alessandria affermava: "Tutti noi siamo, dunque, un solo essere nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Un solo essere per la nostra comunione con la carne santa di Cristo. Divisi in qualche modo in personalità ben distinte, siamo fusi in un solo corpo nel Cristo...".

Così pure il magistero della Chiesa ha spesso invitato a questa comunione. In modo tutto speciale poi il Vaticano II: "L'ecclesiologia di comunione - dice la Christifideles laici - è l'idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio" (n. 19).

Nell'enciclica Ut unum sint, a carattere ecumenico, Giovanni Paolo II insegna: "Credere in Cristo significa volere l'unità; volere l'unità significa volere la chiesa; volere la chiesa significa volere la comunione" (n. 9).

E ancora il Papa in un suo discorso precisa: "Dio è comunione, è comunione perché è amore, ed essendo amore non può non essere comunione. Noi portiamo nelle nostre radici questa realtà di Dio che è "comunione" (...). Così nasce la chiesa (...). Così nasce anche la chiesa in ogni parrocchia".

 

LA COMUNITÀ NASCE DALLA PAROLA DI DIO VISSUTA

Ma come nasce una comunità? Una comunità non è una realtà che si possa semplicemente organizzare. Comunità significa comunione. Perché nasca la comunità non basta il sacerdote, anche se, come rappresentante del vescovo, egli svolge un ruolo essenziale. Ci vuole l'impegno di tutti i parrocchiani, il cui contributo è vitale. Il Concilio Vaticano II° lo ha sottolineato con forza. Essere discepoli del Vangelo significa essere coscienti della chiamata che il Signore rivolge a divenire, insieme con i sacerdoti, costruttori di autentiche comunità.

Non è certo un'impresa facile. Non si tratta di una comunità solamente umana. La comunità cristiana è realtà umano-divina. La domanda, come nasce una comunità, trova allora una risposta precisa e meravigliosa: non nasce innanzi tutto dagli sforzi solamente umani. E' Cristo stesso a suscitarla. E' l'annuncio della sua Buona Novella a radunare i fedeli. L'origine e il principio della comunità ecclesiale è la Parola dl Dio annunciata, ascoltata, meditata e messa poi a contatto con le mille situazioni di ogni giorno, al fine di applicare la perenne verità alle circostanze concrete della vita. Non basta Infatti ascoltare la Parola, non basta annunziarla, occorre viverla.

Sono molte le comunità parrocchiali nelle quali i cristiani si riuniscono in piccoli gruppi nei quali viene approfondita la Parola dl Dio, anche mediante lo scambio dl esperienze vissute. Questo dà modo di scoprire la dimensione comunitaria della Buona Novella. E’ importante oggi mettere questa esperienza a servizio di tutti per dare a molti la possibilità di accostarsi in modo semplice e profondo alla Parola che dà vita. Essere cristiani vuol dire farsi costruttori di comunità nelle quali, sull'esempio della prima comunità, vive ed agisce la Parola (cf. Atti 6,7; 12,24). Le persone "nuove" che nascono unite con Dio e unite tra loro dalla Parola vissuta sono generate dall’Alto e formano il vero popolo di Dio.

VIVERE LA VITA IN COMUNIONE CON CRISTO CROCIFISSO E RISORTO

La comunità cristiana nasce dunque dalla Parola, ma ha per centro e culmina la celebrazione dell'Eucaristia. Mediante l'Eucaristia essa affonda le sue radici nel mistero del Cristo Crocifisso e Risorto e, tramite Lui, nella comunione stessa delle tre divine Persone. Ecco l'abissale profondità della vita di una comunità cristiana! Ecco il significato delle celebrazioni liturgiche: esse ci inseriscono nel cuore della vita di Dio; in esse incontriamo il Cristo che, morto e risorto, vive fra noi.

Ma ciò che celebriamo deve informare la nostra vita. L'eucaristia ci rivela il senso delle nostre fatiche, di tutte le difficoltà che incontriamo sul nostro cammino, il senso di ogni dolore. Unito al sacrificio di Cristo tutto questo può diventare offerta a Dio e fonte di vita. Nulla può fermare il cammino di una comunità che ha imparato a vivere la sua vita come una continuazione dell’amore di Gesù che ha il suo culmine sulla croce e la sua irradiazione nella risurrezione: come un morire e risorgere insieme a Cristo (cf. Rm 6,4-8). L’Eucaristia contiene il patrimonio d’amore che Gesù ha vissuto in croce fino all’abbandono: tutto questo ci viene donato e partecipato perché la sua forza d’amare sia la nostra forza d’amare per costruire insieme nell’unità il suo disegno sulla Chiesa e sull’umanità. Facendoci tutti concorporei e consanguinei con Gesù e fra noi ci mette in condizioni di attuare quella unità che edifica i molti in un corpo solo ed un’anima sola: quella di Cristo

Uno dei cardini di una spiritualità comunitaria autentica è l'amore a Gesù crocifisso che si manifesta come il vertice del dono di sé. La fonte dell’impegno in parrocchia pertanto non si fonda su motivazioni puramente umane, su un sentimento passeggero di entusiasmo. In Lui, crocifisso e risorto, si incontra la radice vivificante del cammino del singolo e della comunità ed insieme la via per farla ancor maggiormente fiorire. In Lui si scopre il modo di realizzare il sacerdozio dei fedeli che ha radice nel battesimo: la capacità cioè di offrire la vita all’amore di Dio per vivere la sua volontà e per agire in favore degli altri.

