Lettura del Vangelo- Domenica 2a di Quaresima - Anno B

 

SCHEDA BIBLICA - 9

 

 

DAL VANGELO SECONDO MARCO (9,2-10)

In quel tempo Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un 1uogo appartato, loro so1i. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!". Non sapeva, infatti, che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che 1i avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: "Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo". E subito, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

 

IL CONTESTO

Il nostro brano è inserito nel contesto delle profezie della passione di Gesù (Mc. 8,31; 9,31; 10,32-34). Il pensiero introdotto dalla formula tipica di Mc, che allude alla vicinanza del regno di Dio ed è contenuta nel v. 8,39, è il punto di collegamento tra il primo annuncio della passione con l'invito a seguire la legge della croce di Mc. 8,31-38 e la presentazione della trasfigurazione di Gesù dei vv 1-9. Nel giudizio futuro (8,38) Dio premierà coloro che hanno portato la croce seguendo il Figlio suo. Nel giorno del giudizio il Signore comparirà nella sua gloria. La fine del mondo e il giudizio, e perciò anche la trasformazione del mondo, sono attesi in un futuro ormai imminente.

 

L'ESEGESI DEL TESTO

vv. 2-3 : Il racconto della trasfigurazione fa parte del genere letterario dei racconti della risurrezione. Si usano parecchi motivi che provengono dalla tradizione dell'A.T. Pietro, Giacomo e Giovanni sono i tre discepoli scelti a partecipare ai misteri più profondi. Anche il "salire sul monte" per una rivelazione di Dio fa parte dei motivi veterotestamentari. Gesù viene presentato alla stessa stregua di Mosè. Es. 34,29 narra che Mosè "era raggiante per aver conversato con Dio". La forma della trasfigurazione è fondata sulla visione e sulle parole udite. Gesù è raggiante, compenetrato com'è dallo splendore di Dio. L'epifania viene dunque descritta: ciò che si vede tuttavia non è un qual cosa che abitualmente è invisibile come una visione, ma il Signore che tutti potevano vedere in una gloria piena di splendore. Un giorno tutti gli uomini saranno trasformati dalla stessa gloria. Il bianco delle vesti significa appartenenza all'ambito di Dio. Se ne riparlerà nella risurrezione.

v. 4: Elia è sempre stata la principale personalità dell'epoca escatologica. Mosé invece ne è l'accompagnatore. Ambedue tuttavia sono sempre stati importanti figure nell'attesa messianica, avendo il compito di preparare il popolo d'Israele alla venuta di Dio. Gesù è il Cristo, il Messia, il punto a cui si àncora la storia.

vv. 5-6 : Nel voler montare tre tende, Pietro sottolinea il suo errore di prospettiva, in quanto pensa che il tempo presente sia definitivamente terminato. La trasfigurazione di Gesù vuole essere solo un accenno alla risurrezione e alla sua parusìa. Ai motivi della tradizione, oltre che il monte, la luce, il colore bianco ecc. fanno parte anche la voce e la nube. La nuvola è il simbolo della venuta, della presenza di Dio e al tempo stesso ne è un velo. Essa si trova sempre tra Dio e l'uomo, per simboleggiare che Egli non è, o non è ancora a nostra disposizione.

v. 7 : "Una voce dalla nube" rivela ai tre discepoli ciò che nel momento del battesimo (1,11) era stato detto dal Padre su Cristo: "Questo è il Figlio mio prediletto". Essa dunque conferma la missione di Gesù. Indirettamente Gesù viene presentato come il profeta escatologico promesso in Dt. 18,25. La sua parola va ascoltata e messa in pratica. Mc. però persegue un altro scopo: i membri della comunità devono ancora limitarsi ad ascoltare la parola del vangelo, abbandonando perciò il desiderio di vedere già ora il regno escatologico.

