LA PATERNITÀ DI DIO NELLA COSCIENZA DI GESÙ

    Alla base della rivelazione e del dono che Gesù, in virtù dello Spirito Santo, ci ha fatto del Padre, c'è una realtà che il Figlio di Dio, in senso unico e peculiare, vive in rapporto con Colui che è Amore come pura donazione. Noi siamo infatti figli nel Figlio.
    Dio, il Padre nostro che è nei cieli, fa intravedere l'abissale profondità e fecondità del suo essere Padre proprio nella persona e nella vicenda storica di del Figlio suo incarnato, che in una natura umana e visibile, è immagine del Dio invisibile1, irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza2, sì da poter dire di sé: "Chi ha visto me, ha visto il Padre"3.
    I Vangeli scandiscono, in un crescendo di affermazioni, la reciprocità di conoscenza, di amore, di vita che lega il Figlio al Padre in una incomparabile unità di essere e volere: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Figlio se non il Padre..."4. "Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie"5; "Io e il Padre siamo una cosa sola"6.
    Gesù, il Figlio del suo amore7 e inviato dal suo amore a salvare il mondo, è il Figlio prediletto, l'oggetto delle sue compiacenze, come dichiara il Padre dal cielo durante gli eventi del suo battesimo nel Giordano e della Trasfigurazione sul monte, colui che il Padre "ha amato prima della creazione del mondo"8.
   
   



E al Padre Gesù orienta tutta la propria vita: vive in specialissimo rapporto personale con Lui, nella piena disponibilità al suo volere e nella certezza incrollabile del suo amore. Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato9; Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato10; Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà11; Io faccio sempre le cose che gli sono gradite12. L'autore della lettera agli ebrei così esprime la missione di Gesù: Ecco io vengo.. per fare, o Dio, la tua volontà13.
   
   
   


   
    Gesù, nel dialogo della preghiera, usa non solo la parola "Padre", "Padre mio", ma "Abbà"14. Con questo appellativo, che propriamente significa "papà" e che è nuovissimo nel mondo giudaico come invocazione a Dio15,     Gesù esprime la particolare confidenza e la profonda intimità che ha con il Padre: svela così che, pur abitando come uomo in mezzo a noi nella storia, mantiene la relazione che da sempre vive all'interno della Trinità. Abbà è un accento di infinita confidenza e sterminato amore, è l'invocazione che rivela al mondo chi Egli veramente era: il Figlio di Dio. Egli si trova a suo agio nei confronti del Padre suo, sentendosi a casa propria, partecipando alla sua vita, condividendo le idee, gli affetti, le intenzioni del Padre. Egli è il Figlio proprio di Dio, di cui percepisce tutta la forza e la dolcezza dell'amore paterno nel quale riconosce l'origine del suo essere e dal quale attinge la luce ed il sostegno del suo agire.


   



Non fa allora stupire che il Vangelo ci presenti Gesù come uomo di preghiera. Prima di iniziare la sua intensa giornata si ritira a pregare nella solitudine16. Trascorre la notte in preghiera prima della scelta dei dodici17. Si mette in preghiera in alcuni momenti molto significativi e decisivi per la sua persona e la sua missione: la trasfigurazione18, l'insegnamento del Padre nostro19, il rinnegamento di Pietro20 . Soprattutto prima della Passione egli prega più intensamente e ritrova nella preghiera il senso di fiducia e di abbandono che lo porta a compiere la volontà del Padre . La preghiera - espressione e legame di unità con il Padre - scandisce il ritmo della sua vita. Tutto questo indica molto da vicino che la particolarità della missione di Gesù e il suo valore di salvezza trovano il fondamento ultimo e il vero significato nella relazione unica e personale di Gesù con il Padre, che lo costituisce e lo manifesta Figlio di Dio e Gli affida il compimento dei suoi disegni sull'umanità. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna"21. "A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio"22. E' il dono immenso di Dio.
   





       
Gesù è così principio, mediatore, vertice di tutto il cammino dell'umanità. La corrente d'amore che parte dal Padre, si fa visibile nel Figlio e con il dono dello Spirito si diffonde nell'umanità.
    San Paolo attesta più volte, illustrandola, la realtà della nostra filiazione divina. Divenuti con il Cristo un solo essere mediante il battesimo, nutriti con il suo corpo nell'Eucaristia, al punto di diventare e da essere le membra di questo corpo, siamo costituiti quali figli nel Figlio, coeredi di quanto Gli appartiene, di tutto quello che è, di quello che ha.



NOTE
1 Col. 1,15
2 Eb. 1,3
3 Gv. 14,9
4 Mt. 11,27
5 Gv. 17,10
6 Gv. 10,30
7 Col. 1,13
8 Gv. 17,24
9 Gv. 4,34
10 Gv. 6,38
11 Lc. 22,42
12 Gv. 8,29
13 Eb. 10,7
14 Mc. 14,36
15 Il termine Abbà è una forma infantile, quasi un balbettio, largamente diffuso nell'ambiente palesti-nese nel linguaggio delle famiglie, ma che si riteneva disdicevole se usato nei confronti di Dio perché valutato poco rispettoso.
16 Mt. 1,35
17 Lc. 6,12
18 Lc. 9,28
19 Lc. 11,1
20 cfr. Lc. 22, 31-39
21 Gv. 3,16
22 Gv. 1,12