 

UNA SOCIALITÀ VIVIFICATA DALLA CARITÀ

Ma vi è un terzo elemento che fa la comunità: è la carità effusa nel nostri cuori dallo Spirito Santo (Rm 5, 5). Che cosa infatti sarebbe una comunità senza la carità ? Che cosa sarebbe se non attuasse quello che il Concilio ha chiamato la legge del nuovo popolo dl Dio: il precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati? Che cosa sarebbe senza una vita di comunione e senza una testimonianza di fraternità?

Questa carità però deve farsi visibile. Essa deve permeare ed ordinare tutti gli aspetti della vita della comunità. La comunione spirituale deve farsi comunione di tutta la dimensione umana, deve generare una socialità autenticamente cristiana. E' importante che la parrocchia diventi sempre più un centro di aggregazione umana e cristiana, cioè realizzi una piena dimensione comunitaria.

Le nostre comunità sono chiamate ad essere un'anticipazione della civiltà dell'amore. E ciò significa che, sul modello delle prime comunità cristiane, esse devono realizzare strutture sociali concepite all'insegna della fratellanza, uno stile di rapporti informati dallo spirito di pace e del dono reciproco, una solidarietà che risani il corpo sociale, una vita spirituale comunitaria capace di unire l'amore di Dio e l'amore del prossimo.

Questi aspetti sono necessari per la maturità di una comunità e per l'efficacia della sua testimonianza. Il mondo di oggi, spesso lontano da Dio, guarda più ai fatti che alle parole. Ma è Gesù stesso ad avviarci su questa strada: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". (Gv 13, 35). La parrocchia è un luogo privilegiato per dare questa testimonianza, ripetendo nel nostro tempo il prodigio delle prime comunità, il prodigio di una vita nuova non solo spirituale ma sociale e storica.

 

CONVIVENZA MODELLATA AD IMMAGINE DELLA TRINITÀ

La spiritualità della Chiesa è incentrata nell'unità. Con la vita e il proprio impegno si è chiamati a realizzare il Testamento di Gesù: "Perché tutti siano uno. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola" (Gv 17, 21). Con queste sue parole il Signore Gesù ci ha suggerito - come ha detto il Concilio Vaticano II - "una certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità" (GS 24). Ecco il modello ultimo di ogni rapporto, di ogni convivenza umana: la Trinità! Da questo supremo modello scaturiscono innumerevoli implicazioni anche per la parrocchia. La luminosa vocazione infatti della comunità ecclesiale è di sforzarsi di divenire, in un certo senso, un’Icona della SS. Trinità, "fondendo insieme tutte le differenze umane" nell'unità tra anziani e giovani, donne e uomini, intellettuali e lavoratori, ricchi e poveri.

Compaginate dall'amore secondo questo modello, le parrocchie potranno esercitare un'azione efficace nei confronti delle anime da avvicinare a Cristo.

 

ESSERE AUTENTICO LIEVITO

Costruendo la vita sui capisaldi della esperienza spirituale (Ascoltare e vivere la parola nella sua dimensione comunitaria. Mettere al centro l’Eucarestia. Fare della carità reciproca il tessuto della comunione) e restando nello stesso tempo saldamente uniti ai sacerdoti e ai vescovi, si potrà essere autentico lievito nelle parrocchie; si potrà aiutarle a scoprire e a sviluppare sempre più la loro vocazione comunitaria. Con l’annuncio della parola, con il dono dei sacramenti, con il servizio del ministero i sacerdoti continuano la presenza di Gesù Buon Pastore a favore della comunione ecclesiale e dell’unità. Per questo esortava il Papa: "Occorre stringersi insieme unendo le forze in una gara di comprensione reciproca e di amore sincero, che faccia convergete tutti intorno al pastore comune, il vescovo e colui che lo rappresenta in parrocchia, il parroco. Intorno a questo centro si deve formare una comunità di persone che si stimano e si amano" (G.P. II° 12.5.1985)

L’augurio di Giovanni Paolo II ad una parrocchia di Roma terminava così:

"Non lasciatevi abbattere dalle difficoltà. Siate cemento di unità fra tutti i componenti, gruppi, movimenti e associazioni delle vostre comunità!

Maria, Madre della Chiesa, accompagni il vostro cammino e la vostra azione. Nessuno come Lei, che ha dato al mondo Gesù, vi può aiutare a far si che nelle vostre parrocchie risplenda il volto di Cristo. Se così sarà, esse realizzeranno sempre più la loro splendida vocazione: essere fra gli uomini la presenza di Gesù nella pienezza della sua funzione salvatrice".