vv. 8-10: Descrivono l'epilogo dell'episodio, riportandoci alla realtà presente. Con l'indicazione di "non raccontare a nessuno l'esperienza vissuta" Mc. sottolinea ancora una volta il mistero del Messia. I discepoli devono tacere perché l'opera di Gesù non è ancora totalmente compiuta. Soprattutto si deve evitare che venga intesa in senso politico. Dovranno renderla nota solo dopo che sarà risorto lui, il Signore. "Risurrezione": segna il passaggio della realtà che Gesù deve affrontare: dolori, croce, morte. I discepoli non riescono a comprendere questa via che il Signore deve percorrere proprio perché è Messia. E quindi l'interrogano su Elia. La risposta è nei vv 12s e dice che anche Elia, che è già venuto, deve soffrire. La concezione ebraica che attendeva il ritorno di Elia viene applicata al Battista, che è stato perseguitato, come il grande profeta. Ciononostante il destino di Gesù rimane incomprensibile: solo la risurrezione e la Parusìa scioglieranno l'enigma. La trasfigurazione presenta il Signore della risurrezione e della Prussia escatologica. Con la stessa potenza gloriosa egli risorgerà per redimere tutti gli uomini dalla morte; con la stessa potenza gloriosa alla fine dei tempi apparirà in giudizio e consegnerà al Padre tutti i popoli della terra, affinché egli regni definitivamente sull'universo intero.

 

IL MESSAGGIO

"Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti" (Mc. 9,9). È un comando che potrebbe apparire superato: dopo la pasqua, non è forse nostro dove re annunciare ad ogni costo il volto trasfigurato del Cristo?

Certo Cristo è già glorioso alla destra del Padre. Ma fino a che punto la novità della sua risurrezione è una realtà "già presente" nella nostra vita di credenti? Fino a che punto traspare in modo visibile e credibile nei nostri; atti e nelle nostre parole di ogni giorno? La chiesa stessa non ha rivestito ancora interamente il corpo glorioso che le è destinato: anche in questo senso è tuttora "pellegrina".

Se dunque siamo ancora così vicini alla situazione degli apostoli dopo la trasfigurazione, sempre in partenza, come loro verso la città degli uomini dove Gesù soffre e muore, non proclamiamo troppo in fretta la vittoria pasquale: rischieremmo di ignorare il venerdì e il sabato santo dei nostri contemporanei e del nostro tempo. Mc. .pone infatti la trasfigurazione tra due annunci della passione: la gloria in mezzo ai dolori; la gloria è il senso e il termine del dolore. Nel dolore gli uomini sono fratelli del Figlio. I cristiani sono consapevoli di dover portare la croce. La croce del cristiano ha molti nomi: cancro, infarto, dolore, preoccupazione per l'educazione dei figli, timore per il futuro...Ma vale la pena accettare la croce.

Noi sappiamo che il Signore è qui. Egli è accanto a noi, vicini e lontani. È qui nel fratello, nella parola della scrittura, nella comunità dei fratelli, nella chiesa, nel pane eucaristico. Molti sono gli uomini che hanno fatto l'esperienza di momenti o situazioni in cui egli ha mostrato la sua presenza in modo particolarmente "chiaro". E non necessariamente attraverso i miracoli! Spesso solo attraverso i fatti molto concreti della vita quotidiana: una buona azione compiuta o ricevuta, l'incontro con una persona cordiale, l'amore del prossimo. Rispondiamo allora: eccomi, Signore! Cristo ci prende nella sua gloria attraverso il dolore, la croce, la morte.

Non è vera l'affermazione di alcuni i quali sostengono di non avere mai provato qualcosa della realtà di un "altro mondo". Anche noi, forse in modo indistinto, sentiamo una voce che proviene dalle "nubi", una voce che incoraggia, stimola, ammonisce... Una voce che ci invita alla conversione, che vorrebbe portarci a vivere in modo diverso... Una voce che ci spinge a una trasfigurazione. Ogni uomo vorrebbe essere trasfigurato!

Ognuno quindi ha il suo "Tabor", o almeno lo potrebbe avere. Dio offre molte possibilità perché ci possiamo trasformare: preghiere, colloqui, liturgie...

Portiamo in noi un mistero, ma ci è ancora molto estraneo; scopriamo dentro di noi una forza di risurrezione, ma è ancora tanto fragile; contempliamo già il Cristo, ma in modo oscuro. Ma anche noi possiamo già sperimentare la trasfigurazione!

Ricordiamo Martin Luther King la sera precedente il suo assassinio. Tutti poterono vedere sui teleschermi il volto commovente e indimenticabile dell'uomo vicinissimo alla sua "trasfigurazione". Indimenticabili anche le parole da lui pronunciate mentre già presentiva la morte e la gloria eterna ormai imminente. "Sono già salito sul monte - potrebbe essere il senso di quelle parole e qualsiasi cosa mi accada non ha più importanza ora. Sono già sulla vetta del monte, ho visto la terra promessa, non so se la raggiungerò, ma spero nel Signore. Ho visto la gloria del Signore".